31 marzo 2021

Giovedì 1 Aprile 2021 nella liturgia



Giovedì Santo, Doppio di I Classe, colore liturgico bianco alla Messa e alla riposizione, violaceo alla spoliazione degli Altari e al Mandatum. Giorno di digiuno.

Oggi, con pochissime eccezioni che ho trascritto nella dispensa sul Tempo di Passione che ho linkata, non si possono celebrare Messe private. Le Messe Votive Privilegiate sono del tutto proibite, compresa quella del Primo Giovedì del mese.

Detta Compieta nel pomeriggio, in serata si canta l'Ufficio delle Tenebre del Venerdì Santo.


Qui per le peculiarità del Tempo di Passione e de Sacro Triduo:

https://loquerequaedecentsanamdoctrinam.blogspot.com/2021/03/dispensa-di-liturgia-sul-tempo-di.html


Al Breviario

Tutto dal Proprio del Tempo con i Salmi festivi da Prima a Nona, quelli riportati a Vespri e al Mattutino dell'indomani, quelli della Domenica a Compieta e quelli feriali a Lodi dell'indomani; le indicazioni per recitare gli Uffici del Triduo si trovano nella dispensa linkata qui sopra.

Qui linko invece il testo e la melodia degli Uffici della Settimana Santa e dell'Ottava di Pasqua. L'Ufficio delle Tenebre del Venerdì Santo si trova - secondo la numerazione delle pagine del file, non quella stampata sulle pagine scannerizzate - da pag. 264 a pag. 300:

https://3f90765f-bfb4-48e1-8dcb-90ea5a295f7d.filesusr.com/ugd/01715a_4da6e37af904481eb566eb60da389662.pdf


Ricordo che sul sito https://www.pre1955holyweek.com/ricorse-liturgiche si possono scaricare anche il Cantus Passionis, il Messale e il Memoriale Rituum.


Al Messale

La Missa in Coena Domini è normata dal Messale per la celebrazione solenne nelle chiese dotate di sufficiente Clero, dal Memoriale Rituum per la celebrazione cantata o letta nelle piccole chiese con scarso Clero e dal Caeremoniale Episcoporum per quella pontificale (cui si aggiunge il Pontificale Romanum per quanto riguarda i Santi Oli).

Similmente a quanto ho fatto per la Festa della Purificazione, il Mercoledì delle Ceneri e la Domenica delle Palme, e spero di fare per il prossimi giorni del Triduo Sacro e per la Vigilia di Pentecoste, non mi soffermerò a descrivere le cerimonie in queste modalità, su questo mi limito alle citazioni dello Stercky e del Baldeschi. Siccome il Memoriale Rituum prevede che il Sacerdote sia assistito come minimo da tre ministri di cui almeno uno tonsurato, condizioni che oggi, nella situazione di crisi dottrinale e liturgica della Chiesa non si possono sempre adempire nelle cappelle in cui spesso sono confinati coloro che celebrano la vera Messa, proverò a schematizzare al massimo la cerimonia in modo che i Sacerdoti possano celebrarla anche senza ministri. Attenzione: tutti i cerimoniali essendo stati scritti in tempi cattolici, non si poteva nemmeno concepire una cerimonia senza chierici o chierichetti: questa qui è una mia sintesi personale e opinabile motivata dallo stato di necessità e dettata dall'epikeia (stando alle rubriche non si potrebbero celebrare le cerimonie del Memoriale Rituum senza il minimo dei tre ministri richiesti, ma ai nostri giorni ciò significherebbe che moltissimi Sacerdoti dovrebbero privarsi - e privare i fedeli - perpetuamente della Candelora, delle Ceneri, delle Palme, del Triduo Sacro e della Vigilia di Pentecoste, cosa questa insostenibile). Posso intanto rassicurare tutti garantendo, per esperienza diretta, che, con la debita preparazione liturgica (studiando le cose anche con settimane di anticipo, elaborandosi mentalmente le singole azioni come fatte tutte dal solo Sacerdote nel debito ordine), anticipando anche nella misura del possibile la preparazione fisica (acquisto tempestivo di tutti gli arredi sacri richiesti, debita disposizione degli oggetti liturgici in chiesa prima delle cerimonie, in modo che siano pronti al momento in cui serviranno), con estrema calma poiché la fretta in queste circostanze è deleteria, prendendosi il tempo che ci vuole, è possibile celebrare tutte queste sacre funzioni senza ministri: è questione di avere schemi mentali ben definiti, ripassati ad nauseam fino a dieci secondi prima di iniziare, e di metterli in pratica con pazienza (certo è mentalmente e fisicamente spossante come poche cose al mondo, ma ne vale la pena).


Preparativi:

  • In sacrestia: pianeta, stola e manipolo bianchi, cingolo, alba, amitto e cotta, ed un'altra stola violacea.
  • All'Altare Maggiore: si prepara come alla Messa solenne con paliotto e velo della croce bianchi sopra quelli violacei, e conopeo bianco al tabernacolo; si accendono sei candele (perché anche se letta, la funzione è di sua natura solenne). Al lato dell'Epistola si dispone un calice con la patena, la palla senza cartone (solo il tessuto, almeno, se il cartone si può rimuovere), e il velo bianco. Attenzione: è meglio verificare prima che l'altezza del calice, il lato della palla (se il cartone interno non è amovibile) e il diametro della patena siano compatibili con tabernacolo dell'Altare della riposizione, pur considerando che il detto calice deve essere sufficientemente ampio per contenere l'Ostia Magna consacrata disposta orizzontalmente. Ricordo che in assenza di chierichetti le ampolline, il vassoio del lavabo e il manutergio stanno sull'Altare. Il Messale è già aperto.
  • Alla credenza: oltre al necessario per la Messa si preparano anche il velo omerale e il piviale bianchi, un nastro bianco, un foglietto col Pange linga gloriosi Corporis Mysterium e uno con l'Antifona Diviserunt sibi e il Salmo 21. La patena della Messa deve contenere due ostie magne. Se vi è un chierichetto, si preparano anche la campanella, una raganella di legno e l'ombrellino. Vicino alla credenza si dispone il turibolo con la navetta.
  • All'Altare della riposizione: l'Altare è ornato meglio che possibile con tende e fiori, senza però croce né reliquie. Il tabernacolo, di preferenza sopraelevato, per comodità è già aperto, con un corporale dentro e uno davanti, e la borsa posta al lato Vangelo, il cero per il SS. Sacramento, e quante più candele possibile. Se serve si prepara uno sgabello per facilitare la riposizione.
  • Fuori dalla chiesa per quanto possibile (in una cappella indipendente e chiusa, o in sacrestia, o persino in un luogo adatto della canonica): si dispone il necessario per accogliere la riserva eucaristica, che verrà trasferita lì dopo la Messa e vi resterò fino al Sabato Santo. L'ideale sarebbe preparare un tabernacolo aperto con conopeo bianco, due corporali, uno dentro ed uno davanti, e il cero spento. Da notare che durante questi tre giorni non è prevista la venerazione dei fedeli, ma la riserva eucaristica serve in caso in cui bisogni amministrare il Viatico. Lo Stercky specifica che in situazione di estrema necessità, se non si dispone di luoghi adatti, la riserva può essere chiusa all'Altare della riposizione, ma anche in quel caso il Venerdì Santo dopo la Messa dei Presantificati si rimuovono tutte le decorazioni e resta il solo tabernacolo col conopeo e il cero del SS. Sacramento acceso.
  • Alla banchetta: se si vuole cantare i Vespri, si prepara il libro e (se non vi è coro, per comodità) il diapason.

Celebrata di mattina dopo Nona, la Messa in Coena Domini si svolge normalmente, con le seguenti particolarità, fino alla comunione del Sacerdote:

