Festa della Natività del Signore, Doppio di I Classe con Ottava Privilegiata di III Ordine, colore liturgico bianco. Festa di precetto, Missa pro populo.
Oggi si celebrano tre Sante Messe. Alla sola Messa dell'Aurora si fa la commemorazione di Sant'Anastasia Vergine e Martire.
Ai Vespri commemorazione di Santo Stefano Protomartire.
Nota: non vi è commemorazione della Domenica tra l'Ottava di Natale perché quest'anno essa è vacante, il suo Ufficio e la sua Messa si riportano al 30 Dicembre.
Per le peculiarità del Tempo di Natale:
https://loquerequaedecentsanamdoctrinam.blogspot.com/2020/12/dispensa-di-liturgia-sul-tempo-di.html
Al Breviario
Tutto dal Proprio del Tempo al 25 Dicembre con i Salmi riportati a Mattutino e Vespri, e i Salmi domenicali da Lodi a Nona (a Prima come alle Feste). Al I Notturno del Mattutino le Letture si leggono senza titolo, al III Notturno ci sono tre Vangeli con omelie rispondenti ai Vangeli delle tre Messe che si possono celebrare in questo giorno, cioè della Notte, dell’Aurora e del Giorno. La Benedizione per il primo Vangelo è la solita Evangelica lectio, quella per il secondo è Per evangelica dicta; la terza Benedizione è propria al solo giorno di Natale, ed è Verba sancti Evangelii doceat nos Christus Fílius Dei. Ai Vespri commemorazione al 26 Dicembre. Compieta della Domenica.
A Mattutino e Vespri solenni, intonando l’Inno Jesu Redemptor omnium il Sacerdote, volto verso la croce dell’Altare, allarga, solleva, congiunge e abbassa al petto le mani, e fa l’inclinazione di testa maxima minimarum. La conclusione degli Inni è quella propria della Beata Vergine Maria: <<Jesu tibi sit gloria, qui natus es de Virgine, cum Patre et almo Spiritu, in sempiterna saecula>> e tale rimarrà fino a Nona del 5 Gennaio eccetto che per gli Inni di metrica diversa. Il Versetto del Responsorio di Prima è <<qui natus es de Maria Virgine>> fino al 5 Gennaio. L'Antifona finale delle Ore resta Alma Redemptoris Mater ma col Versetto Post partum e l'Orazione Deus qui salutis eternae.
Nota per coloro che recitano per devozione il Breviario anteriore alle disastrose riforme del 1911 (chi ha l'obbligo dell'Ufficio purtroppo non soddisfa a tale obbligo se non usa il Breviario riformato dalla Costituzione Apostolica Divino Afflatu, almeno tale è stata la volontà di San Pio X espressamente manifestata nella detta Costituzione):
Festa della Natività del Signore, Doppio di I Classe con Ottava, colore liturgico bianco.
Ai Vespri commemorazione di Santo Stefano Protomartire.
Nota: quest'anno la Domenica tra l'Ottava di Natale si celebra il 30 Dicembre.
Tutto come sopra salvo le solite differenze ai Salmi di Lodi e Compieta.
Al Messale
Si possono celebrare tre Sante Messe dal Proprio del Tempo al 25 Dicembre:
1) Messa della Notte
- Gloria
- Orazione unica
- Credo
- Prefazio di Natale
- Durante il Canone si dice il Communicantes di Natale (noctem sacratissimam celebrantes qua)
- Ite Missa est
- Prologo di San Giovanni
2) Messa dell'Aurora
- Gloria
- Si dicono due Orazioni:
- La prima della Messa
- La seconda è la commemorazione di Sant'Anastasia
- Credo
- Prefazio di Natale
- Durante il Canone si dice il Communicantes di Natale (diem sacratissimum celebrantes quo)
- Ite Missa est
- Prologo di San Giovanni
3) Messa del Giorno
- Gloria
- Orazione unica
- Il Prologo di San Giovanni si legge come Vangelo della Messa
- Credo
- Prefazio di Natale
- Durante il Canone si dice il Communicantes di Natale (diem sacratissimum celebrantes quo)
- Ite Missa est
- Come Ultimo Vangelo si legge quello della Messa dell'Epifania Cum natus esset Jesu
Le tre Messe si dicono alle intenzioni del Sacerdote o dei fedeli che le richiedono; il Sacerdote può ricevere tutti e tre gli stipendi. La Messa della Notte non può incominciare prima di mezzanotte. Se si celebra una sola Messa, si può dire quella che più corrisponde all’orario in cui la si celebra effettivamente.
Lo Stercky dice che non si possono celebrare Messe private la notte ma che tutte e tre vanno celebrate di giorno, e che alla Messa della Notte conventuale o parrocchiale non si distribuisce la Santa Comunione. Personalmente credo che date la situazione ecclesiastica assolutamente degenerata rispetto al 1935, anno di edizione del manuale di liturgia, a causa del modernismo quasi universalmente diffuso e dell’impossibilità parziale o totale per i fedeli di partecipare alla vera Santa Messa, una sana epikeia imponga ai Sacerdoti di favorirli in ogni modo (e di favorire anche la loro stessa spiritualità, non potendo quasi mai assistere alla Messa di confratelli troppo lontani), celebrando la Messa della Notte al suo orario proprio e distribuendo la Comunione almeno a quei fedeli che non assisteranno alle altre Messe (se non hanno fatto il cenone e sono digiuni da almeno tre ore come stabilito da Pio XII), ricordando a tutti che non è permesso comunicare più di una sola volta nel corso delle 24 ore.
L’ordine preferibile per le celebrazioni della notte sarebbe di cantare in successione il Mattutino (cominciato tra le 21.30 e le 22.00, a seconda del tempo che si prevede impiegato per cantarlo entro la mezzanotte), la Messa e le Lodi. Molti hanno l’usanza di depositare e incensare la statuina del Bambinello nel presepe prima dell’inizio della Messa (il Sacerdote indossa il piviale bianco).
Come Messe Conventuali, la Messa della Notte si celebra dopo Mattutino, quella dell'Aurora dopo Prima e quella del Giorno dopo Terza.
Bibliografia per la celebrazione del Santo Natale:
- Trattazione generale: L. Stercky, Manuel de liturgie et Cérémonial selon le Rit Romain, Paris Lecoffre 1935, Tomo II, pag. 221-226.
- Celebrata pontificalmente, a norma del Caeremoniale Episcoporum: L. Stercky, Les Fonctions Pontificales selon le Rit Romain, Paris Lecoffre 1932, Tomo II, pag. 4-8.
- Per quanto il Baldeschi non sia completo e dettagliato quanto lo Stercky, ha comunque l'indubbio vantaggio di essere in italiano: G. Baldeschi, Esposizione delle Sacre Cerimonie per le funzioni ordinarie, straordinarie e pontificali, Roma, Desclée & C. 1931, pag. 263-266.
Per le variazoni apportate al rito della Messa dovute al fatto di dover celebrare più Messe nello stesso giorno, vedasi L. Stercky, Manuel de liturgie...cit., Tomo I pag. 550-551.
Letture del Mattutino (in latino)
AD I NOCTURNUM
Lectio 1, Isa 9:1-6
Primo témpore alleviáta est terra Zábulon, et terra Néphthali: et novíssimo aggraváta est via maris trans Jordánem Galilǽæ géntium. Pópulus qui ambulábat in ténebris, vidit lucem magnam: habitántibus in regióne umbræ mortis, lux orta est eis. Multiplicásti gentem, et non magnificásti lætítiam. Lætabúntur coram te, sicut qui lætántur in messe, sicut exsúltant victóres, capta præda, quando divídunt spólia. Jugum enim óneris ejus, et virgam húmeri ejus, et sceptrum exactóris ejus superásti sicut in die Mádian. Quia omnis violénta prædátio cum tumúltu, et vestiméntum mistum sánguine, erit in combustiónem, et cibus ignis. Párvulus enim natus est nobis, et fílius datus est nobis, et factus est principátus super húmerum ejus: et vocábitur nomen ejus, Admirábilis, Consiliárius, Deus, Fortis, Pater futuri sǽculi, Princeps pacis.
Lectio 2, Isa 40:1-8
Consolámini, consolámini, pópule meus, dicit Deus vester. Loquímini ad cor Jerúsalem, et advocáte eam: quóniam compléta est malítia ejus, dimíssa est iníquitas illíus: suscépit de manu Dómini duplícia pro ómnibus peccátis suis. Vox clamántis in desérto: Parate viam Dómini, rectas fácite in solitúdine sémitas Dei nostri. Omnis vallis exaltábitur, et omnis mons et collis humiliábitur: et erunt prava in dirécta, et áspera in vias planas. Et revelábitur glória Dómini: et vidébit omnis caro páriter quod os Dómini locútum est. Vox dicéntis: Clama. Et dixi: Quid clamabo? Omnis caro fœnum, et omnis glória ejus quasi flos agri. Exsiccátum est fœnum, et cécidit flos: quia spíritus Dómini sufflávit in eo. Vere fœnum est pópulus: exsiccátum est fœnum, et cécidit flos: Verbum autem Dómini nostri manet in ætérnum.
Lectio 3, Isa 52:1-6
Consúrge, consúrge, indúere fortitúdine tua, Sion, indúere vestiméntis glóriæ tuæ, Jerúsalem, cívitas sancti: quia non adíciet ultra ut pertránseat per te incircumcísus, et immúndus. Excútere de púlvere, consúrge, sede, Jerúsalem: solve víncula colli tui, captiva fília Sion. Quia hæc dicit Dóminus: Gratis venumdáti estis, et sine argénto redimémini. Quia hæc dicit Dóminus Deus: In Ægýptum descéndit pópulus meus in princípio, ut colónus esset ibi: et Assur absque ulla causa calumniátus est eum. Et nunc quid mihi est hic, dicit Dóminus, quóniam ablátus est pópulus meus grátis? Dominatóres ejus iníque agunt, dicit Dóminus: et júgiter tota die nomen meum blasphemátur. Propter hoc sciet pópulus meus nomen meum, in die illa: quia ego ipse qui loquébar, ecce adsum.
AD II NOCTURNUM
Lectio 4
Sermo sancti Leónis Papæ
Sermo 1 de Nativitate Domini
Salvátor noster, dilectíssimi, hódie natus est: gaudeámus. Neque enim fas est locum esse tristítiæ, ubi natális est vitæ: quæ, consumpto mortalitátis timóre, nobis íngerit de promíssa æternitáte lætítiam. Nemo ab hujus alacritátis participatióne secérnitur. Una cunctis lætítiæ commúnis est rátio: quia Dóminus noster, peccáti mortísque destrúctor, sicut nullum a reátu líberum réperit, ita liberándis ómnibus venit. Exsúltet sanctus, quia appropínquat ad palmam: gáudeat peccátor, quia invitátur ad véniam: animétur gentílis, quia vocátur ad vitam. Dei namque Fílius secúndum plenitúdinem témporis, quam divíni consílii inscrutábilis altitúdo dispósuit, reconciliándam auctóri suo natúram géneris assúmpsit humáni, ut invéntor mortis diábolus, per ipsam, quam vícerat, vincerétur.
Lectio 5
In quo conflíctu pro nobis ínito, magno et mirábili æquitátis jure certátum est, dum omnípotens Dóminus cum sævíssimo hoste non in sua majestáte, sed in nostra congréditur humilitáte: obíciens ei eándem formam, eandémque natúram, mortalitátis quidem nostræ partícipem, sed peccáti totíus expértem. Aliénum quippe ab hac nativitáte est, quod de ómnibus légitur: Nemo mundus a sorde, nec infans, cujus est uníus diéi vita super terram. Nihil ergo in istam singulárem nativitátem de carnis concupiscéntia transívit, nihil de peccáti lege manávit. Virgo régia Davídicæ stirpis elígitur, quæ sacro gravidánda fœtu, divínam humanámque prolem prius concíperet mente, quam córpore. Et ne supérni ignára consílii ad inusitátos pavéret affátus, quod in ea operándum erat a Spíritu Sancto, collóquio discit angélico: nec damnum credit pudóris, Dei Génitrix mox futúra.
Lectio 6
Agámus ergo, dilectíssimi, grátias Deo Patri, per Fílium ejus in Spíritu Sancto: qui propter multam caritátem suam, qua diléxit nos, misértus est nostri: et cum essémus mórtui peccátis, convivificávit nos Christo, ut essémus in ipso nova creatúra, novúmque figméntum. Deponámus ergo véterem hóminem cum áctibus suis: et adépti participatiónem generatiónis Christi, carnis renuntiémus opéribus. Agnósce, o Christiáne, dignitátem tuam: et divínæ consors factus natúræ, noli in véterem vilitátem degéneri conversatióne redíre. Meménto, cujus cápitis et cujus córporis sis membrum. Reminíscere, quia érutus de potestáte tenebrárum, translátus es in Dei lumen et regnum.
AD III NOCTURNUM
Lectio 7
Léctio sancti Evangélii secúndum Lucam
Luc 2:1-14
In illo témpore: Exiit edictum a Cǽsare Augústo, ut describerétur univérsus orbis. Et réliqua.
Homilía sancti Gregórii Papæ
Homilia 8 in Evangelia
Quia, largiénte Dómino, Missárum solémnia ter hódie celebratúri sumus, loqui diu de evangélica lectióne non possumus: sed nos áliquid vel bréviter dícere, Redemptóris nostri Natívitas ipsa compéllit. Quid est enim, quod nascitúro Dómino mundus descríbitur, nisi hoc, quod apérte monstrátur, quia ille apparébat in carne, qui eléctos suos adscríberet in æternitáte? Quo contra de réprobis per prophétam dícitur: Deleántur de libro vivéntium, et cum justis non scribántur. Qui bene étiam in Béthlehem náscitur: Béthlehem quippe domus panis interpretátur. Ipse namque est, qui ait: Ego sum panis vivus, qui de cælo descéndi. Locus ergo, in quo Dóminus náscitur, domus panis ántea vocátus est; quia futúrum profécto erat, ut ille ibi per matériam carnis apparéret, qui electórum mentes intérna satietáte refíceret. Qui non in paréntum domo, sed in via náscitur: ut profécto osténderet, quia per humanitátem suam, quam assúmpserat, quasi in aliéno nascebátur.
Lectio 8
Léctio sancti Evangélii secúndum Lucam
Luc 2:15-20
In illo témpore: Pastóres loquebántur ad invicem: Transeámus usque Béthlehem, et videámus hoc verbum, quod factum est, quod Dóminus osténdit nobis. Et réliqua.
Homilía sancti Ambrósii Epíscopi
Lib. 2 in cap. 2. Lucæ, circa medium
Vidéte Ecclésiæ surgéntis exórdium: Christus náscitur, et pastóres vigiláre cœpérunt; qui géntium greges, pécudum modo ante vivéntes, in caulam Dómini congregárent, ne quos spiritálium bestiárum per offúsas nóctium ténebras pateréntur incúrsus. Et bene pastóres vígilant, quos bonus pastor infórmat. Grex ígitur pópulus, nox sǽculum, pastóres sunt sacerdótes. Aut fortásse étiam ille sit pastor, cui dícitur: Esto vígilans, et confírma. Quia non solum epíscopos ad tuéndum gregem Dóminus ordinávit, sed étiam Angelos destinávit.
Lectio 9
Léctio sancti Evangélii secúndum Joánnem
Joannes 1:1-14
In princípio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum. Et réliqua.
