06 aprile 2022

Lunedì 11 Aprile 2022 nella liturgia



Lunedì Santo, Feria Maggiore Privilegiata, colore liturgico violaceo. Commemorazione di San Leone Magno Papa, Confessore e Dottore della Chiesa a Lodi, Messa e Vespri. Giorno di digiuno.


Qui per le peculiarità del Tempo di Passione:

https://loquerequaedecentsanamdoctrinam.blogspot.com/2021/03/dispensa-di-liturgia-sul-tempo-di.html


Al Breviario

Tutto dal Salterio (1 Notturno a Mattutino, II Schema a Lodi, 4 Salmi a Prima) con le Antifone proprie da Lodi a Nona. Letture del Mattutino, Antifone al Benedictus e al Magnificat e Orazioni dal Proprio del Tempo. Commemorazione dal Proprio dei Santi all'11 Aprile.

Le Antifone non si raddoppiano, si dicono le Preci Feriali da Lodi a Compieta.

  

Nota per coloro che recitano per devozione il Breviario anteriore alle disastrose riforme del 1911 (chi ha l'obbligo dell'Ufficio purtroppo non soddisfa a tale obbligo se non usa il Breviario riformato dalla Costituzione Apostolica Divino Afflatu, almeno tale è stata la volontà di San Pio X espressamente manifestata nella detta Costituzione):

Lunedì Santo, Feria Maggiore, colore liturgico violaceo. Giorno di digiuno e (con la disciplina canonica del Corpus Juris Canonici, anteriore al Codice del 1917) astinenza.

Nota: San Leone Magno, essendo Dottore della Chiesa, non si commemora ma viene traslato al 27 Aprile.


Tutto dal Salterio (12 Salmi a Mattutino, 4 Salmi a Prima) con le Antifone proprie da Lodi a Nona. Letture del Mattutino, Antifone al Benedictus e al Magnificat e Orazioni dal Proprio del Tempo.

Le Antifone non si raddoppiano, si dicono le Preci Feriali da Lodi a Compieta.


Al Messale

Messa del Lunedì Santo:

  • Si dicono due Orazioni:
    • La prima della Messa
    • La seconda è la commemorazione di San Leone Magno (all'11 Aprile)

  • Tratto Domine non secundum; ci si inginocchia al Versetto Adjuva nos
    • Prefazio della Santa Croce
    • Oratio super populum
    • Benedicamus Domino

    • Prologo di San Giovanni


    Letture del Mattutino

    AD NOCTURNUM

    Lectio 1

    Léctio sancti Evangélii secúndum Joánnem

    Joann 12:1-9

    Ante sex dies Paschæ venit Jesus Bethániam, ubi Lázarus fúerat mórtuus, quem suscitávit Jesus. Et réliqua.

    Homilía sancti Augustíni Epíscopi

    Tractus 50 in Joannem, post initium

    Ne putárent hómines phantásma esse factum, quia mórtuus resurréxit, Lázarus unus erat ex recumbéntibus: vivébat, loquebátur, epulabátur, véritas ostendebátur, infidélitas Judæórum confundebátur. Discumbébat ergo Jesus cum Lázaro, et céteris: ministrábat Martha, una ex soróribus Lázari. María vero, áltera soror Lázari, accépit libram unguénti nardi pístici pretiósi, et unxit pedes Jesu, et extérsit capíllis suis pedes ejus, et domus impléta est ex odóre unguénti. Factum audívimus: mystérium requirámus.

