Festa di San Giuseppe Sposo della Beata Vergine Maria, Confessore, Doppio di I Classe, colore liturgico bianco. Commemorazione del Venerdì nella IV Settimana di Quaresima. Festa di Precetto e giorno di digiuno e astinenza: infatti a norma del Can. 1252 § 4 (del Codice di Diritto Canonico del 1917) in Quaresima il precetto festivo non abroga né il digiuno né l'astinenza.
Qui per le peculiarità del Tempo di Quaresima:
https://loquerequaedecentsanamdoctrinam.blogspot.com/2021/02/dispensa-di-liturgia-sul-tempo-di.html
Al Breviario
Tutto dal Proprio dei Santi (al 19 Marzo), con i Salmi prescritti a Mattutino, quelli festivi da Lodi a Nona e quelli dei Primi Vespri del Comune degli Apostoli a Vespri. IX Lezione e commemorazione della Feria dal Proprio del Tempo. Compieta della Domenica.
Le Antifone si raddoppiano, Suffragio e Preci si omettono.
Al Messale
Messa come al 19 Marzo:
- Gloria
- Due Orazioni:
- La prima della Messa
- La seconda è la commemorazione della Feria
- Credo
- Prefazio di San Giuseppe
- Ite Missa est
- L'ultimo Vangelo è quello della Messa della Feria
Letture del Mattutino (in latino)
AD I NOCTURNUM
Lectio 1
De libro Génesis
Gen 39:1-5
Joseph ígitur ductus est in Ægýptum, emítque eum Putíphar eunúchus Pharaónis, princeps exércitus, vir Ægýptius, de manu Ismaelitárum, a quibus perdúctus erat. Fuítque Dóminus cum eo, et erat vir in cunctis próspere agens: habitavítque in domo dómini sui, qui óptime nóverat Dóminum esse cum eo, et ómnia, quæ gerébat, ab eo dírigi in manu illíus. Invenítque Joseph grátiam coram dómino suo, et ministrábat ei: a quo præpósitus ómnibus gubernábat créditam sibi domum, et univérsa quæ ei trádita fúerant: benedixítque Dóminus dómui Ægýptii propter Joseph.
Lectio 2, Gen 41:37-40
Plácuit Pharaóni consílium et cunctis minístris eius: locutúsque est ad eos: Num inveníre potérimus talem virum, qui spíritu Dei plenus sit? Dixit ergo ad Joseph: Quia osténdit tibi Deus ómnia quæ locútus es, numquid sapientiórem et consímilem tui inveníre pótero? Tu eris super domum meam, et ad tui oris impérium cunctus pópulus obédiet: uno tantum regni sólio te præcédam.
Lectio 3, Gen 41:41-44
Dixítque rursus Phárao ad Joseph: Ecce, constítui te super univérsam terram Ægýpti. Tulítque ánnulum de manu sua, et dedit eum in manu eius: vestivítque eum stola býssina, et collo torquem áuream circumpósuit. Fecítque eum ascéndere super currum suum secúndum, clamánte præcóne, ut omnes coram eo genu flécterent, et præpósitum esse scirent univérsæ terræ Ægýpti. Dixit quoque rex ad Joseph: Ego sum Phárao: absque tuo império non movébit quisquam manum aut pedem in omni terra Ægýpti.
AD II NOCTURNUM
Lectio 4
Sermo sancti Bernárdi Abbátis
Homil. 2 super Missus est, prope finem
Quis et qualis homo fúerit beátus Joseph, cónice ex appellatióne, qua, licet dispensatória, méruit honorári ádeo, ut pater Dei et dictus et créditus sit; cónice et ex próprio vocábulo, quod augméntum non dúbitas interpretári. Simul et meménto magni illíus quondam Patriárchæ vénditi in Ægýpto; et scito ipsíus istum non solum vocábulum fuísse sortítum, sed et castimóniam adéptum, innocéntiam assecútum et grátiam.
Lectio 5
Síquidem ille Joseph, fratérna ex invídia vénditus et ductus in Ægýptum, Christi venditiónem præfigurávit: iste Joseph, Herodiánam invídiam fúgiens, Christum in Ægýptum portávit. Ille dómino suo fidem servans, dóminæ nóluit commiscéri: iste Dóminam suam, Dómini sui matrem, vírginem agnóscens et ipse cóntinens, fidéliter custodívit. Illi data est intellegéntia in mystériis somniórum: isti datum est cónscium fíeri atque partícipem cæléstium sacramentórum.
Lectio 6
Ille fruménta servávit non sibi, sed omni pópulo: iste Panem vivum e cælo servándum accépit tam sibi quam toti mundo. Non est dúbium, quin bonus et fidélis homo fúerit iste Joseph, cui Mater desponsáta est Salvatóris. Fidélis, inquam, servus, et prudens, quem constítuit Dóminus suæ Matris solátium, suæ carnis nutrítium, solum dénique in terris magni consílii coadjutórem fidelíssimum.
AD III NOCTURNUM
Lectio 7
Léctio sancti Evangélii secúndum Matthǽum.
Matt 1:18-21
Cum esset desponsáta Mater Jesu María Joseph, ántequam convenírent, invénta est in útero habens de Spíritu Sancto. Et réliqua.
Homilía sancti Hierónymi Presbýteri
Lib. 1 Comment. in c. 1 Matth.
Quare non de símplici vírgine, sed de desponsáta concípitur? Primum, ut per generatiónem Joseph, orígo Maríæ monstrarétur: secúndo, ne lapidarétur a Judǽis ut adúltera: tértio, ut in Ægýptum fúgiens habéret solátium. Martyr Ignátius étiam quartam áddidit causam, cur a desponsáta concéptus sit: Ut partus, ínquiens, ejus celarétur diábolo, dum eum putat non de vírgine, sed de uxóre generátum.
Lectio 8
Antequam convenírent, invénta est in útero habens de Spíritu Sancto. Non ab álio invénta est, nisi a Joseph, qui pene licéntia maritáli futúræ uxóris ómnia nóverat. Quod autem dícitur, Antequam convenírent, non séquitur ut póstea convénerint: sed Scriptúra quod factum non sit, osténdit.
Lectio 9
Commemoratio Feriae
Léctio sancti Evangélii secúndum Joánnem
Joann 11:1-45
In illo témpore: Erat quidam languens Lázarus a Bethánia, de castéllo Maríæ et Marthæ soróris ejus. Et réliqua.
Homilía sancti Augustíni Epíscopi
Tract. 49 in Joannem, post init.
In superióri lectióne méministis, quod Dóminus éxiit de mánibus eórum, qui lapidáre illum volúerant, et discéssit trans Jordánem, ubi Joánnes baptizábat. Ibi ergo Dómino constitúto, infirmabátur in Bethánia Lázarus: quod castéllum erat próximum Jerosólymis. María autem erat, quæ unxit Dóminum unguénto, et extérsit pedes ejus capíllis suis, cujus frater Lázarus infirmabátur. Misérunt ergo soróres ejus ad eum. Jam intellégimus quo misérunt, ubi erat Jesus: quóniam absens erat, trans Jordánem scílicet. Misérunt ad Dóminum, nuntiántes quod ægrotáret frater eárum, ut si dignarétur, veníret, et eum ab ægritúdine liberáret. Ille dístulit sanáre, ut posset resuscitáre.
Traduzione italiana delle Letture del Mattutino
I NOTTURNO
Lettura 1
Lettura del libro del Genesi
Gen 39:1-5
Giuseppe dunque fu condotto in Egitto, e lo comprò l'egiziano Putifare eunuco di faraone e capo dell'esercito, dalle mani degli Ismaeliti che ve l'avevano condotto. E il Signore fu con lui, e gli riusciva bene tutto quel che faceva : e abitava in casa del suo padrone, il quale conosceva benissimo che il Signore era con lui e che faceva riuscir bene in mano di lui tutto quel che faceva. E Giuseppe trovò grazia presso del suo padrone, e lo serviva : dal quale preposto a ogni cosa egli governava la casa affidatagli e tutto ciò che gli era stato consegnato : e il Signore benedisse la casa dell'Egiziano per amor di Giuseppe.
Lettura 2, Gen 41:37-40
Piacque il consiglio (di Giuseppe) a faraone, e a tutti i suoi ministri; ed egli disse loro: Potremo noi trovare un altro uomo che sia così pieno dello spirito di Dio? Pertanto disse a Giuseppe : Dacché Dio ti t'ha manifestato tutto ciò che hai detto, potrò io trovare uno più saggio e simile a te? Tu avrai la sopraintendenza della mia casa, e al cenno della tua bocca tutto il popolo ubbidirà; io non avrò in più di te altro che il trono.