Homilía sancti Augustíni Epíscopi
Tract. 1 in Joann., circa medium
Ne vile áliquid putáres quale consuevísti cogitáre, cum verba humana soléres audíre, audi quid cógites: Deus erat Verbum. Exeat nunc néscio quis infidélis Ariánus, et dicat quia Verbum Dei factum est. Quómodo potest fíeri, ut Verbum Dei factum sit, quando Deus per Verbum fecit ómnia? Si et Verbum Dei ipsum factum est: per quod áliud verbum factum est? Si hoc dicis, quia hoc est verbum Verbi, per quod factum est illud; ipsum dico ego únicum Fílium Dei. Si autem non dicis verbum Verbi, concéde non factum, per quod facta sunt ómnia. Non enim per seípsum fíeri pótuit, per quod facta sunt ómnia. Crede ergo Evangelistæ.
Traduzione italiana delle Letture del Mattutino
I NOTTURNO
Lettura 1, Isa 9:1-6
Dapprima fu meno colpita la terra di Zabulon e la terra di Neftali; e poi fu gravemente percossa la regione lungo il mare al di là del Giordano, la Galilea delle Genti. Il popolo che camminava nelle tenebre vide una gran luce: la luce si levò per quelli che abitavano nell'oscura regione di morte. Hai moltiplicato la gente, ma non hai accresciuto la letizia. Essi si rallegreranno dinanzi a te come quei che si rallegrano sulla messe, come esultano i vincitori sulla preda catturata, allorché si dividon le spoglie. Infatti del suo giogo pesante, della verga che agitavan sul suo dorso, e dello scettro del suo tiranno, tu hai trionfato come nella giornata di Madian. Poiché ogni saccheggio violento sarà con tumulto, e la veste intrisa di sangue sarà arsa, cibo del fuoco. Dacché ci è nato un Pargoletto, e ci è stato dato un figlio, che porta sulla sua spalla il distintivo del suo principato: e si chiamerà col nome di Ammirabile, Consigliere, Dio, Forte, Padre del secolo futuro, Principe della pace.
Lettura 2, Isa 40:1-8
Consolatevi, consolatevi, popolo mio, dice il Signore Dio vostro. Parlate al cuore di Gerusalemme, e richiamatela: perché è finito il suo male, è stata perdonata la sua iniquità ella ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati. Voce d'uno che grida nel deserto: Preparate la via del-Signore, raddrizzate nella solitudine i sentieri del nostro Dio. Ogni valle sarà colmata, e ogni monte e ogni colle sarà abbassato, e le vie storte diventeranno diritte, e le scabre, piane. (Perché) si manifesterà la gloria del Signore: e ogni uomo vedrà quello che la bocca del Signore ha annunziato. Voce di uno che dice: Grida. Ed io dissi: Che ho da gridare? Ogni uomo è come il fieno, e tutta la sua gloria è come il fiore del campo. Il fieno si secca, e cade il fiore ogni volta che il soffio del Signore lo investe. Veramente fieno è il popolo: il fieno si secca, e il fiore cade: ma il Verbo del Signore nostro resta in eterno.
Lettura 3, Isa 52:1-6
Sorgi, sorgi, rivestiti della tua forza, o Sion, indossa le vesti della tua gloria, o Gerusalemme, città del santo; perché non seguiterà più a passare in mezzo a te l'incirconciso e l'immondo. Scuotiti dalla polvere, sorgi, mettiti a sedere, o Gerusalemme: sciogli le catene del tuo collo, o schiava figlia di Sion. Perché così dice il Signore: Per nulla siete stati venduti, e senza denaro sarete ricomprati. Perché così dice il Signore Dio: Il mio popolo in principio discese in Egitto per istarvi come forestiere ed Assur lo maltrattò senza motivo. Ed ora che sto a fare qui, dice il Signore, dacché il mio popolo è stato menato via senza ragione? I suoi dominatori lo trattano iniquamente, dice il Signore: e di continuo tutto il giorno il mio nome è bestemmiato. Perciò il mio popolo conoscerà in quel giorno il mio nome perché io stesso che parlavo, eccomi, sono presente.
II NOTTURNO
Lettura 4
Sermone di san Leone Papa
Sermone 1 sulla Natività del Signore
O dilettissimi, è nato il nostro Salvatore esultiamo. Poiché non può esser luogo a tristezza allorché nasce la vita: la quale, dissipando il timore della morte, ci riempie di gioia per la promessa dell'eternità. Nessuno è escluso di partecipare a tanta allegrezza. Tutti hanno lo stesso motivo di letizia: perché nostro Signore, distruttore del peccato e della morte, siccome non trovò nessuno libero da reato, così è venuto per liberar tutti. Esulti il giusto, perché è vicino alla palma: gioisca il peccatore, perché è invitato al perdono: prenda animo il Gentile, perché è chiamato alla vita. Infatti il Figlio di Dio nella pienezza dei tempi fissata dalla imperscrutabile profondità del divino consiglio, assunse la natura umana per riconciliarla col suo autore, affinché l'inventore della morte, il diavolo, fosse vinto con quella stessa natura onde aveva vinto.
Lettura 5
In questo conflitto impegnatosi per noi, si combatté con grande e ammirabile lealtà, poiché l'onnipotente Signore combatté contro il crudelissimo nemico non nella sua maestà, ma nella nostra infermità: opponendogli la stessa forma e la stessa natura soggetta sì, alla nostra mortalità, ma scevra d'ogni peccato. Giacché è alieno da questa natività ciò che si legge di tutti gli uomini: «Nessuno è senza macchia, neppure il bambino, la cui vita sulla terra è appena di un giorno» Job. 14,4. Nulla dunque della concupiscenza della carne entrò in questa natura singolare, niente ci s'infiltrò della legge del peccato. Viene scelta una Vergine regale, della stirpe di David, la quale dovendo portare nel seno il sacro rampollo, prima che corporalmente concepisse l'Uomo-Dio spiritualmente. E affinché, ignara del disegno celeste, non si spaventasse a sì inusitato annunzio, apprende mediante colloquio angelico quel che lo Spirito Santo doveva operare in lei: così ella che presto diverrà Madre di Dio, non teme più alcun danno per il suo pudore.
Lettura 6
Rendiamo dunque grazia, o dilettissimi, a Dio Padre per il suo Figlio, nello Spirito Santo: poiché «per l'infinita sua carità onde ci amò, ebbe pietà di noi» Ephes. 2,4: e «mentre eravamo morti per i peccati, ci ha reso la vita in Cristo» Coloss. 3,9, perché noi fossimo in lui nuova creatura e nuova opera. «Deponiamo dunque l'uomo vecchio colle sue azioni» Coloss. 3,9; e fatti partecipi della nascita di Cristo, rinunziamo alle opere della carne. Riconosci, o Cristiano, la tua dignità: e, «divenuto partecipe della divina natura» 2 Petri 1,4, non volere con una indegna condotta ritornare all'antica abbiezione. Ricorda di qual capo e di qual corpo sei membro. Rifletti, che «strappato alla potestà delle tenebre» Coloss. 1,13, sei stato trasferito nella luce e nel regno di Dio.
III NOTTURNO
Lettura 7
Lettura del santo Vangelo secondo Luca
Luc 2:1-14
In quell'occasione: Uscì un editto di Cesare Augusto, che si facesse il censimento di tutto l'impero. Eccetera.
Omelia di san Gregorio Papa
Omelia 8 sul Vangelo
Poiché per grazia del Signore oggi abbiamo a celebrare tre Messe solenni, non possiamo discorrere a lungo della lettura del Vangelo; però che ne diciamo qualche cosa, sia pur brevemente, ce l'obbliga la stessa Natività del nostro Redentore. Perché dunque alla nascita del Signore si fa il censimento dell'impero, se non per far comprendere che appariva nella carne colui che dovea registrare i suoi eletti nell'eternità? D'altra parte, per mezzo del Profeta, dice dei reprobi: «Siano cancellati dal libro dei viventi, e non siano iscritti coi giusti» Ps. 68,29. Egli poi opportunamente nasce in Betlemme, dacché Betlemme vuol dire casa del pane. Difatti lui stesso dice: «Io sono il pane vivo che son disceso dal cielo» Joann. 6,51. Pertanto il luogo dove nasce il Signore fu chiamato innanzi casa del pane; perché là doveva certamente apparire nella natura umana colui che doveva ristorare internamente le anime dei suoi eletti. Egli nasce non in casa del suoi parenti, ma in viaggio: affin di mostrarci senza dubbio che per la sua umanità assunta nasceva quasi in luogo straniero.
Lettura 8
Lettura del santo Vangelo secondo Luca
Luc 2:15-20
In quell'occasione: I pastori presero a dire fra loro: Andiamo a Betlemme a vedere quello ch'è accaduto, come il Signore ci ha manifestato. Eccetera.
Omelia di sant'Ambrogio Vescovo
Libro 2 al cap. 2 di Luca, verso la metà
Considerate gl'inizi della Chiesa nascente: Cristo nasce, e i pastori già vegliano, come per raccogliere nell'ovile del Signore i greggi delle nazioni che sino allora vivevano come pecore, affin di preservarle, nelle profonde tenebre della notte, dagli assalti di bestie spirituali. E giustamente i pastori vegliano seguendo l'esempio del buon pastore. Così il gregge è il popolo, la notte è il mondo, i pastori sono i sacerdoti. Senza dubbio anche quegli è pastore cui è detto: «Sta vigilante e conferma gli altri» Apoc. 3,2. E il Signore non solo ha stabilito i vescovi per difendere il gregge, ma ha destinato anche gli Angeli.
Lettura 9
Lettura del santo Vangelo secondo Giovanni
Giov 1:1-14
Nel principio c'era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Eccetera.
Omelia di sant'Agostino Vescovo
Trattato 1 su Giovanni, verso la metà
Affinché tu non abbia del Verbo un'idea bassa, come se si trattasse di parole umane, ascolta ciò che devi pensarne: «Dio era il Verbo» Joann, 1,1. Ora venga fuori non so quale infedele Ariano a dirci che il Verbo di Dio fu fatto. Come può essere che il Verbo di Dio sia stato fatto, quando Dio per mezzo del Verbo ha fatto tutte le cose? Se esso Verbo di Dio fu fatto, per qual altro verbo fu egli fatto? Se tu dici che esso è stato fatto da un verbo del Verbo, allora io rispondo che esso è l'unico Figlio di Dio. Se poi non ammetti un verbo del Verbo, concedi allora che non è stato fatto quegli per il quale tutto fu fatto. Perché non poté fare se stesso colui per il quale tutto fu fatto. Credi dunque all'Evangelista.
Ad Primam: il Martirologio del 26 Dicembre 2021
Septimo Kalendas Januarii, luna vigesima secunda.
Parti proprie della Messa della Notte (in latino)
INTROITUS
Dóminus dixit ad me: Fílius meus es tu, ego hódie génui te. --- Quare fremuérunt gentes: et pópuli meditáti sunt inánia? --- Glória Patri --- Dóminus dixit ad me: Fílius meus es tu, ego hódie génui te.
COLLECTA
Orémus. Deus, qui hanc sacratíssimam noctem veri lúminis fecísti illustratióne claréscere: da, quǽsumus; ut, cujus lucis mystéria in terra cognóvimus, ejus quoque gáudiis in cœlo perfruámur: Qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
EPISTOLA
Léctio Epístolæ beati Pauli Apóstoli ad Titum.
Tit 2:11-15
Caríssime: Appáruit grátia Dei Salvatóris nostri ómnibus homínibus, erúdiens nos, ut, abnegántes impietátem et sæculária desidéria, sóbrie et juste et pie vivámus in hoc sǽculo, exspectántes beátam spem et advéntum glóriæ magni Dei et Salvatóris nostri Jesu Christi: qui dedit semetípsum pro nobis: ut nos redímeret ab omni iniquitáte, et mundáret sibi pópulum acceptábilem, sectatórem bonórum óperum. Hæc lóquere et exhortáre: in Christo Jesu, Dómino nostro.
GRADUALE
Tecum princípium in die virtútis tuæ: in splendóribus Sanctórum, ex útero ante lucíferum génui te. Dixit Dóminus Dómino meo: Sede a dextris meis: donec ponam inimícos tuos, scabéllum pedum tuórum.
ALLELUJA
Allelúja, allelúja. Dóminus dixit ad me: Fílius meus es tu, ego hódie génui te. Allelúja.
EVANGELIUM
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secundum Lucam.
Luc 2:1-14
In illo témpore: Exiit edíctum a Cæsare Augústo, ut describerétur univérsus orbis. Hæc descríptio prima facta est a præside Sýriæ Cyríno: et ibant omnes ut profiteréntur sínguli in suam civitátem. Ascéndit autem et Joseph a Galilæa de civitáte Názareth, in Judæam in civitátem David, quæ vocatur Béthlehem: eo quod esset de domo et fámilia David, ut profiterétur cum María desponsáta sibi uxóre prægnánte. Factum est autem, cum essent ibi, impléti sunt dies, ut páreret. Et péperit fílium suum primogénitum, et pannis eum invólvit, et reclinávit eum in præsépio: quia non erat eis locus in diversório. Et pastóres erant in regióne eádem vigilántes, et custodiéntes vigílias noctis super gregem suum. Et ecce, Angelus Dómini stetit juxta illos, et cláritas Dei circumfúlsit illos, et timuérunt timóre magno. Et dixit illis Angelus: Nolíte timére: ecce enim, evangelízo vobis gáudium magnum, quod erit omni pópulo: quia natus est vobis hódie Salvátor, qui est Christus Dóminus, in civitáte David. Et hoc vobis signum: Inveniétis infántem pannis involútum, et pósitum in præsépio. Et súbito facta est cum Angelo multitúdo milítiæ cœléstis, laudántium Deum et dicéntium: Glória in altíssimis Deo, et in terra pax hóminibus bonæ voluntátis.
OFFERTORIUM
Orémus. Læténtur cœli et exsúltet terra ante fáciem Dómini: quóniam venit.
SECRETA
Accépta tibi sit, Dómine, quǽsumus, hodiérnæ festivitátis oblátio: ut, tua gratia largiénte, per hæc sacrosáncta commércia, in illíus inveniámur forma, in quo tecum est nostra substántia: Qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
PRAEFATIO DE NATIVITATE DOMINI
Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Quia per incarnáti Verbi mystérium nova mentis nostræ óculis lux tuæ claritátis infúlsit: ut, dum visibíliter Deum cognóscimus, per hunc in invisibílium amorem rapiámur. Et ideo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia coeléstis exércitus hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes: (Sanctus).
COMMUNICANTES IN NATIVITATE DOMINI ET PER OCTAVAM
Communicántes, et noctem sacratíssimam celebrántes, qua beátæ Maríæ intemeráta virgínitas huic mundo édidit Salvatórem: sed et memóriam venerántes, in primis ejúsdem gloriósæ semper Vírginis Maríæ, Genetrícis ejúsdem Dei et Dómini nostri Jesu Christi: sed et beatórum Apostolórum ac Mártyrum tuórum, Petri et Pauli, Andréæ, Jacóbi, Joánnis, Thomæ, Jacóbi, Philíppi, Bartholomaei, Matthaei, Simónis et Thaddaei: Lini, Cleti, Cleméntis, Xysti, Cornélii, Cypriáni, Lauréntii, Chrysógoni, Joánnis et Pauli, Cosmæ et Damiáni: et ómnium Sanctórum tuórum; quorum méritis precibúsque concédas, ut in ómnibus protectiónis tuæ muniámur auxílio. Per eúndem Christum, Dóminum nostrum. Amen.
COMMUNIO
In splendóribus Sanctórum, ex útero ante lucíferum génui te.