    Lectio 2

    Quæcúmque ánima fidélis vis esse, cum María unge pedes Dómini pretióso unguénto. Unguéntum illud justítia fuit, ídeo libra fuit: erat autem unguéntum nardi pístici pretiósi. Quod ait, pístici, locum áliquem crédere debémus, unde hoc erat unguéntum pretiósum: nec tamen hoc vacat, et sacraménto óptime cónsonat. Pístis Græce, fides Latíne dícitur. Quærébas operári justítiam. Justus ex fide vivit. Unge pedes Jesu bene vivéndo: Domínica sectáre vestígia. Capíllis terge: si habes supérflua, da paupéribus, et Dómini pedes tersísti: capílli enim supérflua córporis vidéntur. Habes quod agas de supérfluis tuis: tibi supérflua sunt, sed Dómini pédibus necessária sunt. Forte in terra Dómini pedes índigent.

    Lectio 3

    De quibus enim, nisi de membris suis in fine dictúrus est: Cum uni ex mínimis meis fecístis, mihi fecístis? Supérflua vestra impendístis: sed pédibus meis obsecúti estis. Domus autem impléta est odóre: mundus impletus est fama bona: nam odor bonus, fama bona est. Qui male vivunt, et Christiáni vocántur, injúriam Christo fáciunt: de quálibus dictum est, quod per eos nomen Dómini blasphemátur. Si per tales nomen Dei blasphemátur, per bonos nomen Dómini laudátur. Audi Apóstolum: Christi bonus odor sumus, inquit, in omni loco.


    Traduzione italiana delle Letture del Mattutino

    NOTTURNO UNICO

    Lettura 1

    Lettura del santo Vangelo secondo Giovanni

    Giov 12:1-9

    Sei giorni prima di Pasqua Gesù andò a Betania, dov'era Lazzaro, il morto che Gesù aveva risuscitato. Eccetera.

    Omelia di sant'Agostino Vescovo

    Tratt. 50 sopra Giovanni. dopo il principio

    Affinché gli uomini non pensassero che Lazzaro era un fantasma e non era veramente risuscitato, egli era del numero dei commensali: viveva, parlava, partecipava al festino; la verità così si manifestava, e l'incredulità dei Giudei rimaneva confusa. Gesù era dunque a tavola con Lazzaro e cogli altri: e Marta, una delle sorelle di Lazzaro, li serviva. «Or Maria», l'altra sorella di Lazzaro, «presa una libra di profumo di nardo puro, molto prezioso, ne unse i piedi di Gesù, e glieli asciugò coi suoi capelli, e la casa fu ripiena dell'odore del profumo» Joann. 12,3. Abbiamo sentito il fatto: cerchiamone il mistero.

    Lettura 2

    Chiunque tu sia che vuoi essere anima fedele, ungi con Maria i piedi del Signore con profumo prezioso. Questo profumo era la giustizia, perciò pesava una libra : ed era anche un profumo di nardo puro molto prezioso. La parola «pistici», indica verosimilmente la contrada donde proveniva questo profumo prezioso: e questa parola non è senza motivo, ma è in perfetta relazione col mistero di cui si tratta. «Pistis» in Greco, si traduce in Latino per a «fides». Tu cerchi di operare la giustizia. «Il giusto vive di fede» Rom. 1,17. Ungi i piedi di Gesù vivendo bene: segui le orme del Signore. Asciugane i piedi coi capelli: se hai del superfluo, dallo ai poveri, ed avrai asciugato i piedi del Signore: perché i capelli sembrano per il corpo qualche cosa di superfluo. Tu vedi che occorre fare del tuo superfluo: superfluo per te, esso è necessario per i piedi del Signore. Forse sulla terra i piedi del Signore (i poveri) si trovano nell'indigenza.

    Lettura 3

    Non è de' suoi membri infatti che il Signore dirà alla fine dei tempi: «Quello che avete fatto ad uno dei miei fratelli più piccoli lo avete fatto a me?» Matth. 25,40. Avete distribuito il vostro superfluo: ma avete sollevato i miei piedi. «La casa fu ripiena di profumo»: il mondo s'è ripieno di buona fama: perché il buon odore è la buona fama. Quelli che vivono male, e si chiamano Cristiani, fanno ingiuria a Cristo: e di loro è scritto «che per essi il nome del Signore viene bestemmiato» Rom. 2,24. Ma se per causa loro il nome di Dio viene bestemmiato, per i buoni il nome del Signore viene lodato. Ascolta l'Apostolo: «Noi siamo, dice, il buon odore di Cristo in ogni luogo» 2Cor. 2,15.