Lettura 3, Gen 41:41-44
Di più disse faraone a Giuseppe : Ecco, io ti dò autorità su tutta la terra d'Egitto. E si levò l'anello dal suo dito e lo mise nel dito di lui ; e lo fece vestire d'una veste di bisso, e gli mise al collo una collana d'oro. Quindi lo fece salire sul suo secondo cocchio, gridando l'araldo che tutti s'inginocchiassero dinanzi a lui, e sapessero ch'egli era il soprintendente di tutta la terra d'Egitto. Il re disse poi a Giuseppe: Io sono faraone : senza il tuo comando, nessuno muoverà piede o mano in tutta la terra d'Egitto.
II NOTTURNO
Lettura 4
Sermone di san Bernardo Abbate
Omelia 2 su Missus, verso la fine
Chi e qual uomo sia stato il beato Giuseppe, argomentalo dal titolo onde, sebbene in senso di nutrizio, meritò d'essere onorato così da essere e detto e creduto padre di Dio; argomentalo ancora dal proprio nome, che, come si sa, s'interpreta aumento. Ricorda in pari tempo quel gran Patriarca venduto altra volta in Egitto; e sappi ch'egli non solo ha ereditato il nome di quello, ma ne ha imitato ancora la castità, ne ha meritato l'innocenza e la grazia.
Lettura 5
E se quel Giuseppe, venduto per invidia dai fratelli e condotto in Egitto, prefigurò la vendita di Cristo ; il nostro Giuseppe, fuggendo l'invidia d'Erode, portò Cristo in Egitto. Quegli per rimaner fedele al suo padrone, non volle acconsentire alle voglie della sua padrona : questi, riconoscendo vergine la sua Signora madre del suo Signore, si mantenne continente e fu il suo fedele custode. A quello fu data l'intelligenza dei sogni misteriosi ; a questo fu concesso d'essere il confidente e cooperatore dei celesti misteri.
Lettura 6
Il primo conservò il frumento non per sé, ma per tutto il popolo : il secondo ricevé la custodia del Pane vivo celeste e per sé e per tutto il mondo. Non v'ha dubbio che questo Giuseppe, cui fu sposata la Madre del Salvatore, sia stato un uomo buono e fedele. Voglio dire, «un servo fedele e prudente» Matth. 24,45, che il Signore costituì conforto della Madre sua, sostegno della sua infanzia, infine il solo e fedelissimo cooperatore in terra del gran disegno.
III NOTTURNO
Lettura 7
Lettura del santo Vangelo secondo Matteo
Matt 1:18-21
Maria, madre di Gesù, sposata a Giuseppe, prima che fossero insieme, si scoperse che stava per esser madre per opera dello Spirito Santo. Eccetera.
Omelia di san Girolamo Prete
Libr. 1 Commento al cap. 1 di Matteo
Perché fu concepito non da una semplice vergine, ma da una sposata? Primo, perché dalla genealogia di Giuseppe si mostrasse la stirpe di Maria ; secondo, perch'ella non fosse lapidata dai Giudei come adultera: terzo, perché fuggitiva in Egitto avesse un sostegno. Il martire Ignazio aggiunge ancora una quarta ragione perché egli fu concepito da una sposata : affinché, dice, il suo concepimento rimanesse celato al diavolo, che lo credé il frutto non di una vergine, ma di una maritata.
Lettura 8
Prima che stessero insieme si scoperse che stava per esser madre per opera dello Spirito Santo» Malth. 1, 18. Si scoperse non da altri se non da Giuseppe, al quale per la confidenza di marito non sfuggiva nulla di quanto riguardava la futura sposa. Dal dirsi poi: « Prima che stessero insieme », non ne segue che stessero insieme dopo: perché la Scrittura constata ciò che non era avvenuto.
Lettura 9
Commemorazione della Feria
Lettura del santo Vangelo secondo Giovanni
Giov 11:1-45
In quell'occasione: Si era ammalato un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. Eccetera.
Omelia di sant'Agostino Vescovo
Tratt. 49 su Giovanni, dopo il principio
Voi ricordate dalla lezione precedente che il Signore fuggì dalle mani di quelli che volevano lapidarlo, e si ritirò al di là del Giordano, dove Giovanni battezzava. Mentre dunque il Signore era là, Lazzaro si ammalava in Betania, villaggio ch'era vicino a Gerusalemme. «Or Maria era quella che aveva unto di profumo il Signore e gli aveva asciugato i piedi coi suoi capelli, e Lazzaro, il malato, era suo fratello. Le sorelle di questo mandarono dunque a lui» Joann. 11,2. Noi sappiamo già dove mandarono, là dov'era Gesù: perché era assente, cioè al di là del Giordano. Mandarono al Signore, facendogli sapere che il loro fratello era ammalato, affinché, se si fosse degnato, andasse a liberarlo dall' infermità. Ma egli differì di guarirlo, per poterlo risuscitare.
Ad Primam: il Martirologio dell 20 Marzo 2021.
Tertiodecimo Kalendas Aprilis, luna sexta.
INTROITUS
Justus ut palma florébit: sicut cedrus Líbani multiplicábitur: plantátus in domo Dómini: in átriis domus Dei nostri. --- Bonum est confiteri Dómino: et psállere nómini tuo, Altíssime. --- Glória Patri --- Justus ut palma florébit: sicut cedrus Líbani multiplicábitur: plantátus in domo Dómini: in átriis domus Dei nostri.
COLLECTAE
Orémus. Sanctíssimæ Genetrícis tuæ Sponsi, quǽsumus, Dómine, méritis adjuvémur: ut, quod possibílitas nostra non óbtinet, ejus nobis intercessióne donétur: Qui vivis et regnas cum Deo Patre, in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
Orémus. Deus, qui ineffabílibus mundum rénovas sacraméntis: præsta, quǽsumus; ut Ecclésia tua et ætérnis profíciat institútis, et temporálibus non destituátur auxíliis. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
EPISTOLA
Lectio libri Sapientiæ
Eccli 45:1-6
Diléctus Deo et homínibus, cujus memória in benedictióne est. Símilem illum fecit in glória sanctórum, et magnificávit eum in timóre inimicórum, et in verbis suis monstra placávit. Glorificávit illum in conspéctu regum, et jussit illi coram pópulo suo, et osténdit illi glóriam suam. In fide et lenitáte ipsíus sanctum fecit illum, et elégit eum; ex omni carne. Audívit enim eum et vocem ipsíus, et indúxit illum in nubem. Et dedit illi coram præcépta, et legem vitæ et disciplínæ.
GRADUALE
Dómine, prævenísti eum in benedictiónibus dulcédinis: posuísti in cápite ejus corónam de lápide pretióso. Vitam pétiit a te, et tribuísti ei longitúdinem diérum in sǽculum sǽculi.
TRACTUS
Beátus vir, qui timet Dóminum: in mandátis ejus cupit nimis. Potens in terra erit semen ejus: generátio rectórum benedicétur. Glória et divítiæ in domo ejus: et justítia ejus manet in sǽculum sǽculi.
EVANGELIUM
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secundum Matthǽum
Matt 1:18-21
Cum esset desponsáta Mater Jesu María Joseph, ántequam convenírent, invénta est in útero habens de Spíritu Sancto. Joseph autem, vir ejus, cum esset justus et nollet eam tradúcere, vóluit occúlte dimíttere eam. Hæc autem eo cogitánte, ecce, Angelus Dómini appáruit in somnis ei, dicens: Joseph, fili David, noli timére accípere Maríam cónjugem tuam: quod enim in ea natum est, de Spíritu Sancto est. Páriet autem fílium, et vocábis nomen ejus Jesum: ipse enim salvum fáciet pópulum suum a peccátis eórum.
OFFERTORIUM
Orémus. Véritas mea et misericórdia mea cum ipso: et in nómine meo exaltábitur cornu ejus.