POSTCOMMUNIO
Orémus. Da nobis, quǽsumus, Dómine, Deus noster: ut, qui Nativitátem Dómini nostri Jesu Christi mystériis nos frequentáre gaudémus; dignis conversatiónibus ad ejus mereámur perveníre consórtium: Qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
Traduzione italiana della Messa della Notte
INTROITO
Il Signore disse a me: tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. --- Perché si agitano le genti: e i popoli ordiscono vani disegni? --- Gloria --- Il Signore disse a me: tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato.
COLLETTA
Preghiamo. O Dio, che questa notta sacratissima hai rischiarato coi fulgori della vera Luce, concedici, Te ne preghiamo, che di Colui del quale abbiamo conosciuto in terra i misteriosi splendori, partecipiamo pure i gaudii in cielo: Lui che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
EPISTOLA
Lettura della Lettera di San Paolo Apostolo a Tito.
Tit 2:11-15
Carissimo: La grazia salvatrice di Dio si è manifestata per tutti gli uomini e ci ha insegnato a rinnegare l’empietà e le mondane cupidigie, e a vivere in questo mondo con temperanza, giustizia e pietà, aspettando la lieta speranza e la manifestazione gloriosa del nostro grande Iddio e Salvatore nostro Gesù Cristo. Egli ha dato sé stesso per noi, a fine di riscattarci da ogni iniquità, e purificare per sé un popolo suo proprio, zelante per buone opere. Insegna queste cose e raccomandale: in nome del Cristo Gesù, Signore nostro.
GRADUALE
Con te è il principato dal giorno della tua nascita: nello splendore dei santi, dal mio seno ti ho generato, prima della stella del mattino. Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra: finché ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi.
ALLELUIA
Alleluia, alleluia. Il Signore disse a me: tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Alleluia.
VANGELO
Lettura del Santo Vangelo secondo San Luca.
Luc 2:1-14
In quel tempo: Uscì un editto di Cesare Augusto che ordinava di fare il censimento di tutto l’impero. Questo primo censimento fu fatto mentre Quirino era preside della Siria. Recandosi ognuno a dare il nome nella propria città, anche Giuseppe, appartenente al casato ed alla famiglia di Davide, andò da Nazareth di Galilea alla città di Davide chiamata Betlemme, in Giudea, per farsi iscrivere con Maria sua sposa, ch’era incinta. E avvenne che mentre si trovavano lì, si compì per lei il tempo del parto; e partorì il suo figlio primogenito, lo fasciò e lo pose in una mangiatoia, perché non avevano trovato posto nell’albergo. Nello stesso paese c’erano dei pastori che pernottavano all’aperto e facevano la guardia al loro gregge. Ed ecco apparire innanzi ad essi un Angelo del Signore e la gloria del Signore circondarli di luce, sicché sbigottirono per il gran timore. L’Angelo disse loro: Non temete, perché annuncio per voi e per tutto il popolo un grande gaudio: infatti oggi nella città di Davide è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore. Questo sia per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, giacente in una mangiatoia. E d’un tratto si raccolse presso l’Angelo una schiera della Milizia celeste che lodava Iddio, dicendo: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà.
OFFERTORIO
Preghiamo. Si allietino i cieli, ed esulti la terra al cospetto del Signore: poiché Egli è venuto.
SECRETA
Ti sia gradita, o Signore, Te ne preghiamo, l’offerta dell’odierna solennità: affinché, aiutati dalla tua grazia, mediante questi sacrosanti scambi, siamo ritrovati conformi a Colui nel quale la nostra sostanza è unita alla Tua: Lui che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
PREFAZIO DELLA NATIVITÀ DEL SIGNORE
È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Poiché mediante il mistero del Verbo incarnato rifulse alla nostra mente un nuovo raggio del tuo splendore, cosí che mentre visibilmente conosciamo Dio, per esso veniamo rapiti all’amore delle cose invisibili. E perciò con gli Angeli e gli Arcangeli, con i Troni e le Dominazioni, e con tutta la milizia dell’esercito celeste, cantiamo l’inno della tua gloria, dicendo senza fine: (Sanctus).
COMMUNICANTES NELLA NATIVITÀ DEL SIGNORE E PER L'OTTAVA
Uniti in una stessa comunione celebriamo la notte santissima nella quale l’intemerata verginità della beata Maria diede a questo mondo il Salvatore; e veneriamo anzitutto la memoria della stessa gloriosa sempre Vergine Maria, Madre del medesimo nostro Dio e Signore Gesù Cristo: e di quella dei tuoi beati Apostoli e Martiri: Pietro e Paolo, Andrea, Giacomo, Giovanni, Tommaso, Giacomo, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Simone e Taddeo, Lino, Cleto, Clemente, Sisto, Cornelio, Cipriano, Lorenzo, Crisógono, Giovanni e Paolo, Cosma e Damiano, e di tutti i tuoi Santi; per i meriti e per le preghiere dei quali concedi che in ogni cosa siamo assistiti dall'aiuto della tua protezione. Per il medesimo Cristo nostro Signore. Amen.
COMUNIONE
Nello splendore dei santi, dal mio seno ti ho generato, prima della stella del mattino.
POST-COMUNIONE
Preghiamo. Concedici, Te ne preghiamo, o Signore Dio nostro, che celebrando con giubilo, mediante questi sacri misteri, la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, meritiamo con una vita santa di pervenire al suo consorzio: Lui che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Parti proprie della Messa dell'Aurora (in latino)
INTROITUS
Lux fulgébit hódie super nos: quia natus est nobis Dóminus: et vocábitur Admirábilis, Deus, Princeps pacis, Pater futúri sǽculi: cujus regni non erit finis. --- Dóminus regnávit, decórem indútus est: indútus est Dóminus fortitúdinem, et præcínxit se. --- Glória Patri --- Lux fulgébit hódie super nos: quia natus est nobis Dóminus: et vocábitur Admirábilis, Deus, Princeps pacis, Pater futúri sǽculi: cujus regni non erit finis.
COLLECTAE
Orémus. Da nobis, quǽsumus, omnípotens Deus: ut, qui nova incarnáti Verbi tui luce perfúndimur; hoc in nostro respléndeat ópere, quod per fidem fulget in mente. Per eúndem Dóminum nostrum Jesum Christum Fílium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
Orémus. Da, quǽsumus, omnípotens Deus: ut, qui beátæ Anastásiæ Mártyris tuæ sollémnia cólimus; ejus apud te patrocínia sentiámus. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
EPISTOLA
Léctio Epístolæ beati Pauli Apóstoli ad Titum.
Tit 3:4-7
Caríssime: Appáruit benígnitas et humánitas Salvatóris nostri Dei: non ex opéribus justítiæ, quæ fécimus nos, sed secúndum suam misericórdiam salvos nos fecit per lavácrum regeneratiónis et renovatiónis Spíritus Sancti, quem effúdit in nos abúnde per Jesum Christum, Salvatorem nostrum: ut, justificáti grátia ipsíus, herédes simus secúndum spem vitæ ætérnæ: in Christo Jesu, Dómino nostro.
GRADUALE
Benedíctus, qui venit in nómine Dómini: Deus Dóminus, et illúxit nobis. A Dómino factum est istud: et est mirábile in óculis nostris.
ALLELUJA
Allelúja, allelúja. Dóminus regnávit, decórem índuit: índuit Dóminus fortitúdinem, et præcínxit se virtúte. Allelúja.
EVANGELIUM
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secundum Lucam.
Luc 2:15-20
In illo témpore: Pastóres loquebántur ad ínvicem: Transeámus usque Béthlehem, et videámus hoc verbum, quod factum est, quod Dóminus osténdit nobis. Et venérunt festinántes: et invenérunt Maríam et Joseph. et Infántem pósitum in præsépio. Vidéntes autem cognovérunt de verbo, quod dictum erat illis de Púero hoc. Et omnes, qui audiérunt, miráti sunt: et de his, quæ dicta erant a pastóribus ad ipsos. María autem conservábat ómnia verba hæc, cónferens in corde suo. Et revérsi sunt pastóres, glorificántes et laudántes Deum in ómnibus, quæ audíerant et víderant, sicut dictum est ad illos.
OFFERTORIUM
Orémus. Deus firmávit orbem terræ, qui non commovébitur: paráta sedes tua, Deus, ex tunc, a sǽculo tu es.
SECRETAE
Múnera nostra, quǽsumus, Dómine, Nativitátis hodiérnæ mystériis apta provéniant, et pacem nobis semper infúndant: ut, sicut homo génitus idem refúlsit et Deus, sic nobis hæc terréna substántia cónferat, quod divínum est. Per eúndem Dóminum nostrum Jesum Christum Fílium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
Accipe, quǽsumus, Dómine, múnera dignánter obláta: et, beátæ Anastásiæ Mártyris tuæ suffragántibus méritis, ad nostræ salútis auxílium proveníre concéde. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
PRAEFATIO DE NATIVITATE DOMINI
Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Quia per incarnáti Verbi mystérium nova mentis nostræ óculis lux tuæ claritátis infúlsit: ut, dum visibíliter Deum cognóscimus, per hunc in invisibílium amorem rapiámur. Et ideo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia coeléstis exércitus hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes: (Sanctus).
COMMUNICANTES IN NATIVITATE DOMINI ET PER OCTAVAM
Communicántes, et diem sacratíssimum celebrántes, quo beátæ Maríæ intemeráta virgínitas huic mundo édidit Salvatórem: sed et memóriam venerántes, in primis ejúsdem gloriósæ semper Vírginis Maríæ, Genetrícis ejúsdem Dei et Dómini nostri Jesu Christi: sed et beatórum Apostolórum ac Mártyrum tuórum, Petri et Pauli, Andréæ, Jacóbi, Joánnis, Thomæ, Jacóbi, Philíppi, Bartholomaei, Matthaei, Simónis et Thaddaei: Lini, Cleti, Cleméntis, Xysti, Cornélii, Cypriáni, Lauréntii, Chrysógoni, Joánnis et Pauli, Cosmæ et Damiáni: et ómnium Sanctórum tuórum; quorum méritis precibúsque concédas, ut in ómnibus protectiónis tuæ muniámur auxílio. Per eúndem Christum, Dóminum nostrum. Amen.
COMMUNIO
Exsúlta, fília Sion, lauda, fília Jerúsalem: ecce, Rex tuus venit sanctus et Salvátor mundi.
POSTCOMMUNIO
Orémus. Hujus nos, Dómine, sacraménti semper nóvitas natális instáuret: cujus Natívitas singuláris humánam réppulit vetustátem. Per eúndem Dóminum nostrum Jesum Christum Fílium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
Orémus. Satiásti, Dómine, famíliam tuam munéribus sacris: ejus, quǽsumus, semper interventióne nos réfove, cujus sollémnia celebrámus. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
Traduzione italiana della Messa dell'Aurora
INTROITO
La luce splenderà oggi su di noi: poiché ci è nato il Signore: e si chiamerà Ammirabile, Dio, Principe della pace, Padre per sempre: e il suo regno non avrà fine. --- Il Signore regna, si ammanta di maestà: Il Signore si ammanta di fortezza, e si cinge di potenza. --- Gloria --- La luce splenderà oggi su di noi: poiché ci è nato il Signore: e si chiamerà Ammirabile, Dio, Principe della pace, Padre per sempre: e il suo regno non avrà fine.
COLLETTE
Preghiamo. Concedici, Te ne preghiamo, o Dio onnipotente: che, essendo inondati dalla nuova luce del Tuo Verbo incarnato, risplenda nelle nostre opere ciò che per virtù della fede brilla nella nostra mente. Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Preghiamo. Concedici, Te ne preghiamo, o Dio onnipotente: che, celebrando la solennità della Tua Martire Anastasia, possiamo godere presso di Te il beneficio del suo patrocinio. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
EPISTOLA
Lettura della Lettera di San Paolo Apostolo a Tito.
Tit 3:4-7
Carissimo: Apparsa la bontà e l’umanità del Salvatore, nostro Dio: Egli ci salvò non già in ragione delle opere di giustizia fatte da noi, ma per la Sua misericordia: col lavacro di rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo, diffuso largamente su di noi per i meriti di Gesù Cristo, nostro Salvatore: affinché, giustificati per la Sua grazia, divenissimo eredi, in speranza, della vita eterna: in Cristo Gesù, Signore nostro.
GRADUALE
Benedetto Colui che viene nel nome del Signore: Il Signore è Dio e ci ha illuminati. Questa è opera del signore: ed è mirabile ai nostri occhi.
ALLELUIA
Alleluia, alleluia. Il Signore regna, si ammanta di maestà: Il Signore si ammanta di fortezza, e si cinge di potenza. Alleluia.
VANGELO
Lettura del Santo Vangelo secondo San Luca.
Luc 2:15-20
In quel tempo: I pastori presero a dire tra loro: Andiamo sino a Betlemme a vedere quello che è accaduto, come il Signore ci ha reso noto. E andati con prontezza, trovarono Maria, e Giuseppe, e il bambino giacente nella mangiatoia. Dopo aver visto, raccontarono quanto era stato detto loro di quel bambino. Coloro che li udirono rimasero meravigliati di ciò che i pastori avevano detto. Intanto Maria riteneva tutte queste cose, meditandole in cuor suo. E i pastori se ne ritornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e veduto, come era stato loro detto.
OFFERTORIO
Preghiamo. Iddio ha consolidato la terra, che non vacillerà: il Tuo trono, o Dio, è stabile, fin dal principio, fin dall’eternità Tu sei.
SECRETE
Le nostre offerte, o Signore, riescano atte ai misteri dell’odierna Natività e ci infondano pace duratura: affinché, come il Tuo Figlio nascendo uomo rifulse quale Dio, così queste offerte terrene conferiscano a noi ciò che è divino. Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
O Signore, Te ne preghiamo, accogli favorevolmente i doni offerti: e concedi che, per i meriti della beata Anastasia, Martire Tua, giovino a soccorso della nostra salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
PREFAZIO DELLA NATIVITÀ DEL SIGNORE
È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Poiché mediante il mistero del Verbo incarnato rifulse alla nostra mente un nuovo raggio del tuo splendore, cosí che mentre visibilmente conosciamo Dio, per esso veniamo rapiti all’amore delle cose invisibili. E perciò con gli Angeli e gli Arcangeli, con i Troni e le Dominazioni, e con tutta la milizia dell’esercito celeste, cantiamo l’inno della tua gloria, dicendo senza fine: (Sanctus).
COMMUNICANTES NELLA NATIVITÀ DEL SIGNORE E PER L'OTTAVA
Uniti in una stessa comunione celebriamo il giorno santissimo nel quale l’intemerata verginità della beata Maria diede a questo mondo il Salvatore; e veneriamo anzitutto la memoria della stessa gloriosa sempre Vergine Maria, Madre del medesimo nostro Dio e Signore Gesù Cristo: e di quella dei tuoi beati Apostoli e Martiri: Pietro e Paolo, Andrea, Giacomo, Giovanni, Tommaso, Giacomo, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Simone e Taddeo, Lino, Cleto, Clemente, Sisto, Cornelio, Cipriano, Lorenzo, Crisógono, Giovanni e Paolo, Cosma e Damiano, e di tutti i tuoi Santi; per i meriti e per le preghiere dei quali concedi che in ogni cosa siamo assistiti dall'aiuto della tua protezione. Per il medesimo Cristo nostro Signore. Amen.
COMUNIONE
Esulta, o figlia di Sion, giubila, o figlia di Gerusalemme: ecco che viene il tuo Re santo, il Salvatore del mondo.