  • Essendo nel Tempo di Passione, le preghiere ai piedi dell'Altare si dicono senza Salmo Judica me e l'Introito senza Gloria Patri. Si dice tuttavia il Gloria in excelsis, durante la quale se vi è chierichetto suona la campanella (sarebbe meglio suonare tutte le campane, interne ed esterne, ma dipende dal numero di ministri disponibili)
  • Orazione unica della Messa
  • Non vi è Tratto
  • Prefazio della Santa Croce Se vi è chierichetto, al Sanctus e alle altre volte in cui occorre suona la raganella o qualche altro strumento di legno adatto
  • Communicantes e Hanc igitur propri a questo giorno, cui si aggiunge il Qui pridie che precede immediatamente la consacrazione
  • Nella Messa solenne non si da la pace dopo l'Agnus Dei
  • Dopo aver assunto il Preziosissimo Sangue (facendo attenzione a rimuovere con le labbra e la lingua tutte le gocce che possono trovarsi sul bordo), il Sacerdote copre il calice della Messa con la palla, e mantenendolo sempre sul corporale, lo sposta un  po' verso il lato del Vangelo; poi prende il calice della riposizione, lo mette al centro del corporale rimuovendo la palla e la patena, genuflette, prende la seconda Ostia magna consacrata, che non ha consumato e la dispone "a piatto" dentro il calice, coprendolo prima con la palla - la quale, ricordo, avendo tolto il cartone dovrebbe adattarsi alla sua forma - e con la patena rovesciata, cioè con la parte concava verso il basso, come se fosse un coperchio, lo copre col velo, genuflette e se è il caso distribuisce la santa comunione dalla santa riserva (obbligare i Sacerdoti a comunicare i presenti con delle Ostie consacrate in questa Messa è una moda venuta con la riforma della Settimana Santa del 1955). Dopo la comunione il Sacerdote continua con le cerimonie della Messa celebrata davanti al SS. Sacramento esposto. Dopo le abluzioni e la purificazione del calice della Messa, questo viene Messo fuori dal corporale dal lato del Vangelo (se vi è chierichetto lo prende - mediante il velo, se non è tonsurato - e lo porta alla credenza).
  • Ite Missa est
  • Prologo di San Giovanni, all'inizio del quale il Sacerdote non fa il segno di croce col pollice sull'Altare o sulla cartagloria, ma solo su sé stesso. Al Verbum caro factum est genuflette verso il calice della riposizione. Non si dicono le Preci Leonine
  • Fatta la doppia genuflessione in piano, se non vi è un chierichetto che lo possa aiutare il Sacerdote dovrà fare tutto da sé. Si reca alla credenza dove, acceso il turibolo, toglie pianeta e manipolo e indossa il piviale. Presi turibolo e navetta va davanti l'Altare, si inginocchia e dopo una breve adorazione infonde l'incenso senza benedirlo e incensa il calice della riposizione con tre colpi doppi. Per praticità va a posare il turibolo e la navetta vicino all'Altare della riposizione dove, se non lo ha già fatto prima, accende le candele e il cero per il SS. Sacramento, poi torna alla credenza, mette il velo omerale e prende il nastro bianco e, se non lo conosce a memoria, il foglietto del Pange lingua.Tornato all'Altare, fa genuflessione e col nastro lega il velo del calice attorno al piede del calice stesso. Prende il calice della riposizione tramite il velo omerale, la mano sinistra al nodo e la destra di sopra, con la quale se vi riesce tiene anche il foglietto, e leggendo il Pange lingua senza le ultime due strofe va all'Altare della riposizione (se vi è chierichetto sta dietro il Sacerdote tenendo l'ombrellino aperto). Ivi giunto il Sacerdote posa il calice sul corporale che sta davanti al tabernacolo, toglie il velo omerale, prende turibolo e navetta, si inginocchia, recita le ultime due strofe, Tantum ergo e Genitori, infonde nuovamente l'incenso senza benedirlo e incensa il calice. Posati turibolo e navetta, il Sacerdote, genuflettendo, prende il calice e lo mette dentro il tabernacolo, genuflette di nuovo, lo chiude a chiave e sistema il conopeo. Dopo essere stato un po' in preghiera silenziosa, presi il velo omerale, il turibolo e la navetta, torna all'Altare Maggiore.
  • Quivi, genuflettendo, apre il tabernacolo e ripone la santa riserva sul corporale, mette il velo omerale e porta la pisside nel luogo designato (il tabernacolo resta aperto). Depone la pisside sul corporale, genuflette, toglie il velo omerale, mette la pisside nel tabernacolo, lo chiude a chiave, sistema il conopeo, e se non lo ha potuto fare prima, accende il cero.
  • Dopo una breve preghiera tornato in sacrestia, toglie il piviale e la stola bianchi, indossa, incrociandola, la stola violacea, rimuove dall'Altare il paliotto e il velo della croce bianchi lasciando quelli violacei, toglie anche il conopeo, e se vuole va alla banchetta dove recita o canta i Vespri.
  • Terminata la traslazione o i Vespri, il Sacerdote, preso il foglietto, torna all'Altare ove recita l'Antifona Diviserunt sibi con tutto il Salmo 21 Deus Deus meus respice in me (l'Antifona si trova nel Messale ma non il Salmo, per questo suggerisco l'uso di un foglio specifico stampato prima, se no bisogna andare a cercarselo nel Breviario all'Ufficio di Prima del Venerdì). Ripetuta l'Antifona, il Sacerdote spoglia completamente l'Altare lasciando solo la croce sul tabernacolo aperto e le candele. Qualora l'operazione si rivelasse molto complicata, lo Stercky consiglia di rimuovere in questo momento solo la maggior parte di cose e lasciare il resto a dopo la fine della funzione.

  • Siccome il Mandatum non è obbligatorio, e che per farlo occorre un'organizzazione parecchio impegnativa, lo sconsiglio a chi non disponga degli spazi adeguati e del numero di ministri necessari (ed anche di coloro cui si lavano i piedi, che, tutti rigorosamente maschi e in numero di tredici, stando allo Stercky devono essere o dei poveri, o dei Chierici o dei chierichetti); in caso contrario, se lo si vuole celebrare, è compreso nella bibliografia riportata qui sotto.


Bibliografia per la celebrazione della Messa in Coena Domini e del Mandatum:

  • Nelle chiese dotate di Clero numeroso, a norma del Missale Romanum e del Rituale Romanum: L. Stercky, Manuel de liturgie et cérémonial selon le Rit Romain, Paris, Lecoffre 1935, Tomo II, pag. 285-302.
  • Nelle piccole chiese con scarso Clero, a norma del Memoriale Rituum: Manuel de liturgie... cit., Tomo II, pag. 436-445
  • Celebrata pontificalmente, a norma del Caeremoniale Episcoporum: L. Stercky, Les Fonctions Pontificales selon le Rit Romain, Paris Lecoffre 1932, Tomo II, pag. 80-123. Vi è incluso anche il rito della Benedizione degli Oli Santi e Consacrazione del Crisma
  • Per quanto il Baldeschi non sia completo e dettagliato quanto lo Stercky, ha comunque l'indubbio vantaggio di essere in italiano: G. Baldeschi, Esposizione delle Sacre Cerimonie per le funzioni ordinarie, straordinarie e pontificali, Roma, Desclée & C. 1931, pag. 220-227 (non vi è però accenno al Mandatum)


A questa pagina si trovano dei video dei Sacerdoti dell'Istituto Mater Boni Consilii che spiegano le cerimonie della Settima Santa anteriori alle riforme del 1955:

https://www.centrostudifederici.org/apriamo-messale-romano-la-settimana-santa/


Al Pontificale

Il Pontificale Romanum prevede per il Giovedì Santo due riti: la riconciliazione dei penitenti pubblici espulsi il Mercoledì delle Ceneri, che è in disuso da molto tempo (ritengo comunque che per il fatto stesso di essere nel Pontificale, non sia di per sé proibita), e la Benedizione degli Oli dei Catecumeni e degli Infermi, e Consacrazione del Crisma, durante la Missa in Coena Domini.

La riammissione dei penitenti si trova a questo link:

http://www.liturgialatina.org/pontificale/086.htm

La Benedizione degli Oli Santi e Consacrazione del Crisma si trova qui:

http://www.liturgialatina.org/pontificale/087.htm


Letture dell'Ufficio delle Tenebre del Venerdì Santo (in latino)

AD I NOCTURNUM

Lectio 1

De Lamentatióne Jeremíæ Prophétæ

Lam 2:8-11

Heth. Cogitávit Dóminus dissipáre murum fíliæ Sion: teténdit funículum suum, et non avértit manum suam a perditióne: luxítque antemurále, et murus páriter dissipátus est.

Teth. Defíxæ sunt in terra portæ ejus: pérdidit, et contrívit vectes ejus: regem ejus et príncipes ejus in géntibus: non est lex, et prophétæ ejus non invenérunt visiónem a Dómino.

Jod. Sedérunt in terra, conticuérunt senes fíliæ Sion: conspersérunt cínere cápita sua, accíncti sunt cilíciis, abjecérunt in terram cápita sua vírgines Jerúsalem.

Caph. Defecérunt præ lácrimis óculi mei, conturbáta sunt víscera mea: effúsum est in terra jecur meum super contritióne fíliæ pópuli mei, cum defíceret párvulus et lactens in platéis óppidi.

Jerúsalem, Jerúsalem, convértere ad Dóminum Deum tuum.

Lectio 2, Lam 2:12-15

Lamed. Mátribus suis dixérunt: Ubi est tríticum et vinum? cum defícerent quasi vulneráti in platéis civitátis: cum exhalárent ánimas suas in sinu matrum suárum.

Mem. Cui comparábo te? vel cui assimilábo te, fília Jerúsalem? cui exæquábo te, et consolábor te, virgo fília Sion? Magna est enim velut mare contrítio tua: quis medébitur tui?

Nun. Prophétæ tui vidérunt tibi falsa et stulta, nec aperiébant iniquitátem tuam, ut te ad pœniténtiam provocárent: vidérunt autem tibi assumptiónes falsas, et ejectiónes.

Samech. Plausérunt super te mánibus omnes transeúntes per viam: sibilavérunt, et movérunt caput suum super fíliam Jerúsalem: Hǽccine est urbs, dicéntes, perfécti decóris, gáudium univérsæ terræ?

Jerúsalem, Jerúsalem, convértere ad Dóminum Deum tuum.

Lectio 3, Lam 3:1-9

Aleph. Ego vir videns paupertátem meam in virga indignatiónis ejus.

Aleph. Me minávit, et addúxit in ténebras, et non in lucem.

Aleph. Tantum in me vértit, et convértit manum suam tota die.

Beth. Vetústam fecit pellem meam, et carnem meam, contrívit ossa mea.

Beth. Ædificávit in gyro meo, et circúmdedit me felle et labóre.

Beth. In tenebrósis collocávit me, quasi mórtuos sempitérnos.

Ghimel. Circumædificávit advérsum me, ut non egrédiar: aggravávit cómpedem meum.

Ghimel. Sed et, cum clamávero et rogávero, exclúsit oratiónem meam.

Ghimel. Conclúsit vias meas lapídibus quadris, sémitas meas subvértit.

Jerúsalem, Jerúsalem, convértere ad Dóminum Deum tuum.