SECRETAE
Débitum tibi, Dómine, nostræ réddimus servitútis, supplíciter exorántes: ut, suffrágiis beáti Joseph, Sponsi Genetrícis Fílii tui Jesu Christi, Dómini nostri, in nobis tua múnera tueáris, ob cujus venerándam festivitátem laudis tibi hóstias immolámus. Per eúndem Dóminum nostrum Jesum Christum Fílium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
Múnera nos, Dómine, quǽsumus, obláta puríficent: et te nobis jugiter fáciant esse placátum. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
PRAEFATIO DE SANCTO JOSEPH
Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Et te in Festivitáte beáti Joseph débitis magnificáre præcóniis, benedícere et prædicáre. Qui et vir justus, a te Deíparæ Vírgini Sponsus est datus: et fidélis servus ac prudens, super Famíliam tuam est constitútus: ut Unigénitum tuum, Sancti Spíritus obumbratióne concéptum, paterna vice custodíret, Jesum Christum, Dóminum nostrum. Per quem majestátem tuam laudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Cæli cælorúmque Virtútes ac beáta Séraphim sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces ut admítti júbeas, deprecámur, súpplici confessióne dicéntes: (Sanctus).
COMMUNIO
Joseph, fili David, noli timére accípere Maríam cónjugem tuam: quod enim in ea natum est, de Spíritu Sancto est.
POSTCOMMUNIO
Orémus. Adésto nobis, quǽsumus, miséricors Deus: et, intercedénte pro nobis beáto Joseph Confessóre, tua circa nos propitiátus dona custódi. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
Orémus. Hæc nos, quǽsumus, Dómine, participátio sacraménti: et a propriis reátibus indesinénter expédiat, et ab ómnibus tueátur advérsis. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
ULTIMUM EVANGELIUM
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secundum Joánnem.
Joann 11:1-45
In illo témpore: Erat quidam languens Lázarus a Bethánia, de castéllo Maríæ et Marthæ, soróris ejus. (María autem erat, quæ unxit Dóminum unguento, et extérsit pedes ejus capíllis suis: cujus frater Lázarus infirmabátur.) Misérunt ergo soróres ejus ad eum, dicéntes: Dómine, ecce, quem amas infirmátur. Audiens autem Jesus, dixit eis: Infírmitas hæc non est ad mortem, sed pro glória Dei, ut glorificétur Fílius Dei per eam. Diligébat autem Jesus Martham et sorórem ejus, Maríam, et Lázarum. Ut ergo audívit, quia infirmabátur, tunc quidem mansit in eódem loco duóbus diébus. Déinde post hæc dixit discípulis suis: Eámus in Judæam íterum. Dicunt ei discípuli: Rabbi, nunc quærébant te Judæi lapidáre, et íterum vadis illuc? Respóndit Jesus: Nonne duódecim sunt horæ diéi? Si quis ambuláverit in die, non offéndit, quia lucem hujus mundi videt: si autem ambuláverit in nocte, offéndit, quia lux non est in eo. Hæc ait, et post hæc dixit eis: Lázarus, amícus noster, dormit: sed vado, ut a somno éxcitem eum. Dixérunt ergo discípuli ejus: Dómine, si dormit, salvus erit. Díxerat autem Jesus de morte ejus: illi autem putavérunt, quia de dormitióne somni díceret. Tunc ergo Jesus dixit eis maniféste: Lazarus mórtuus est: et gáudeo propter vos, ut credátis, quóniam non eram ibi: sed eámus ad eum. Dixit ergo Thomas, qui dícitur Dídymus, ad condiscípulos: Eámus et nos, ut moriámur cum eo. Venit itaque Jesus, et invénit eum quátuor dies jam in monuménto habéntem. (Erat autem Bethánia juxta Jerosólymam quasi stádiis quíndecim.) Multi autem ex Judæis vénerant ad Martham et Maríam, ut consolaréntur eas de fratre suo. Martha ergo, ut audívit quia Jesus venit, occúrrit illi: María autem domi sedébat. Dixit ergo Martha ad Jesum: Dómine, si fuísses hic, frater meus non fuísset mórtuus: sed et nunc scio, quia, quæcúmque popósceris a Deo, dabit tibi Deus. Dicit illi Jesus: Resúrget frater tuus. Dicit ei Martha: Scio, quia resúrget in resurrectióne in novíssimo die. Dixit ei Jesus: Ego sum resurréctio et vita: qui credit in me, etiam si mórtuus fúerit, vivet: et omnis, qui vivit et credit in me, non moriétur in ætérnum. Credis hoc? Ait illi: Utique, Dómine, ego crédidi, quia tu es Christus, Fílius Dei vivi, qui in hunc mundum venísti. Et cum hæc dixísset, ábiit et vocávit Maríam, sorórem suam, siléntio, dicens: Magíster adest, et vocat te. Illa ut audívit, surgit cito, et venit ad eum: nondum enim vénerat Jesus in castéllum; sed erat adhuc in illo loco, ubi occúrrerat ei Martha. Judæi ergo, qui erant cum ea in domo et consolabántur eam, cum vidíssent Maríam, quia cito surréxit et éxiit, secúti sunt eam, dicéntes: Quia vadit ad monuméntum, ut ploret ibi. María ergo, cum venísset, ubi erat Jesus, videns eum, cécidit ad pedes ejus, et dicit ei: Dómine, si fuísses hic, non esset mórtuus frater meus. Jesus ergo, ut vidit eam plorántem, et Judæos, qui vénerant cum ea, plorántes, infrémuit spíritu, et turbávit seípsum, et dixit: Ubi posuístis eum? Dicunt ei: Dómine, veni et vide. Et lacrimátus est Jesus. Dixérunt ergo Judæi: Ecce, quómodo amábat eum. Quidam autem ex ipsis dixérunt: Non póterat hic, qui apéruit óculos cæci nati, facere, ut hic non morerétur? Jesus ergo rursum fremens in semetípso, venit, ad monuméntum. Erat autem spelúnca, et lapis superpósitus erat ei. Ait Jesus: Tóllite lápidem. Dicit ei Martha, soror ejus, qui mórtuus fuerat: Dómine, jam fetet, quatriduánus est enim. Dicit ei Jesus: Nonne dixi tibi, quóniam, si credíderis, vidébis glóriam Dei? Tulérunt ergo lápidem: Jesus autem, elevátis sursum óculis, dixit: Pater, grátias ago tibi, quóniam audísti me. Ego autem sciébam, quia semper me audis, sed propter pópulum, qui circúmstat, dixi: ut credant, quia tu me misísti. Hæc cum dixísset, voce magna clamávit: Lázare, veni foras. Et statim pródiit, qui fúerat mórtuus, ligátus pedes et manus ínstitis, et fácies illíus sudário erat ligáta. Dixit eis Jesus: Sólvite eum, et sínite abíre. Multi ergo ex Judæis, qui vénerant ad Maríam et Martham, et víderant quæ fecit Jesus, credidérunt in eum.
Traduzione italiana
INTROITO
Il giusto fiorisce come palma, cresce come cedro del Libano: piantato nella casa del Signore: negli atrii della casa del nostro Dio. --- É bello lodarTi, o Signore: e inneggiare al tuo nome, o Altissimo. --- Gloria --- Il giusto fiorisce come palma, cresce come cedro del Libano: piantato nella casa del Signore: negli atrii della casa del nostro Dio.
COLLETTE
Preghiamo. Ti preghiamo, o Signore, fa che, aiutati dai meriti dello Sposo della Tua Santissima Madre, ciò che da noi non possiamo ottenere ci sia concesso per la sua intercessione: Tu che sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Preghiamo. O Signore, che rinnovi il mondo con ineffabili sacramenti, concedi, te ne preghiamo: che la tua Chiesa profitti dei beni eterni, ed insieme non manchi degli aiuti temporali. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
EPISTOLA
Lettura del libro della Sapienza.
Eccli 45:1-6
Fu caro a Dio e agli uomini, la sua memoria è in benedizione. Il Signore lo fece simile ai Santi nella gloria e lo rese grande e terribile ai nemici: e con la sua parola fece cessare le piaghe. Lo glorificò al cospetto del re e gli diede i comandamenti per il suo popolo, e gli fece vedere la sua gloria. Per la sua fede e la sua mansuetudine lo consacrò e lo elesse tra tutti i mortali. Dio infatti ascoltò la sua voce e lo fece entrare nella nuvola. Faccia a faccia gli diede i precetti e la legge della vita e della scienza.
GRADUALE
O Signore, lo hai prevenuto con fauste benedizioni: gli ponesti sul capo una corona di pietre preziose. Ti chiese vita e Tu gli concedesti la estensione dei giorni per i secoli dei secoli.
TRATTO
Beato l’uomo che teme il Signore: e mette ogni delizia nei suoi comandamenti. La sua progenie sarà potente in terra: sarà benedetta la generazione dei giusti. Gloria e ricchezza sono nella sua casa: e la sua giustizia dura in eterno.
VANGELO
Lettura del Santo Vangelo secondo San Matteo.
Matt 1:18-21.