POST-COMUNIONE
Preghiamo. Ci restauri sempre, o Signore, la rinnovata celebrazione del Natale di Colui la cui nascita singolare scacciò l’umana decrepitezza. Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Preghiamo. Hai saziato, o Signore, la tua famiglia con i sacri doni: confortaci sempre, Te ne preghiamo, mediante l’intercessione della Santa di cui celebriamo la festa. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Parti proprie della Messa del Giorno (in latino)
INTROITUS
Puer natus est nobis, et fílius datus est nobis: cujus impérium super húmerum ejus: et vocábitur nomen ejus magni consílii Angelus. --- Cantáte Dómino cánticum novum, quia mirabília fecit. --- Glória Patri --- Puer natus est nobis, et fílius datus est nobis: cujus impérium super húmerum ejus: et vocábitur nomen ejus magni consílii Angelus.
COLLECTA
Orémus. Concéde, quǽsumus, omnípotens Deus: ut nos Unigéniti tui nova per carnem Natívitas líberet; quos sub peccáti jugo vetústa sérvitus tenet. Per eúndem Dóminum nostrum Jesum Christum Fílium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
EPISTOLA
Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Hebrǽos.
Hebr 1:1-12
Multifáriam, multísque modis olim Deus loquens pátribus in Prophétis: novíssime diébus istis locútus est nobis in Fílio, quem constítuit herédem universórum, per quem fecit et sǽcula: qui cum sit splendor glóriæ, et figúra substántia? ejus, portánsque ómnia verbo virtútis suæ, purgatiónem peccatórum fáciens, sedet ad déxteram majestátis in excélsis: tanto mélior Angelis efféctus, quanto differéntius præ illis nomen hereditávit. Cui enim dixit aliquándo Angelórum: Fílius meus es tu, ego hódie génui te? Et rursum: Ego ero illi in patrem, et ipse erit mihi in fílium? Et cum íterum introdúcit Primogénitum in orbem terræ, dicit: Et adórent eum omnes Angeli Dei. Et ad Angelos quidem dicit: Qui facit Angelos suos spíritus, et minístros suos flammam ignis. Ad Fílium autem: Thronus tuus, Deus, in sǽculum sǽculi: virga æquitátis, virga regni tui. Dilexísti justítiam et odísti iniquitátem: proptérea unxit te Deus, Deus tuus, óleo exsultatiónis præ particípibus tuis. Et: Tu in princípio, Dómine, terram fundásti: et ópera mánuum tuárum sunt cœli. Ipsi períbunt, tu autem permanébis; et omnes ut vestiméntum veteráscent: et velut amíctum mutábis eos, et mutabúntur: tu autem idem ipse es, et anni tui non defícient.
GRADUALE
Vidérunt omnes fines terræ salutare Dei nostri: jubiláte Deo, omnis terra. Notum fecit Dominus salutare suum: ante conspéctum géntium revelávit justitiam suam.
ALLELUJA
Allelúja, allelúja. Dies sanctificátus illúxit nobis: veníte, gentes, et adoráte Dóminum: quia hódie descéndit lux magna super terram. Allelúja.
EVANGELIUM
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secundum Joánnem.
Joann 1:1-14
In princípio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum. Hoc erat in princípio apud Deum. Omnia per ipsum facta sunt: et sine ipso factum est nihil, quod factum est: in ipso vita erat, et vita erat lux hóminum: et lux in ténebris lucet, et ténebræ eam non comprehendérunt. Fuit homo missus a Deo, cui nomen erat Joánnes. Hic venit in testimónium, ut testimónium perhibéret de lúmine, ut omnes créderent per illum. Non erat ille lux, sed ut testimónium perhibéret de lúmine. Erat lux vera, quæ illúminat omnem hóminem veniéntem in hunc mundum. In mundo erat, et mundus per ipsum factus est, et mundus eum non cognóvit. In própria venit, et sui eum non recepérunt. Quotquot autem recepérunt eum, dedit eis potestátem fílios Dei fíeri, his, qui credunt in nómine ejus: qui non ex sanguínibus, neque ex voluntáte carnis, neque ex voluntáte viri, sed ex Deo nati sunt. Hic genuflectitur Et Verbum caro factum est, et habitávit in nobis: et vídimus glóriam ejus, glóriam quasi Unigéniti a Patre, plenum grátiæ et veritátis.
OFFERTORIUM
Orémus. Tui sunt cœli et tua est terra: orbem terrárum et plenitúdinem ejus tu fundásti: justítia et judícium præparátio sedis tuæ.
SECRETA
Obláta, Dómine, múnera, nova Unigéniti tui Nativitáte sanctífica: nosque a peccatórum nostrórum máculis emúnda. Per eúndem Dóminum nostrum Jesum Christum Fílium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
PRAEFATIO DE NATIVITATE DOMINI
Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Quia per incarnáti Verbi mystérium nova mentis nostræ óculis lux tuæ claritátis infúlsit: ut, dum visibíliter Deum cognóscimus, per hunc in invisibílium amorem rapiámur. Et ideo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia coeléstis exércitus hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes: (Sanctus).
COMMUNICANTES IN NATIVITATE DOMINI ET PER OCTAVAM
Communicántes, et diem sacratíssimum celebrántes, quo beátæ Maríæ intemeráta virgínitas huic mundo édidit Salvatórem: sed et memóriam venerántes, in primis ejúsdem gloriósæ semper Vírginis Maríæ, Genetrícis ejúsdem Dei et Dómini nostri Jesu Christi: sed et beatórum Apostolórum ac Mártyrum tuórum, Petri et Pauli, Andréæ, Jacóbi, Joánnis, Thomæ, Jacóbi, Philíppi, Bartholomaei, Matthaei, Simónis et Thaddaei: Lini, Cleti, Cleméntis, Xysti, Cornélii, Cypriáni, Lauréntii, Chrysógoni, Joánnis et Pauli, Cosmæ et Damiáni: et ómnium Sanctórum tuórum; quorum méritis precibúsque concédas, ut in ómnibus protectiónis tuæ muniámur auxílio. Per eúndem Christum, Dóminum nostrum. Amen.
COMMUNIO
Vidérunt omnes fines terræ salutáre Dei nostri.
POSTCOMMUNIO
Orémus. Præsta, quǽsumus, omnípotens Deus: ut natus hódie Salvátor mundi, sicut divínæ nobis generatiónis est auctor; ita et immortalitátis sit ipse largítor: Qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.
ULTIMUM EVANGELIUM
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Matthǽum.
Matt 2:1-12
Cum natus esset Jesus in Béthlehem Juda in diébus Heródis regis, ecce, Magi ab Oriénte venerunt Jerosólymam, dicéntes: Ubi est, qui natus est rex Judæórum? Vidimus enim stellam ejus in Oriénte, et vénimus adoráre eum. Audiens autem Heródes rex, turbatus est, et omnis Jerosólyma cum illo. Et cóngregans omnes principes sacerdotum et scribas pópuli, sciscitabátur ab eis, ubi Christus nasceretur. At illi dixérunt ei: In Béthlehem Judæ: sic enim scriptum est per Prophétam: Et tu, Béthlehem terra Juda, nequaquam mínima es in princípibus Juda; ex te enim éxiet dux, qui regat pópulum meum Israël. Tunc Heródes, clam vocátis Magis, diligénter dídicit ab eis tempus stellæ, quæ appáruit eis: et mittens illos in Béthlehem, dixit: Ite, et interrogáte diligénter de púero: et cum invenéritis, renuntiáte mihi, ut et ego véniens adórem eum. Qui cum audíssent regem, abiérunt. Et ecce, stella, quam víderant in Oriénte, antecedébat eos, usque dum véniens staret supra, ubi erat Puer. Vidéntes autem stellam, gavísi sunt gáudio magno valde. Et intrántes domum, invenérunt Púerum cum María Matre ejus, hic genuflectitur et procidéntes adoravérunt eum. Et, apértis thesáuris suis, obtulérunt ei múnera, aurum, thus et myrrham. Et re sponso accépto in somnis, ne redírent ad Heródem, per aliam viam revérsi sunt in regiónem suam.
Traduzione italiana della Messa del Giorno
INTROITO
Ci è nato un Bambino e ci è stato dato un Figlio, il cui impero poggia sugli òmeri suoi: il suo nome sarà Àngelo del buon consiglio. --- Cantate al Signore un càntico nuovo: poiché ha fatto cose mirabili. --- Gloria --- Ci è nato un Bambino e ci è stato dato un Figlio, il cui impero poggia sugli òmeri suoi: il suo nome sarà Àngelo del buon consiglio.
COLLETTA
Preghiamo. Concedici, Te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che la nuova nascita secondo la carne del tuo Unigenito, liberi noi, che l’antica schiavitù tiene sotto il gioco del peccato. Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
EPISTOLA
Lettura della Lettera di San Paolo Apostolo agli Ebrei.
Ebr 1:1-12
Iddio, che nei tempi antichi aveva parlato a più riprese e in molte maniere ai nostri padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi tempi ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che costituì erede di tutte le cose, mediante il quale ha anche creato il mondo. Questo Figlio è l’irradiazione e l’immagine della sua gloria, è l’impronta della sua sostanza e tutte le cose sostenta con la sua potente parola; Egli, dopo averci purificati dai peccati, si è assiso alla destra della divina maestà nell’alto dei cieli: fatto di tanto superiore agli Àngeli, quanto è più eccellente del loro il nome da Lui avuto. Infatti: a quale mai degli Àngeli Dio ha detto: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato? e ancora: Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio? E di nuovo, quando introduce il primogénito nel mondo, dice: Lo adòrino tutti gli Àngeli di Dio. Quanto poi agli Àngeli, Egli dice: Colui che fa suoi messaggeri gli spiriti, e suoi ministri le fiamme di fuoco. Al suo Figlio invece dice: Il tuo trono, o Dio, sussiste nei sécoli del sécoli, lo scettro del tuo regno è scettro di equità: tu hai amato la giustizia e odiato l’iniquità, perciò ti unse il Signore Dio tuo con olio di letizia sopra i tuoi colleghi. E ancora: Fin da principio, o Signore, tu fondasti la terra, e i cieli sono opera delle tue mani: essi periranno ma tu rimani, e tutti invecchieranno come un vestito, e tu li muterai come un mantello, ed essi cambieranno, tu invece rimani sempre lo stesso e gli anni tuoi non verranno meno.
GRADUALE
Tutti i confini della terra vídero la salvezza del nostro Dio: tutta la terra acclàmi a Dio. Il Signore ci fece conoscere la sua salvezza: agli occhi delle genti rivelò la sua giustizia.
ALLELUIA
Alleluia, alleluia. Un giorno sacro ci ha illuminati: venite, genti, e adorate il Signore: perché oggi discende gran luce sopra la terra. Alleluia.
VANGELO
Inizio del S. Vangelo secondo Giovanni.
Giov 1:1-14
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di Lui, e senza di Lui nulla è stato fatto di ciò che è fatto. In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. E la luce splende tra le tenebre e le tenebre non l’hanno accolta. Ci fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni. Questi venne come testimonio, per rendere testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma era per rendere testimonianza alla luce. Era la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di Lui, e il mondo non lo conobbe. Venne nella sua casa, e i suoi non lo accolsero. Ma a quanti lo accolsero diede il potere di diventare figli di Dio: a loro che credono nel suo nome: i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono nati. Genuflettiamo E il Verbo si fece carne Ci alziamo, e abitò tra noi: e noi abbiamo visto la sua gloria, gloria come di Unigénito dal Padre, pieno di grazia e di verità.
OFFERTORIO
Preghiamo. Tuoi sono i cieli, e tua è la terra: tu hai fondato il mondo e quanto vi si contiene: giustizia ed equità sono le basi del tuo trono.
SECRETA
Santifica, o Signore, con la nuova nascita del tuo Unigénito, i doni offerti, e puríficaci dalle macchie dei nostri peccati. Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
PREFAZIO DELLA NATIVITÀ DEL SIGNORE
È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Poiché mediante il mistero del Verbo incarnato rifulse alla nostra mente un nuovo raggio del tuo splendore, cosí che mentre visibilmente conosciamo Dio, per esso veniamo rapiti all’amore delle cose invisibili. E perciò con gli Angeli e gli Arcangeli, con i Troni e le Dominazioni, e con tutta la milizia dell’esercito celeste, cantiamo l’inno della tua gloria, dicendo senza fine: (Sanctus).
COMMUNICANTES NELLA NATIVITÀ DEL SIGNORE E PER L'OTTAVA
Uniti in una stessa comunione celebriamo il giorno santissimo nel quale l’intemerata verginità della beata Maria diede a questo mondo il Salvatore; e veneriamo anzitutto la memoria della stessa gloriosa sempre Vergine Maria, Madre del medesimo nostro Dio e Signore Gesù Cristo: e di quella dei tuoi beati Apostoli e Martiri: Pietro e Paolo, Andrea, Giacomo, Giovanni, Tommaso, Giacomo, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Simone e Taddeo, Lino, Cleto, Clemente, Sisto, Cornelio, Cipriano, Lorenzo, Crisógono, Giovanni e Paolo, Cosma e Damiano, e di tutti i tuoi Santi; per i meriti e per le preghiere dei quali concedi che in ogni cosa siamo assistiti dall'aiuto della tua protezione. Per il medesimo Cristo nostro Signore. Amen.
COMUNIONE
Tutti i confini della terra hanno visto la salvezza del nostro Dio.
POST-COMUNIONE
Preghiamo. Fa', Te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che il Salvatore del mondo, oggi nato, come è l’autore della nostra divina rigenerazione, così ci sia anche datore dell’immortalità. Lui che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
ULTIMO VANGELO
Seguito del Santo Vangelo secondo Matteo.
Matt 2:1-12
Nato Gesú, in Betlemme di Giuda, al tempo del re Erode, ecco arrivare dei Magi dall’Oriente, dicendo: Dov’è nato il Re dei Giudei? Abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo. Sentite tali cose, il re Erode si turbò, e con lui tutta Gerusalemme. E, adunati tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, voleva sapere da loro dove doveva nascere Cristo. E questi gli risposero: A Betlemme di Giuda, perché cosí è stato scritto dal Profeta: E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei la minima tra i príncipi di Giuda: poiché da te uscirà il duce che reggerà il mio popolo Israele. Allora Erode, chiamati a sé di nascosto i Magi, si informò minutamente circa il tempo dell’apparizione della stella e, mandandoli a Betlemme, disse loro: Andate e cercate diligentemente il bambino, e quando l’avrete trovato fatemelo sapere, affinché io pure venga ad adorarlo. Quelli, udito il re, partirono: ed ecco che la stella che avevano già vista ad Oriente li precedeva, finché, arrivata sopra il luogo dov’era il bambino, si fermò. Veduta la stella, i Magi gioirono di grandissima gioia, ed entrati nella casa trovarono il bambino con Maria sua madre qui ci si inginocchia e prostratisi, lo adorarono. E aperti i loro tesori, gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non passare da Erode, tornarono al loro paese per un altra strada.
Dall'Anno Liturgico di Dom Guéranger
IL SANTO GIORNO DI NATALE
Il lieto giorno della Vigilia di Natale volge al termine. La santa Chiesa ha già chiuso i divini Uffici dell’Attesa del Salvatore con la celebrazione del grande Sacrificio. Nella sua materna indulgenza, ha permesso ai suoi figli di rompere, a mezzogiorno, il digiuno di preparazione; i fedeli si sono seduti alla tavola frugale, con una gioia spirituale che fa loro presentire quella che inonderà i loro cuori nella notte che darà loro l’Emmanuele.
Ma una solennità sì grande come quella di domani deve, secondo l’usanza della Chiesa nelle sue feste, avere un preludio nel giorno che la precede tra pochi istanti, l’Ufficio dei Primi Vespri nel quale si offre a Dio l’incenso della sera, chiamerà i cristiani alla Chiesa; e lo splendore delle cerimonie, la magnificenza dei canti apriranno tutti i cuori alle emozioni d’amore e di riconoscenza che li debbono disporre, a ricevere le grazie del momento supremo.