    Ad Primam: il Martirologio del 12 Aprile 2022

    Pridie Idus Aprilis, luna decima.



    Nel giorno precedente alle Idi di Aprile, luna decima.




    A questo link si trovano le Messe dal Lunedì al Mercoledì Santo (quella del Lunedì da pag. 2 a pag. 7) in due colonne latino-italiano, in formato pdf, dunque per oggi e per i prossimi giorni è inutile trascriverla come faccio abitualmente:

    https://3f90765f-bfb4-48e1-8dcb-90ea5a295f7d.filesusr.com/ugd/01715a_4edfc395918643e39f1be9c954468c0e.pdf

    Ricordo che sul sito https://www.pre1955holyweek.com/ricorse-liturgiche si possono scaricare il Cantus Passionis, il Messale, il Memoriale Rituum e gli Uffici della Settimana Santa.


    Dall'Anno Liturgico di Dom Guéranger

    LUNEDÌ SANTO

    Il fico maledetto.

    Gesù si reca anche oggi a Gerusalemme, di buon mattino, coi discepoli. Partì digiuno, e il Vangelo ci dice ch’ebbe fame durante il tragitto (Mt 21,18). S’avvicinò ad un fico; ma questo albero non aveva che foglie. Allora Gesù, volendoci dare un insegnamento, maledisse quel fico, che inaridì all’istante. Voleva significare con tale castigo la sorte di coloro che hanno solo dei buoni desideri, sui quali però non si coglie mai il frutto della conversione. Non era meno incisiva l’allusione a Gerusalemme; questa città tanto zelante per l’esteriorità del culto divino aveva il cuore cieco e duro, tanto che fra poco rigetterà e metterà in croce il Figlio del Dio di Abramo, d’Isacco e di Giacobbe.

    La giornata trascorse in gran parte nel Tempio, ove Gesù ebbe lunghe discussioni coi prìncipi dei sacerdoti e con gli anziani del popolo; e parlò con più forza che mai, sventando le insidie delle loro questioni. Si può vedere, specialmente nei capitoli 21, 22, 23 di san Matteo, il dettaglio dei discorsi del Signore, che diventando sempre più veementi, con energia sempre crescente denunciano ai Giudei la loro infedeltà e la terribile vendetta da essa provocata.

    Il castigo di Gerusalemme.

    Infine, Gesù uscì dal Tempio e si diresse verso Betania. Giunto sul monte degli Olivi, dal quale si dominava la città, si sedette un po’. I suoi discepoli approfittarono di questo momento di riposo per domandargli in qual tempo si dovevano avverare i castighi da lui ora predetti contro il Tempio. Allora Gesù, riunendo in uno stesso quadro profetico il disastro di Gerusalemme e la distruzione del mondo alla fine dei tempi, essendo la prima di queste calamità la figura della seconda, annunciò ciò che accadrà quando sarà colma la misura del peccato. Per quanto concerne la rovina di Gerusalemme in particolare, ne fissò la data con queste parole: “In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto ciò non avvenga” (Mt 24,34). Infatti, solo dopo appena quarant’anni l’esercito romano, accorso per sterminare il popolo deicida, minacciava dall’alto dello stesso monte degli Olivi, e dallo stesso posto dove oggi è seduto Gesù, l’ingrata e sdegnosa Gerusalemme. Gesù, dopo aver parlato ancora a lungo sul giudizio divino, che un giorno dovrà revisionare tutti i giudizi degli uomini, rientra in Betania per consolare con la sua presenza il cuore afflitto della sua santissima madre.