AD II NOCTURNUM

Lectio 4

Ex tractátu sancti Augustíni Epíscopi super Psalmos

In Psalm 63 ad versum 2

Protexísti me, Deus, a convéntu malignántium, a multitúdine operántium iniquitátem. Jam ipsum caput nostrum intueámur. Multi Mártyres tália passi sunt, sed nihil sic elúcet, quómodo caput Mártyrum: ibi mélius intuémur, quod illi expérti sunt. Protéctus est a multitúdine malignántium, protegénte se Deo, protegénte carnem suam ipso Fílio, et hómine, quem gerébat: quia fílius hóminis est, et Fílius Dei est. Fílius Dei, propter formam Dei: fílius hóminis, propter formam servi, habens in potestáte pónere ánimam suam, et recípere eam. Quid ei potuérunt fácere inimíci? Occidérunt corpus, ánimam non occidérunt. Inténdite. Parum ergo erat, Dóminum hortári Mártyres verbo, nisi firmáret exémplo.

Lectio 5

Nostis qui convéntus erat malignántium Judæórum, et quæ multitúdo erat operántium iniquitátem. Quam iniquitátem? Quia voluérunt occídere Dóminum Jesum Christum. Tanta ópera bona, inquit, osténdi vobis: propter quod horum me vultis occídere? Pértulit omnes infírmos eórum, curávit omnes lánguidos eórum, prædicávit regnum cælórum, non tácuit vítia eórum, ut ipsa pótius eis displícerent, non médicus, a quo sanabántur. His ómnibus curatiónibus ejus ingráti, tamquam multa febre phrenétici, insaniéntes in médicum, qui vénerat curáre eos, excogitavérunt consílium perdéndi eum: tamquam ibi voléntes probáre, utrum vere homo sit, qui mori possit, an áliquid super hómines sit, et mori se non permíttat. Verbum ipsórum agnóscimus in Sapiéntia Salomónis: Morte turpíssima, ínquiunt, condemnémus eum. Interrogémus eum: erit enim respéctus in sermónibus illíus. Si enim vere Fílius Dei est, líberet eum.

Lectio 6

Exacuérunt tamquam gládium linguas suas. Non dicant Judǽi: Non occídimus Christum. Etenim proptérea eum dedérunt júdici Piláto, ut quasi ipsi a morte ejus videréntur immúnes. Nam cum dixísset eis Pilátus: Vos eum occídite: respondérunt, Nobis non licet occídere quemquam. Iniquitátem facínoris sui in júdicem hóminem refúndere volébant: sed numquid Deum judicem fallébant? Quod fecit Pilátus, in eo ipso quod fecit, aliquántum párticeps fuit: sed in comparatióne illórum multo ipse innocéntior. Instítit enim quantum pótuit, ut illum ex eórum mánibus liberáret: nam proptérea flagellátum prodúxit ad eos. Non persequéndo Dóminum flagellávit, sed eórum furóri satisfácere volens: ut vel sic jam mitéscerent, et desínerent velle occídere, cum flagellátum vidérent. Fecit et hoc. At ubi perseveravérunt, nostis illum lavísse manus, et dixísse, quod ipse non fecísset, mundum se esse a morte illíus. Fecit tamen. Sed si reus, quia fecit vel invítus: illi innocéntes, qui coëgérunt ut fáceret? Nullo modo. Sed ille dixit in eum senténtiam, et jussit eum crucifígi, et quasi ipse occídit: et vos, o Judǽi, occidístis. Unde occídistis? Gládio linguæ: acuístis enim linguas vestras. Et quando percussístis, nisi quando clamástis: Crucifíge, crucifíge?

AD III NOCTURNUM

Lectio 7

De Epístola beáti Pauli Apóstoli ad Hebrǽos

Heb 4:11-15

Festinémus íngredi in illam réquiem: ut ne in idípsum quis íncidat incredulitátis exémplum. Vivus est enim sermo Dei, et éfficax et penetrabílior omni gládio ancípiti: et pertíngens usque ad divisiónem ánimæ ac spíritus, compágum quoque ac medullárum, et discrétor cogitatiónum et intentiónum cordis. Et non est ulla creatúra invisíbilis in conspéctu ejus: ómnia autem nuda et apérta sunt óculis ejus, ad quem nobis sermo. Habéntes ergo Pontíficem magnum, qui penetrávit cælos, Jesum Fílium Dei: teneámus confessiónem. Non enim habémus Pontíficem, qui non possit cómpati infirmitátibus nostris: tentátum autem per ómnia pro similitúdine absque peccáto.

Lectio 8, Heb 4:16; 5:1-3

Adeámus ergo cum fidúcia ad thronum grátiæ: ut misericórdiam consequámur, et grátiam inveniámus in auxílio opportúno. Omnis namque Póntifex ex homínibus assúmptus, pro homínibus constitúitur in iis, quæ sunt ad Deum, ut ófferat dona, et sacrifícia pro peccátis: qui condolére possit iis, qui ignórant et errant: quóniam et ipse circúmdatus est infirmitáte: Et proptérea debet quemádmodum pro pópulo, ita étiam pro semetípso offérre pro peccátis.

Lectio 9, Heb 5:4-10

Nec quisquam sumit sibi honórem, sed qui vocátur a Deo, tamquam Aaron. Sic et Christus non semetípsum clarificávit ut Póntifex fíeret, sed qui locútus est ad eum: Fílius meus es tu, ego hódie génui te. Quemádmodum et in álio loco dicit: Tu es sacérdos in ætérnum, secúndum órdinem Melchísedech. Qui in diébus carnis suæ preces, supplicationésque ad eum, qui possit illum salvum fácere a morte, cum clamóre válido et lácrimis ófferens, exaudítus est pro sua reveréntia. Et quidem cum esset Fílius Dei, dídicit ex iis, quæ passus est, obediéntiam: et consummátus, factus est ómnibus obtemperántibus sibi causa salútis ætérnæ, appellátus a Deo Póntifex juxta órdinem Melchísedech.


Traduzione italiana delle Letture dell'Ufficio delle Tenebre del Venerdì Santo

I NOTTURNO

Lettura 1

Dalle Lamentazioni del Profeta Geremia

Lam 2:8-11

Et. Il Signore ha deciso di distruggere il muro della figlia di Sion: ha tesa la sua corda e non ha ritratto la sua mano dalla distruzione: l'antemurale ha dato un gemito e col muro insieme è stato atterrato.

Tet. Sono confitte in terra le sue porte: egli sfondò e spezzò le sue sbarre: il suo re e i suoi principi son (dispersi) fra le Genti: non c'è più legge, e i suoi profeti non hanno avuto più visione dal Signore.

Jod. Son seduti per terra taciturni gli anziani della figlia di Sion: si son cosparsi di cenere le loro teste, si sono vestiti di sacco, si sono abbandonate col corpo per terra le vergini di Gerusalemme.

Caf. I miei occhi si son consumati per le lacrime, le mie viscere sono conturbate: mi si è riversato in terra il fegato per lo scempio della figlia del mio popolo, allorché veniva meno il bambino e il lattante per le piazze della città.

Gerusalemme, Gerusalemme, convertiti al Signore Dio tuo.

Lettura 2, Lam 2:12-15

Lamed. Essi dicevano alle loro madri: Dov'è il grano ed il vino? allorché stramazzavano come feriti nelle piazze della città: allorché esalavano lo spirito in seno alle loro madri.

Mem. A che ti paragonerò? o a che t'assomiglierò, o figlia di Gerusalemme? a chi ti uguaglierò per consolarti, o vergine figlia di Sion? Perché grande come il mare è il tuo dolore: chi t'appresterà rimedio?

Nun. I tuoi profeti t'han profetizzato cose false e stolte, né ti svelavano la tua iniquità per eccitarti a penitenza: t'han profetizzato cose false, ed espulsioni.

Samech. Han battuto le mani su di te tutti quelli che passavano per la via: fischiarono e scrollarono il capo sulla figlia di Gerusalemme dicendo: È questa la città di perfetta bellezza, la delizia di tutta quanta la terra?

Gerusalemme, Gerusalemme, convertiti al Signore Dio tuo.

Lettura 3, Lam 3:1-9

Alef. Io son un uomo che conosco la mia miseria sotto la verga del suo sdegno.

Alef. Egli m'ha trascinato e condotto nelle tenebre, e non nella luce.

Alef. Solo contro di me egli mena e rimena la sua mano tutto il giorno.

Bet. Egli ha fatto invecchiare la mia pelle e la mia carne, e ha stritolato le mie ossa.

Bet. Egli ha fabbricato in giro a me, e m'ha circondato di fiele e di affanno.

Bet. Mi ha collocato in luoghi tenebrosi, come i morti per sempre.

Ghimel. Ha costruito intorno a me perché io non esca: ha aggravato i miei ceppi.

Ghimel. Ma anche quando grido e supplico, egli respinge la mia preghiera.

Ghimel. M'ha chiuso le strade con pietre riquadrate, ha distrutto i miei sentieri.

Gerusalemme, Gerusalemme, convertiti al Signore Dio tuo.

II NOTTURNO

Lettura 4

Dal Trattato di sant'Agostino Vescovo sui Salmi

Sul Salmo 63 al verso 2

«Mi hai protetto, o Dio. dalla congiura dei malvagi, da una ciurma di operatori d'iniquità» Ps. 63,3. Miriamo ora il nostro stesso capo. Molti Martiri hanno sofferto simili cose, ma nessuno risplende tanto come il capo dei Martiri: in lui comprendiamo meglio ciò ch'essi han sofferto. Egli fu protetto da una ciurma di malvagi, per la protezione di Dio, per la protezione che lo stesso Figlio accordò alla sua carne e umanità che portava: essendo egli figlio dell'uomo e Figlio di Dio. Figlio di Dio per la natura divina: figlio dell'uomo per la natura di servo, avendo potere di lasciar la sua vita e di riprenderla. Che cosa gli poterono fare i nemici? Uccisero sì il suo corpo, ma non ne uccisero l'anima. Notatelo bene. Sarebbe stato poco per il Signore esortare i Martiri colla parola, se non li avesse incoraggiati coll'esempio.

