10 febbraio 2022

Sabato 12 Febbraio 2022 nella liturgia



VI Domenica dopo l'Epifania anticipata al Sabato*, Domenica minore, Semidoppio, colore liturgico verde. Commemorazione dei Santi Sette Fondatori dell'Ordine dei Servi della Beata Vergine Maria, Confessori.

Alla Scrittura occorrente del Mattutino incomincia la Lettera di San Paolo agli Ebrei. I giorni dal Lunedì al Sabato nella VI Settimana dopo l'Epifania, con la continuazione della Lettera agli Ebrei, quest'anno si omettono completamente.

Primi Vespri della Domenica di Settuagesima, Domenica Maggiore di II Classe, Semidoppio, colore liturgico violaceo. Commemorazione dei Santi Sette Fondatori.

Oggi è possibile praticare la curiosa usanza di fare il “Funerale dell’Alleluia” dopo i Primi Vespri della Domenica di Settuagesima: si porta in processione un catafalco con la coltre sopra recante un cartiglio o stendardo con scritto Alleluia, e il Sacerdote in piviale nero lo asperge e incensa come per l’Assoluzione al Tumulo (ed eventualmente lo seppellisce).


* Immagino che questo darà gli incubi ai "sessantaduisti", abituati ad un calendario depauperato e ormai quasi del tutto avulso dalla tradizione della Chiesa; ma il calendario tradizionale prevede de jure la liturgia di 53 Domeniche (condizione che si verifica anche de facto solo quando la prima Domenica dell'anno cade il 1° Gennaio, o negli anni bisestili, il 1° o il 2 Gennaio), e queste devono essere tutte quante celebrate, anche quando di fatto l'anno corrente ne conta solo 52, cosa che avviene quasi sempre: la Domenica che a causa dell'arrivo della Settuagesima non trova posto tra quelle dopo l'Epifania, e che non può essere inserita tra la XXIII e la XXIV dopo Pentecoste perché il numero delle 52 Domeniche "de facto" è già completo, viene anticipata al Sabato precedente il giorno in cui essa cade, cioè il Sabato che precede la Domenica di Settuagesima. Molto più raramente, quando la Domenica di Settuagesima è estremamente tardiva (e cade il 20 o 21 Febbraio),  a quel punto il numero delle settimane dopo l'Epifania è completo e ad anticiparsi al Sabato sarà la XXIII Domenica dopo Pentecoste.

Le Domeniche anticipate godono di tutti i privilegi liturgici delle Domeniche minori eccetto il Salterio (che è del Venerdì ai Primi Vespri e alla susseguente Compieta, del Sabato da Mattutino a Nona), tuttavia, pur essendo di rito Semidoppio, hanno solo i Primi Vespri (poiché i loro Secondi Vespri coinciderebbero coi Primi della Domenica di Settuagesima o della XXIV e Ultima dopo Pentecoste, che deve essere sempre celebrata al suo posto).

Per ulteriori dettagli cfr. L. Stercky, Manuel de liturgie et cérémonial selon le Rit Romain, Paris Lecoffre 1935, Tomo I, pag. 198-201.


Qui per le peculiarità del Tempo dopo l'Epifania:

https://loquerequaedecentsanamdoctrinam.blogspot.com/2021/01/dispensa-di-liturgia-sul-tempo-dopo.html


Qui invece per le peculiarità del Tempo di Settuagesima:

https://loquerequaedecentsanamdoctrinam.blogspot.com/2021/01/introduzione-al-ciclo-di-pasqua-e.html


Al Breviario

All'Ufficio della VI Domenica dopo l'Epifania anticipata al Sabato:

Tutto dal Salterio del Sabato (3 Notturni a Mattutino, I Schema a Lodi). Letture del Mattutino, Antifona al Benedictus e Orazione dal Proprio del Tempo alla VI Domenica dopo l'Epifania; commemorazione dal Proprio dei Santi al 12 Febbraio. A Prima Capitolo e Lettura Breve della Domenica. 

Le Antifone non si raddoppiano, il Suffragio e le Preci si omettonoL'Ufficio termina completamente a Nona e non se ne fa commemorazione alcuna ai Vespri.

All'Ufficio della Domenica di Settuagesima:

Ai Vespri Antifone, Salmi e Inno dal Salterio del Sabato, Capitolo, Versetto, Antifona al Magnificat e Orazione dal Proprio del Tempo al Sabato che precede la Settuagesima (che nel Breviario si trova dopo le Letture e i Responsori del Sabato nella VI Settimana dopo l'Epifania). Commemorazione dal Proprio dei Santi al 12 Febbraio. Detto Benedicamus Domino, alleluja, alleluja e Deo gratias, alleluja, alleluja ed il Fidelium animae, viene completamente sospeso l'Alleluia (nel senso che proprio letteralmente questa parola non va più pronunziata nella liturgia in nessuna circostanza) fino alla Messa del Sabato Santo.

L'Ufficio di questo giorno termina con la normale Compieta del Sabato. Essendo cessato l'Alleluia, al Deus in adjutorium e Gloria Patri si aggiunge Laus tibi, Domine, Rex aeternae gloriae, e così ogni giorno a tutte le Ore Canoniche fino alla Compieta del Mercoledì Santo.

Le Antifone non si raddoppiano, il Suffragio e le Preci si omettono.

 

Nota per coloro che recitano per devozione il Breviario anteriore alle disastrose riforme del 1911 (chi ha l'obbligo dell'Ufficio purtroppo non soddisfa a tale obbligo se non usa il Breviario riformato dalla Costituzione Apostolica Divino Afflatu, almeno tale è stata la volontà di San Pio X espressamente manifestata nella detta Costituzione):

VI Domenica dopo l'Epifania anticipata al Sabato, Domenica minore, Semidoppio, colore liturgico verde.

Alla Scrittura occorrente del Mattutino incomincia la Lettera di San Paolo agli Ebrei. I giorni dal Lunedì al Sabato nella VI Settimana dopo l'Epifania, con la continuazione della Lettera agli Ebrei, quest'anno si omettono completamente.

Primi Vespri della Domenica di Settuagesima, Domenica Maggiore di II Classe, Semidoppio, colore liturgico violaceo.