    Oggi la Stazione, a Roma, è nella chiesa di S. Prassede. Questa chiesa, nella quale, nel IX secolo, il Papa san Pasquale I depose duemila e trecento corpi di Martiri estratti dalle Catacombe, possiede la colonna alla quale fu legato Nostro Signore durante il supplizio della flagellazione, un’insigne reliquia della Croce, tre spine della santa Corona date da san Luigi e le reliquie di san Carlo Borromeo.

    LETTURA (Is 50,5-10). – In quei giorni: Isaia disse: Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio, ed io non resisto, non mi ritiro indietro. Ho abbandonato il mio corpo ai percotitori, le mie guance a chi mi strappava la barba, non ho allontanata la faccia da chi mi oltraggiava e da chi mi sputacchiava. Il Signore Dio è mio aiuto, per questo non sono stato confuso, per questo ho ridotto la mia faccia come pietra durissima, e so di non rimanere confuso. Mi sta vicino colui che mi giustifica: chi mi contraddirà? Presentiamoci insieme! Chi è il mio avversario? Si accosti a me! Ecco, il Signore Dio è mio aiuto. Chi è che possa condannarmi? Ecco tutti saran consumati come un vestito, li mangerà la tignola. Chi è tra voi che tema il Signore e ascolti la voce del suo servo? Chi cammina nelle tenebre ed è senza luce speri nel Signore e a lui s’appoggi.

    Le prove del Messia.

    Oggi è Isaia, questo Profeta così preciso ed eloquente dei dolori del Messia, che ci rivela le sofferenze del Redentore e la pazienza che oppone agl’iniqui maltrattamenti dei suoi nemici. Accettata la missione di Vittima universale, Gesù non indietreggia davanti a nessun dolore, a nessuna umiliazione. “Non ritira la sua faccia da chi la schiaffeggia e la copre di sputi”. Quali riparazioni non dobbiamo fare alla sovrana Maestà che, per salvarci, s’è esposta a simili oltraggi? Guardate come sono vigliacchi e crudeli i Giudei, che non tremano più davanti alla loro vittima! Prima, nell’Orto degli Olivi, una sola parola della sua bocca li fa cadere tramortiti al suolo; ma poi si lascia legare e trascinare in casa del gran sacerdote. Lo si accusa, elevando schiamazzi; ed egli, a mala pena, risponde qualche parola. Gesù di Nazaret, il dottore, il taumaturgo, ha perduto ogni prestigio; tutto è lecito osare contro di lui. Alla stessa maniera si tranquillizza il peccatore, quando sente scoppiare la folgore che non lo fulmina. Ma i santi Angeli si sprofondano nel loro nulla, davanti all’augusto volto che quei miserabili hanno contuso ed imbrattato; pure noi prostriamoci con essi e propiziamolo, perché anche i nostri peccati hanno maltrattato la divina vittima.

    Ma ascoltiamo le ultime parole del nostro Salvatore, e ringraziamolo. “Chi cammina nelle tenebre, egli dice, ed è senza luce, speri nel Signore”. Questi è il pagano, che vive affogato nel vizio e nell’idolatria ed ignora ciò che succede in questo momento a Gerusalemme; egli non sa che la terra possiede un Uomo-Dio, e che questo Uomo-Dio è, in questa medesima ora, messo sotto i piedi da un popolo che aveva eletto e colmato di favori; ma presto la luce del Vangelo arriverà ad illuminare coi suoi raggi l’infedele, il quale crederà, si sottometterà, ed amerà il suo liberatore fino a rendergli vita per vita, sangue per sangue. Allora s’avvererà la profezia dell’indegno pontefice che, suo malgrado, annunciò la salvezza dei Gentili mediante la morte di Gesù; predisse, nei suoi ultimi giorni, che questa morte stava per unire in un’unica famiglia i figli di Dio dispersi sulla faccia della terra.