Essendo Maria, la Madre di Gesù, sposata a Giuseppe, prima di abitare con lui fu trovata incinta, per virtù dello Spirito Santo. Ora, Giuseppe, suo marito, essendo giusto e non volendo esporla all’infamia, pensò di rimandarla segretamente. Mentre pensava questo, ecco apparirgli in sogno un Angelo del Signore, che gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere Maria come tua sposa: poiché quel che è nato in lei è opera dello Spirito Santo. Ella partorirà un figlio, cui porrai nome Gesù: perché egli libererà il suo popolo dai suoi peccati.
OFFERTORIO
Preghiamo. La mia fedeltà e la mia misericordia sono con lui: e nel mio nome sarà esaltata la sua potenza.
SECRETE
Ti rendiamo, o Signore, il doveroso omaggio della nostra sudditanza, prengandoTi supplichevolmente, di custodire in noi i tuoi doni per intercessione del beato Giuseppe, Sposo della Madre del Figlio Tuo Gesù Cristo, nostro Signore, nella cui veneranda solennità Ti presentiamo appunto queste ostie di lode. Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Ti preghiamo, o Signore, perché le offerte presentate ci purifichino, e ti rendano sempre benevolo verso di noi. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
PREFAZIO DI SAN GIUSEPPE
È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e dovunque a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno: noi ti glorifichiamo, ti benediciamo e solennemente ti lodiamo nella Festività di S. Giuseppe. Egli, uomo giusto, da te fu prescelto come Sposo della Vergine Madre di Dio, e servo saggio e fedele fu posto a capo della tua famiglia, per custodire, come padre, il tuo unico Figlio, concepito per opera dello Spirito Santo, Gesù Cristo nostro Signore. Per mezzo di lui gli Angeli lodano la tua gloria, le Dominazioni ti adorano, le Potenze ti venerano con tremore. A te inneggiano i Cieli, gli Spiriti celesti e i Serafini, uniti in eterna esultanza. Al loro canto concedi, o Signore, che si uniscano le nostre umili voci nell'inno di lode: (Sanctus).
COMUNIONE
Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere Maria come tua sposa: poiché quel che è nato in lei è opera dello Spirito Santo.
POST-COMUNIONE
Preghiamo. Assistici, Te ne preghiamo, O Dio misericordioso: e, intercedendo per noi il beato Giuseppe Confessore, propizio custodisci in noi i tuoi doni. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Preghiamo. Questa sacra Comunione, o Signore, ci liberi continuamente dalle nostre colpe e ci difenda da ogni avversità. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
ULTIMO VANGELO
Lettura del Santo Vangelo secondo San Giovanni.
Giov 11:1-45
In quel tempo, era ammalato un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria e Marta sua sorella. Maria era quella che unse d'unguento il Signore e gli asciugò i piedi coi suoi capelli; l'infermo era Lazzaro suo fratello. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami, è ammalato?». Ciò udito, Gesù rispose: «Questa non è infermità da morirne, ma è per la gloria di Dio, affinché per essa il Figlio di Dio sia glorificato». Or Gesù voleva bene a Maria, a Marta sua sorella, e a Lazzaro. E, come ebbe sentito che era infermo, si trattenne ancora due giorni nel luogo dov'era. Dopo di che, disse ai discepoli: «Torniamo in Giudea». Ma osservarono i discepoli: «Maestro, or ora i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci torni?». E Gesù rispose: «Non è forse di dodici ore la giornata? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se uno cammina di notte, inciampa, perché non ha lume». Così parlò, e dopo soggiunse: «Lazzaro, il nostro amico dorme, ma vado a svegliarlo dal sonno». Dissero perciò i discepoli: «Signore, se dorme, sarà salvo». Or Gesù aveva parlato della morte di lui, ed essi credevano che avesse parlato del sonno ordinario. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto. E di non essere stato là, ho piacere per voi, affinché crediate; ma ora andiamo da lui». Disse allora Tommaso chiamato Didimo, agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morir con lui». Gesù dunque andò e trovò che da quattro giorni Lazzaro era nel sepolcro. Distava Betania circa quindici stadi da Gerusalemme. E molti Giudei eran venuti da Marta e da Maria, a consolarle del loro fratello. Or Marta sentendo che Gesù veniva, gli andò incontro, Maria invece se ne stava in casa. E Marta disse a Gesù: «Signore, se tu eri qui, mio fratello non sarebbe morto. Ma anche adesso so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la darà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «Lo so che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno». E Gesù: «Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me, anche se morto, vivrà; e chi vive e crede i me non morrà in eterno. Credi tu questo?». Rispose essa: « Si, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo, che sei venuto in questo mondo». E, detto questo, andò a chiamare la sorella Maria, dicendole sottovoce: «Il Maestro è qui e ti chiama». Essa, ciò udito, si alzò in fretta e andò da lui. Or Gesù non era ancora entrato nel villaggio, ma stava sempre nel luogo dove Marta lo aveva incontrato. Ed i Giudei che stavano con Maria in casa a consolarla, avendola veduta alzarsi in fretta ed uscire, le tennero dietro, dicendo: «Va certo al sepolcro a piangere». Quando Maria giunse ove stava Gesù, vedendolo, gli si gettò ai piedi e disse: «Signore, se tu eri qui non sarebbe morto mio fratello». Gesù allora, come la vide in lacrime, e così anche i Giudei che le eran venuti dietro, ebbe un fremito in cuor suo e turbatosi disse: «Dove l'avete posto?». Gli risposero: «Signore, vieni e vedi». E Gesù pianse. Onde i Giudei dissero: «Guarda come l'amava». Ma taluni di essi dissero: «E non poteva, lui, che aprì gli occhi al cieco nato, fare che questi non morisse?». Allora Gesù, di nuovo fremendo in se stesso, giunse al sepolcro: era questo una grotta al cui ingresso era posta una pietra. Gesù disse: «Togliete la pietra». Gli disse Marta, la sorella del morto: «Signore, già puzza; perché è di quattro giorni». E Gesù a lei: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?». Levarono dunque la pietra. Gesù, allora, alzati gli occhi al cielo, disse: «Padre, ti ringrazio di avermi esaudito. Sapevo bene che mi esaudisci sempre; ma l'ho detto per il popolo che mi circonda; affinché creda che tu mi hai mandato». E detto questo, con gran voce gridò: «Lazzaro, vieni fuori». E uscì il morto, legati piedi e mani da fasce e col viso coperto da un sudario. E Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare». Molti Giudei, che erano venuti da Maria e da Marta, allorché mirarono quel che aveva fatto Gesù, credettero in lui.
Dall'Anno Liturgico di Dom Guéranger
19 MARZO SAN GIUSEPPE SPOSO DELLA SANTISSIMA VERGINE MARIA, CONFESSORE
Una dolce gioia ci viene a consolare nel cuore della Quaresima la cara presenza di Giuseppe, lo Sposo di Maria e il Padre putativo del Figlio di Dio.
Il Protettore della verginità di Maria.
Al Figlio di Dio che veniva sulla terra a rivestire l’umanità, occorreva una Madre, e questa Madre non poteva essere che la più pura delle Vergini, perché la sua divina maternità non doveva affatto alterarne l’incomparabile verginità. Ora, sino a quando il Figlio di Maria non fosse riconosciuto per il Figlio di Dio, l’onore della Madre esigeva un protettore: un uomo doveva essere destinato alla gloria di Sposo di Maria; e quest’uomo fu Giuseppe, il più casto degli uomini.
Il Padre putativo di Gesù.
La sua gloria non consiste soltanto nell’essere stato, scelto a proteggere la Madre del Verbo incarnato; egli doveva esercitare una paternità adottiva sullo stesso Figlio di Dio. I Giudei ritenevano Gesù figlio di Giuseppe. Nel tempio, alla presenza dei dottori della legge, che il divino adolescente aveva meravigliato con la sapienza delle risposte e delle domande, Maria rivolse così la parola a suo figlio: “Tuo padre ed io ti cercavamo ansiosi” (Lc 2,48); ed il santo Vangelo aggiunge che Gesù era soggetto a Giuseppe ed a Maria.
Grandezza di san Giuseppe.