Lettura 5

Sapete quale fosse la cospirazione dei perfidi Giudei, e quale la ciurma degli operatori d'iniquità? Quale iniquità? Cioè che vollero uccidere il Signore Gesù Cristo. «Tante opere buone, disse, vi ho fatto vedere: per quale di queste mi volete uccidere?» Joann. 10,32. Egli accolse con bontà tutti i loro infermi, guarì tutti i loro malati, predicò il regno dei cieli, non lasciò di riprendere i loro vizi, affin d'ispirar loro l'orrore di questi, e non del medico che li guariva. Ma essi, ingrati a tutte queste sue cure, simili a frenetici che una febbre ardente irrita contro il medico ch'era venuto per guarirli, formarono disegno di perderlo, quasi volessero provare con ciò s'egli era veramente uomo soggetto alla morte o un essere superiore agli uomini che non si lasciasse cogliere dalla morte. Noi riconosciamo il loro linguaggio nel libro della Sapienza di Salomone: «Condanniamolo, essi dicono, alla morte più obbrobriosa. Interroghiamolo: perché ci sarà chi si curerà di lui giusta le sue parole» Sap. 2,20. «S'egli è veramente Figlio di Dio, lo liberi» Matth. 27,43.

Lettura 6

«Essi affilarono come spada le loro lingue» Ps. 63,3. Non dicano i Giudei: Noi non abbiamo ucciso il Cristo. Perché essi lo diedero in mano del giudice Pilato per far vedere d' essere quasi immuni della sua morte. Infatti avendo loro detto Pilato: «Uccidetelo voi», essi risposero: «A noi non è permesso di uccidere alcuno» Joann. 18,31. Volevano rigettare l'enormità del loro misfatto sulla persona del giudice: ma potevano forse ingannare Dio giudice? Pilato fu partecipe del loro delitto nella misura di ciò che fece. Ma in confronto di loro è assai meno reo. Poiché egli insisté quanto poté per liberarlo dalle loro mani: e perciò, flagellatolo, lo mostrò loro. Egli flagellò il Signore non per farlo perire, ma per soddisfare al loro furore: sperando che almeno nel vederlo così flagellato, si ammansassero, e desistessero dal volerlo uccidere. Ecco ciò che fece. Ma essi ostinandosi, voi sapete ch'egli si lavò le mani, e dichiarò ch'egli non l'avrebbe fatto mai, ed era mondo della morte di lui. Tuttavia lo fece. Ma s'egli è reo per averlo fatto ancorché nolente: saranno forse innocenti quelli che lo forzarono a ciò fare ? In nessun modo. Egli pronunziò la sentenza contro di lui, e ordinò che fosse ucciso, e così quasi l'uccise lui stesso: ma siete voi, o Giudei, che realmente l'uccideste. E come l'uccideste? Colla spada della lingua: perché affilaste le vostre lingue. E quando lo colpiste se non quando gridaste: «crocifiggilo, crocifiggilo?» Matt. 27,23.

III NOTTURNO

Lettura 7

Dalla Lettera dell'Apostolo san Paolo agli Ebrei

Ebr 4:11-15

Affrettiamoci d'entrare in quel riposo: affinché nessuno cada in simile esempio d'incredulità. Perché la parola di Dio è viva ed efficace e più penetrante di qualunque spada a due tagli: e s'interna fino a dividere l'anima e lo spirito, le giunture e le midolle, e discerne i pensieri e le intenzioni del cuore. Non c'è cosa creata (che rimanga) invisibile dinanzi a lui: ma tutto è nudo e palese agli occhi di colui del quale parliamo. Avendo dunque un Pontefice grande che penetrò nei cieli, Gesù figlio di Dio, rimaniam saldi nella professione della fede. Perché noi non abbiamo un Pontefice che non possa compatire alle nostre debolezze: egli è stato tentato in tutto, a somiglianza di noi, salvo il peccato.

Lettura 8, Ebr 4:16; 5:1-3

Accostiamoci dunque con fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia per soccorso opportuno. Infatti ogni Pontefice preso di tra gli uomini è costituito per gli uomini in ciò che riguarda il culto di Dio, perché offra doni e sacrifizi per i peccati, che possa aver compassione degl'ignoranti e dei traviati, perché egli stesso è circondato di debolezza: e appunto per questo è obbligato ad offrire come per il popolo, così anche per se stesso, dei sacrifizi per i peccati.

Lettura 9, Ebr 5:4-10

E nessuno può pretendere questa dignità, ma chi è chiamato da Dio, come Aronne. Così anche Cristo non s'arrogò da sè la gloria d'esser Pontefice: ma gliela diede colui che gli disse: «Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato» Ps. 2,7. Come anche altrove dice: «Tu sei sacerdote in eterno, secondo l'ordine di Melchisedech» Ps. 109,4. Egli nei giorni della sua vita mortale avendo con forti grida e con lacrime offerto preghiere e suppliche a colui che poteva salvarlo dalla morte, fu esaudito per la sua riverenza. E benché fosse Figlio di Dio, imparò l'ubbidienza da ciò che patì: e, colla sua immolazione, divenne per tutti quelli che gli obbediscono causa di eterna salute, essendo stato proclamato da Dio Pontefice, secondo l'ordine di Melchisedech.


A questo link si trovano la Messa in Coena Domini e la Messa dei Presantificati (quella in Coena Domini con la reposizione della Santa Ostia e la spoliazione degli Altari va da pag. 3 a pag. 12) in due colonne latino-italiano, in formato pdf.

https://3f90765f-bfb4-48e1-8dcb-90ea5a295f7d.filesusr.com/ugd/01715a_b456ad69e7bd408e8bbec804f6f88159.pdf


Il testo con lo spartito gregoriano della Messa in Coena Domini seguita da reposizione, spoliazione degli Altari, Vespri e Mandatum, si trova invece qui da pag. 223 a pag. 263 (sempre secondo la numerazione delle pagine del file pdf):

https://3f90765f-bfb4-48e1-8dcb-90ea5a295f7d.filesusr.com/ugd/01715a_4da6e37af904481eb566eb60da389662.pdf


Dall'Anno Liturgico di Dom Guéranger

Purtroppo non si trovano online edizioni in italiano anteriori alla riforma del 1955.

29 marzo 2021

Mercoledì 31 Marzo 2021 nella liturgia



Mercoledì Santo, Feria Maggiore Privilegiata, colore liturgico violaceo. Giorno di digiuno.

Letto oggi il Martirologio premettendo l'elogio del Giovedì Santo, esso cessa durante il Triduo ed è ripreso la Domenica di Pasqua.

Detta Compieta nel pomeriggio, in serata si canta l'Ufficio delle Tenebre del Giovedì Santo.


Qui per le peculiarità del Tempo di Passione e de Sacro Triduo:

https://loquerequaedecentsanamdoctrinam.blogspot.com/2021/03/dispensa-di-liturgia-sul-tempo-di.html


Al Breviario

Tutto dal Salterio (1 Notturno a Mattutino, II Schema a Lodi) con le Antifone proprie da Lodi a Nona; Letture del Mattutino, Ant. al Benedictus e al Magnificat e Orazioni dal Proprio del Tempo.

Le Antifone non si raddoppiano, si dicono le Preci Feriali da Lodi a Compieta.

Quanto all'Ufficio delle Tenebre, le indicazioni si trovano nella dispensa linkata qui sopra. Invece qui linko il testo e la melodia degli Uffici della Settimana Santa e dell'Ottava di Pasqua. L'Ufficio delle Tenebre del Giovedì Santo si trova - secondo la numerazione delle pagine del file, non quella stampata sulle pagine scannerizzate - da pag. 179 a pag. 217:

https://3f90765f-bfb4-48e1-8dcb-90ea5a295f7d.filesusr.com/ugd/01715a_4da6e37af904481eb566eb60da389662.pdf


Ricordo che sul sito https://www.pre1955holyweek.com/ricorse-liturgiche si possono scaricare anche il Cantus Passionis, il Messale e il Memoriale Rituum.


Al Messale

Messa del Mercoledì Santo:

  • Dopo il Kyrie si dicono il Flectamus genua e l'Orazione Praesta quaesumus
  • Profezia, Graduale e Orazione Deus qui pro nobis, poi l'Orazione pro diversitate temporum assignata Contra persecutores Ecclesiae oppure Pro Papa
  • Epistola e Tratto Domine non secundum; ci si inginocchia al Versetto Adjuva nos
  • Detto il Tratto, e senza aggiungere altro, portato il Messale al lato del Vangelo, il Passio comincia direttamente con Passio Domini nostri. Se la Messa è celebrata solennemente e ci sono tre Diaconi, essi cantano il Passio mentre il Sacerdote lo legge all'Altare. Se vi sono due Diaconi, essi leggono la parte del Cronista e della Sinagoga mentre il Sacerdote, sempre sull'Altare e mantenendo la pianeta, legge quella di Nostro Signore. Altrimenti il solo celebrante legge tutto quanto il Passio: in ogni caso, per nessuna ragione, non è mai permesso ai laici o a chierici non ancora Diaconi di prendere parte alla lettura del Passio. A haec dicens expiravit si resta qualche secondo inginocchiati. A quae secutae eum erant a Galilea haec videntes si dice il Munda cor meumJube Domine e Dominus sit e nella Messa solenne si portano i ceri e il turibolo, il Diacono chiede la benedizione e incensa il libro: il resto del Passio da Et ecce vir nomine Joseph è infatti il Vangelo della Messa vero e proprio.