Tutto come sopra salvo le solite differenze ai Salmi di tutte quante le Ore Canoniche (dal Salterio del Sabato a Mattutino, Lodi Vespri, Prima - in quest'ultimo caso manca il quarto Salmo - Salmi quotidiani a Terza, Sesta, Nona e Compieta). Non vi è alcuna commemorazione poiché i Santi Sette Fondatori ricorrevano ieri, dunque si dicono cinque Commemorazioni Comuni (tutte meno quella della Croce) a Lodi a Vespri e le Preci Domenicali a Prima e Compieta.


Al Messale

Messa della VI Domenica dopo l'Epifania celebrata normalmente.

Introito, Graduale, Alleluia, Offertorio e Communio sono della Messa della III Domenica, mentre le Orazioni, l'Epistola e il Vangelo sono della proprie di oggi.

  • Asperges
  • Gloria

  • Si dicono due Orazioni:
    • La prima della Messa
    • La seconda è la commemorazione dei Santi Sette Fondatori (al 12 Febbraio)

  • Credo
  • Prefazio della SS. Trinità
  • Ite Missa est
  • Prologo di San Giovanni


Letture del Mattutino

AD I NOCTURNUM

Lectio 1

Incipit Epístola beáti Pauli Apóstoli ad Hebrǽos

Heb 1:1-4

Multifáriam, multísque modis olim Deus loquens pátribus in prophétis: novíssime, diébus istis locútus est nobis in Fílio, quem constítuit herédem universórum, per quem fecit et sǽcula: qui cum sit splendor glóriæ, et figúra substántiæ ejus, portánsque ómnia verbo virtútis suæ, purgatiónem peccatórum fáciens, sedet ad déxteram majestátis in excélsis: tanto mélior ángelis efféctus, quanto differéntius præ illis nomen hereditávit.

Lectio 2, Heb 1:5-9

Cui enim dixit aliquándo angelórum: Fílius meus es tu, ego hódie génui te? Et rursum: Ego ero illi in patrem, et ipse erit mihi in fílium? Et cum íterum introdúcit primogénitum in orbem terræ, dicit: Et adórent eum omnes ángeli Dei. Et ad ángelos quidem dicit: Qui facit ángelos suos spíritus, et minístros suos flammam ignis. Ad Fílium autem: Thronus tuus Deus in sǽculum sǽculi: virga æquitátis, virga regni tui. Dilexísti justítiam, et odísti iniquitátem: proptérea unxit te Deus, Deus tuus, óleo exultatiónis præ particípibus tuis.

Lectio 3, Heb 1:10-14

Et: Tu in princípio, Dómine, terram fundásti: et ópera mánuum tuárum sunt cæli. Ipsi períbunt, tu autem permanébis, et omnes ut vestiméntum veteráscent: et velut amíctum mutábis eos, et mutabúntur: tu autem idem ipse es, et anni tui non defícient. Ad quem autem angelórum dixit aliquándo: Sede a dextris meis, quoadúsque ponam inimícos tuos scabéllum pedum tuórum? Nonne omnes sunt administratórii spíritus, in ministérium missi propter eos, qui hæreditátem cápient salútis?

AD II NOCTURNUM

Lectio 4

Sermo sancti Athanásii Epíscopi

Oratio 2 contra Ariános post medium

Si persónam, rem, tempus apostólici dicti cognóscerent hærétici, numquam humána in Deitátem transferéntes, tam ímpie et stulte advérsus Christum sese habuíssent. Id intuéri licébit, si inítium lectiónis dénuo repetítum probe excípias. Dicit enim Apóstolus: Multifáriam, multísque modis olim Deus locútus est pátribus nostris per Prophétas: últimis autem diébus locútus est nobis in Fílio. Atque ita paulo post dicit: Perfécta ab eo nostrórum peccatórum purificatióne, ipsum sedére ad déxteram majestátis in excélsis, tanto meliórem Angelis factum, quanto præstántius nomen præ illis sortítus est. De eo ígitur témpore, quo nobis per Fílium locútus est, cum peccatórum purgátio fíeret, apostólicum dictum mentiónem facit. Quando autem nobis locútus est in Fílio, aut quando purgátio peccatórum facta, aut quando natus est homo, nisi post Prophétas, idque in últimis diébus?

Lectio 5

Deínde cum narrátio institúta esset de humána Verbi dispensatióne, deque últimis tempóribus: consequénter commemorávit, Deum neque superióribus ætátibus tacuísse, sed locútum esse per Prophétas: et postquam Prophétæ suo offício perfúncti sunt, et lex per Angelos pronuntiáta est, et Fílius étiam ad nos descéndit, et ad ministrándum accéssit; tunc demum necessário subíntulit: Tanto mélior Angelis factus: osténdere volens, quanto Fílius præ servo excéllit, tanto functióne officióque servórum, Fílii administratiónem meliórem fuísse.

Lectio 6

Functiónem ígitur discérnens Apóstolus, tum véterem, tum novam, magna dicéndi libertáte útitur, ad Judǽos scribens et loquens. Propter hoc ígitur non in univérsum ex própria comparatiónis ratióne dixit, quod major aut honorátior esset: ne quis quasi de ejúsdem géneris, et cum eo commúnibus rebus hæc verba intellígeret: sed ídeo meliórem illum dixit, ut discrímen natúræ Fílii ad res creátas indicáret.

AD III NOCTURNUM

Lectio 7

Léctio sancti Evangélii secúndum Matthǽum

Matt 13:31-35

In illo témpore: Dixit Jesus turbis parábolam hanc: Símile est regnum cælórum grano sinápis, quod accípiens homo seminávit in agro suo. Et réliqua.

Homilía sancti Hierónymi Presbýteri

Liber 2 Comment. in cap. 13 Matthǽi

Regnum cælórum prædicátio Evangélii est, et notítia Scripturárum, quæ ducit ad vitam, et de qua dícitur ad Judǽos: Auferétur a vobis regnum Dei, et dábitur genti faciénti fructus ejus. Símile est ergo hujuscémodi regnum grano sinápis, quod accípiens homo seminávit in agro suo. Homo qui séminat in agro suo, a plerísque Salvátor intellégitur, quod in ánimis credéntium séminet: ab áliis ipse homo séminans in agro suo, hoc est in semetípso, et in corde suo.