Aspettando il sacro segnale che chiamerà alla casa di Dio, impieghiamo gli istanti che ci restano a meglio penetrare il mistero di sì grande giorno, i sentimenti della santa Chiesa in questa solennità e le tradizioni cattoliche mediante le quali i nostri antenati la hanno così degnamente celebrata.
Sermone di san Gregario Nazianzeno.
Innanzitutto, ascoltiamo la voce dei santi Padri che risuonò con un’enfasi e una forza capaci di ridestare qualsiasi anima. Ecco per primo san Gregorio, il Teologo, il Vescovo, di Nazianzo, che inizia così il suo trentottesimo discorso, consacrato alla Teofania, o nascita del Salvatore. Chi potrebbe ascoltarlo e rimanere freddo davanti alle sue parole?
“Cristo nasce; rendete gloria. Cristo discende dai cieli; andategli incontro. Cristo è sulla terra; uomini, alzatevi. Tutta la terra canta il Signore! E per riunire tutto in una sola parola: Si rallegrino i cieli ed esulti la terra, per Colui che è insieme del cielo e della terra. Cristo riveste la nostra carne: siate ripieni di timore e di gaudio: di timore a motivo del peccato; di gaudio a motivo della speranza. Cristo nasce da una Vergine: o donne, onorate la verginità per diventare madri di Cristo.
Chi non adorerebbe Colui che era fin dal principio? chi non loderebbe e non celebrerebbe Colui che è nato? Ecco che le tenebre svaniscono; è creata la luce; l’Egitto rimane sotto le ombre, Israele è illuminata da una lucente nube. Il popolo che era seduto nelle tenebre dell’ignoranza, scorge il lume d’una scienza profonda. Le cose antiche sono finite; tutto è ridiventato nuovo. Fugge la lettera e trionfa lo spirito; le ombre sono passate, e la verità fa il suo ingresso. La natura vede le sue leggi violate: è giunto il momento di popolare il mondo celeste: Cristo comanda; guardiamoci bene dal resistere.
Genti tutte, battete le mani; perché ci è nato un Bambino, ci è stato dato un Figlio. Il segno del suo principio è sulla sua spalla: perché la croce sarà il mezzo della sua elevazione; il suo nome è l’Angelo del grande consiglio, cioè del consiglio paterno.
Esclami pure Giovanni: Preparate le vie del Signore! Per me, voglio far anche risuonare la potenza di sì gran giorno: Colui che è senza carne s’incarna; il Verbo prende un corpo; l’Invisibile si mostra agli occhi, l’Impalpabile si lascia toccare; Colui che non conosce tempo prende un principio; il Figlio di Dio è diventato figlio dell’uomo. Gesù Cristo era ieri, è oggi, e sarà sempre. Si senta pure offeso il Giudeo; se ne rida il Greco; e la lingua dell’eretico si agiti nella sua bocca impura. Crederanno quando lo vedranno, questo Figlio di Dio, salire al cielo; e se anche in quel momento si rifiutano, crederanno quando ne discenderà e comparirà sul tribunale di giudice.
Sermone di san Bernardo.
Ascoltiamo ora, nella Chiesa Latina, il devoto san Bernardo, che effonde una soave letizia in queste melodiose parole, nel iv sermone per la Vigilia di Natale.
“Abbiamo ricevuto una notizia piena di grazia e fatta per essere accolta con trasporto: Gesù Cristo, Figlio di Dio, nasce in Betlemme di Giuda. La mia anima si è sciolta a queste parole: lo spirito ribolle in me, spinto come sono ad annunciarvi tanta felicità. Gesù significa Salvatore. Che cosa è più necessario di un Salvatore a quelli che erano perduti, più desiderabile a degli infelici, più vantaggioso per quelli che erano accasciati dalla disperazione? Dov’era la salvezza dov’era perfino la speranza della salvezza, per quanto debole, sotto la legge del peccato, in quel corpo di morte, in mezzo alla perversità, nella dimora d’afflizione, se questa salvezza non fosse nata d’un tratto e contro ogni speranza? O uomo, tu desideri, è vero, la tua guarigione; ma, avendo coscienza della tua debolezza e della tua infermità, temi il rigore del trattamento. Non temere dunque: Cristo è soave e dolce; la sua misericordia è immensa; come Cristo, egli ha ricevuto in eredità l’olio, ma per effonderlo sulle tue piaghe. E se ti dico che è dolce, non temere che il tuo Salvatore manchi di potenza; perché è anche Figlio di Dio. Esultiamo dunque, riflettendo in noi stessi, e facendo risplendere al di fuori quella dolce sentenza, quelle soavi parole: Gesù Cristo. Figlio di Dio, nasce in Betlemme di Giuda!“.
Sermone di sant’Efrem.
È dunque veramente un grande giorno quello della Nascita del Salvatore: giorno atteso dal genere umano per migliaia di anni, atteso dalla Chiesa nelle quattro settimane dell’Avvento che ci lasciano così cari ricordi; atteso da tutta la natura che riceve ogni anno sotto i suoi auspici, il trionfo del sole materiale sulle tenebre sempre crescenti. Il grande Dottore della Chiesa Sira, sant’Efrem, celebra con entusiasmo la bellezza e la fecondità di questo giorno misterioso; prendiamo qualche brano dalla sua divina poesia, e diciamo con lui:
“Degnati, o Signore, di permettere che celebriamo oggi il giorno stesso della tua nascita, che la presente solennità ci ricorda. Quel giorno è simile a tè; è amico degli uomini. Esso ritorna ogni anno attraverso i tempi; invecchia con i vecchi, e si rinnova con il bambino che è nato. Ogni anno, ci visita e passa; quindi ritorna pieno di attrattive. Sa che la natura umana non potrebbe fare a meno di lui; come te, esso viene in aiuto alla nostra razza in pericolo. Il mondo intero, o Signore, ha sete del giorno della tua nascita; questo giorno beato racchiude in sé i secoli futuri; esso è uno e molteplice. Sia dunque anche quest’anno simile a tè, e porti la pace fra il cielo e la terra. Se tutti i giorni sono segnati della tua liberalità, non è giusto forse che essa trabocchi in questo?
Gli altri giorni dell’anno traggono la loro bellezza da questo, e le solennità che seguiranno debbono ad esso la dignità e lo splendore di cui brillano. Il giorno della tua nascita è un tesoro, o Signore, un tesoro destinato a soddisfare il debito comune. Benedetto il giorno che ci ha ridato il sole, a noi erranti nella notte oscura; che ci ha recato il divino manipolo dal quale è stata diffusa l’abbondanza; che ci ha dato la vite che contiene il vino della salvezza che deve dare a suo tempo. Nel cuore dell’inverno che priva gli alberi dei loro frutti la vigna si è rivestita d’una divina vegetazione; nella stagione glaciale, un pollone è spuntato dal ceppo di Jesse. È in dicembre, in questo mese che trattiene nel grembo della terra il seme che le fu affidato, che la spiga della nostra salvezza, spunta dal seno della Vergine dove era disceso nei giorni di primavera, quando gli agnelli vanno belando nei prati”.
Non è dunque da stupire che questo giorno il quale è caro a Dio stesso sia privilegiato nell’economia dei tempi; e conforta vedere le genti pagane presentire nei loro calendari la gloria che Dio gli riservava nella successione delle età. Abbiamo visto del resto che i Gentili non sono stati i soli a prevedere misteriosamente le relazioni del divino Sole di giustizia con l’astro mortale che illumina e riscalda il mondo; i santi Dottori e tutta la Liturgia sono molto prodighi riguardo a questa ineffabile armonia.
Il battesimo di Clodoveo.
Per incidere più profondamente l’importanza di un giorno così santo nella memoria dei popoli cristiani dell’Europa, stirpi preferite nei consigli della misericordia divina, il supremo Signore degli eventi ha voluto che il regno dei Franchi nascesse appunto il giorno di Natale (496) allorché nel Battistero di Reims, tra le pompe di tale solennità, Clodoveo, il fiero Sicambro, divenuto mite come l’agnello, fu immerso da san Remigio nel fonte della salvezza, dal quale uscì per inaugurare la prima monarchia cattolica fra le monarchie nuove, quel regno di Francia, il più bello – è stato detto – dopo quello dei cieli.
La conversione dell’Inghilterra.
Un secolo più tardi (597), era la volta della razza anglosassone. L’Apostolo dell’Isola dei Bretoni, il monaco sant’Agostino, dopo aver convertito al vero Dio il re Eteiredo, avanzò alla conquista delle anime. Essendosi diretto verso York, vi fece risuonare la parola di vita, e un intero popolo si unì per chiedere il Battesimo. Il giorno di Natale è fissato per la rigenerazione di quei nuovi discepoli di Cristo; e il fiume che scorre sotto le mura della città viene scelto per servire da fonte battesimale a quell’armata di catecumeni. Diecimila uomini, non contando le donne e i bambini, scendono nelle acque la cui corrente deve portar via l’immondezza delle loro anime. Il rigore della stagione non arresta i nuovi e ferventi discepoli del Bambino di Betlemme che appena pochi giorni prima ignoravano perfino il suo nome. Dalle acque gelide esce piena di gaudio e risplendente d’innocenza tutta un’armata di neofiti; e nel giorno stesso della sua nascita, Cristo conta una nazione di più sotto il suo impero.
Ma non era ancora abbastanza per il Signore che vuole onorare il giorno della nascita del suo Figliuolo.
L’incoronazione di Carlo Magno.
Un’altra illustre nascita doveva ancora abbellire questo lieto anniversario. A Roma, nella basilica di San Pietro, nella solennità di Natale dell’800, nasceva il Sacro Romano Impero al quale era riservata la missione di propagare il regno di Cristo nelle regioni barbare del Nord, e di mantenere l’unità europea, sotto la direzione del Romano Pontefice. In quel giorno, san Leone III poneva la corona imperiale sul capo di Carlo Magno; e la terra attonita rivedeva un Cesare, un Augusto, non più successore dei Cesari e degli Augusti della Roma pagana, ma investito di quei titoli gloriosi dal Vicario di Colui che si chiama, nei santi Oracoli, il Re dei re, il Signore dei signori.
La gloria del giorno di Natale.
Così Dio ha fatto, risplendere agli occhi degli uomini la gloria del regale Bambino che nasce oggi; così egli ha preparato, di epoca in epoca attraverso i secoli, ricchi anniversari di quella Natività che da gloria a Dio e pace agli uomini. Il susseguirsi dei tempi farà vedere al mondo in che modo l’Altissimo si riserva ancora di glorificare, in questo giorno, se stesso e il suo Emmanuele.
Nell’attesa, le nazioni dell’Occidente, colpite dalla dignità di tale festa, e considerandola con ragione come il principio di tutte le cose nell’era della rigenerazione del mondo, contarono a lungo gli anni cominciando dal Natale, come si vede su antichi Calendari, sui Martirologi di Usuardo e di Adone, e su un gran numero di Bolle, di Costituzioni e di Diplomi. Un concilio di Colonia, nel 1320, ci dimostra che tale usanza ancora esisteva a quell’epoca. Parecchi popoli dell’Europa cattolica, soprattutto gli Italiani, hanno conservato l’usanza di festeggiare il nuovo anno alla Natività del Salvatore. Si augura il buon Natale come altrove al primo gennaio il buon anno. Ci si scambiano i complimenti e i regali; si scrive agli amici lontani: preziose vestigia delle antiche usanze, di cui la fede era il principio e il baluardo invincibile.
Ma è tale agli occhi della santa Chiesa la gioia che deve riempire i fedeli nella Nascita del Salvatore che, associandosi con una particolare indulgenza a così legittima allegrezza, abolisce per il giorno di domani il precetto dell’astinenza dalla carne, se il Natale cade il venerdì o il sabato. Questa dispensa risale al Papa Onorio III, che occupava la sede di Pietro nel 1216; ma già fin dal IX secolo san Nicola I, nella sua risposta ai quesiti dei Bulgari, aveva mostrato simile condiscendenza, per incoraggiare la gioia dei fedeli nella celebrazione non solo della solennità di Natale, ma anche nelle feste di santo Stefano, di san Giovanni Evangelista, dell’Epifania, della Assunzione della Vergine, di san Giovanni Battista e dei santi Pietro e Paolo. Ma questa indulgenza non fu universale, e l’abolizione non si è conservata che per la festa di Natale di cui accresce la popolare allegrezza.
La legislazione civile medievale intese, a suo modo, mettere in risalto l’importanza di questa festa così cara a tutta la cristianità concedendo ai debitori la facoltà di sospendere il pagamento dei loro creditori durante tutta la settimana di Natale, che appunto per questo era, chiamata settimana di remissione, come quelle di Pasqua e della Pentecoste.
Ma sospendiamo per un poco questi ricordi familiari, che ci piace raccogliere sulla gloriosa solennità il cui avvicinarsi commuove così dolcemente i nostri cuori. È tempo di dirigere i nostri passi verso la casa di Dio, dove ci chiama l’Ufficio solenne dei Primi Vespri. Durante il tragitto, rivolgiamo il pensiero a Betlemme, dove Giuseppe e Maria sono già arrivati. Il sole materiale volge rapidamente al tramonto; e il divino Sole di giustizia rimane nascosto ancora per qualche istante sotto la nube, nel seno della più pura delle vergini. La notte è vicina; Giuseppe e Maria percorrono le strade della città di David, cercando un asilo per mettersi al riparo. Che i cuori fedeli siano dunque attenti, e si uniscano ai due incomparabili pellegrini. È giunta ormai l’ora in cui il canto di gloria e di riconoscenza deve levarsi da ogni bocca umana. Accogliamo con sollecitudine, per la nostra, la voce della santa Chiesa: essa non è certo inferiore a così nobile compito.
PRIMA DELL’UFFICIO DELLA NOTTE
Il Mattutino.
I fedeli debbono sapere che, nei primi secoli della Chiesa, non si celebrava festa solenne senza prepararvisi con una Veglia laboriosa, durante la quale il popolo cristiano, rinunciando al sonno, gremiva la chiesa, e seguiva con fervore la salmodia e le letture il cui insieme formava fin d’allora quello che oggi chiamiamo il Mattutino. La notte era divisa in tre parti, designate con il nome di Notturni; e allo spuntar del giorno, si riprendevano i canti con maggiore solennità nell’Ufficio delle Lodi che ha conservato il nome di Laudi. Questo divino servizio, che occupava la parte migliore della notte, si celebra ancora ogni giorno, per quanto a ore meno penose, nei Capitoli e nei Monasteri, ed è recitato privatamente da tutti i chierici tenuti all’Ufficio divino, di cui forma la parte più considerevole. Il decadere delle usanze liturgiche ha a poco a poco disabituato le folle a prender parte alla celebrazione del Mattutino e nella maggior parte delle chiese parrocchiali e anche delle cattedrali, si è finito col cantarlo solo quattro volte all’anno, cioè negli ultimi tre giorni della Settimana Santa, e nel giorno di Natale, nel quale almeno lo si celebra press’a poco alla stessa ora in cui veniva celebrato nell’antichità.
L’Ufficio della notte di Natale è sempre stato, fra tutti quelli dell’anno, celebrato e solennizzato con una devozione speciale: innanzitutto a motivo dell’ora nella quale la Santissima Vergine diede alla luce il Salvatore, e che è giusto attendere nelle preghiere e nei voti più ardenti; quindi perché la Chiesa non si contenta di celebrare in quella notte il Mattutino come d’ordinario, ma vi aggiunge, una accezione unica, e per meglio onorare la divina Nascita, l’offerta del santo Sacrificio della Messa nell’ora stessa di Mezzanotte, che è quella in cui Maria diede il suo augusto frutto alla terra. Vediamo pure che in molti luoghi, specialmente nelle Gallie, secondo la testimonianza di san Cesarlo di Arles, i fedeli passavano tutta la notte in Chiesa.