  • Prefazio della Santa Croce
  • Oratio super populum
  • Benedicamus Domino

  • Prologo di San Giovanni


Letture del Mattutino del Mercoledì Santo (in latino)

AD NOCTURNUM

Lectio 1

De Jeremía Prophéta

Jer 17:13-18

Exspectátio Israël, Dómine: omnes, qui te derelínquunt, confundéntur: recedéntes a te, in terra scribéntur: quóniam dereliquérunt venam aquárum vivéntium Dóminum. Sana me, Dómine, et sanábor: salvum me fac, et salvus ero: quóniam laus mea tu es. Ecce ipsi dicunt ad me: Ubi est verbum Dómini? véniat. Et ego non sum turbátus, te pastórem sequens: et diem hóminis non desiderávi, tu scis. Quod egréssum est de lábiis meis, rectum in conspéctu tuo fuit. Non sis tu mihi formídini, spes mea tu in die afflictiónis. Confundántur qui me persequúntur, et non confúndar ego: páveant illi, et non páveam ego: induc super eos diem afflictiónis, et dúplici contritióne cóntere eos.

Lectio 2, Jer 18:13-18

Quis audívit tália horribília, quæ fecit nimis virgo Israël? Numquid defíciet de petra agri nix Líbani? aut evélli possunt aquæ erumpéntes frígidæ, et defluéntes? Quia oblítus est mei pópulus meus, frustra libántes, et impingéntes in viis suis, in sémitis sǽculi, ut ambulárent per eas in itínere non trito: ut fíeret terra eórum in desolatiónem, et in síbilum sempitérnum: omnis qui præteríerit per eam obstupéscet, et movébit caput suum. Sicut ventus urens dispérgam eos coram inimíco: dorsum, et non fáciem osténdam eis in die perditiónis eórum. Et dixérunt: Veníte et cogitémus contra Jeremíam cogitatiónes: non enim períbit lex a sacerdóte, neque consílium a sapiénte, nec sermo a prophéta: veníte, et percutiámus eum lingua, et non attendámus ad univérsos sermónes ejus.

Lectio 3, Jer 18:19-23

Atténde, Dómine, ad me, et audi vocem adversariórum meórum. Numquid rédditur pro bono malum, quia fodérunt fóveam ánimæ meæ? Recordáre quod stéterim in conspéctu tuo, ut lóquerer pro eis bonum, et avérterem indignatiónem tuam ab eis. Proptérea da fílios eórum in famem, et deduc eos in manus gládii: fiant uxóres eórum absque líberis, et víduæ: et viri eárum interficiántur morte: júvenes eórum confodiántur gládio in prǽlio. Audiátur clamor de dómibus eórum: addúces enim super eos latrónem repénte: quia fodérunt fóveam ut cáperent me, et láqueos abscondérunt pédibus meis. Tu autem, Dómine, scis omne consílium eórum advérsum me in mortem: ne propitiéris iniquitáti eórum, et peccátum eórum a fácie tua non deleátur: fiant corruéntes in conspéctu tuo, in témpore furóris tui abútere eis.


Traduzione italiana delle Letture del Mattutino del Mercoledì Santo

NOTTURNO UNICO

Lettura 1

Dal Profeta Geremia

Ger 17:13-18

Signore, aspettazione d'Israele: tutti quelli che ti abbandonano, saranno confusi: quelli che s'allontanano da te, saranno scritti nella terra: perché hanno abbandonata la sorgente delle acque vive, il Signore. Risanami, o Signore, e sarò risanato: salvami, e sarò salvo: perché tu sei la mia gloria. Ecco ch'essi mi dicono: Dov'è la parola del Signore? ch'essa si compia. Ma io non mi son turbato seguendo te, mio pastore: e non desiderai il favore dell'uomo, tu lo sai. Quello che uscì dalle mie labbra, fu retto dinanzi a te. Non essermi tu cagione di spavento, tu, speranza mia, nel giorno dell'afflizione. Siano confusi quelli che mi perseguitano, e non io: tremino essi, e non io: manda su loro il giorno dell'afflizione, e percuotili con doppio flagello.

Lettura 2, Ger 18:13-18

Chi ha mai udito cose orribili come queste che ha fatte purtroppo la vergine d'Israele? Mancherà forse la neve del Libano nei massi della pianura? o si potranno svellere le scaturigini delle fresche acque e zampillanti? Eppure il mio popolo s'è scordato di me, facendo libazioni invano, e inciampando nelle sue vie, nelle vie del secolo, per voler camminare per esse una via non battuta: per far sì che la loro terra sia ridotta in desolazione e derisione sempiterna: ognuno che passerà per essa rimarrà stupito e scoterà la sua testa. Come farebbe il vento ardente, io li disperderò dinanzi al nemico: volgerò loro il dorso, e non la faccia nel dì della loro perdizione. Ma essi dissero: Venite, ed escogitiamo delle ragioni contro Geremia; perché la legge non perirà per un sacerdote, né il consiglio per un savio, né la parola per un profeta di meno: venite, percotiamolo colla lingua, e non diamo retta a nessuna delle sue parole.

Lettura 3, Ger 18:19-23

Signore, bada tu a me, e ascolta pure la voce dei miei avversari. Così dunque si rende male per bene, che costoro m'hanno scavato una fossa? Ricordati ch'io mi son presentato al tuo cospetto per parlarti in loro favore, e stornare da essi il tuo sdegno. Perciò dà dunque i loro figli in preda alla fame, e dalli in balìa della spada: le loro mogli restino senza figli e vedove: e i loro mariti siano messi a morte: e i loro giovani cadano trafitti dalla spada in battaglia. Si odano strida dalle loro case: perché tu manderai su di loro all'improvviso il ladrone: perché essi hanno scavata la fossa per prendermi, e hanno teso di nascosto lacci ai miei piedi. Ma tu, o Signore, conosci ogni loro disegno di morte contro di me: non perdonare alla loro malizia, e non sia cancellato dalla tua presenza il loro peccato: stramazzino essi alla tua presenza, e tu straziali nel tempo del tuo furore.


Letture dell'Ufficio delle Tenebre del Giovedì Santo (in latino)

AD I NOCTURNUM

Lectio 1

Incipit Lamentátio Jeremíæ Prophétæ

Lam 1:1-5

Aleph. Quómodo sedet sola cívitas plena pópulo: facta est quasi vídua dómina géntium: princeps provinciárum facta est sub tribúto.

Beth. Plorans plorávit in nocte, et lácrimæ ejus in máxillis ejus: non est qui consolétur eam ex ómnibus caris ejus: omnes amíci ejus sprevérunt eam, et facti sunt ei inimíci.

Ghimel. Migrávit Judas propter afflictiónem, et multitúdinem servitútis: habitávit inter gentes, nec invénit réquiem: omnes persecutóres ejus apprehendérunt eam inter angústias.

Daleth. Viæ Sion lugent eo quod non sint qui véniant ad solemnitátem: omnes portæ ejus destrúctæ: sacerdótes ejus geméntes: vírgines ejus squálidæ, et ipsa oppréssa amaritúdine.

He. Facti sunt hostes ejus in cápite, inimíci ejus locupletáti sunt: quia Dóminus locútus est super eam propter multitúdinem iniquitátum ejus: párvuli ejus ducti sunt in captivitátem, ante fáciem tribulántis.

Jerúsalem, Jerúsalem, convértere ad Dóminum Deum tuum.

Lectio 2, Lam 1:6-9

Vau. Et egréssus est a fília Sion omnis decor ejus: facti sunt príncipes ejus velut aríetes non inveniéntes páscua: et abiérunt absque fortitúdine ante fáciem subsequéntis.

Zain. Recordáta est Jerúsalem diérum afflictiónis suæ, et prævaricatiónis ómnium desiderabílium suórum, quæ habúerat a diébus antíquis, cum cáderet pópulus ejus in manu hostíli, et non esset auxiliátor: vidérunt eam hostes, et derisérunt sábbata ejus.

Heth. Peccátum peccávit Jerúsalem, proptérea instábilis facta est: omnes, qui glorificábant eam, sprevérunt illam, quia vidérunt ignomíniam ejus: ipsa autem gemens convérsa est retrórsum.

Teth. Sordes ejus in pédibus ejus, nec recordáta est finis sui: depósita est veheménter, non habens consolatórem: vide, Dómine, afflictiónem meam, quóniam eréctus est inimícus.

Jerúsalem, Jerúsalem, convértere ad Dóminum Deum tuum.

Lectio 3, Lam 1:10-14

Jod. Manum suam misit hostis ad ómnia desiderabília ejus: quia vidit gentes ingréssas sanctuárium suum, de quibus præcéperas ne intrárent in ecclésiam tuam.

Caph. Omnis pópulus ejus gemens, et quærens panem: dedérunt pretiósa quæque pro cibo ad refocillándam ánimam. Vide, Dómine, et consídera, quóniam facta sum vilis.

Lamed. O vos omnes, qui transítis per viam, atténdite, et vidéte, si est dolor sicut dolor meus: quóniam vindemiávit me, ut locútus est Dóminus in die iræ furóris sui.

Mem. De excélso misit ignem in óssibus meis, et erudívit me: expándit rete pédibus meis, convértit me retrórsum: pósuit me desolátam, tota die mæróre conféctam.

Nun. Vigilávit jugum iniquitátum meárum: in manu ejus convolútæ sunt, et impósitæ collo meo: infirmáta est virtus mea: dedit me Dóminus in manu, de qua non pótero súrgere.

Jerúsalem, Jerúsalem, convértere ad Dóminum Deum tuum.