Lectio 8

Quis est iste, qui séminat, nisi sensus noster et ánimus; qui suscípiens granum prædicatiónis, et fovens seméntem, humóre fídei facit in agro sui péctoris pulluláre? Prædicátio Evangélii mínima est ómnibus disciplínis. Ad primam quippe doctrínam, fidem non habet veritátis, hóminem Deum, Christum mórtuum, et scándalum crucis prǽdicans. Confer hujuscémodi doctrínam dogmátibus philosophórum, et libris eórum, et splendóri eloquéntiæ, et compositióni sermónum: et vidébis quanto minor sit céteris semínibus seméntis Evangélii.

Lectio 9

Sed illa cum créverint, nihil mordax, nihil vívidum, nihil vitále demónstrant: sed totum fláccidum marcidúmque et mollítum ebúllit in ólera et in herbas, quæ cito aréscunt et córruunt. Hæc autem prædicátio, quæ parva videbátur in princípio, cum vel in ánima credéntis, vel in tot mundo sata fúerit, non exsúrgit in ólera, sed crescit in árborem: ita ut vólucres cæli (quas vel ánimas credéntium, vel fortitúdines, Dei servítio mancipátas, sentíre debémus) véniant et hábitent in ramis ejus. Ramos puto evangélicæ árboris, quæ de grano sinápis créverit, dógmatum esse diversitátes, in quibus supradictárum vólucrum unaquǽque requiéscit.


Traduzione italiana delle Letture del Mattutino

I NOTTURNO

Lettura 1

Incomincia la Lettera dell'Apostolo san Paolo agli Ebrei

Eb 1:1-4

Iddio, che molte volte e in molte guise parlò un tempo ai padri per mezzo dei profeti: in questi ultimi tempi ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che costituì erede di ogni cosa, per cui creò anche i secoli: il quale essendo il riflesso della gloria e l'impronta dell'essenza di lui, e sostentando tutte le cose colla parola della sua potenza, compiuta l'espiazione dei peccati, s'è assiso alla destra della maestà nei più alto dei cieli, fatto di tanto superiore agli Angeli, quanto più eccellente nome che essi ebbe in eredità.

Lettura 2, Eb 1:5-9

Infatti a qual mai degli Angeli ha mai detto: «Tu sei mio figlio, oggi io ti ho generato?» Ps. 2, 7. E ancora: «Io gli sarò padre, ed egli mi sarà figlio?» 2 Reg. 7, 14. E quando introduce di nuovo il primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli Angeli di Dio» Ps. 96, 7. E riguardo agli Angeli, dice: «Colui che fa gli Angeli suoi come venti, e i suoi ministri fiamme di fuoco» Ps. 103, 4. Riguardo invece al Figlio dice: «Il tuo trono, o Dio, è per i secoli dei secoli: scettro di equità è lo scettro del tuo regno. Hai amato la giustizia, e hai odiato l'iniquità: perciò ti unse, o Dio, il tuo Dio coll'olio della gioia a preferenza dei tuoi compagni» Ps. 44, 7-8.

Lettura 3, Eb 1:10-14

E: «Tu, o Signore, in principio hai fondato la terra: e opera delle tue mani sono i cieli. Essi periranno, ma tu rimarrai, e invecchieranno tutti come un vestito: e tu come una veste li rivolterai, e saranno mutati: ma tu sei sempre lo stesso e i tuoi anni non finiranno mai» Ps. 101, 26-28. E a quale degli Angeli disse mai «Siedi alla mia destra, finché io faccia dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi»? Ps. 109, 1. Non sono essi tutti spiriti ministri, inviati ad esercitare il ministero in favore di coloro che acquisteranno l'eredità della salute?

II NOTTURNO

Lettura 4

Sermone di sant'Atanasio Vescovo

Discorso 2 contro gli Ariani, dopo la metà

Se gli eretici considerassero la persona, la cosa, il tempo di cui parla l'Apostolo, giammai attribuirebbero alla Divinità ciò ch'è proprio della natura umana, e si comporterebbero verso Cristo in maniera sì empia e stolta. Ti sarà dato di vedere ciò se esaminerai attentamente il principio della lezione che ripetiamo di nuovo. L'Apostolo dunque dice: «Iddio che molte volte e in molte guise parlò un tempo ai nostri padri per mezzo dei profeti: ma negli ultimi tempi ha parlato a noi per mezzo del Figlio» Hebr. 1, 1. E poco dopo aggiunge: «Egli compiuta l'espiazione dei nostri peccati, s'è assiso alla destra della maestà nel più alto dei cieli, fatto di tanto superiore agli Angeli, quanto più eccellente nome che essi ricevette» Hebr. 1, 3. E dunque di quel tempo in cui Dio parlò a noi per mezzo del Figlio, quando questi ci purificava dai peccati che l'Apostolo fa qui menzione. Ora quando Dio ci ha parlato per mezzo del Figlio, o quando è stata operata la purificazione dei peccati, o quando egli è nato come uomo, se non dopo i Profeti, e ciò negli ultimi tempi?

Lettura 5

Di più l'Apostolo, prendendo a parlare dell'incarnazione umana del Verbo e degli ultimi tempi, per conseguenza ricordò che Dio non tacque nelle età precedenti, ma che parlò per mezzo dei Profeti; e dopo che i Profeti ebbero assolto il loro ufficio, e la legge fu annunziata per mezzo degli Angeli, e dopo che anche il Figlio discese fino a noi, e si apprestò a compiere il suo ministero, allora aggiunge quest'asserzione necessaria: «Fatto di tanto superiore agli Angeli» Hebr. 1, 4; volendo mostrare che quanto più il Figlio eccelle sul servo, tanto più eccellente è il ministero del Figlio sul ministero e la funzione dei servi.