A Roma, per parecchi secoli, almeno dal settimo all’undicesimo, vi erano due Mattutini nella notte di Natale. Il primo si cantava nella Basilica di S. Maria Maggiore. Aveva inizio subito dopo il tramonto, non aveva Invitatorio, ed era seguito dalla prima Messa di Natale che il Papa celebrava a mezzanotte. Subito dopo, egli si recava con il popolo alla Chiesa di S. Anastasia, dove celebrava la Messa dell’Aurora. Il pio e religioso corteo si portava quindi, sempre con il Pontefice, alla Basilica di San Pietro, dove si iniziava subito il secondo Mattutino. Esso aveva un Invitatorio, ed era seguito dalle Laudi, cantate, come gli Uffici seguenti, alle debite ore, mentre il Papa celebrava la terza e ultima Messa all’ora di Terza. Amalario e l’antico liturgista del XII secolo che è conosciuto sotto il nome di Alcuino, ci hanno conservato questi particolari, che sono del resto resi sensibili dal testo degli antichi Antifonari della Chiesa Romana, pubblicati dal beato Giuseppe Tommasi e dal Gallicioli.
La fede era viva in quei tempi, ed essendo il sentimento della preghiera il legame più potente per i popoli nutriti senza posa dei divini misteri, le ore passavano presto per essi nella casa di Dio. Si comprendevano allora le preghiere della Chiesa ; le cerimonie della Liturgia, che ne sono l’indispensabile complemento, non erano come oggigiorno uno spettacolo muto, o tutt’al più soffuso d’una vaga poesia: le folle credevano e sentivano come gli individui. Chi ci restituirà quella comprensione delle cose soprannaturali, senza la quale tanti oggi ancora si vantano di essere cristiani e cattolici?
La veglia di Natale.
Tuttavia, grazie a Dio, questa fede pratica non è ancora del tutto spenta presso di noi; speriamo anzi che riprenda un giorno la sua antica vita. Quante volte ci siamo compiaciuti di ricercarne e completarne le tracce in seno a quelle famiglie patriarcali, ancora numerose oggi nelle nostre cittadine e nelle nostre campagne! È qui che abbiamo visto – e nessun ricordo d’infanzia ci è più caro – tutta una famiglia, dopo il frugale pasto della sera, raccogliersi attorno a un grande focolare, aspettando solo il segnale per alzarsi e recarsi alla Messa di Mezzanotte. Le vivande che dovevano essere servite al ritorno, e la cui ricerca semplice ma succulenta doveva completare la gioia di quella notte santa, erano preparate in anticipo; e al centro del focolare un robusto tronco d’albero, decorato del nome di ciocco di Natale, ardeva scoppiettante, e diffondeva un potente calore in tutta la stanza. Il suo destino era di consumarsi lentamente durante le lunghe ore dell’Ufficio, onde offrire al ritorno un salutare braciere per riscaldare le membra dei vecchi e dei bambini intorpidite dal freddo.
Intanto si parlava con santa allegrezza del mistero della grande notte; ci si univa ai patimenti di Maria e del suo dolce Figlio esposti in una stalla abbandonata a tutti i rigori dell’inverno; si intonava qualcuna di quelle dolci Pastorali, al cui canto si erano già passate tante commoventi serate in tutto il corso dell’Avvento. Le voci e i cuori erano concordi nell’eseguire le melodie campestri composte in giorni migliori. Quegli ingenui cantici ricordavano la visita dell’Angelo Gabriele a Maria, e l’annuncio di una maternità divina fatta alla nobile fanciulla; l’angoscia di Maria e di Giuseppe che percorrevano le strade di Betlemme quando cercavano invano un posto negli alberghi della città ingrata; il parto miracoloso della Regina del ciclo; la dolcezza del Neonato nell’umile culla; l’arrivo dei pastori, con semplici doni, la musica piuttosto rozza, e la fede candida dei loro cuori. Ci si animava passando da una lode all’altra; tutte le preoccupazioni della vita erano sospese, tutti i dolori addolciti, ogni anima tranquilla. Quando l’improvvisa voce delle campane, risuonando nella notte, veniva a por fine a quei rumorosi e amabili concerti, ci si metteva in cammino verso la chiesa. Fortunati allora i bambini che l’età meno tenera permetteva di far partecipare per la prima volta alle ineffabili gioie di quella solenne notte le cui sante e forti emozioni dovevano durare tutta la vita.
Ma dove ci trasporta la dolcezza di questi ricordi? Vorremmo soprattutto suggerire a coloro che ci vogliono leggere e che vogliono impiegare utilmente gli ultimi istanti che precedono l’andata alla casa di Dio, alcune considerazioni con l’aiuto delle quali potranno entrare ancora più intimamente nello spirito della Chiesa, fissando il cuore e l’immaginazione su oggetti reali e consacrati dai misteri di questa santa notte.
La grotta di Betlemme.
Orbene, vi sono tre luoghi nel mondo che il nostro pensiero deve cercare soprattutto in quest’ora. Betlemme è il primo, e in Betlemme è la grotta della Natività che ci chiama. Accostiamoci con un santo rispetto, e contempliamo l’umile asilo che il Figlio dell’Eterno, disceso dal cielo, ha scelto per sua prima residenza. La stalla scavata nella roccia, è situata fuori della città; misura circa quaranta piedi di lunghezza e dodici di larghezza. Il bue e l’asino annunciati dal profeta sono lì presso la mangiatoia, muti testimoni del divino mistero che la casa dell’uomo ha rifiutato di accogliere.
Giuseppe e Maria sono scesi in quell’umile rifugio; il silenzio e la notte li circondano; ma il loro cuore si effonde in lodi e adorazioni verso il Dio che si degna riparare così completamente l’orgoglio dell’uomo. La purissima Maria dispone le fasce che debbono avvolgere le membra del celeste Bambino, e attende con ineffabile pazienza l’istante in cui i suoi occhi vedranno finalmente il frutto benedetto del suo casto seno, potrà coprirlo dei suoi baci e delle sue carezze e nutrirlo del suo virgineo latte.
Frattanto il divin Salvatore, presso a varcare la barriera del seno materno, e a fare il suo ingresso visibile in questo mondo di peccato, si china davanti al Padre celeste, e, secondo la rivelazione del Salmista spiegata dal grande Apostolo nell’Epistola agli Ebrei, dice: “Padre mio, tu non vuoi più i rozzi olocausti che ti si offrono secondo la legge; le vane oblazioni non hanno appagato la tua giustizia; ma tu mi hai dato un corpo; eccomi, io vengo ad immolarmi, vengo a compiere la tua volontà” (Ebr 10,5-7).
Tutto ciò avveniva press’a poco a quest’ora, nella stalla di Betlemme, e gli Angeli del Signore erano rapiti d’ammirazione perla grande misericordia di un Dio verso le creature ribelli, mentre consideravano estatici la nobile e graziosa bellezza della Vergine purissima aspettando anch’essi l’istante in cui la Rosa mistica sarebbe alfine sbocciata e avrebbe effuso il suo divino profumo.
Beata Grotta di Betlemme che fu testimone di tali meraviglie! Chi di noi, in quest’ora, non rivolgerebbe il cuore? Chi di noi non la preferirebbe ai più sontuosi palazzi dei re? Fin dai primi giorni del cristianesimo, la venerazione dei fedeli la circondò dei più teneri omaggi fino a quando la grande sant’Elena, suscitata da Dio per riscoprire e onorare sulla terra le orme del passaggio dell’Uomo-Dio, fece costruire a Betlemme la magnifica Basilica che doveva custodire nelle sue mura questo trofeo dell’amore d’un Dio per la sua creatura.
Trasportiamoci col pensiero in quella chiesa che ancora oggi esiste, osserviamo, in mezzo agli infedeli e agli eretici, i religiosi che hanno cura del santuario, e che si preparano a cantare, nella nostra lingua latina, gli stessi cantici che presto sentiremo. Quei religiosi sono figli di san Francesco, eroi della povertà, discepoli del Bambino di Betlemme; e appunto perché sono piccoli e deboli sostengono da soli, da oltre cinque secoli, le battaglie del Signore, nei luoghi della Terra Santa che la spada dei Crociati aveva smesso di difendere. Preghiamo insieme ad essi questa notte; e baciamo con essi la terra in quel punto della grotta dove si leggono a lettere d’oro queste parole: HIC ME DE VIRGINE MARIA IESUS CHRISTUS NATUS EST.
Tuttavia, cercheremmo invano oggi a Betlemme la beata Mangiatoia che ricevette il divino Bambino. Da dodici secoli essa ha lasciato quei luoghi colpiti dalla maledizione; è venuta a cercare un asilo nel centro della cattolicità, a Roma, la Sposa favorita del Redentore.
La Basilica del Presepio.
Roma è dunque il secondo luogo del mondo che il nostro cuore deve cercare in questa beata notte. Ma nella città santa, vi è un santuario che richiede in questo momento tutta la nostra venerazione e tutto il nostro amore. È la Basilica del Presepio, la splendida e radiosa chiesa di Santa Maria Maggiore. Regina di tutte le numerose chiese che la devozione romana ha dedicata alla Madre di Dio, essa si eleva con magnificenza sull’Esquilino, tutta risplendente di marmo e d’oro, ma soprattutto beata di possedere nel suo seno, con il ritratto della Vergine Madre attribuito a san Luca, l’umile e glorioso Presepio che gli impenetrabili decreti del Signore hanno tolto a Betlemme per affidarlo alla sua custodia. Una folla immensa gremisce la Basilica, aspettando il momento solenne in cui il meraviglioso monumento dell’amore e dell’abbassamento d’un Dio apparirà portato a spalla dai ministri sacri, come un’arca della nuova Alleanza, la cui vista tanto desiderata rassicura il peccatore e fa palpitare il cuore del giusto. Dio ha dunque voluto che Roma, la quale doveva essere la nuova Gerusalemme, fosse anche la nuova Betlemme, e che i figli della sua Chiesa trovassero in questo centro immutabile della loro fede l’alimento vario e inesauribile del loro amore.
Il nostro cuore.
Visitiamo infine il terzo santuario in cui deve compiersi questa notte il mistero della nascita del divino Figlio di Maria. Questo terzo santuario è proprio vicino a noi; è in noi: è il nostro cuore. Il cuore è la Betlemme che Gesù vuoi visitare, nella quale vuoi nascere, per stabilirvi e crescervi fino all’uomo perfetto, come dice l’Apostolo (Ef 4,13). Se egli visita la stalla della città di David è solo per giungere più sicuramente al nostro cuore che ha amato di un amore eterno, fino a discendere dal cielo per venire ad abitarlo. Il seno purissimo di Maria l’ha custodito solo per nove mesi; egli vuole risiedere eternamente nel nostro cuore.
O cuore del Cristiano vivente a Betlemme, preparati, e gioisci. Tu ti sei già disposto mediante la confessione delle tue colpe, la contrizione delle tue offese, la penitenza dei tuoi peccati all’unione che il divino Bambino desidera contrarre con te. Ora sta attento: egli verrà a mezzanotte. Fa’ che ti trovi pronto, come trovò la stalla e la mangiatoia e le fasce. Tu non puoi offrirgli le pure e materne carezze di Maria, le tenere cure di Giuseppe: presentagli almeno l’adorazione e l’amore semplice dei pastori. Come la Betlemme dei tempi attuali, tu abiti in mezzo agli infedeli, a coloro che ignorano il divino mistero d’amore: che i tuoi voti siano segreti e sinceri come quelli che saliranno questa notte al cielo dal fondo della gloriosa e santa grotta che raccoglie i fedeli attorno ai figli di san Francesco. Nel gaudio di questa santa notte, diventa simile alla radiosa Basilica che custodisce in Roma il deposito del santo Presepio e il dolce ritratto della Vergine Madre. Che i tuoi affetti siano puri come il marmo bianco delle sue colonne; la tua carità risplendente come l’oro che brilla sulle sue pareti; le tue opere luminose come i mille ceri che dentro di essa illuminano la notte di tutti gli splendori del giorno. Infine, o soldato di Cristo, impara che bisogna combattere per meritare di avvicinarsi al divino Bambino: combattere per conservare in sé la sua presenza piena di amore; combattere per arrivare al giorno beato che ti farà tutt’uno con lui nell’eternità. Conserva dunque caramente queste impressioni; che esse ti nutrano, ti consolino e ti santifichino, fino al momento in cui l’Emmanuele discenderà in te. O vivente Betlemme, ripeti senza stancarti le dolci parole della Sposa: Vieni, Signore Gesù, vieni!
MESSA DI MEZZANOTTE
È tempo, ora, di offrire il grande Sacrificio, e di chiamare l’Emmanuele: egli solo può soddisfare degnamente verso il Padre suo il debito di riconoscenza del genere umano. Sul nostro altare, come nel Presepio, egli intercederà per noi; ci avvicineremo a lui con amore, ed egli si donerà a noi.
Ma tale è la grandezza del Mistero di questo giorno, che la Chiesa non si limiterà ad offrire un solo Sacrificio. L’arrivo di un dono così prezioso e così lungamente atteso merita di essere riconosciuto con nuovi omaggi. Dio Padre da il proprio Figlio alla terra; lo Spirito d’amore opera questa meraviglia. È giusto che la terra ricambi alla gloriosa Trinità l’omaggio d’un tale Sacrificio [1].
Inoltre, Colui che nasce oggi non si è forse manifestato in tre Nascite? Egli nasce, questa notte, dalla Vergine benedetta; nascerà, con la sua grazia, nei cuori dei pastori che sono le primizie di tutta la cristianità; nascerà eternamente dal seno del Padre suo, nello splendore dei Santi: questa triplice nascita deve essere onorata con un triplice omaggio.
La prima Messa onora la Nascita secondo la carne. Le tre Nascite sono altrettante effusioni della luce divina; orbene, ecco l’ora in cui il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce, e in cui il giorno si è levato su quelli che abitavano nelle tenebre e nell’ombra di morte. Fuori del sacro tempio che ci raccoglie, la notte è profonda: notte materiale per la mancanza del sole; notte spirituale, a causa dei peccati degli uomini che dormono nella lontananza di Dio, o vegliano per il peccato. A Betlemme, attorno alla stalla e nella città, è buio; e gli uomini che non hanno trovato posto per l’ospite divino, riposano in una vile pace; ma non saranno risvegliati affatto dal concerto degli Angeli.
Ed ecco che a mezzanotte, la Vergine ha sentito che è giunto il momento supremo. Il suo cuore materno è d’un tratto inondato da delizie mai fino allora conosciute; si fonde nell’estasi dell’amore. D’improvviso, varcando con la sua onnipotenza le barriere del seno materno, come penetrerà un giorno la pietra del sepolcro, il Figlio di Dio, Figlio di Maria, appare disteso sul suolo sotto gli occhi della madre, verso la quale tende le braccia. Il raggio del sole non traversa più velocemente il puro cristallo che non potrebbe fermarlo. La Vergine Madre adora il Figlio divino che le sorride, non osa stringerselo al cuore, lo avvolge nelle fasce che ha preparate, lo pone nella mangiatoia. Il fedele Giuseppe adora insieme con lei; i santi Angeli, secondo la profezie di Davide, rendono i loro profondi omaggi al Creatore, in quel momento del suo ingresso sulla terra. Il cielo è aperto sopra la stalla, e i primi voti del Dio neonato salgono verso il Padre dei secoli; le sue prime grida, i suoi dolci vagiti giungono all’orecchio di Dio offeso, e preparano già la salvezza del mondo.