    VANGELO (Gv 12,1-9). – Sei giorni prima di Pasqua Gesù andò a Betania, dov’era Lazzaro, il morto che Gesù aveva risuscitato. Ed ivi gli fecero una cena: e Marta serviva a tavola: Lazzaro poi era uno dei commensali. Or Maria, presa una libbra d’unguento di nardo puro e di pregio, unse i piedi di Gesù e glieli asciugò coi suoi capelli, e la casa fu ripiena del profumo d’unguento. Disse allora uno dei suoi discepoli, Giuda Iscariota, il quale stava per tradirlo: E perché tale unguento non si è venduto per trecento denari e dato ai poveri? Ciò disse, non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro, e tenendo la borsa, portava via quel che ci mettevan dentro. Disse adunque Gesù: Lasciatela fare: e ciò le valga pel giorno della mia sepoltura. Ché i poveri li avete sempre con voi, me però non sempre mi avrete. Or molta gente dei Giudei venne a sapere come Gesù fosse in Betania, e vi andarono non per Gesù soltanto, ma anche per vedere Lazzaro, da lui risuscitato da morte.

    L’unzione di Betania.

    Abbiamo già notato che il fatto evangelico ora letto si riferisce al Sabato, vigilia della Domenica delle Palme, e fu inserito nella Messa odierna, perché anticamente questo Sabato mancava della Stazione. La santa Chiesa ha voluto attirare la nostra attenzione su questo episodio degli ultimi giorni del Redentore, per farci cogliere l’insieme delle circostanze che si verificano in quel momento intorno a lui.

    Maria Maddalena, la cui conversione era, qualche giorno fa, l’oggetto della nostra ammirazione, occupa un posto nelle scene della Passione e della Risurrezione del suo Maestro. Tipo dell’anima purificata, e quindi ammessa ai favori celesti, c’interessa seguirla nelle diverse fasi che la grazia divina le fa percorrere. L’abbiamo vista seguire i passi del Salvatore e soccorrerlo nei suoi bisogni; altrove il santo Vangelo ce la fa vedere preferita a Marta sua sorella, per aver scelto la parte migliore; nei giorni in cui siamo, ella soprattutto c’interessa per il suo tenero attaccamento a Gesù. Ella sa che lo cercano per farlo morire: e lo Spirito Santo, che la conduce interiormente attraverso stati sempre più perfetti che si susseguono in lei, vuole che oggi compia una funzione profetica in ciò ch’ella teme maggiormente.

    Dei tre doni offerti dai Magi, uno significava la morte del Re divino, che questi uomini fedeli erano venuti a salutare dal lontano Oriente: era la mirra, un profumo funerario che fu adoperato con tanta profusione nella sepoltura del Signore. Abbiamo visto la Maddalena, nel giorno della sua conversione, testimoniare il suo mutamento di vita con l’effusione del suo più prezioso profumo sui piedi di Gesù. Oggi ella ricorre ancora una volta a questo segno del suo amore. Il suo divin Maestro è a tavola in casa di Simone il Lebbroso; Maria sta con lui, come anche i discepoli; Marta attende a servirli; tutto è calmo nella casa; ma tristi presentimenti si nascondono nei loro cuori. All’improvviso compare la Maddalena, recando tra le mani un vaso ripieno d’unguento di nardo, del più pregevole. Si accosta a Gesù, s’attacca ai suoi piedi e li unge con quel profumo; ed anche questa volta li asciuga coi suoi capelli.

    Gesù stava adagiato sopra uno di quei divani che adoperano gli Orientali, quando pranzano nei festini; era dunque agevole, per la Maddalena, arrivare ai piedi del Maestro. Due degli Evangelisti, di cui san Giovanni ha voluto completare la narrazione troppo succinta, ci dicono ch’ella sparse l’odoroso unguento anche sul capo del Salvatore. La Maddalena sentì, forse, in questo momento, tutta la grandezza dell’azione che lo Spirito divino le ispirava? Il Vangelo non lo dice; ma Gesù ne rivelò il mistero ai discepoli; e noi, che abbiamo raccolte le sue parole, apprendiamo da questo fatto che la Passione del Redentore è, per così dire, incominciata, poiché la Maddalena l’ha già imbalsamato per la tomba.