Chi potrebbe concepire e degnamente narrare i sentimenti che riempivano il cuore di quell’uomo che il Vangelo ci descrive con una sola parola, chiamandolo l’uomo giusto? (Mt 1,19). Un affetto coniugale rivolto alla più santa e alla più perfetta delle creature di Dio; l’ambasciata celeste portata dall’Angelo che gli rivelò il frutto della salvezza che portava in seno la sua sposa e l’associava come unico testimone sulla terra all’opera divina dell’Incarnazione; le gioie di Betlem nell’assistere alla nascita del Bambino, nel colmare di onori la Vergine-Madre e nell’udire gli angelici concenti; quando vide arrivare presso il neonato i pastori, seguiti dai Magi; l’allarme che venne ad interrompere sì bruscamente tanta felicità, quando, nel cuore della notte, dovette fuggire in Egitto con il Fanciullo e la Madre; le asprezze dell’esilio, la povertà, la nudità, alle quali furono esposti il Dio nascosto del quale egli era il sostegno e la sposa verginale di cui ammirava sempre più la dignità; il ritorno a Nazaret, la vita umile e laboriosa che condusse in questa città, dove tante volte i suoi occhi inteneriti contemplarono il Creatore del mondo che s’univa a lui in un umile lavoro; finalmente, le delizie di questa esistenza senza pari, nella casa abbellita dalla presenza della Regina degli Angeli e santificata dalla maestà del Figlio eterno di Dio; mentre entrambi onoravano lui, Giuseppe, come capo della famiglia che univa intorno a lui coi vincoli più teneri il Verbo increato, Sapienza del Padre, e la Vergine, capolavoro senza confronti della potenza e della santità di Dio.
Il primo Giuseppe.
No, nessuno mai al mondo potrà comprendere le grandezze di Giuseppe. Per penetrarne la profondità, bisognerebbe abbracciare tutta l’estensione del mistero col quale la sua missione lo mise in rapporto quaggiù, quale strumento necessario. Non ci meravigliamo perciò che il Padre putativo del Figlio di Dio sia stato raffigurato nell’Antica Alleanza sotto le sembianze d’un Patriarca del popolo eletto. San Bernardo spiega molto bene tale relazione: “Il primo Giuseppe, egli dice, venduto dai fratelli, e per questo figura di Cristo, fu portato in Egitto; il nuovo, che sfugge alla gelosia d’Erode, porta Cristo in Egitto. Il primo Giuseppe, serbando fedeltà al suo padrone, rispettò la sposa di costui; il secondo, non meno casto, fu il custode della sua Sovrana, della Madre del suo Signore, e il testimone della sua verginità. Al primo fu data l’intelligenza dei segreti rivelati nei sogni; al secondo furono confidati gli stessi misteri del cielo. Il primo conservò le provviste del grano non per sé ma per tutto il popolo; il secondo ebbe in sua custodia il Pane vivo disceso dal cielo, per sé e per il mondo intero” (2.a Omelia sul Missus est).
Morte di san Giuseppe.
Una vita così meravigliosa non poteva terminare che con una morte altrettanto degna. Era giunta l’ora che Gesù doveva uscire dall’oscurità di Nazaret e manifestarsi al mondo. Ormai la sua celeste origine doveva ricevere la testimonianza delle opere: dunque il ministero di Giuseppe era terminato. Era tempo che lasciasse questo mondo, per andare ad attendere, nel riposo del seno d’Abramo, il giorno in cui le porte dei cieli si sarebbero spalancate ai giusti. Accanto al suo letto di morte vegliava il padrone della vita, che tante volte l’aveva chiamato col nome di Padre; la più pura delle vergini, la sua Sposa, ricevette il suo ultimo respiro. Assistito e circondato dal loro affetto, Giuseppe s’addormentò nel sonno della pace. Ora lo Sposo di Maria ed il Padre putativo di Gesù regna in cielo in una gloria senza dubbio inferiore a quella di Maria, ma ornato di prerogative che nessun altro possiede.
Patrono della Chiesa.
Di lassù egli spande, su coloro che lo invocano, il suo potente patrocinio. Ecco quanto dice, con linguaggio ispirato, la liturgia della Chiesa: “O Giuseppe, vanto dei celesti, speranza dei mortali, sostegno del mondo!” Quale grande potere in un uomo! Ma nessuno, come lui, ebbe sulla terra rapporti così intimi col Figlio di Dio. Gesù si degnò di essergli sottomesso e in cielo, ora, vuole glorificare colui al quale affidò, quaggiù, la sua infanzia e l’onore di sua Madre. Non ci sono limiti al potere di san Giuseppe e la Chiesa ci invita, oggi, a ricorrere, con molta fiducia, a questo potente protettore. Invochiamolo nelle terribili prove della vita ed egli ci proteggerà: nei pericoli dell’anima e del corpo, nelle prove e nelle crisi sia temporali che spirituali, abbiamo fiducia in lui e la nostra speranza non verrà ingannata. Diceva il Re d’Egitto al suo popolo affamato: “Andate da Giuseppe”; il Re del Cielo ci ripete quello stesso invito; e il fedele custode della Vergine Maria ha, presso Dio, assai più potere di quanto ne avesse, presso il Faraone, il sovraintendente ai granai di Menphis.
La rivelazione di questo aiuto potente predisposto dall’eternità, è stata dapprima fatta conoscere da Dio a certe anime privilegiate alle quali venne affidata come un prezioso germe: precisamente come si verificò per la festa del Santissimo Sacramento, per la festa del Sacro Cuore e per altre ancora. Nel XVI secolo, santa Teresa, i cui scritti saranno in seguito conosciuti in tutto il mondo, ricevette una rivelazione divina a questo riguardo e ne parlò nella sua Vita.
Santa Teresa e san Giuseppe.
Ecco quanto dice: “Invoco san Giuseppe come patrono e protettore e non cesso di raccomandarmi a lui: il suo soccorso si manifesta in modo visibilissimo. Questo tenero protettore dell’anima mia, questo amabilissimo padre, si degnò di trarmi dallo stato in cui languiva il mio corpo e di liberarmi da pericoli assai più gravi che minacciavano il mio onore e la mia salvezza eterna. In più, mi ha esaudita sempre, più di quanto sperassi e di quanto chiedessi. Non ricordo di avergli chiesto qualcosa e che non me l’abbia accordato. Quale ampio quadro io potrei esporre, se mi fosse accordato di conoscere tutte le grazie di cui Iddio m’ha colmata e i pericoli, sia dell’anima che del corpo, da cui m’ha liberata per intercessione di questo amabilissimo Santo! L’Altissimo dona ai santi quelle grazie che servono per aiutarci in certe circostanze; il glorioso san Giuseppe – e lo dico per esperienza – estende il suo potere su tutto. Con questo, il Signore vuole mostrarci che, come un giorno fu sottomesso all’autorità di Giuseppe, suo padre putativo, così ancora in cielo, si degna di accettare la sua volontà, esaudendo i suoi desideri. Come me, l’hanno costatato per esperienza, quelle persone alle quali ho consigliato di raccomandarsi a questo incomparabile protettore; il numero delle anime che lo onorano cresce di giorno in giorno, e i felici successi della sua mediazione confermano la verità delle mie parole”.
Per soddisfare questi desideri e per venire incontro alla devozione del popolo cristiano, il 10 settembre 1847, Pio IX estese alla Chiesa universale la festa del Patrocinio di san Giuseppe che fino allora era celebrata soltanto dai Carmelitani e da qualche chiesa. In seguito, san Pio X aumentò il valore di questa festa, onorandola di una Ottava.
MESSA
Chiamato giusto dallo Spirito Santo, san Giuseppe è veramente, nelle sue virtù nascoste, il modello di tutti coloro che meritano, sulla terra, questo bel titolo.
Così, la festa di questo giorno, non ha impedito alla Chiesa di trarre buona parte della Messa di oggi dal comune dei Confessori.
INTROITO
Il giusto fiorirà come un palmeto e si moltiplicherà come i cedri del Libano; egli è piantato nella casa di Dio, nella intimità della casa del nostro Dio.
SAL. – È bello lodare il Signore, cantare inni al Tuo nome, o Altissimo! Gloria al Padre.
Il giusto.
La potenza presso Dio del Santo Sposo della Madre del Signore, è un punto fermissimo per la Chiesa. Lo dice chiaramente la preghiera della Colletta.
COLLETTA
Noi ti preghiamo, o Signore, affinché i meriti dello Sposo della tua santa Madre siano la nostra protezione e affinché quanto supera le nostre forze ci sia donato per sua intercessione.
EPISTOLA (Eccli 45,1-6).
Caro a Dio ed agli uomini, la cui memoria è in benedizione. Il Signore lo fece simile ai santi nella gloria, lo fece grande e terribile per i nemici e con le sue parole placò mostri orrendi. Lo glorificò nel cospetto dei re, gli diede i suoi ordini dinanzi al popolo, gli mostrò la sua gloria. Per la sua fedeltà e per la sua mansuetudine lo fece santo e lo elesse fra tutti i viventi. Infatti egli sentì lui e la sua voce, e fu fatto entrare nella nube. E ricevette i precetti e la legge di vita e di scienza.