Nello stesso istante la bellezza del Sacrificio attira tutti gli sguardi dei fedeli verso l’altare. Il coro canta il cantico di entrata, l’Introito. È Dio stesso che parla; parla al suo Figliuolo che ha generato oggi. Invano le genti fremeranno nell’impazienza del suo giogo; questo bambino le domerà e regnerà perché è il Figlio di Dio.
Il Signore m’ha detto : Tu sei il mio Figliuolo ; oggi ti ho generato.
Il canto del Kyrie eleison fa da preludio all’Inno Angelico, che risuona presto con le sublimi parole: Gloria in excelsis Deo, et in terra pax hominibus bonae voluntatis! Uniamo le nostre voci e i nostri cuori all’ineffabile concerto della milizia celeste. Gloria a Dio, pace agli uomini! Gli Angeli, fratelli nostri, hanno intonato questo cantico; sono qui attorno all’altare, come attorno alla mangiatoia, e cantano la nostra felicità. Adorano la giustizia che non ha dato un redentore ai loro fratelli decaduti, e che ci manda per Liberatore il Figlio stesso di Dio. Glorificano l’abbassamento così pieno d’amore di colui che ha fatto l’Angelo e l’uomo, e che si china verso ciò che vi è di più debole. Ci prestano le loro voci per rendere grazie a Colui che, mediante un così dolce e così potente mistero, chiama noi, umili creature, a occupare un giorno nei cori angelici i posti lasciati vuoti dalla caduta degli spiriti ribelli. Angeli e mortali, Chiesa del cielo e Chiesa della terra, cantiamo la gloria di Dio, la pace data agli uomini; e più il Figlio dell’Eterno si umilia per recarci beni così celesti, più ardentemente dobbiamo cantare in una sola voce: Solus Sanctus, solus Dominus, solus Altissimus, Iesu Christe! – Solo Santo, solo Signore, solo Altissimo, Gesù Cristo!
EPISTOLA (Tt 2,11-15). – Carissimi: Apparve la grazia di Dio nostro Salvatore a tutti gli uomini, e ci ha insegnato a rinunziare all’empietà ed ai mondani desideri, per vivere con temperanza e giustizia e pietà in questo mondo, attendendo la beata speranza, la manifestazione gloriosa del gran Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, il quale diede se stesso per noi, affine di riscattare da ogni iniquità e purificarsi un popolo tutto suo, zelatore di opere buone. Così parla ed esorta in Gesù Cristo Signor nostro.
È dunque finalmente apparso, nella sua grazia e nella sua misericordia, il Dio Salvatore, il solo che potesse sottrarci alle opere della morte, e ridarci la vita. Egli si mostra a tutti gli uomini, in questo stesso istante, nell’angusto sito della mangiatoia, e sotto le fasce dell’infanzia. Eccola, la beatitudine che aspettavamo dalla visita di un Dio sulla terra. Purifichiamo i nostri cuori, rendiamoli accetti agli occhi suoi: perché se è un bambino, l’Apostolo ci ha detto or ora che è anche il gran Dio, il Signore la cui nascita eterna è prima di ogni tempo. Cantiamo la sua gloria con i santi Angeli e con la santa Chiesa.
VANGELO (Lc 2,1-14). – In quel tempo uscì un editto di Cesare Augusto, che ordinava il censimento di tutto l’impero. Questo primo censimento fu fatto mentre Cirino era preside della Siria. E andavano tutti a farsi scrivere, ciascuno alla sua città. Anche Giuseppe andò da Nazaret di Galilea alla città di David, chiamata Betlem, in Giudea, essendo della casa e della famiglia di David, a dare il nome con Maria sua sposa che era incinta. E avvenne che mentre quivi si trovavano, per lei si compì il tempo del parto; e partorì il Figlio suo primogenito, lo fasciò e lo pose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo. Or nelle vicinanze v’erano dei pastori che stavano desti a far la guardia notturna al loro gregge. Ed ecco presentarsi ad essi un Angelo del Signore, e la luce di Dio rifulse su di loro, e sbigottirono dal gran timore. Ma l’Angelo disse loro: Non temete, ecco vi reco l’annunzio di una grande allegrezza che sarà per tutto il popolo: Oggi, nella città di David, vi è nato il Salvatore, che è Cristo, il Signore. E lo riconoscerete da questo: troverete un bambino avvolto in fasce, a giacere in una mangiatoia. E subito si raccolse intorno all’Angelo una schiera della milizia celeste che lodava Dio, dicendo: Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà.
Anche noi, o divino Bambino, uniamo le nostre voci a quelle degli Angeli, e cantiamo: Gloria a Dio, pace agli uomini. L’ineffabile racconto della tua nascita ci intenerisce il cuore e ci strappa le lacrime. Ti abbiamo accompagnato nel viaggio da Nazareth a Betlemme, abbiamo seguito tutti i passi di Maria e Giuseppe, durante la strada che hanno percorsa; abbiamo vegliato in questa santa notte, aspettando l’istante beato che ti mostra ai nostri sguardi. Sii lodato, o Gesù, per tanta misericordia; sii amato, per tanto amore! I nostri occhi non possono distaccarsi dalla mangiatoia beata che racchiude la nostra salvezza. Ti ci abbiamo riconosciuto quale ti hanno descritto alle nostre speranze i santi Profeti, di cui la tua Chiesa ci ha posto nuovamente sotto gli occhi, questa notte stessa, i divini oracoli. Tu sei il gran Dio, il Re pacifico, lo Sposo celeste delle anime nostre; sei la nostra Pace, il nostro Salvatore, il nostro Pane di vita. Che cosa ti offriremo in quest’ora, se non quella buona volontà che ci raccomandano i tuoi santi Angeli? Formala dunque in noi; nutrila, affinché meritiamo di diventare tuoi fratelli per la grazia, come lo siamo ormai per la natura umana. Ma tu fai ancora di più in questo mistero, o Verbo incarnato! Ci rendi in esso – come dice il Tuo Apostolo – partecipi di quella natura divina che il tuo abbassamento non ti ha fatto perdere. Nell’ordine della creazione, ci hai posti al disotto degli Angeli; nella tua incarnazione, ci fai eredi di Dio, e coeredi tuoi. Che i nostri peccati e le nostre debolezze non ci facciano dunque scendere dalle altezze alle quali ci elevi oggi.
Dopo il Vangelo, la Chiesa canta piena di esultanza il glorioso Simbolo della fede, nel quale sono narrati tutti i misteri dell’Uomo-Dio. Alle parole: Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine ET HOMO FACTUS EST, adorate profondamente il gran Dio che ha assunto la forma della sua creatura, e rendetegli con i vostri umili omaggi quella gloria di cui egli si è privato per voi. Nelle tre Messe di oggi, quando il coro è giunto a queste parole nel canto del Credo, il Sacerdote si alza dal seggio, e viene a render gloria, in ginocchio, ai piedi dell’altare. Unite in quell’istante le vostre adorazioni a quelle di tutta la Chiesa, rappresentata da colui che offre il Sacrificio.
PREGHIAMO
(Messa prima a mezzanotte). O Dio, che hai rischiarato questa sacratissima notte con gli splendori di Colui che è la vera luce, concedici di godere pienamente in cielo la luce che ora è velata nell’umanità di Cristo.
[1] Il Sacramentario gelasiano e quello gregoriano fanno menzione delle tre messe di Natale. Ma all’inizio del V secolo, non vi era che una sola messa, quella del giorno, che si celebrava a S. Pietro. L’istituzione della messa di mezzanotte data dalla fine del V secolo.
MESSA DELL’AURORA
Terminato l’Ufficio delle Laudi, i cantici di gioia con i quali la Chiesa ringrazia il Padre dei secoli per aver fatto spuntare il suo Sole di giustizia sono finiti: è tempo di offrire il secondo Sacrificio, il Sacrificio dell’aurora. La santa Chiesa ha glorificato, con la prima Messa, la nascita temporale del Verbo, secondo la carne; ora onorerà una seconda nascita dello stesso Figlio di Dio, nascita di grazia e di misericordia, quella che si compie nel cuore del cristiano fedele.
Ecco che, in questo stesso istante, i pastori invitati dagli Angeli arrivano frettolosi a Betlemme; si stringono nella stalla troppo angusta per contenere la loro folla. Docili all’avvertimento del cielo, sono venuti a riconoscere il Salvatore la cui nascita fu loro annunziata. Trovano tutto come gli Angeli avevano annunciato. Chi potrebbe descrivere la gioia del loro cuore, la semplicità della loro fede? Non stupiscono di trovare, sotto le sembianze d’una povertà simile alla loro, Colui la cui nascita commuove gli Angeli stessi. I loro cuori hanno compreso tutto; adorano, amano quel bambino. Sono già cristiani: la Chiesa cristiana comincia in essi; il mistero d’un Dio che si è umiliato è ricevuto nei cuori umili. Erode cercherà di far morire il Bambino, la Sinagoga fremerà, i suoi dottori si leveranno contro Dio e contro il suo Cristo, manderanno a morte il liberatore d’Israele; ma la fede rimarrà ferma e incrollabile nell’anima dei pastori, nell’attesa che i sapienti e i potenti si prostrino a loro volta davanti al presepio e alla croce.
Che cos’è dunque avvenuto nel cuore di quegli uomini semplici? Vi è nato il Cristo, e vi abita ormai con la fede e l’amore. Sono i nostri padri nella Chiesa; e tocca a noi imitarli. Chiamiamo dunque a nostra volta il divino Bambino nelle anime nostre; facciamogli posto, e nulla gli arresti più l’entrata nei nostri cuori. È anche per noi che parlano gli Angeli, è a noi che annunciano la lieta novella; il beneficio non deve fermarsi ai soli abitanti delle campagne di Betlemme. Ora, per onorare il mistero della silenziosa venuta del Salvatore nelle anime, il Sacerdote salirà nuovamente l’altare, e presenterà per la seconda volta l’Agnello senza macchia agli sguardi del Padre celeste che lo manda.
Che i nostri occhi siano dunque fissi sull’altare, come quelli dei pastori sulla mangiatoia; cerchiamovi, come essi, il neonato Bambino, avvolto nelle fasce. Entrando nella stalla, essi ignoravano ancora Colui che avrebbero visto; ma i loro cuori erano preparati. D’un tratto lo vedono, e i loro occhi si arrestano su quel Sole divino. Gesù dalla mangiatoia, manda loro uno sguardo d’amore; essi sono illuminati, e la luce risplende nei loro cuori. Meritiamo che si compiano anche in noi le parole del principe degli Apostoli: “La luce risplende nel luogo oscuro, finché non brilli il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori” (2Pt 1,19).
Siamo arrivati a questa aurora benedetta; è apparso il divino Oriente che aspettavamo, e non tramonterà più sulla nostra vita: d’ora in poi vogliamo temere soprattutto la notte del peccato da cui egli ci libera. Siamo figli della luce e i figli del giorno (1Ts 5,5), non conosceremo più il sonno della morte; ma veglieremo si ricordandoci che i pastori vegliavano quando l’Angelo parlò loro, e il cielo si aprì sul loro capo. Tutti i canti della Messa dell’aurora ci narreranno ancora lo splendore del Sole di giustizia; gustiamoli come prigionieri per lungo tempo rinchiusi in un Carcere tenebroso ai cui occhi una dolce luce ridarà la vista. Il Dio della luce risplende dentro la mangiatoia; i suoi raggi divini abbelliscono ancora i dolci lineamenti della Vergine Madre che lo contempla con tanto amore; il volto venerabile di Giuseppe ne riceve un nuovo splendore. Ma sono raggi che non si fermano nello stretto recinto della grotta. Se lasciano nelle meritate tenebre l’ingrata Betlemme, si lanciano però attraverso il mondo intero, e accendono in milioni di cuori un amore ineffabile per quella Luce che viene dall’alto, che strappa l’uomo ai suoi errori e alle sue passioni e lo eleva verso il fine sublime per il quale è stato creato.
Ora la santa Chiesa, in mezzo a tutti questi misteri del Dio incarnato, ci presenta, nel seno stesso dell’umanità, un altro oggetto d’ammirazione e di letizia. Al ricordo così caro e glorioso della nascita dell’Emmanuele essa unisce, in questo Sacrificio dell’Aurora, la memoria solenne d’una di quelle anime coraggiose che hanno saputo conservare la Luce di Cristo, a dispetto di tutti gli assalti delle tenebre. Essa onora, in questa stessa ora, sant’Anastasia che, nel giorno della nascita del Redentore, nacque alla vita celeste, mediante la croce e la sofferenza [1].
EPISTOLA (Tt 3,4-7). – Carissimo: apparve la benignità e l’amore per l’uomo del Salvatore Dio nostro ; non per le opere di giustizia fatte da noi, ma per la sua misericordia, ci ha salvati mediante il lavacro di rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo, che egli copiosamente ha effuso su noi per Gesù Cristo Salvatore nostro, affinché giustificati per la grazia di lui, diventassimo, in speranza, eredi della vita eterna: in Gesù Cristo Signor nostro.
Il Sole che si è levato su di noi, è un Dio Salvatore, in tutta la sua misericordia. Noi eravamo lontani da Dio, nelle ombre della morte; è stato necessario che i raggi divini scendessero fino al fondo dell’abisso in cui il peccato ci aveva precipitati; ed ecco che ne usciamo rigenerati, giustificati, eredi della vita eterna. Chi ci separerà ora dall’amore di questo Bambino? Vorremmo forse rendere inutili le meraviglie d’un amore così generoso e ridiventare ancora gli schiavi delle tenebre della morte? Conserviamo piuttosto la speranza della vita eterna, alla quale questi alti misteri ci hanno iniziati.
VANGELO (Lc 2,15-20). – In quel tempo: i pastori presero a dire tra loro: Andiamo fino a Betlem a vedere quanto è accaduto riguardo a quello che il Signore ci ha manifestato. E in fretta andarono, e trovarono Maria, Giuseppe e il bambino giacente nella mangiatoia. E, vedendolo, si persuasero di quanto loro era stato detto di quel bambino. Quanti ne sentirono parlare si maravigliarono delle cose loro dette dai pastori. Maria poi conservava nella mente tutte queste cose, e le meditava nel suo cuore. E i pastori se ne ritornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, Secondo quello che era stato loro detto.
Imitiamo la sollecitudine dei pastori nel visitare il Neonato. Hanno appena sentito le parole dell’Angelo che partono senza frapporre indugi, e si recano alla stalla. Giunti davanti al Bambino, i loro cuori già preparati lo riconoscono; e Gesù, con la sua grazia, nasce in essi. Gioiscono di essere piccoli e poveri come lui, sentono che ormai sono uniti a lui, e tutta la loro condotta renderà testimonianza del cambiamento che si è operato nella loro vita. Infatti, essi non tacciono, parlano del Bambino, se ne fanno gli apostoli; e la loro parola rapisce d’ammirazione quelli che li sentono. Glorifichiamo con essi il gran Dio che, non contento di chiamarci alla sua mirabile luce, ne ha posto il focolaio nel nostro cuore, unendosi ad esso. Conserviamo caramente in noi il ricordo dei misteri di questa grande notte, dietro l’esempio di Maria, che medita senza posa nel suo Cuore santissimo i semplici e sublimi eventi che si compiono per essa e in essa.
Terminato il secondo Sacrificio, e celebrata la Nascita di grazia con questa nuova offerta della vittima immortale, i fedeli escono dalla chiesa, e vanno a ristorare le proprie forze con il sonno, aspettando la celebrazione del terzo Sacrificio.
La Vergine Maria.