AD II NOCTURNUM

Lectio 4

Ex tractátu sancti Augustíni Epíscopi super Psalmos

In Psalmum 54 ad 1 versum

Exáudi, Deus, oratiónem meam, et ne despéxeris deprecatiónem meam: inténde mihi, et exáudi me. Satagéntis, sollíciti, in tribulatióne pósiti, verba sunt ista. Orat multa pátiens, de malo liberári desíderans. Súperest ut videámus in quo malo sit: et cum dícere cœ́perit, agnoscámus ibi nos esse: ut communicáta tribulatióne, conjungámus oratiónem. Contristátus sum, inquit, in exercitatióne mea, et conturbátus sum. Ubi contristátus? ubi conturbátus? In exercitatióne mea, inquit. Hómines malos, quos pátitur, commemorátus est: eandémque passiónem malórum hóminum exercitatiónem suam dixit. Ne putétis grátis esse malos in hoc mundo, et nihil boni de illis ágere Deum. Omnis malus aut ídeo vivit, ut corrigátur; aut ídeo vivit, ut per illum bonus exerceátur.

Lectio 5

Utinam ergo qui nos modo exércent, convertántur, et nobíscum exerceántur: tamen quámdiu ita sunt ut exérceant, non eos odérimus: quia in eo quod malus est quis eórum, utrum usque in finem perseveratúrus sit, ignorámus. Et plerúmque cum tibi vidéris odísse inimícum, fratrem odísti, et nescis. Diábolus, et ángeli ejus in Scripturis sanctis manifestáti sunt nobis, quod ad ignem ætérnum sint destináti. Ipsórum tantum desperánda est corréctio, contra quos habémus occúltam luctam: ad quam luctam nos armat Apóstolus, dicens: Non est nobis colluctátio advérsus carnem et sánguinem: id est, non advérsus hómines, quos vidétis, sed advérsus príncipes, et potestátes, et rectóres mundi, tenebrárum harum. Ne forte cum dixísset, mundi, intellégeres dæmónes esse rectóres cæli et terræ. Mundi dixit, tenebrárum harum: mundi dixit, amatórum mundi: mundi dixit, impiórum et iniquórum: mundi dixit, de quo dicit Evangélium: Et mundus eum non cognóvit.

Lectio 6

Quóniam vidi iniquitátem, et contradictiónem in civitáte. Atténde glóriam crucis ipsíus. Jam in fronte regum crux illa fixa est, cui inimíci insultavérunt. Efféctus probávit virtútem: dómuit orbem non ferro, sed ligno. Lignum crucis contuméliis dignum visum est inimícis, et ante ipsum lignum stántes caput agitábant, et dicébant: Si Fílius Dei est, descéndat de cruce. Extendébat ille manus suas ad pópulum non credéntem, et contradicéntem. Si enim justus est, qui ex fide vivit; iníquus est, qui non habet fidem. Quod ergo hic ait, iniquitátem: perfidiam intéllege. Vidébat ergo Dóminus in civitáte iniquitátem et contradictiónem, et extendébat manus suas ad pópulum non credéntem et contradicéntem: et tamen et ipsos exspéctans dicébat: Pater, ignósce illis, quia nésciunt quid fáciunt.

AD III NOCTURNUM

Lectio 7

De Epístola prima beáti Pauli Apóstoli ad Corínthios

1 Cor 11:17-22

Hoc autem præcípio: non laudans quod non in mélius, sed in detérius convenítis. Primum quidem conveniéntibus vobis in Ecclésiam, áudio scissúras esse inter vos, et ex parte credo. Nam opórtet et hǽreses esse, ut et qui probáti sunt, manifésti fiant in vobis. Conveniéntibus ergo vobis in unum, jam non est Domínicam cenam manducáre. Unusquísque enim suam cenam præsúmit ad manducándum. Et álius quidem ésurit, álius autem ébrius est. Numquid domos non habétis ad manducándum et bibéndum? aut Ecclésiam Dei contémnitis, et confúnditis eos, qui non habent? Quid dicam vobis? Laudo vos? In hoc non laudo.

Lectio 8, 1 Cor 11:23-26

Ego enim accépi a Dómino quod et trádidi vobis, quóniam Dóminus Jesus, in qua nocte tradebátur, accépit panem, et grátias agens fregit, et dixit: Accípite, et manducáte: hoc est corpus meum, quod pro vobis tradétur: hoc fácite in meam commemoratiónem. Simíliter et cálicem, postquam cœnávit, dicens: Hic calix novum testaméntum est in meo sánguine: hoc fácite, quotiescúmque bibétis, in meam commemoratiónem. Quotiescúmque enim manducábitis panem hunc, et cálicem bibétis, mortem Dómini annuntiábitis donec véniat.

Lectio 9, 1 Cor 11:27-34

Itaque quicúmque manducáverit panem hunc, vel bíberit cálicem Dómini indígne, reus erit córporis et sánguinis Dómini. Probet autem seípsum homo: et sic de pane illo edat, et de cálice bibat. Qui enim mandúcat et bibit indígne, judícium sibi mandúcat et bibit, non dijúdicans corpus Dómini. Ideo inter vos multi infírmi et imbecílles, et dórmiunt multi. Quod, si nosmetípsos dijudicarémus, non útique judicarémur. Dum judicámur autem, a Dómino corrípimur, ut non cum hoc mundo damnémur. Itaque, fratres mei, cum convenítis ad manducándum, ínvicem exspectáte. Si quis ésurit, domi mandúcet: ut non in judícium convéniatis. Cétera autem, cum vénero, dispónam.


Traduzione italiana delle Letture dell'Ufficio delle Tenebre del Giovedì Santo

I NOTTURNO

Lettura 1

Incomincia la Lamentazione del Profeta Geremia

Lam 1:1-5

Alef. Come mai siede solitaria la città già piena di popolo: è diventata come vedova la signora delle Genti: la regina delle Provincie è obbligata al tributo.

Bet. Ella piange inconsolabilmente durante la notte, e le sue lacrime scorrono sulle sue guancie: non c'è più chi la consoli tra tutti i suoi cari: tutti gli amici suoi l'han disprezzata, e le son diventati nemici.

Ghimel. Giuda emigrò per (fuggir) l'afflizione e la molteplice servitù: abitò fra le Genti, e non trovò riposo: tutti i suoi persecutori la strinsero d'ogni parte.

Dalet. Le vie di Sion sono in lutto perché nessuno accorre più alle solennità: le sue porte son tutte distrutte: i suoi sacerdoti gementi: le sue vergini squallide, ed ella oppressa dall'amarezza.

E. I suoi avversari la signoreggiano, i suoi nemici si sono arricchiti: perché il Signore s'è pronunziato contro di lei per la moltitudine delle sue iniquità: i suoi fanciulli sono stati condotti in ischiavitù, sotto la faccia dell'oppressore.

Gerusalemme, Gerusalemme, convertiti al Signore Dio tuo.

Lettura 2, Lam 1:6-9

Vau. È sparito dalla figlia di Sion tutto il suo splendore: i suoi principi son diventati simili ad arieti che non trovano pascoli: e sono fuggiti privi di forza davanti alla faccia del persecutore.

Zain. Gerusalemme s'è ricordata dei giorni della sua afflizione e della sua prevaricazione, e di tutte le sue cose più care ch'ebbe fin dai tempi antichi, ora che il suo popolo è caduto in mano nemica, senza chi l'aiutasse: la videro i nemici, e si risero dei suoi sabbati.

Et. Grandemente ha peccato Gerusalemme, onde non trova più fermezza: tutti coloro che la glorificarono, l'han disprezzata, perché han visto la sua ignominia: ella perciò geme, e si torce indietro (nascondendo la faccia).

Tet. Le sue immondezze son fin nei suoi piedi, né s'è ricordata del suo fine: è altamente depressa, e non ha chi la consoli: mira, Signore, la mia afflizione, perché il nemico è diventato insolente.

Gerusalemme, Gerusalemme, convertiti al Signore Dio tuo.

Lettura 3, Lam 1:10-14

Jod. L'avversario ha steso la mano su tutte le sue cose più care: perché ella ha visto entrare nel suo santuario i Gentili, cui tu avevi ordinato che non entrassero nella tua adunanza.

Caf. Tutto il tuo popolo geme e domanda pane: han dato le cose più preziose per aver cibo da ristorar le forze. Mira, o Signore, e considera in quale avvilimento son ridotta.

Lamed. O voi tutti che passate per la via, guardate e vedete se c'è dolore simile al mio dolore: perché il Signore m'ha vendemmiata, come aveva detto, nel dì della sua ira furibonda.

Mem. Dall'alto mandò un fuoco nelle mie ossa e mi castigò: tese una rete ai miei piedi e mi rovesciò all'indietro: m'ha ridotto desolata, a disfarmi tutto il giorno nel dolore.

Nun. S'è svegliato il giogo delle mie iniquità: egli l'ha ravvolte in sua mano ed ora imposte sul mio collo: è venuta meno la mia forza: il Signore m'ha abbandonata a tale mano da cui non potrò risollevarmi.

Gerusalemme, Gerusalemme, convertiti al Signore Dio tuo.

II NOTTURNO

Lettura 4

Dal Trattato di sant'Agostino Vescovo sui Salmi

Sul Salmo 54, al 1 verso

«Esaudisci, o Dio, la mia preghiera, e non disprezzare la mia supplica: dammi retta, ed esaudiscimi» Ps. 54,2. Son queste le parole d'un (uomo) turbato, angustiato, immerso nella tribolazione. Egli soffre molto e prega, desideroso d'essere liberato dal male (che l'opprime). Vediamo ora in che consista questo male: e, appena avrà incominciato a parlarne, riconosceremo che anche noi siamo nello stesso stato : affinché come partecipiamo alla sua tribolazione, così ci uniamo alla sua orazione. «Mi sono rattristato, egli dice, nella mia prova, e son rimasto conturbato». Dove rattristato? dove conturbato? «Nella mia prova», dice. Egli parla dei cattivi uomini che lo fan soffrire: e dichiara che la persecuzione di questi cattivi uomini è la sua prova. Non crediate che i cattivi ci siano per niente in questo mondo, e che Dio non ritragga alcun bene da essi. Ogni cattivo vive o perché si corregga, o perché per esso il buono sia esercitato.