Dignità di Mosè.
Queste righe, nel libro dell’Ecclesiastico, celebrano l’elogio di Mosè, che fu eletto a confidente di Dio. Al cospetto dei re egli trasmetteva al popolo ordini celesti; la sua gloria uguagliò quella dei più illustri patriarchi e dei santi personaggi dei tempi dell’attesa. “Se c’è qualche profeta in mezzo a voi, diceva il Signore, io gli comparirò in visione e gli parlerò nel sonno; ma tale non è la condizione del servo mio Mosè, il più fedele di tutta la mia casa: perché io gli parlo a tu per tu, ed egli vede il Signore faccia a faccia, non per enigma o sotto figure” (Nm 6,8).
Dignità di san Giuseppe.
Non meno caro a Dio e non meno benedetto dal popolo, Giuseppe non è soltanto l’amico di Dio (Es 33,11), l’intermediario fra il cielo ed una nazione privilegiata. Il sommo genitore gli comunica i diritti della sua paternità sul proprio Figlio; a questo Figlio, capo degli eletti, e non solamente al popolo egli trasmette gli ordini dall’alto. L’autorità che così esercita è uguale al suo amore; e non di passaggio o alla sfuggita egli vede il Signore (ivi 22): il Figlio di Dio lo chiama padre e si comporta da vero figlio; e riconosce nella sua obbedienza e nel suo affetto i tesori di dedizione riposti nel suo cuore mite e fedele. Quale gloria in cielo e quale potenza sulle creature, rispondente al potere ed alla santità di quaggiù, sono ora l’eredità di colui che, meglio di Mosè, penetrò i segreti della misteriosa nube e conobbe ogni bene! (ivi 33,19).
Il Graduale e il Tratto completano l’Epistola nel cantare i privilegi di quell’uomo che, più di ogni altro, giustifica il versetto del Salmo : nella sua casa vi sono gloria e ricchezze e la sua giustizia rimarrà per tutti i secoli.
GRADUALE
O Signore, tu l’hai colmato con la dolcezza delle tue benedizioni, hai posto sul suo capo una corona di pietre preziose.
Egli ti ha chiesto la vita e tu gli hai dato dei giorni che non finiranno mai.
TRATTO
Felice l’uomo che terne il Signore e adopera la sua intelligenza per osservare i suoi ordini.
La sua discendenza sarà forte su tutta la terra; la stirpe dei giusti sarà benedetta.
Nella sua casa vi sono gloria e ricchezze e la sua giustizia rimarrà per tutti i secoli.
VANGELO (Mt 1,18-21).
Maria, madre di Gesù, essendo promessa sposa a Giuseppe, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, essendo giusto, e non volendo esporla all’infamia, pensò di rimandarla occultamente. Mentre egli stava sopra pensiero per queste cose, un Angelo del Signore gli apparve in sogno e gli disse: Giuseppe, figlio di Davide non temere di prendere teco Maria, perché ciò che è nato in lei è dallo Spirito Santo. Partorirà un figlio cui porrai nome Gesù; poiché sarà lui che salverà il suo popolo dai peccati.
La prova di Giuseppe.
Dio impose allo Sposo di Maria una prova ben dura. Giuseppe – e lo sperimentarono i santi – sarebbe stato per i suoi devoti la guida incomparabile della vita spirituale; e per questo doveva provare l’angoscia, crogiolo necessario nel quale si perfeziona ogni santità. Ma la Saggezza non abbandona coloro che camminano sulla sua strada. Come canta la Chiesa in questo stesso giorno, la Sapienza lo conduceva per le diritte vie senza che egli ne avesse coscienza, e nella notte in cui i suoi pensieri cercavano a fatica di aprirsi una via verso la giustizia, gli mostrò la sua luce divina; egli godeva la conoscenza dei celesti segreti; in cambio dei patimenti del suo cuore, poteva vedere il posto che gli riservava l’imperscrutabile disegno della Provvidenza nel regno di Dio, i cui splendori dovevano irradiarsi per sempre dalla sua dimora in tutto il mondo. Veramente poteva dire che la divina Sapienza aveva oltremodo nobilitato il suo lavoro e fecondate le sue pene. Così ella suole dare ai giusti il premio delle loro fatiche e li guida per vie ammirabili.
L’offertorio ricorda la grandezza delle largizioni divine che hanno innalzato, al di sopra dei re suoi antenati, l’umile artigiano di Nazaret.
OFFERTORIO
La mia fedeltà e la mia misericordia sono con lui; e la sua potenza, sarà esaltata dal mio nome.
Affidiamo con la Chiesa, attraverso la preghiera della Segreta, al felice custode del Dio-Fanciullo, i doni che il Signore ha affidati alla nostra anima; egli nutrirà Gesù dentro di noi e formerà in noi l’uomo perfetto come già lo formò in sé diciannove secoli fa.
SEGRETA
Accogli, o Signore, l’espressione della nostra gratitudine mentre umilmente ti supplichiamo di proteggere in noi i tuoi doni; te lo chiediamo in nome, del felice Giuseppe, sposo della Madre del tuo figlio Gesù, Nostro Signore, in questo giorno della sua festa nella quale ti presentiamo l’omaggio della nostra lode. Per lo stesso Gesù Cristo nostro Signore.
Oggi la Chiesa sostituisce il Prefazio ordinario della Quaresima con un altro Prefazio, e in esso, alla gioia e alla riconoscenza, unisce il ricordo del Santo Sposo della Vergine Maria, Madre di Dio. Questo Prefazio si recita in tutte le feste di san Giuseppe ed è stato introdotto nel Messale romano da Papa Benedetto XV.
PREFAZIO
È veramente degno, giusto, equo e salutare che noi ti ringraziamo sempre e dovunque, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Dio eterno, e che nella festa del beato Giuseppe Ti magnifichiamo con le dovute lodi, Ti benediciamo e celebriamo. Egli, uomo giusto, fu da te dato come sposo alla Vergine Madre di Dio; e servo fedele e prudente fu messo a capo della Tua famiglia affinché, qual padre, custodisse il Tuo Unigenito, concepito per opera dello Spirito Santo, Gesù Cristo, Nostro Signore. Per lui, gli Angeli esaltano la Tua Maestà, le Dominazioni la adorano, le Potestà si prostrano tremanti. I Cieli e le Virtù dei cieli e i Serafini si associano a celebrarla con comune esultanza. Ti preghiamo affinché alle loro voci siano unite pure le nostre nel dire, con lode supplichevole, Santo! Santo! Santo!
Il Communio ricorda il messaggio con cui l’Angelo annunzio a Giuseppe che Dio stesso era sceso in Maria; e la comunione non avvicina forse il destino della Chiesa a quello della Vergine Madre?
COMMUNIO
Giuseppe, figlio di Davide, non avere timore di prendere con te Maria come tua sposa; quanto è nato in essa è per onera dello Spirito Santo.
Il Postcommunio riporta il pensiero della Segreta: preghiamo Iddio, affinché si degni di affidare i suoi doni e Gesù stesso che ora abbiamo ricevuto, alla custodia fedele di san Giuseppe,
POSTCOMMUNIO
Accetta la nostra preghiera, o Dio misericordioso, e degnati di custodire in noi i tuoi doni, per l’intercessione del beato Giuseppe.
Preghiera di lode a san Giuseppe.
Padre e protettore dei fedeli, glorioso Giuseppe, noi ringraziamo la nostra santa Madre Chiesa che, in questa agonia del mondo, ci ha insegnato ad avere speranza in te. Sono passati molti secoli prima che le tue grandezze fossero conosciute; e tu non sei soltanto un potente, intercessore in ciclo in favore del genere umano. Capo di quella Sacra Famiglia di cui è membro Dio stesso, tu continui la tua paterna intercessione in nostro favore. La tua protezione nascosta ebbe gran peso nella salvezza dei popoli e degli uomini, e il mondo approvava il tuo patrocinio senza aver ancora istituito, per riconoscerlo, quell’omaggio che oggi ti attribuisce. La conoscenza completa della tua grandezza e della tua potenza, la proclamazione del tuo Patrocinio e della tua solenne Protezione, è stata riservata a questo tempo infelice nel quale il mondo, all’estremo delle sue forze, abbisogna di aiuti che non sono ancora stati accordati alle epoche che ci hanno preceduti. Ci prostriamo ai tuoi piedi, o Giuseppe, per rendere omaggio, in te, ad una forza d’intercessione che non ha limiti, a una bontà che abbraccia, con una stessa adozione, tutti i fratelli di Gesù.