Lettura 6

Pertanto l'Apostolo distinguendo fra il ministero dell'antica e quello della nuova legge, usa grande libertà di parola, scrivendo e parlando ai Giudei. Perciò non usò un termine indicante comparazione tra cose della stessa specie, come quando si dice che l'una è più grande o onorevole dell'altra: affinché nessuno interpretasse le sue parole, quasi ci fosse una natura simile, e dei tratti comuni tra il figlio e gli Angeli: ma lo disse più eccellente per indicare la diversità fra la natura del Figlio e quella delle creature.

III NOTTURNO

Lettura 7

Lettura del santo Vangelo secondo Matteo

Matt 13:31-32

In quell'occasione: Gesù propose alle turbe questa parabola: Il regno dei cieli è simile a un chicco di senapa, che un uomo ha preso e seminato nel suo campo. Eccetera.

Omelia di san Girolamo Prete

Libro 2 Commento al capitolo 13 di Matteo

Il regno dei cieli è la predicazione del Vangelo, e la conoscenza delle Scritture, che conduce alla vita, e di cui si dice ai Giudei: «Vi sarà tolto il regno di Dio, e sarà dato a un popolo che ne produca frutti» Matth. 21, 43. «Questo regno dunque è simile a un chicco di senapa, che un uomo ha preso e seminato nel suo campo» Matth. 13, 31. Per l'uomo che semina nel suo campo, molti intendono il Salvatore, perché egli semina negli animi dei credenti: secondo altri è l'uomo stesso che semina nel suo campo, cioè in se stesso e nel suo cuore.

Lettura 8

Chi è allora questi che semina, se non la nostra intelligenza; che, ricevendo il chicco della predicazione e conservando con cura questa semenza, la fa crescere nel campo del nostro cuore dove essa è fecondata dall'amore della fede? La predicazione del Vangelo è la più umile di tutte lo scienze. Difatti a prima vista essa non ispira la fiducia della verità, annunziando un uomo-Dio, un Cristo morto, e lo scandalo della croce. Confronta simile dottrina coi postulati dei filosofi e coi loro libri, collo splendore dell'eloquenza e colla composizione dei loro discorsi: e vedrai quanto fra le altre sementi la semenza del Vangelo sia più minuta.

Lettura 9

Ma quelle, cresciute, non mostrano nulla di resistente, nulla di vigoroso, nulla dl vivace: ciò che esse producono è tutto floscio, languido e senza consistenza, son delle piante insignificanti, dell'erbe che tosto seccano e cadono. La predicazione del Vangelo invece, che da principio pareva piccola, appena è seminata, o nell'anima del credente, o in tutto il mondo, non spunta in erba, ma cresce in albero: così che gli uccelli del cielo (per cui dobbiamo intendere o le anime dei credenti, o le forze consacrate al servizio di Dio) vanno a riposarsi tra i suoi rami. I rami dell'albero evangelico, cresciuto dal chicco di senapa, credo che siano i diversi dogmi, sui quali riposa ciascuno dei sopradetti uccelli.


Ad Primam: il Martirologio del 13 Febbraio 2022

Idibus Februarii, luna undecima.



Nel giorno delle Idi di Febbraio, luna undicesima.




Parti proprie della Messa

INTROITUS

Adoráte Deum, omnes Angeli ejus: audívit, et lætáta est Sion: et exsultavérunt fíliæ Judæ. --- Dóminus regnávit, exsúltet terra: læténtur ínsulæ multæ.  --- Glória Patri --- Adoráte Deum, omnes Angeli ejus: audívit, et lætáta est Sion: et exsultavérunt fíliæ Judæ.

COLLECTAE

Orémus. Præsta, quǽsumus, omnípotens Deus: ut, semper rationabília meditántes, quæ tibi sunt plácita, et dictis exsequámur et factis. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

Orémus. Dómine Jesu Christe, qui, ad recoléndam memóriam dolórum sanctíssimæ Genetrícis tuæ, per septem beátos Patres nova Servorum ejus família Ecclésiam tuam fœcundásti: concéde propítius; ita nos eórum consociári flétibus, ut perfruámur et gáudiis: Qui vivis et regnas cum Deo Patre, in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

EPISTOLA

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Thessalonicénses.

1 Thess 1:2-10

Fratres: Grátias ágimus Deo semper pro ómnibus vobis, memóriam vestri faciéntes in oratiónibus nostris sine intermissióne, mémores óperis fídei vestræ, et labóris, et caritátis, et sustinéntiæ spei Dómini nostri Jesu Christi, ante Deum et Patrem nostrum: sciéntes, fratres, dilécti a Deo. electiónem vestram: quia Evangélium nostrum non fuit ad vos in sermóne tantum, sed et in virtúte, et in Spíritu Sancto, et in plenitúdine multa, sicut scitis quales fuérimus in vobis propter vos. Et vos imitatóres nostri facti estis, et Dómini, excipiéntes verbum in tribulatióne multa, cum gáudio Spíritus Sancti: ita ut facti sitis forma ómnibus credéntibus in Macedónia et in Achája. A vobis enim diffamátus est sermo Dómini, non solum in Macedónia et in Achája, sed et in omni loco fides vestra, quæ est ad Deum, profécta est, ita ut non sit nobis necésse quidquam loqui. Ipsi enim de nobis annúntiant, qualem intróitum habuérimus ad vos: et quómodo convérsi estis ad Deum a simulácris, servíre Deo vivo et vero, et exspectáre Fílium ejus de cœlis quem suscitávit ex mórtuis Jesum, qui erípuit nos ab ira ventúra.

GRADUALE

Timébunt gentes nomen tuum, Dómine, et omnes reges terræ glóriam tuam. Quóniam ædificávit Dóminus Sion, et vidébitur in majestáte sua.

ALLELUJA

Allelúja, allelúja. Dóminus regnávit, exsúltet terra: læténtur ínsulæ multæ. Allelúja.

EVANGELIUM

Sequéntia ✠ sancti Evangélii secundum Matthǽum.