    L’odore soave e penetrante del profumo aveva riempito tutta la sala. Allora uno dei discepoli, Giuda Iscariota, ardisce protestare contro ciò ch’egli chiama uno sperpero. La bassezza di quest’uomo e la sua avarizia l’hanno reso indelicato e senza pudore. Ma intanto anche la voce di altri discepoli s’unisce alla sua: tanto erano ancora volgari i loro sentimenti! Gesù permette tale indegna protesta per diversi motivi: prima di tutto per annunciare prossima la sua morte a coloro che lo circondavano, svelando loro il segreto manifestato con questa effusione di profumo sul suo corpo; poi anche per glorificare la Maddalena, che aveva un amore così tenero ed insieme così ardente. Difatti annunciò allora che la fama di questa illustre santa si sarebbe propagata per tutta la terra, lontano, ovunque fosse penetrato il Vangelo. Infine, Gesù intendeva consolare fin d’allora quelle anime pie che, mosse dal suo amore, avrebbero profuse larghezze intorno ai suoi altari, e rivendicare le meschine critiche cui spesso sarebbero andate incontro.

    Raccogliamo questi divini insegnamenti e procuriamo d’onorare amorosamente Gesù nella sua persona e nei suoi poveri. Onoriamo anche la Maddalena, e seguiamola, quando fra breve la vedremo così assidua al Calvario ed al Sepolcro. Infine, prepariamoci ad imbalsamare il nostro Salvatore, mettendo insieme per la sua sepoltura la mirra dei Magi, che figura la penitenza, ed il prezioso nardo della Maddalena, che rappresenta l’amore generoso e compassionevole.

    PREGHIAMO

    Aiutaci, o Dio nostro Signore, e concedici di venire con gioia a celebrare i benefici, coi quali ti sei degnato rinnovarci.



    11 APRILE SAN LEONE, PAPA E DOTTORE DELLA CHIESA

    Il difensore del dogma dell’Incarnazione.

    Oggi, nel Calendario liturgico, troviamo uno dei nomi più gloriosi della Chiesa: san Leone Magno. Meritò questo titolo, avendo nobilmente lavorato per illuminare la fede dei popoli sul mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio. La Santa Chiesa aveva trionfato delle eresie che attaccavano il dogma della Trinità; allora ogni sforzo infernale fu portato contro quello del Dio fatto uomo. Un vescovo di Costantinopoli, Nestorio, osò negare l’unità di persona in Gesù Cristo, separando in lui il Dio dall’uomo. Il concilio di Efeso condannò quest’errore, che annullava la Redenzione.

    Ma non tardò a sollevarsi una nuova eresia , opposta alla prima, ma non meno nociva per il cristianesimo. Il monaco Eutiche sosteneva che, nell’Incarnazione, la natura umana era stata assorbita da quella divina, e quest’errore dilagava con una rapidità paurosa. La Chiesa sentì il bisogno dell’opera di un dottore che riassumesse con precisione e autorità il dogma, che è la base delle nostre speranze. Apparve allora Leone, che dall’alto della cattedra apostolica, ove lo Spirito Santo l’aveva fatto assidere, proclamò con una eloquenza ed una chierezza senza uguali, la formula della fede primitiva, sempre la stessa, ma risplendente di una luce nuova. Un grido di ammirazione partì dal seno stesso del Concilio ecumenico di Calcedonia, riunitosi per condannare l’empia tesi di Eutiche. I Padri esclamarono: « Pietro ha parlato per mezzo della bocca di Leone »! e quattordici secoli non hanno ancora cancellato , nella Chiesa d’Oriente, l’entusiasmo suscitato dall’insegnamento che san Leone dette a tutta la Chiesa.