Le nostre necessità non ti sono sconosciute e i più umili figli della Chiesa vogliono ricorrere a te, giorno e notte, sicuri di ricevere l’aiuto di un padre tenero e compassionevole. Non lo dimenticheremo, o Giuseppe, e per le necessità dell’anima ricorreremo a te. Ti chiederemo di aiutarci a conseguire quelle virtù che Dio desidera siano nella nostra anima, ti invocheremo nelle lotte contro il Maligno, nei sacrifici che così spesso dobbiamo sostenere. Rendici degni d’essere chiamati tuoi figli, o padre dei fedeli! Il tuo grande potere, però, non riguarda soltanto la vita futura; l’esperienza di ogni giorno dice quanto sei potente anche per le cose del tempo, quando i nostri desideri non sono contrari ai disegni di Dio. Quindi, osiamo deporre nelle tue mani, gli interessi di questa nostra vita, le nostre speranze, i nostri voti, e i nostri timori. Un giorno ti fu affidata la cura della casa di Nazaret e degnati quindi, ora, di essere il consiglio e il soccorso di quanti affidano a te le loro preoccupazioni temporali.
Tu sei stato il Capo della Sacra Famiglia e oggi la famiglia cristiana è sotto la tua protezione: veglia su di essa in questi tempi difficili. Rispondi a quanti si rivolgono a te in quel momento difficile, quando si tratta di trovare la forza per lasciare questa vita e per preparare la via a un’altra migliore. Mantieni tra gli sposi la mutua dignità e il mutuo rispetto, salvaguardia dell’onore del matrimonio, e concedi loro la fecondità, simbolo delle benedizioni del ciclo. Fa’ in modo che i cristiani abbiano in orrore quelle pratiche che disonorano quanto vi è di più santo, attirano la maledizione di Dio sui discendenti e rovinano la società, materialmente e moralmente. Dissipa i pregiudizi tanto colpevoli quanto disonorevoli, rimetti in onore la continenza che gli sposi cristiani devono stimare e alla quale devono talvolta sottomettersi, se non vogliono ridursi al rango di quei pagani di cui parlava l’Apostolo, quelli “che seguono soltanto l’istinto perché non conoscono Dio”.
Ancora una preghiera, glorioso san Giuseppe. Esiste, nella nostra vita, un momento da cui dipende tutta l’eternità: il momento della morte. Quando pensiamo che la bontà divina ne ha fatto oggetto del tuo potere sovrano, noi siamo portati a guardare quell’istante con meno inquietudine. Ti è stato affidato il misericordioso compito di facilitare, al cristiano che ricorre a te, il passaggio dal tempo all’eternità. Dobbiamo rivolgerci a te per assicurarci una buona morte. Ed è giusto che sia tua questa prerogativa, perché tu sei morto tra le braccia di Gesù e Maria, ammirazione per il cielo e sublime spettacolo per la terra. Sii dunque tu, il nostro soccorso, in quel solenne e ultimo istante della nostra vita terrena. Noi abbiamo fiducia in Maria e ogni giorno la preghiamo affinché ci sia propizia in quell’ora suprema, ma noi sappiamo che Maria è felice della confidenza che noi abbiamo in te e che lei è presente là ove ci sei tu. Resi fiduciosi dalla speranza nella tua paterna bontà, noi aspetteremo con calma quell’ora decisiva, perché sappiamo che tu ci aiuterai se ti avremo invocato.
PREGHIAMO
Ci venga in aiuto, o Signore, lo Sposo della tua SS. Madre, affinché ciò che non possiamo ottenere da soli, ci sia concesso per i suoi meriti.
VENERDÌ DELLA QUARTA SETTIMANA DI QUARESIMA
La Stazione è a S. Eusebio, presbitero romano. Egli visse nel IV secolo e soffrì per la fede durante la persecuzione degli Ariani, sotto l’imperatore Costanzo.
LEZIONE (3Re 17,17-24). – In quei giorni: Il figlio di una madre di famiglia si ammalò d’una malattia gravissima, che lo fece restare senza respiro. Essa allora disse ad Elia: Che relazione ho io con te, o uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare la memoria delle mie iniquità e per fare morire il mio figlio? Elia le disse: Dammi il tuo figlio. Presolo dal seno di lei, lo portò nella camera dov’egli stava, e lo pose sul suo letto. Poi gridò al Signore, dicendo: Signore Dio mio, avresti dunque afflitto anche questa vedova, presso la quale io sono nutrito, fino a farle morire il suo figlio? Si distese tutto per tre volte sopra il fanciullo, e gridò al Signore, dicendo: Signore Dio mio, ti scongiuro a far tornare nelle sue viscere l’anima di questo fanciullo. Il Signore ascoltò la voce di Elia; essendo ritornato dentro il fanciullo l’anima di lui, egli tornò alla vita. Elia, preso il fanciullo, dalla sua camera lo portò al piano inferiore della casa, e lo consegnò alla madre dicendole: Ecco, il tuo figlio vive. La donna disse ad Elia: Ora sì che riconosco in te l’uomo di Dio, e che la parola di Dio nella tua bocca è verità.
La Risurrezione spirituale.
Un’altra madre oggi viene piangendo a sollecitare la risurrezione del figlio. Questa madre è la vedova di Sarepta, che già conosciamo come la figura della Chiesa dei Gentili. Un tempo aveva peccato come idolatra, ed il ricordo del suo passato la inquieta; ma il Signore, dopo averla purificata ed averla chiamata all’onore d’essere sua Sposa, la consola risuscitandone il figlio. La carità di Elia è l’immagine della bontà del Figlio di Dio. Guardate come questo grande Profeta si distende sul corpo del fanciullo, facendosi piccolo come lui, come vedemmo fare Eliseo. Ravvisiamo qui ancora una volta il mistero dell’Incarnazione. Per tre volte il profeta tocca il cadavere; e per tre volte i Catecumeni saranno immersi nella piscina battesimale con l’invocazione delle tre persone dell’adorabile Trinità. Nella solenne notte di Pasqua anche Gesù dirà alla Chiesa sua sposa: “Ecco, i tuoi figli ora vivono”; e la Chiesa, in un trasporto di gioia, sentirà sempre più la verità delle promesse del Signore. Anche i pagani lo compresero alla loro maniera. Vedendo i costumi di questo nuovo popolo rigenerato con le acque del Battesimo, riconobbero che solo la divinità poteva essere principio d’una sì alta virtù negli uomini. Nel seno dell’impero romano, preda d’ogni dissolutezza, apparve una progenie tutta pura e celeste, e i figli di questa progenie così santa ai suoi albori si trovavano in mezzo a tutte le depravazioni pagane. Dove avevano attinta una tale virtù? Nella dottrina di Gesù, e nei rimedi soprannaturali ch’egli applica alla depravazione degli uomini. Si videro allora gl’infedeli accorrere in folla ad affrontare la prova del martirio, e la Chiesa dilatarsi ed aprire le braccia ad accogliere le generazioni che le dicevano con amore: “Riconosciamo che sei di Dio, e la parola del Signore è nella tua bocca”.