Matt 13:31-35

In illo témpore: Dixit Jesus turbis parábolam hanc: Símile est regnum cœlórum grano sinápis, quod accípiens homo seminávit in agro suo: quod mínimum quidem est ómnibus semínibus: cum autem créverit, majus est ómnibus oléribus, et fit arbor, ita ut vólucres cœli véniant et hábitent in ramis ejus. Aliam parábolam locútus est eis: Símile est regnum cœlórum ferménto, quod accéptum múlier abscóndit in farínæ satis tribus, donec fermentátum est totum. Hæc ómnia locútus est Jesus in parábolis ad turbas: et sine parábolis non loquebátur eis: ut implerétur quod dictum erat per Prophétam dicéntem: Apériam in parábolis os meum, eructábo abscóndita a constitutióne mundi.

OFFERTORIUM

Orémus. Déxtera Dómini fecit virtutem, déxtera Dómini exaltávit me: non móriar, sed vivam, et narrábo ópera Dómini.

SECRETAE

Hæc nos oblátio, Deus, mundet, quǽsumus, et rénovet, gubérnet et prótegat. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

Accipe, quǽsumus, Dómine, hóstias quas tibi offérimus: et præsta; ut, intercedéntibus Sanctis tuis, libera tibi mente serviámus, et perdoléntis Vírginis Genetrícis Fílii tui amóre inflammémur. Per eúndem Dóminum nostrum Jesum Christum Fílium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

PRAEFATIO DE SANCTISSIMA TRINITATE

Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Qui cum unigénito Fílio tuo et Spíritu Sancto unus es Deus, unus es Dóminus: non in unius singularitáte persónæ, sed in uníus Trinitáte substántiæ. Quod enim de tua glória, revelánte te, crédimus, hoc de Fílio tuo, hoc de Spíritu Sancto sine differéntia discretiónis sentímus. Ut in confessióne veræ sempiternǽque Deitátis, et in persónis propríetas, et in esséntia únitas, et in majestáte adorétur æquálitas. Quam laudant Angeli atque Archángeli, Chérubim quoque ac Séraphim: qui non cessant clamáre quotídie, una voce dicéntes: (Sanctus).

COMMUNIO

Mirabántur omnes de his, quæ procedébant de ore Dei.

POSTCOMMUNIO

Orémus. Cœléstibus, Dómine, pasti delíciis: quǽsumus; ut semper éadem, per quæ veráciter vívimus, appétimus. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

Orémus. Cœléstibus refécti mystériis te, Dómine, deprecámur: ut, quorum festa percólimus imitántes exémpla; juxta Crucem Jesu cum María Matre ejus fidéliter astémus, et ejúsdem redemptiónis fructum percípere mereámur. Per eúndem Dóminum nostrum Jesum Christum Fílium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.


Traduzione italiana

INTROITO

Adorate Dio, voi tutti Angeli suoi: Sion ha udito e se ne è rallegrata: ed hanno esultato le figlie di Giuda. --- Il Signore regna, esulti la terra: si rallegrino le molte genti. --- Gloria --- Adorate Dio, voi tutti Angeli suoi: Sion ha udito e se ne è rallegrata: ed hanno esultato le figlie di Giuda.

COLLETTE

Preghiamo. Concedici, o Dio onnipotente, Te ne preghiamo: che meditando sempre cose ragionevoli, compiamo ciò che a Te piace e con le parole e con i fatti. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Preghiamo. Signore Gesù Cristo, che ad onorare la memoria dei dolori della tua Madre santissima donasti alla tua Chiesa per i sette beati Padri la nuova famiglia dei Serviti; concedi propizio, che noi ci uniamo così ai loro pianti da goderne anche le gioie: Tu che sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

EPISTOLA

Lettura della Lettera di San Paolo Apostolo ai Tessalonicesi.

1 Tess 1:2-10

Fratelli: Rendiamo sempre grazie a Dio per voi tutti, facendo memoria di voi nelle nostre preghiere, senza posa, ricordando, davanti a Dio e Padre nostro, le opere della vostra fede, la carità laboriosa e la vostra ferma speranza nel Signore nostro Gesù Cristo: conosciamo, o fratelli prediletti da Dio, la vostra elezione: che il nostro Vangelo non v’è stato predicato solo a parole, ma con virtù, con lo Spirito Santo e con molta pienezza, e ben sapete come ci siamo comportati con voi per il vostro bene. E voi siete divenuti imitatori nostri e del Signore, accogliendo la nostra predicazione tra grandi tribolazioni, con la gioia dello Spirito Santo: così da diventare modello per tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia. Da voi infatti la parola del Signore è echeggiata non solo nella Macedonia e nell’Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa in ogni luogo, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne. Tutti infatti parlano di noi: di quale accoglienza avemmo e di come vi convertiste dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero, e per aspettare dal cielo il suo Figlio Gesù da Lui resuscitato dai morti, colui che ci salva dall’ira ventura.

GRADUALE

Le genti temeranno il tuo nome, o Signore: tutti i re della terra la tua gloria. Poiché il Signore ha edificato Sion: e si è mostrato nella sua potenza.

ALLELUIA

Alleluia, alleluia. Il Signore regna, esulti la terra: si rallegrino le molte genti. Alleluia.

VANGELO

Lettura del Santo Vangelo secondo San Matteo.

Matt 13:31-35

In quel tempo: Gesù disse alle turbe questa parabola: Il regno dei cieli è simile a un grano di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo: e questo grano è la più piccola di tutte le sementi, ma, cresciuta che sia, è più grande di tutti gli erbaggi e diventa un albero: così che gli uccelli dell’aria vanno e si riposano sui suoi rami. E disse loro un’altra parabola: Il regno dei cieli è simile a un po’ di lievito, che una donna mescola a tre staia di farina, così che tutto sia fermentato. Gesù disse tutte queste parabole alle turbe: e mai parlava loro se non in parabole: affinché si adempisse il detto del Profeta: aprirò la mia bocca in parabole, manifesterò cose nascoste dalla fondazione del mondo.

OFFERTORIO

Preghiamo. La destra del Signore ha fatto prodigi, la destra del Signore mi ha esaltato: non morirò, ma vivrò e narrerò le opere del Signore.