Nella stalla di Betlemme, Maria e Giuseppe vegliano presso la mangiatoia. La Vergine Madre prende rispettosamente fra le braccia il neonato e gli offre il seno. Il Figlio dell’Eterno, come un semplice mortale, si abbevera a quella sorgete della vita. Sant’Efrem cerca di iniziarci ai sentimenti che si agitano allora nell’anima di Maria, e ci traduce così il suo linguaggio: “Per quale favore ho io partorito Colui che essendo semplice si moltiplica dappertutto, Colui che stringo piccino fra le braccia e che è così grande, Colui che è tutto mio e che è pure tutto in ogni luogo? Il giorno in cui Gabriele scese verso la mia debolezza, da serva che ero divenni principessa. Tu Figlio del Re, facesti d’un tratto di me la figlia del Re eterno. Umile schiava della tua dignità, divenni la madre della tua umanità, o mio Signore e mio figlio! Di tutta la discendenza di David, sei venuto a scegliere questa povera giovanetta, l’hai portata alle altezze del cielo dove tu regni. Oh, quale visione! Un bambino più antico del mondo! Il suo sguardo cerca il cielo; le sue labbra non si aprono ma in quel silenzio egli conversa con Dio. Quell’occhio socchiuso non indica forse Colui la cui Provvidenza governa il mondo? E come oso dare il mio latte, a lui che è la sorgente di tutti gli esseri? Come offrirò il cibo, a lui che alimenta il mondo intero? Come potrò toccare quelle fasce che avvolgono Colui che è rivestito di luce?” (In Natale Domini, v, § 4).
San Giuseppe.
Lo stesso santo Dottore del IV secolo ci mostra san Giuseppe che compie presso il divino Bambino i commoventi doveri del padre. Egli abbraccia – dice – il Neonato, gli prodiga le sue carezze, e sa che quel bambino è un Dio. Fuori di sé, esclama: “Donde mi viene tanto onore, che mi sia dato per figlio il Figlio stesso dell’Altissimo? O Piccino, io fui allarmato, lo confesso, nei riguardi di tua Madre: pensavo perfino ad allontanarmi da lei. L’ignoranza in cui mi trovavo circa il mistero era stata per me un’insidia. Nella tua Madre tuttavia abitava il tesoro nascosto che doveva fare di me il più ricco degli uomini. David, mio antenato, cinse il diadema regale, e io ero sceso fino al mestiere dell’artigiano; ma la corona che avevo perduta è ritornata a me, allorché, o Signore dei re, ti degni di riposare sul mio petto” (ivi, § 3).
In mezzo a questi sublimi colloqui, la luce del Neonato continua a riempire la grotta e ciò che la circonda; ma, partiti i pastori, sospesi i canti degli Angeli, è sceso il silenzio nel misterioso rifugio. Mentre riposiamo nel nostro letto, pensiamo al divino Bambino, e a questa prima notte che egli passa nella sua umile culla. Per conformarsi alle necessità della nostra natura, che ha adottata, egli chiude le tenere palpebre, e un sonno volontario viene ad assopire i suoi sensi; ma, durante quel sonno, il suo cuore veglia e si offre continuamente per noi. Talvolta sorride pure a Maria che tiene gli occhi fissi su di lui con un ineffabile amore; prega il Padre suo, e implora il perdono per gli uomini; e spia il loro orgoglio con la sua umiliazione; si mostra a noi come un modello dell’infanzia che dobbiamo imitare. Preghiamolo di farci partecipi delle grazie del suo sonno divino, affinché, dopo aver dormito nella pace, possiamo ridestarci nella sua grazia, e continuare con fermezza il nostro cammino nella via che ci resta da percorrere.
PREGHIAMO
(Seconda Messa all’aurora). Concedici, Dio onnipotente, che, come siamo inondati dalla nuova luce del tuo Verbo incarnato, così facciamo risplendere nelle nostre opere la luce della fede che ci brilla nell’anima.
[1] È nel V secolo che si introdusse una messa che aveva per oggetto di celebrare il Natale di sant’Anastasia, vergine e martire di Sirmio, il cui corpo era stato trasportato a Costantinopoli sotto il patriarca Gennadio (458-471) e deposto nella chiesa chiamata l’Anastasi. La somiglianza del nome fece scegliere a Roma, per la celebrazione di questa messa, il titulus Anastasiae, così chiamato dal nome della fondatrice della chiesa che era la chiesa parrocchiale della Corte. Sant’Anastasia fu inserita, alla fine del V secolo o all’inizio del VI, nel Canone della Messa. Contemporaneamente si formò la leggenda d’una sant’Anastasia romana, ma che aveva subito il martirio a Sirmio. Quando la festa di Natale acquistò maggiore solennità, la devozione alla Santa diminuì: al posto della messa in suo onore non si ebbe più che una memoria della martire, e la messa fu consacrata a onorare la nascita spirituale del Salvatore nelle anime.
MESSA DEL GIORNO
Il mistero che la Chiesa onora in questa terza Messa è la nascita eterna del Figlio di Dio nel seno del Padre suo. Essa ha celebrato, a mezzanotte, il Dio-Uomo che nasceva dal seno della Vergine in una stalla; all’aurora, il divino Bambino che nasceva nel cuore dei pastori; le rimane da contemplare ora una nascita molto più meravigliosa delle altre due, una nascita la cui luce abbaglia gli sguardi degli Angeli, e che è essa stessa la testimonianza eterna della sublime fecondità del nostro Dio. Il Figlio di Maria è anche il Figlio di Dio; il nostro dovere è proclamare oggi la gloria di questa ineffabile generazione che lo produce consustanziale al Padre, Dio da Dio, Luce da Luce. Eleviamo dunque i nostri sguardi fino al Verbo eterno che era al principio con Dio, e senza il quale Dio non è mai stato; perché egli è la forma della sua sostanza e lo splendore della sua eterna verità.
La santa Chiesa apre i canti del terzo Sacrificio con l’acclamazione al neonato Re, ne celebra il potente principato che egli detiene, in quanto Dio, prima di ogni tempo, e che riceverà, come uomo, per mezzo della Croce che un giorno deve gravare sulle sue spalle. Egli è l’Angelo del gran Consiglio, cioè l’inviato dal ciclo, per compiere il sublime disegno concepito dalla gloriosa Trinità, di salvare l’uomo mediante l’Incarnazione e la Redenzione. In questo augusto consiglio il Verbo ha avuto la sua divina parte; e la sua dedizione alla gloria del Padre, unita all’amore per gli uomini, gliene ha fatto assumere l’incarico.
Un bambino ci è nato, un Figlio ci è stato dato; egli porta sulle sue spalle il segno del suo principato, e sarà chiamato l’Angelo del gran Consiglio.
EPISTOLA (Ebr 1,1-12). – Dopo aver molte volte e in molte guise, anticamente, parlato ai padri per i profeti, in questi ultimi tempi Dio ci ha parlato per il Figliolo che Egli ha costituito erede di tutte quante le cose, per mezzo del quale fece anche i secoli. Il Figlio, essendo lo splendore della gloria, l’immagine della sostanza di Dio e tutto sostenendo con la parola sua potente, dopo averci purificati dai peccati, siede alla destra della Maestà divina nel più alto dei cieli, tanto più sublime degli Angeli, quanto è più eccellente del loro il nome che egli ebbe in retaggio. Infatti a quale degli Angeli disse mai Dio: Tu sei il mio Figliolo: oggi io ti ho generato? E di nuovo: Io gli sarò Padre, ed egli mi sarà Figlio? E ancora, quando introduce il Primogenito nel mondo, dice: E lo adorino tutti gli Angeli di Dio. Mentre invece parlando degli Angeli, dice: Egli fa suoi Angeli gli spiriti e suoi ministri i fuochi fiammanti. Ma il Figlio dice: Il tuo trono o Dio, è nei secoli dei secoli; scettro d’equità è lo scettro del tuo regno; tu hai amato la giustizia ed hai odiato l’iniquità: per questo, o Dio, il tuo Dio ti ha unto con olio di esultazione al di sopra dei tuoi consorti. E tu in principio, o Signore, fondasti la terra, e opera delle tue mani sono i cieli. Essi periranno, ma tu durerai e tutti invecchieranno come un vestito; li cambierai come un mantello e saranno mutati; ma tu rimani sempre lo stesso e gli anni tuoi non verranno meno.
Il grande Apostolo, in questo magnifico inizio della sua Epistola agli antichi fratelli della Sinagoga, mette in risalto la nascita eterna dell’Emmanuele. Mentre i nostri occhi sono teneramente fissi sul dolce Bambino del Presepio, egli ci invita ad alzarli fino alla Luce suprema, nel cui seno lo stesso Verbo che si degna di abitare la stalla di Betlemme sente l’eterno Padre che gli dice: Tu sei il mio Figliuolo, oggi ti ho generato; e questo oggi è il giorno della eternità, giorno senza sera né mattino, senza alba e senza tramonto. Se la natura umana che egli si degna di assumere nel tempo lo pone al disotto degli Angeli, la sua elevazione al disopra di essi è infinita per il titolo e la qualità di Figlio di Dio che gli appartengono per essenza. Egli è Dio, è il Signore, e nessun mutamento lo può toccare. Avvolto in fasce, appeso alla croce, morente nelle ambasce, secondo l’umanità, rimane impassibile e immortale nella sua divinità; perché ha una nascita eterna.
VANGELO (Gv 1,1-14). – In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questo era in principio presso Dio. Tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui, e senza di lui nessuna delle cose create è stata fatta. In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini. E la luce splende fra le tenebre ma le tenebre non la compresero. Ci fu un uomo mandato da Dio, il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone, per attestare della luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma venne per rendere testimonianza alla luce. Era la vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Era nel mondo e il mondo fu creato per mezzo di lui, ma il mondo non lo conobbe. Venne in casa sua ed i suoi non lo ricevettero. Ma a quanti lo accolsero, ai credenti nel suo nome, diede il diritto di diventare figli di Dio; i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomini ma da Dio sono nati. (Qui si genuflette) E IL VERBO SI È FATTO CARNE ED ABITÒ FRA NOI e noi abbiamo contemplata la sua gloria: gloria come d’Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità.
Figlio eterno di Dio, davanti alla mangiatoia in cui ti degni di manifestarti oggi per amore nostro, noi confessiamo, nella più umile adorazione, la tua eternità, la tua onnipotenza, la tua divinità. Tu eri al principio, eri in Dio, ed eri tu stesso Dio. Tutto è stato fatto per mezzo tuo, e noi siamo l’opera delle tue mani. O Luce infinita, o Sole di giustizia, noi non siamo che tenebre: illuminaci! Troppo a lungo abbiamo amato le tenebre, e non ti abbiamo compreso; perdonaci il nostro errore. Troppo a lungo hai bussato alla porta del nostro cuore, e non ti abbiamo aperto. Oggi almeno, grazie ai meravigliosi accorgimenti del tuo amore, ti abbiamo ricevuto; chi potrebbe infatti non riceverti, o divino Bambino, così dolce e cosi pieno di tenerezza? Ma rimani in noi; porta a compimento quella nuova nascita che hai preso in noi. Non vogliamo più essere né dal sangue, né dalla volontà della carne, né dalla volontà dell’uomo, ma da Dio, con te e in te. Tu ti sei fatto carne, o Verbo eterno, affinché fossimo noi stessi divinizzati. Sostieni la nostra debole natura che si sente venire meno davanti a così alto destino. Tu nasci dal Padre, nasci da Maria, e nasci nei nostri cuori; tre volte gloria a te per questa triplice nascita, o Figlio di Dio così misericordioso nella tua divinità, così divino nel tuo abbassamento!
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Il grande giorno ha, terminato il suo corso, e si avvicina la notte durante la quale il sonno verrà a ristorare le sante fatiche che ci hanno causato le veglie della gloriosa Natività. Prima di andare a riposare, mandiamo un pio e religioso ricordo ai santi Martiri di cui la Chiesa ha rinnovato la memoria in questo giorno nel Martirologio. Diocleziano e i suoi colleghi nell’impero avevano appena pubblicato il famoso editto di persecuzione che dichiarava alla Chiesa la più sanguinosa guerra che essa abbia mai subita. L’editto affisso a Nicomedia, residenza dell’imperatore, era stato strappato da un cristiano che pagò tale atto di santa audacia con un glorioso martirio. I fedeli pronti alla lotta osarono sfidare la potenza imperiale, continuando a frequentare la loro chiesa condannata alla demolizione. Si era giunti al giorno di Natale. Essi si raccolsero in numero di parecchie migliaia nel sacro tempio per celebrarvi un’ultima volta la Nascita del Redentore. A quella notizia, Diocleziano inviò uno dei suoi ufficiali con l’ordine di chiudere le porte della chiesa, e di appiccare ai quattro angoli dell’edificio il fuoco che doveva distruggerla. Quando tutto fu disposto, squilli di tromba si udirono sotto le finestre della basilica, e i fedeli intesero la voce del banditore che annunciava, da parte dell’imperatore che quelli i quali volevano aver salva la vita potevano uscire, condizione di offrire l’incenso sull’altare di Giove eretto davanti alla porta della chiesa; diversamente, sarebbero stati tutti preda delle fiamme. Un cristiano rispose a nome della pia assemblea: “Siamo tutti cristiani; onoriamo Cristo come unico Dio e unico Re, e siamo pronti a sacrificargli la nostra vita in questo giorno”. A tale risposta i soldati ricevettero l’ordine di appiccare il fuoco. In pochi istanti la chiesa fu un immenso rogo, le cui fiamme salivano verso il cielo, inviando in olocausto al Figlio di Dio, che si era degnato in quel giorno di iniziare una vita umana, l’offerta generosa di quelle migliaia di vite che rendevano testimonianza alla sua venuta in questo mondo. Così fu glorificato, nell’anno 303, a Nicomedia, l’Emmanuele disceso dal cielo per abitare fra gli uomini. Uniamo, con la santa Chiesa l’omaggio dei nostri voti a quello di questi coraggiosi cristiani la cui memoria si conserverà, attraverso la sacra Liturgia, sino alla fine dei secoli.
Rivolgiamo ancora una volta i nostri pensieri e i nostri cuori alla fortunata stalla dove Maria e Giuseppe formarono l’augusta compagnia del divino Bambino. Adoriamo ancora il Neonato e chiediamogli la sua benedizione. San Bonaventura esprime, con una tenerezza degna della sua anima serafica, nelle sue Meditazioni sulla vita di Gesù Cristo, i sentimenti del cristiano chiamato presso la culla di Gesù che nasce: “E anche tu – egli dice – che hai tanto indugiato, piega il ginocchio, adora il Signore Dio tuo, venera la Madre sua e saluta con riverenza il santo vegliardo Giuseppe; quindi, bacia i piedi del Bambino Gesù, che giace nella mangiatoia, e prega la santa Vergine di dartelo o di permettere che tu lo prenda. Prendilo fra le braccia, stringilo e considera bene il suo amabile volto; bacialo con riverenza, e gioisci con lui. Questo puoi farlo, perché è verso i peccatori che egli è venuto, per recare la salvezza; e ha umilmente conversato con essi e infine si è dato in cibo. La sua benignità si lascerà pazientemente toccare, come tu vuoi, e non attribuirà ciò alla presunzione, ma all’amore”.
PREGHIAMO
(Terza Messa durante il giorno). Concedici, Dio onnipotente, che la nuova Nascita del tuo Unigenito nel mondo ci liberi dall’antica schiavitù che ci tiene sotto il giogo del peccato.
[1] Gli antichi documenti indicano la basilica di S. Pietro come luogo della Stazione. ma, a partire dal XII secolo si scelse S. Maria Maggiore “a motivo della brevità del giorno e della difficoltà del cammino”, dice l’Ordo Romanus.
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