VANGELO (Gv 11,1-45). – In quel tempo: Era malato un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria, e di Marta sua sorella. Maria era quella che unse d’unguento il Signore e gli asciugò i piedi coi suoi capelli, ed era infermo il di lei fratello, Lazzaro. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: Signore, ecco, colui che tu ami è ammalato. Ciò udito, Gesù disse loro: Questa non è infermità da morirne, ma è a gloria di Dio, affinché per essa il Figlio di Dio sia glorificato. Or Gesù voleva bene a Marta e a Maria sua sorella e a Lazzaro. E, come ebbe sentito che era infermo, si trattenne ancora due giorni nel luogo dov’era. Dopo di che disse ai discepoli: Torniamo in Giudea. Maestro, gli fecero osservare i discepoli, or ora i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci torni? E Gesù rispose: Non è forse di dodici ore la giornata? Se uno cammina di giorno non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se uno cammina di notte inciampa, perché non ha lume. Così parlò, e dopo soggiunse: Lazzaro, il nostro amico, dorme, ma vado a svegliarlo dal sonno. Dissero perciò i discepoli: Signore, se dorme sarà salvo. Or Gesù aveva parlato della morte di lui, ed essi credevano che avesse parlato del sonno ordinario. Allora Gesù disse loro apertamente: Lazzaro è morto. E di non essere stato là ho piacere per voi, affinché crediate; ma ora andiamo da lui. Disse allora Tommaso, chiamato Didimo, agli altri discepoli: Andiamo anche noi a morire con lui. Gesù dunque andò e trovò Lazzaro nella tomba, già da quattro giorni. Distava Betania circa quindici stadi da Gerusalemme. E molti Giudei eran venuti da Marta e da Maria a consolarle del loro fratello. Or Marta, sentendo che Gesù veniva, gli andò incontro e Maria stava seduta in casa. E Marta disse a Gesù: Signore, se tu eri qui, mio fratello non sarebbe morto. Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, Dio te la darà. Gesù le disse: Tuo fratello risorgerà. Gli rispose Marta: Lo so che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno. E Gesù: Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se morto, vivrà; e chi vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo? Sì, o Signore, essa rispose, io credo che tu se il Cristo, il Figlio di Dio vivo, che sei venuto in questo mondo. E, detto questo, andò a chiamare la sua sorella Maria, dicendole sottovoce: Il Maestro è qui e ti chiama. Essa, ciò udito, si alzò in fretta e andò da lui. Or Gesù non era ancora entrato nel villaggio, ma stava sempre nel luogo dove Marta lo aveva incontrato. Ed i Giudei che stavano con Maria in casa a consolarla, avendola veduta alzarsi in fretta ed. uscire, le tennero dietro, dicendo: Va certo al sepolcro a piangere. Maria, invece, arrivata dov’era Gesù, come lo ebbe veduto, si gettò ai suoi piedi e disse: Signore, se tu eri qui, non sarebbe morto mio fratello; Gesù allora, vedendola piangere, e piangere anche i Giudei che le eran venuti dietro, fremé nello spirito, e, turbatosi in se stesso, disse: Dove l’avete posto? Gli risposero: Signore, vieni e vedi. E Gesù pianse. Onde i Giudei dicevansi: Guarda come l’amava! Ma taluni di essi dissero: E non poteva lui, che aprì gli occhi al cieco nato, fare che questi non morisse? Allora Gesù, di nuovo fremendo in se stesso, giunse al sepolcro: era questo una grotta sopra la quale era posta una pietra. Gesù disse: Togliete la pietra. Gli disse Marta, la sorella, del morto: Signore, già puzza; perché è di quattro giorni. E Gesù a lei: Non t’ho detto che, se credi, vedrai le glorie di Dio? Levarono dunque la pietra. Gesù, allora, alzati gli occhi al cielo, disse: Padre, ti ringrazio di avermi esaudito. Sapevo bene che mi esaudisci sempre; ma l’ho detto per il popolo che mi circondava; affinché credano che tu mi hai mandato. E, detto questo, con gran voce gridò: Lazzaro, vieni fuori. E il morto uscì subito legato piedi e mani con fasce e col viso coperto da un sudario. E Gesù disse loro: Scioglietelo e lasciatelo andare. Molti Giudei, che erano venuti da Maria e da Marta, allorché mirarono quel che aveva fatto Gesù, credettero in lui.
Lazzaro immagine del peccatore.
Rileggiamo pieni di speranza questo fatto meraviglioso che descrive ciò che Gesù opera nelle anime. Ricordiamo quello che fece per la nostra anima, e scongiuriamolo che abbia finalmente compassione dei Penitenti, che, così numerosi su tutta la terra, si preparano a ricevere il perdono che li restituirà alla vita. Oggi non è più una madre che invoca la risurrezione del figlio; ma sono due sorelle che implorano questa grazia per il loro amato fratello: con questo esempio la Chiesa ci spinge a pregare per i nostri fratelli. Ma seguiamo la narrazione evangelica.
Lazzaro prima è malato e languente; poi muore. Il peccatore comincia a lasciarsi andare alla tiepidezza, all’indifferenza, e presto finisce con l’essere ferito mortalmente. Gesù non guarisce l’infermità di Lazzaro: per rendere inescusabili i suoi nemici, vuole operare un sorprendente prodigio proprio alle porte di Gerusalemme; a quegli stessi che fra pochi giorni rimarranno scandalizzati della sua morte vuol mostrare ch’egli è il padrone della vita. In senso morale, Dio qualche volta crede bene, nella sua sapienza, abbandonare a se stessa l’anima ingrata, anche prevedendo la sua caduta nel peccato. La rialzerà più tardi; e la sua confusione servirà a mantenerla nell’umiltà che l’avrebbe preservata.
Le due sorelle Marta e Maria ci appaiono nei loro spiccati caratteri: piangono l’una e l’altra, e tutte e due sono unanimi nella confidenza. A Marta Gesù proclama ch’egli è la Risurrezione e la Vita; chi crede in lui non morrà della morte eterna, la sola da temere. La morte, castigo del peccato e causa di tante lacrime per l’uomo, intenerisce il suo cuore divino. Giunto presso la tomba che racchiude il corpo di Lazzaro suo amico, piange di dolore, e così santifica le lacrime che a noi cristiani strappa l’affetto sulla tomba dei nostri cari. Ma è giunto il momento di sollevare la pietra e di mostrare alla luce del sole il trionfo della morte. Lazzaro giace lì da quattro giorni: è il peccatore inveterato nel suo peccato. Non importa: Gesù non allontana un tale spettacolo. Con quella voce che comanda ad ogni creatura e fa tremare l’inferno, grida: Lazzaro, vieni fuori! e il cadavere balza fuori dal sepolcro. Il morto ha sentito la voce di Gesù; ma le sue membra sono ancora legate, e la sua faccia bendata; non può agire; i suoi occhi ancora non vedono la luce. Gesù comanda che sia sciolto, e, dietro quell’ordine, mani umane rendono alle membra di Lazzaro la libertà ed ai suoi occhi la vista del sole. È letteralmente la storia del peccatore riconciliato. Soltanto la voce di Gesù può chiamarlo alla conversione, commuovere il suo cuore e indurlo a confessare i suoi peccati; ma poi Gesù lascia alla mano dei suoi ministri di slegarlo, d’illuminarlo e restituirgli i movimenti. Grazie al Salvatore, con un simile prodigio operato proprio in questi giorni, fa giungere al colmo il furore dei suoi nemici. L’ultimo suo beneficio lo consegnò in preda alla loro rabbia. Ora non si allontanerà più da Gerusalemme; Betania, dove ha compiuto il miracolo, non è lungi di qui. Fra nove giorni l’infedele città assisterà al pacifico trionfo del Messia; quindi egli ritornerà a Betania, presso i suoi amici; ma presto rientrerà in città, dove consumerà il sacrificio, i cui meriti infiniti saranno il principio della risurrezione dei peccatori.
Reminiscenze storiche.
Tale consolante attesa portò i primi cristiani a moltiplicare sui dipinti delle Catacombe l’immagine di Lazzaro risuscitato; e questo esempio di riconciliazione dell’anima peccatrice, pure scolpito sui marmi dei sarcofaghi del IV e V secolo, venne anche riprodotto sulle vetrate delle nostre cattedrali. L’antica Francia onorava questo simbolo di risurrezione spirituale con un pio costume, mantenuto nell’insigne abbazia della Trinità di Venderne fino al capovolgimento delle cattoliche istituzioni. Ogni anno, in questo giorno, veniva condotto alla Chiesa Abbaziale un criminale condannato dalla giustizia umana. Egli portava una corda al collo e teneva in mano una torcia del peso di trentatre libbre, in memoria degli anni del divino Liberatore. I monaci uscivano in processione, e il criminale vi assisteva, come anche al sermone che seguiva. Quindi veniva condotto ai piedi dell’altare dove l’Abate, fatta un’esortazione, gl’ingiungeva per penitenza di fare un pellegrinaggio a S. Martino di Tours. Poi gli toglieva la corda dal collo e lo dichiarava libero. Questa liturgica usanza, così cristiana e commovente, risaliva a Luigi di Borbone, conte di Venderne, il quale durante la prigionia in Inghilterra, nel 1426, aveva fatto voto a Dio, se gli restituiva la libertà, di fondare nella chiesa della Trinità, a monumento della sua riconoscenza, un tale annuale omaggio a Cristo che liberò Lazzaro dalla tomba. Il cielo gradì la pietà del principe, che non tardò a ricevere la grazia implorata con tanta fede.
PREGHIAMO
A noi che consapevoli della nostra infermità, confidiamo nella tua virtù, concedi, o Dio onnipotente, di rallegrarci sempre della tua bontà.
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