SECRETE

Questa nostra oblazione, chiediamo, o Dio, ci purifichi e rinnovi, ci governi e protegga. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Ti preghiamo, o Signore, di accettare queste ostie che ti presentiamo; fa' che per intercessione dei tuoi Santi, ti serviamo con mente pura e siamo infiammati di amore per l'Addolorata Vergine, Genitrice del Figlio tuo. Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

PREFAZIO DELLA SANTISSIMA TRINITÀ

È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: che col Figlio tuo unigénito e con lo Spirito Santo, sei un Dio solo ed un solo Signore, non nella singolarità di una sola persona, ma nella Trinità di una sola sostanza. Cosí che quanto per tua rivelazione crediamo della tua gloria, il medesimo sentiamo, senza distinzione, e di tuo Figlio e dello Spirito Santo. Affinché nella professione della vera e sempiterna Divinità, si adori: e la proprietà nelle persone e l’unità nell’essenza e l’uguaglianza nella maestà. La quale lodano gli Angeli e gli Arcangeli, i Cherubini e i Serafini, che non cessano ogni giorno di acclamare, dicendo ad una voce: (Sanctus).

COMUNIONE

Si meravigliavano tutti delle parole che uscivano dalla bocca di Dio.

POST-COMUNIONE

Preghiamo. O Signore, nutriti del cibo celeste, concedici che aneliamo sempre a ciò con cui veramente viviamo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Preghiamo. Ristoràti, o Signore, da questi celesti misteri, ti scongiuriamo affinché ad imitazione di coloro di cui celebriamo la festa, stiamo fedelmente presso la Croce di Gesù con Maria sua madre e meritiamo di conseguire il frutto della redenzione. Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.


Dall'Anno Liturgico di Dom Guéranger

DOMENICA SESTA DOPO L'EPIFANIA

MESSA

EPISTOLA (1Ts 1,2-10). – Fratelli: Noi rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, facendo continuamente memoria di voi nelle nostre orazioni, ricordandoci, davanti a Dio e Padre nostro, dell’opera della vostra fede, dei sacrifizi della vostra carità e della ferma vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, sapendo, o fratelli da Dio amati, che siete degli eletti. Infatti il nostro Vangelo tra di voi non fu solo a parole, ma anche nelle virtù e nello Spirito Santo e in molto accertamento; voi del resto ben sapete quali siamo stati fra di voi per vostro bene. E voi siete divenuti imitatori nostri e del Signore avendo ricevuto la Parola in mezzo a molte tribolazioni con la gioia dello Spirito Santo, fino a divenire modello a tutti i credenti nella Macedonia e nell’Acaia. Infatti da voi la parola di Dio si è divulgata, non solamente per la Macedonia e per l’Acaia, ma da per tutto si è propagata anche la fama della fede che voi avete in Dio, e tanto che non abbiamo bisogno di parlarne; perché la gente stessa parla di noi, raccontando in che modo siamo venuti da voi e per aspettare dai cieli il suo Figliolo, che egli ha risuscitato da morte, Gesù, il quale ci ha salvati, dall’ira ventura.

L’elogio che fa qui san Paolo della fedeltà dei cristiani di Tessalonica alla fede che avevano abbracciata, elogio che la Chiesa oggi ci pone nuovamente sotto gli occhi, sembra piuttosto un rimprovero per i cristiani dei nostri giorni. Quei neofiti, dediti ancora, la vigilia, al culto degli idoli, si erano lanciati con ardore nella via del cristianesimo, tanto da meritare l’ammirazione dell’Apostolo. Molte generazioni di cristiani ci hanno preceduti, siamo stati rigenerati fin dal nostro ingresso, in questa vita, abbiamo succhiato per così dire con il latte la dottrina di Gesù Cristo: e tuttavia la nostra fede è ben lontana dall’essere viva e i nostri costumi puri come quelli di quei primi fedeli. Tutto il loro impegno consisteva nel servire il Dio vivo e vero, e nell’attendere la venuta di Gesù Cristo; la nostra speranza è la stessa che faceva palpitare i loro cuori: perché dunque non imitiamo la generosa fede dei nostri antenati? Il fascino del presente ci seduce. L’incertezza di questo mondo passeggero ci è dunque ignota? E non abbiamo timore di trasmettere alle generazioni che ci seguiranno un cristianesimo fiacco e sterile ben diverso da quello che Gesù Cristo ha istituito, che gli Apostoli hanno predicato e che i pagani dei primi secoli abbracciarono a costo di qualunque sacrificio?

VANGELO (Mt 13,31-35). – In quel tempo: Gesù propose alle turbe questa parabola: È simile il regno dei cieli a un chicco di senapa che un uomo prese e seminò nel suo campo: esso è certamente il più piccolo dei semi, ma cresciuto che sia, è il maggiore di tutti gli erbaggi e diviene albero, tanto che gli uccelli del cielo vanno a posarsi tra i suoi rami.

Disse loro un’altra parabola: Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre misure di farina finché tutto fermenta. Tutte queste cose Gesù le disse alle turbe in parabole, e non parlava loro che in parabole, affinché s’adempisse quanto era stato detto dal profeta: Aprirò la mia bocca in parabole, manifesterò cose occulte fin dal principio del mondo.

Nostro Signore ci presenta oggi due simboli molto espressivi della sua Chiesa, che è il suo regno e che ha inizio sulla terra per avere il compimento in cielo. Che cosa è quel grano di senapa, nascosto nell’oscurità del solco, nascosto ad ogni sguardo, e che riappare quindi come un germe appena percettibile ma che cresce sempre fino a diventare un albero? Non è forse la divina parola diffusa oscuramente nella terra di Giudea, soffocata per qualche istante dalla malizia degli uomini fino ad essere posta in un sepolcro, e che poi si leva vittoriosa e si estende presto su tutto il mondo? Non era passato ancora un secolo dalla morte del Salvatore, e già la sua Chiesa contava membri fedeli molto al di là dei confini dell’Impero romano. Da allora, ogni genere di tentativi è stato fatto per sradicare quel grande albero; la violenza, la potenza, la falsa sapienza vi hanno perso il proprio tempo. Tutto quello che hanno potuto fare è stato di strappare qualche ramo, che la linfa vigorosa dell’albero ha subito sostituito. Gli uccelli del cielo che vengono a cercare asilo e ombra sotto i suoi rami, sono – secondo l’interpretazione dei Padri – le anime che, attratte dalle cose eterne, aspirano ad un mondo migliore. Se siamo degni del nome di cristiani ameremo quell’albero, e non troveremo pace e sicurezza che sotto la sua ombra protettrice.