Lettura 5

Voglia Dio dunque che quanti ora ci tengono in esercizio, si convertano e siano esercitati insieme con noi: tuttavia finché restano tali e ci esercitano, guardiamoci dall'odiarli: perché noi non sappiamo chi di essi persevererà nel male sino alla fine. E spesso avviene che mentre ti sembrava di odiare un nemico, odii un fratello senza saperlo. Dalle sacre Scritture è manifesto che solo il diavolo e gli angeli suoi sono condannati al fuoco eterno. Dell'emenda solo di costoro si deve disperare, contro cui sosteniamo una lotta occulta: lotta alla quale l'Apostolo ci arma dicendo: «Non abbiam noi da lottare contro la carne e il sangue» Epf. 6,12i, cioè non contro gli uomini che vediamo, ma contro i prìncipi e le potestà e i dominatori di questo mondo di tenebre. E perché, dicendo «del mondo» tu non intendessi i demoni essere i reggitori del cielo e della terra, disse: «Di questo mondo di tenebre», cioè, degli amatori del mondo: «del mondo», cioè degli empi ed iniqui: di questo mondo di cui dice il Vangelo: «E il mondo non lo conobbe» Joann. 1,10.

Lettura 6

Ché ho visto l'iniquità e la discordia nella città» Ps. 54,10. Considera però la gloria della croce di lui. Quella croce, cui insultavano i nemici, ora brilla sulla fronte dei re. L'effetto ne ha provata la virtù: egli ha conquistato il mondo non col ferro, ma col legno. Il legno della croce sembrò degno di disprezzo ai nemici, e mentre stavano davanti a questo stesso legno scrollavano la testa e dicevano: «S'egli è il Figlio di Dio, discenda dalla croce» Matth. 27,40. Egli intanto stendeva le sue mani verso il popolo incredulo e ribelle. Se infatti «il giusto» è chi «vive di fede» Rom. 1,17; l'iniquo è chi non ha fede. Onde ciò che qui chiamasi iniquità, devesi intendere infedeltà. Vedeva dunque il Signore nella città l'iniquità e la discordia, e «stendeva le sue mani verso il popolo incredulo e ribelle» Rom. 10,21: e nonostante, aspettandoli, diceva: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che si fanno» Luc. 23,34.

III NOTTURNO

Lettura 7

Dalla prima Lettera dell'Apostolo san Paolo ai Corinti

1 Cor 11:17-22

Di questo poi vi avverto, e non per lodarvi, che cioè vi radunate non per il meglio, ma per far peggio. Prima di tutto sento dire che quando vi radunate in Chiesa vi sono tra voi delle scissioni, e in parte lo credo. Perché è necessario che vi siano anche delle eresie, affinché si palesino quelli che sono tra voi di buona fede. Quando dunque vi radunate insieme, non è più la cena del Signore quella che voi celebrate. Perché ognuno comincia a mangiare la cena che s'è portata. Così che uno patisce la fame, e l'altro si ubbriaca. Ma non avete delle case per mangiare e bere? o volete fare un disprezzo alla Chiesa di Dio e un affronto a quelli che non han nulla? Che vi dirò? Vi loderò? In questo non vi lodo.

Lettura 8, 1 Cor 11:23-26

Infatti io ho appreso dal Signore, e ve l'ho anche trasmesso, che il Signore Gesù, la notte che fu tradito, prese del pane, e, dopo aver fatto il ringraziamento, lo spezzò e disse: Prendete e mangiate: questo è il mio corpo che sarà immolato per voi: fate questo in memoria di me. Similmente, dopo d'aver cenato, prese anche il calice, dicendo: Questo calice è la nuova alleanza fatta col mio sangue: fate questo, tutte le volte che lo berrete, in memoria di me. Poiché tutte le volte che mangerete questo pane e berrete questo calice, annunzierete la morte del Signore finché egli venga.

Lettura 9, 1 Cor 11:27-34

Perciò chiunque mangerà questo pane o berrà il calice del Signore indegnamente, si rende colpevole del corpo e del sangue del Signore. Perciò ciascuno esamini se stesso: e poi mangi di questo pane e beva di questo calice. Perché chi ne mangia e ne beve indegnamente, mangia e beve la propria condanna perché non distingue il corpo del Signore. Ecco perché tra voi sono molti gli infermi e i deboli, e numerosi i morti. Ora, se giudicassimo noi stessi, non saremmo certo giudicati. Ma per noi il giudizio del Signore è un monito, per non essere condannati insieme con questo mondo. Onde, fratelli miei, allorché vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri. Se uno ha fame, mangi a casa, onde non vi raduniate per esser condannati. Le altre cose poi le regolerò quando verrò.


Ad Primam: il Martirologio del 1° Aprile 2021.

Kalendis Aprilis, luna decima octava.

Primo loco additur: Coena Domininica, quando Christus Jesus, pridie quam pro nostra salute crucifigeretur, mysteria Corporis et Sanguinis sui discipulis tradidit celebranda.



Nel giorno delle Calende di Aprile, luna diciottesima.



A questo link si trovano le Messe dal Lunedì al Mercoledì Santo (quella del Mercoledì da pag. 19 a pag. 31) in due colonne latino-italiano, in formato pdf, dunque per oggi e per i prossimi giorni è inutile trascriverla come faccio abitualmente:


Dall'Anno Liturgico di Dom Guéranger

MERCOLEDÌ SANTO

Ultimo consiglio del Sinedrio.

Oggi i principi dei sacerdoti e gli anziani del popolo si sono riuniti in una sala del Tempio per deliberare, un’ultima volta, in qual maniera togliere di mezzo Gesù. Si sono discussi diversi progetti. Ma, è prudente mettergli le mani addosso in una circostanza come la Pasqua, in cui la città è piena di tanti stranieri che conoscono il Nazareno solo per l’ovazione solenne tributatagli appena tre giorni fa? Non ci sono anche, fra gli abitanti di Gerusalemme, moltissimi di quelli che applaudirono al suo trionfo, e dei quali bisogna temere l’entusiasmo per Gesù? No: per il momento, non si deve assolutamente ricorrere a misure violente: potrebbe scoppiare una sedizione proprio in mezzo alla solennità pasquale. Coloro che ne sarebbero i fautori verrebbero facilmente a compromettersi con Ponzio Pilato, e forse avrebbero da temere la vendetta del popolo. È meglio, dunque, lasciar passare la festa, e trovare piuttosto un pretesto per impadronirsi della persona di Gesù senza rumore.

Ma questi uomini sanguinari s’illudevano, pensando di ritardare,col comodo della loro politica, la morte del Giusto. Volevano prorogare il loro assassinio; ma il decreto divino, che da tutta l’eternità ha preparato un sacrificio per la salvezza del genere umano, aveva precisamente fissato tale sacrificio in quella medesima festa di Pasqua, che domani una tromba annuncerà nella città santa. Per troppo tempo è stato offerto un agnello misterioso, in figura del vero Agnello; dunque sta per inaugurarsi quella famosa Pasqua, che vedrà fugare le ombre all’apparire della realtà; ed il sangue redentore, versato dalla mano dei pontefici accecati, si mescolerà a quello delle vittime, che il Signore d’ora in poi non gradirà più. Fra poco il sacerdozio giudaico vibrerà su se stesso il colpo di grazia, mentre immolerà colui che, col sangue, abrogherà l’alleanza antica e suggellerà in eterno la nuova.

Il tradimento.

Ma in che modo i nemici del Salvatore avranno nelle mani la vittima che nei loro sanguinari desideri bramano ardentemente? essi, che vogliono evitare un gesto spettacolare ed il rumore? Hanno fatto i conti senza sapere del tradimento. Un discepolo del Signore chiede d’essere introdotto da loro, avendo una proposta da fare: “Che mi date, dice, ed io ve lo consegno?”. Che gioia per cotesti miserabili! Sono dottori della legge, e non viene loro in mente il Salmo 108, nel quale David predisse tutte le circostanze dell’infame vicenda; né dell’oracolo di Geremia, che indicò persino la somma di trenta denari d’argento come prezzo del riscatto del Giusto? Proprio questa somma Giuda viene loro a chiedere; e gliela sborsano immediatamente.

Tutto è combinato. Domani sera Gesù sarà a Gerusalemme a fare la Pasqua. Verso sera si ritirerà come di consueto, nell’orto situato alle falde del monte degli Olivi. Ma. come faranno, nel cuore della tenebrosa notte a distinguerlo dai discepoli, gli uomini incaricati di catturarlo? Tutto aveva previsto Giuda: i soldati potranno con tutta sicurezza mettere le mani su colui ch’egli bacerà.

È questo l’orribile misfatto che oggi si congiura all’ombra del Tempio di Gerusalemme. Per esprimere tutta la sua esecrazione, e farne onorevole ammenda al Figlio di Dio, così indegnamente oltraggiato con tale mostruoso patto, la santa Chiesa, dai secoli più antichi, consacrò il Mercoledì alla penitenza. Anche ai nostri giorni, la Quaresima si apre di Mercoledì; e quando la Chiesa c’impone, quattro volte all’anno, i digiuni che segnano l’apertura d’ogni stagione, il Mercoledì è appunto uno dei tre giorni che dobbiamo dedicare alla mortificazione del corpo.

Il VI Scrutinio.