La donna di cui si parla nella seconda parabola, è la Chiesa, madre nostra. È essa che, ai primordi del cristianesimo, ha nascosto, come un lievito segreto e salutare, la divina dottrina nella massa dell’umanità. Le tre staia di farina che ha fatto lievitare per formarne un pane delizioso sono le tre grandi famiglie della specie umana, uscite dai tre figli di Noè e alle quali risalgono tutti gli uomini che abitano la terra. Amiamo questa madre, e benediciamo quel lievito celeste per il quale siamo diventati figli di Dio, diventando figli della Chiesa.

PREGHIAMO

Fa’, o Dio onnipotente, che noi, meditando sempre cose spirituali, compiamo con le parole e coi fatti ciò che ti è gradito.



12 FEBBRAIO I SANTI SETTE FONDATORI DELL'ORDINE DEI SERVI DELLA BEATA VERGINE MARIA

La Passione e la Compassione.

Il cielo della Chiesa si oscura. Tutto ormai annuncia il giorno in cui l’Emmanuele apparirà nello stato in cui l’hanno ridotto i nostri peccati. Dunque così presto Betlemme chiama il Calvario? Ai piedi della Croce ritroveremo la Madre della divina Grazia; Maria allora concepirà nelle lacrime i fratelli del primogenito, la cui nascita fu piena di dolcezze. Come gustammo le sue gioie, così sapremo con lei piangere e soffrire.

Prendiamo a modello i beati da onorare in questo giorno. La loro vita si consumò nella contemplazione delle sofferenze della Vergine; e l’Ordine che fondarono ebbe per missione di propagare il culto dei suoi dolori. Era il tempo in cui san Francesco d’Assisi al mondo intiepidito rievocava il segno del divin Crocifisso. Nel ripristino dell’opera della salvezza, non meno del Venerdì della grande Settimana, Gesù non poteva non mostrarsi alla terra senza Maria; i Serviti completarono a loro volta l’opera del patriarca dei Minori; e l’umanità derelitta ritrovò la fiducia, meditando la Passione del Figlio e la compassione della Madre.

Quale posto occupino nell’economia della redenzione i dolori della Vergine SS., è ciò che ci diranno a suo tempo due diverse feste dedicate a questo mistero. Ma sin d’ora uniamo la nostra gratitudine a quella della Chiesa per la famiglia religiosa dei Serviti; a questa il mondo deve il suo avanzamento nella conoscenza e nell’amore verso la Madre di Dio, divenuta nostra madre al prezzo di sofferenze che nessun’altra figliolanza conosce.

VITA. – Dal 1183 Firenze possedeva una confraternita dedicata alla Vergine, allo scopo di contenere il dilagare dell’eresia càtara. Verso il 1330 tale confraternita annoverò fra i suoi membri sette dell’aristocrazia. Il 15 agosto 1233, mentre erano in preghiera, ebbero la stessa ispirazione di abbandonare ogni cosa per meglio servire Dio e la SS. Vergine. Si ritirarono perciò in un romitaggio, col proposito di non ammettere nessuno in loro compagnia. Ma il miracolo della vigna che produsse dei frutti in tempo di Quaresima, mostrò loro che dovevano accogliere dei discepoli. I loro cenobi si moltiplicarono rapidamente in Italia, in Germania ed in Francia; e Benedetto XI approvò l’Istituto nel 1304. Dediti alla contemplazione della Passione di Cristo e alle sofferenze della Madre, i Serviti dovevano promuovere il culto dei dolori di Maria.

Nell’occasione del suo giubileo sacerdotale, Leone XIII canonizzò i sette Fondatori dei Serviti, la cui festa si celebra il 12 febbraio.

La vigna della Madonna.

Come voi faceste propri i dolori di Maria, così ella ora vi partecipa i suoi eterni gaudi. Ma la vigna i cui grappoli maturati anzi tempo presagivano la vostra fecondità, esala ancora la sua fragranza in questo nostro esilio; ed i fedeli altamente apprezzano i frutti che continua a produrre. Voi vi compiacete dell’oscurità in cui pure la Regina dei Santi trascorse la sua vita mortale. Ma in un secolo in cui la gloria di Maria dissipa ogni nube, non vi sono più ombre che possano privare i suoi servi dello splendore che rifulse nella loro augusta Genitrice.

Che i vostri benefici siano sempre più palesi! non cessate di riscaldare il cuore di un mondo decrepito, allo stesso focolare, in cui il vostro seppe accendere tanto vigoroso amore, che lo fece trionfare del male e immolarsi a Dio. Cuore di Maria, la cui spada di dolore fece divampare fiamme, siate per noi modello, asilo e ristoro, finché non giunga l’ora che porrà termine alle nostre sofferenze e alle nostre lacrime.



SABATO AVANTI LA DOMENICA DI SETTUAGESIMA

Soppressione dell’Alleluia.

Il calendario sta per commemorare i dolori di Cristo e le gioie della Risurrezione. Nove settimane ci separano da queste grandi solennità. E tempo che il cristiano disponga la sua anima alla nuova visita del Signore, che sarà più santa e decisiva di quella che si degna di farci con la sua Natività.

Intanto la santa Chiesa sente il bisogno di scuoterci dal nostro assopimento e vuole dare ai nostri cuori un potente impulso alle cose celesti. Perciò sopprime l’Alleluia, il canto celeste che ci associava ai cori degli Angeli. Siamo degli uomini fragili, peccatori sempre rivolti alla terra: come abbiamo potuto con la nostra bocca pronunciare quella parola di cielo? Fu l’Emmanuele, il divino conciliatore fra Dio e gli uomini, che ce la portò da lassù fra le gioie della sua nascita; e noi osammo ripeterla. La ripeteremo ancora con rinnovato entusiasmo fra le allegrezze della sua Risurrezione; ma per cantarla degnamente dobbiamo aspirare al soggiorno donde essa discese la prima volta. Alleluia non è una parola vuota di significato, o una profana melodia: è il ricordo della patria nell’esilio e lo slancio verso il ritorno.