Oggi aveva luogo, nella Chiesa Romana, il sesto Scrutinio per l’ammissione dei Catecumeni al Battesimo. Si ascoltavano, se ne erano degni, quelli sui quali ancora non era stata pronunciata la parola definitiva. Alla Messa si leggevano due letture prese dai Profeti, come si fece il giorno del grande Scrutinio, il Mercoledì della quarta Settimana di Quaresima. I Catecumeni, come d’ordinario, uscivano dalla chiesa dopo il Vangelo; ma, terminato il Sacrificio, erano nuovamente introdotti dall’Ostiario, ed un sacerdote diceva loro queste parole: “Sabato prossimo, vigilia di Pasqua, alla tale ora vi radunerete nella Basilica del Laterano per il settimo Scrutinio; per ripetere poi il Simbolo che dovete aver appreso; infine per ricevere, con l’aiuto di Dio, il bagno santo della rigenerazione. Preparatevi con zelo ed umiltà, con digiuni e preghiere continue, sepolti per il santo Battesimo con Gesù Cristo, possiate con lui risuscitare nella vita eterna. Amen”.

La Stazione, a Roma, oggi ha luogo nella Basilica di S. Maria Maggiore. Compassioniamo i dolori della nostra santa Madre, che prova nel suo cuore sì crudeli angosce nell’imminenza del Sacrificio che si sta preparando.

LETTURA (Is. 62, 11; 63, 1-7). – Queste cose dice il Signore Iddio: Dite alla figlia di Sion: Ecco viene il tuo Salvatore, porta con sé la sua ricompensa, Chi è costui che viene da Edom, da Bosra, con le vesti tinte di rosso? È bello nel suo vestito, e cammina nella grandezza della sua forza. Son io che parlo con giustizia e proteggo in modo da salvare. Perché dunque son rossi i tuoi panni, e le tue vesti sono come quelle di chi pigia nello strettoio? Da me pestati nel mio furore, nel mio sdegno li ho schiacciati, e il loro sangue è schizzato sui miei panni, e ho macchiate tutte le mie vesti. Il giorno della vendetta è nel mio cuore; è venuto l’anno della mia redenzione. Guardai intorno, e non c’era chi desse una mano, cercai e non ci fu chi mi aiutasse. E mi ha salvato il mio braccio, e mi ha aiutato il mio stesso sdegno. E nel mio furore calpestai i popoli, li inebriai con la mia indignazione, e feci cadere interra la loro fortezza. Io ricorderò le misericordie del Signore, e celebrerò il Signore per tutte le cose che ha fatto per noi, il Signore Dio nostro.

La vittoria del Messia.

Com’è impressionante questo liberatore che schiaccia sotto i piedi i suoi nemici come i racemi dello strettoio, al punto che le sue vesti sono intinte del loro sangue! Ma non è oggi il giorno di rilevare ed esaltare la forza del suo braccio, oggi ch’è abbeverato d’umiliazioni, e che i suoi nemici, col più ignobile dei mercati, l’hanno comprato da uno dei suoi discepoli? Egli non rimarrà sempre nell’abbassamento; presto si rialzerà, e la terra imparerà a conoscere la sua potenza, alla vista dei castighi coi quali schiaccerà coloro che ardirono di calpestarlo. Gerusalemme è pronta a lapidare quelli che predicheranno in nome suo; e sarà la più crudele matrigna dei veri Israeliti, che, docili agl’insegnamenti dei Profeti, hanno riconosciuto in Gesù tutti i caratteri del Messia. La Sinagoga cercherà di soffocare la Chiesa fin dalla sua culla; ma appena questa Chiesa, scuotendo la polvere dei suoi piedi contro Gerusalemme, si rivolgerà alle nazioni, la vendetta del Cristo, simile a un turbine, si scaglierà contro la città che l’ha mercanteggiato, tradito e crocifisso.

La distruzione di Gerusalemme però non fu che la figura di quell’altra rovina, cui è destinata l’umanità colpevole, quando il divino vendicatore che ogni giorno vediamo contraddetto e schernito, riapparirà sulle nubi del cielo a rivendicare il suo onore oltraggiato. Ora si lascia tradire, sputare e vilipendere; ma quando “sarà venuto il giorno della vendetta che sta nel suo cuore, e l’anno della sua redenzione”, beati quelli che l’avranno riconosciuto ed avranno compatito le sue umiliazioni e i suoi dolori! E guai a quelli che non vorranno vedere in lui che un uomo! Guai a coloro che, non scontenti di scrollare il suo giogo dalle loro spalle, avranno strappato anche altri al suo impero! Poiché egli è Re, ed è venuto in questo mondo per regnare: e coloro che avranno disprezzato la sua clemenza, non potranno sfuggire alla sua giustizia.

EPISTOLA (Is. 53, 1-12). – In quei giorni: Disse Isaia: O Signore, chi ha creduto a ciò che annunziammo? e il braccio del Signore a chi è stato rivelato? Egli spunterà dinanzi a lui come un virgulto, come un germoglio che ha radici in arida terra. Egli non ha bellezza, né splendore, l’abbiamo veduto; non era di bello aspetto, né l’abbiamo amato. Disprezzato, l’ultimo degli uomini, l’uomo dei dolori, assuefatto al patire. Teneva nascosto il volto, era vilipeso, e noi non ne facemmo alcun conto. Veramente egli ha preso sopra di sé i nostri mali, ha portato i nostri dolori; e noi l’abbiamo considerato come un lebbroso, come un percosso da Dio e umiliato. Egli invece è stato piagato per le nostre iniquità, è stato trafitto per le nostre scelleratezze: piombò sopra di lui il castigo che ci ridona la pace, per le sue lividure siamo stati risanati. Noi tutti siamo stati come pecore erranti, ciascuno aveva deviato per la sua strada, e il Signore pose addosso a lui l’iniquità di noi tutti. È stato sacrificato perché ha voluto: non ha aperto bocca. Come pecorella sarà condotto ad essere ucciso; come agnello muto dinanzi a chi lo tosa, egli non aprirà bocca. Dopo l’oppressione e la condanna fu innalzato; chi parlerà della sua generazione? Egli è stato reciso dalla terra dei viventi; l’ho percosso per il peccato del mio popolo. Metterà gli empi alla sua sepoltura e un ricco alla sua morte; perché egli non ha commesso l’iniquità, né ebbe mai la frode nella sua bocca. Il Signore volle consumarlo coi patimenti; ma quando avrà dato la sua vita in sacrificio di espiazione, vedrà una lunga posterità, e i voleri del Signore andranno ad effetto nelle sue mani. Per gli affanni dell’anima sua vedrà e ne sarà sazio. Con la sua dottrina, il Giusto, il mio servo, giustificherà molti, e ne prenderà sopra di sé le iniquità. Per questo gli darò una gran moltitudine; egli dividerà le spoglie dei forti, perché consegnò la sua vita alla morte, fu annoverato tra i malfattori, egli che tolse i peccati di molti e pregò per i peccatori

I patimenti del Messia.

In questa profezia è ancora Isaia che parla; ma non è più il poeta sublime che cantava le vendette dell’Emmanuele. Qui descrive le angosce dell’Uomo-Dio, “dell’ultimo degli uomini, dell’uomo dei dolori e assuefatto a patire”. Proprio per questo, il più eloquente dei Profeti merita l’appellativo di quinto Evangelista, come lo chiamano i Santi Padri. Difatti, non riassume ed anticipa la narrazione del Passio, mostrandoci il Figlio di Dio “simile ad un lebbroso, ad un percosso da Dio e umiliato”? Ma noi, che dalla santa Chiesa sentiamo leggere queste pagine ispirate, ed unire, insieme al Vecchio il Nuovo Testamento, per dimostrarci tutti i lineamenti della Vittima universale, come faremo ad essere riconoscenti per l’amore che Gesù ci ha testimoniato attirando su se stesso tutte le vendette che noi ci eravamo meritate?

“Per le sue lividure siamo stati risanati”. Oh, il medico celeste che si addossa le infermità di coloro che vuol guarire! E non solo s’è lasciato per noi “coprire di lividure”; ma s’è anche fatto sgozzare come un agnello da macello. È mai possibile che si sia sottomesso all’inflessibile giustizia del Padre, “che pose sopra di lui l’iniquità di tutti noi”? Ascoltate il Profeta: “È stato sacrificato, perché ha voluto”. Il suo amore per noi equivale alla sua sottomissione al Padre. Vedetelo, come tace davanti a Pilato, che con una sola parola avrebbe potuto strapparlo ai suoi nemici!: “come un agnello muto dinanzi a chi lo tosa, non apre bocca”. Adoriamo il suo silenzio che ci salva; rileviamo ogni minuto ragguaglio d’una dedizione che nessun uomo ebbe per un altro uomo, e che solo possiamo riscontrare nel cuore d’un Dio. Come ci ama, noi “sua generazione”, figli del suo sangue, compenso del suo sacrificio! Chiesa santa, posterità di Gesù morente, tu gli sei cara; a caro prezzo ti comprò, ed in te si compiacque. Anime fedeli, ricambiategli amore per amore; anime peccatrici, ritornate fedeli, attingendo la vita nel suo sangue, e ricordatevi, che se “noi avevamo deviato come pecore erranti”, il Signore “ha posta sopra dilui l’iniquità di tutti noi”. Non v’è peccatore sì reo, non v’è pagano, non v’è infedele, che non abbia la sua parte nel suo sangue prezioso; la sua virtù infinita è tale, da riscattare milioni di mondi più malvagi del nostro.

P R E G H I A M O

Riguarda, te ne preghiamo, o Signore, questa tua famiglia, per la quale nostro Signore Gesù Cristo non esitò a darsi in mano dei carnefici e a subire il supplizio della croce.