Significato della parola Alleluia.

La parola significa Lodate Iddio. Ma il suo accento è tale, che la Chiesa, per non potersi sottrarre al compito di lodare il Signore per ben nove settimane, la sostituirà con un’altra espressione: Laus tibi Domine, Rex aeternae gloriae! Lode a Te, Re dell’eterna gloria! Ma questa è una lode che nasce dalla terra, mentre l’altra discese dal cielo.

“La parola Alleluia, dice il pio Ruperto, è una goccia di quella gioia suprema di cui trasalì la Gerusalemme celeste. I Patriarchi e i Profeti la custodirono in fondo al cuore, finché non la emise lo Spirito Santo con maggiore pienezza sulle labbra degli Apostoli. Significa l’eterno festino degli Angeli e delle anime beate che lodano Dio, contemplano senza fine la sua faccia e cantano senza mai stancarsi le sempre nuove infinite meraviglie. La nostra limitatezza di viatori non arriva a gustare tale festino; solo possiamo partecipare alle gioie dell’attesa e sentirne la fame e la sete. Forse per questo la misteriosa parola Alleluia non fu mai tradotta dall’originale ebraico, quasi a significare, nell’insufficienza di riprodurla, ch’è un’allegrezza molto estranea alla nostra vita presente” (Des divins offices L. I, c. 35).

Austerità della Settuagesima.

Durante i giorni che dobbiamo sentire l’asprezza dell’esilio, se non vogliamo essere abbandonati come disertori in seno a Babilonia, è necessario essere premuniti contro gli allettamenti del pericoloso soggiorno nella terra della cattività. Ecco perché la Chiesa, preoccupata delle illusioni e pericoli che corriamo, ci viene incontro con un provvedimento così solenne. Togliendoci il grido della gioia, ci esorta a purificare le nostre labbra; se vogliamo un giorno tornare a ripetere la parola degli Angeli e dei Santi, dobbiamo purificare col pentimento i nostri cuori, contaminati dal peccato e dall’affetto ai beni terreni. Quindi svolge sotto ai nostri occhi il triste spettacolo della caduta originale, da cui scaturirono tutte le disgrazie, e ci fa rilevare la necessità d’una redenzione. Piange per noi e vuole che anche noi piangiamo insieme a lei.

Accettiamo dunque la legge che ci viene imposta. Sospese per breve tempo le sante gioie, comprendiamo ch’è ora di smetterla con le frivolezze del mondo. Soprattutto liberiamoci dal peccato, che ha regnato tanto tempo in noi. Cristo s’avvicina con la sua Croce e viene a riparare ogni nostro danno col frutto sovrabbondante del suo Sacrificio. Non permetteremo, no, che il suo sangue, a guisa di rugiada mattutina che piove sulla calda sabbia del deserto, cada invano sulle nostre anime. Confessiamo umilmente la nostra condizione di peccatori, e come il pubblicano del Vangelo che non osava alzar lo sguardo, riconosciamo che è giusto, almeno per poche settimane, non accennare a quei canti che furono troppo familiari alla nostra lingua di peccato, né presumere eccessivamente di quella fiducia che molte volte distrusse in noi il santo timor di Dio.

Purtroppo la negligenza delle norme liturgiche è l’indice manifesto dell’affievolimento nella fede, in una cristianità. Eppure ce n’è tanta intorno a noi, che anche molti dei cristiani abituati a frequentare la chiesa ed i Sacramenti, si accorgono ben poco e con molta indifferenza della sospensione dell’Alleluia. A stento parecchi di loro vi prestano una leggera attenzione, imbevuti come sono d’una pietà affatto privata, e forse estranea al pensiero della Chiesa. Se cadranno queste righe sotto ai loro occhi, ci auguriamo che servano a farli riflettere sulla sovrana autorità e saggezza della Chiesa, Madre comune, la quale effettivamente considera la sospensione del1′Alleluia come uno dei fatti più gravi e solenni dell’Anno Liturgico.

A tale proposito presentiamo due belle Antifone, che pare siano di origine romana, e che noi attingiamo nell’antifonario di san Cornelio di Compiègne, pubblicato da Dom Dionigi di S. Marta:

Ant. – Il buon Angelo del Signore t’accompagni, Alleluia. 

E ti faccia fare un prospero viaggio, 

affinché ritorni con noi nella gioia, Alleluia, Alleluia.

Ant. – Alleluia. Resta con noi anche oggi; domani partirai, Alleluia. 

Quando si farà giorno ti metterai in cammino, Alleluia, Alleluia, Alleluia.

Le Chiese di Francia, nel XIII secolo e oltre, ai Vespri del sabato di Settuagesima cantavano quest’Inno commovente, conservato in un manoscritto del X secolo:

INNO

Alleluia è un canto di dolcezza, una voce d’eterna gioia.

Alleluia è il canto melodioso che i celesti cori non cessano di far risuonare nella casa di Dio.

Alleluia! celeste Gerusalemme, madre beata, patria alla quale abbiamo diritto di cittadinanza. Alleluia ! è il grido dei tuoi abitatori fortunati; ma noi esiliati sulle rive dei fiumi di Babilonia, non abbiamo altro che lacrime.

Alleluia ! non siamo sempre degni di cantarlo. Alleluia ! i nostri peccati ci obbligano a sospenderlo, perché è l’ora di piangere le nostre colpe.

Accogliete dunque, o Beata Trinità, questo canto per il quale vi supplichiamo di farci assistere un giorno alla Pasqua celeste, dove a gloria vostra, in seno alla felicità, canteremo l’eterno Alleluia. Amen.

Nell’attuale Liturgia l’addio all’ Alleluia che fa la Chiesa è più semplice, e consiste nel farci ripetere quattro volte la misteriosa parola alla fine dei Vespri del Sabato:

Benediciamo il Signore, Alleluia, Alleluia. 

Rendiamo grazie a Dio, Alleluia, Alleluia.

D’ora in poi, a partire dalla seguente Compieta, non sarà più udito quel canto celeste fino a quando esploderà sulla terra il grido della Risurrezione.

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