    Il difensore di Roma.

    L’occidente, in preda a tutte le calamità dell’invasione dei barbari, vedeva crollare gli ultimi avanzi dell’impero, e Attila, Flagello di Dio, era già alle porte di Roma. I barbari indietreggiarono di fronte alla maestà del contegno di Leone, come l’eresia si dissipava davanti all’autorità della sua parola. Il capo degli Unni, al quale avevano ceduto i più formidabili bastioni, conferì col Pontefice presso le sponde del Mincio, e s’impegnò di non entrare a Roma. La calma e la dignità di Leone, che affrontava, senza difesa, il più temibile dei vincitori dell’Impero, esponendo la vita per il suo gregge, aveva scosso quel barbaro. I suoi occhi avevano scorto nell’aere l’Apostolo Pietro, sotto l’aspetto d’un augusto personaggio che proteggeva l’intercessore di Roma. Nel cuore di Attila, il terrore si unì all’ammirazione. Momento sublime, in cui si rivela tutto un mondo nuovo! Il Pontefice disarmato, che affronta la violenza del barbaro; questi, commosso alla presenza di una dedizione che non comprende ancora; il cielo che interviene per aiutare l’uomo dalla natura feroce ad inchinarsi dinanzi alla forza morale.

    L’atto generoso compiuto da Leone esprime, in un solo tratto, ciò che diversi secoli videro operarsi nell’Europa intera; ma l’aureola del Pontefice ne risulta più risplendente.

    L’oratore.

    Affinchè Leone non mancasse di nessun genere di gloria, lo Spirito Santo l’aveva dotato di una eloquenza che si poteva chiamare « papale », tanto completa e imponente era la sua impronta. La lingua latina, che declinava, vi ritrovò quegli accenti, e una forma che, a volte, ricordavano l’epoca del suo vigore; e il dogma cristiano, formulato in uno stile nobile e nutrito dal più puro succo apostolico, vi risplendette di meravigliosa luce.

    Leone, nei suoi memorabili discorsi, celebrò Cristo, uscente dalla tomba, invitando i suoi fedeli a risuscitare con lui. Egli caratterizzò, tra gli altri, il periodo dell’Anno liturgico che stiamo percorrendo in questo momento, quando disse: « I giorni che trascorsero tra la Risurrezione del Signore e la sua Ascensione, non furono oziosi: poiché fu allora che vennero confermati i Sacramenti e rivelati i grandi misteri » (Discorso LXXIII).

    Vita. – San Leone nacque a Roma tra il 390 e il 400. Fu prima diacono sotto il Pontefice Celestino; divenne poi arcidiacono di Roma e, alla morte di Sisto III, fu eletto Papa. La sua consacrazione ebbe luogo il 29 settembre 440. Durante tutto il Pontificato, rivolse le sue cure all’istruzione del popolo, con i suoi sermoni così dogmatici e semplici, con zelo nel preservarlo dagli errori dei manichei e dei pelagiani, e facendo condannare, nel Concilio Ecumenico di Calcedonia, nel 451, Eutiche ed il Monofisismo. Nel 452, andò incontro ad Attila che minacciava Roma, e lo indusse a la sciare l’Italia. Nel 455 non potè però impedire a Genserico ed ai suoi Vandali di prendere e saccheggiare la capitale: nondimeno, accogliendo le sue preghiere, i barbari risparmiarono la vita degli abitanti, rispettando anche i principali monumenti della città.

    San Leone morì nel 461 e fu inumato a San Pietro in Vaticano. Nel 1751 Benedetto XIV lo proclamò dottore della Chiesa.

    Preghiera a Cristo.

    Gloria a te, o Cristo, Leone della tribù di Giuda, che hai suscitato nella tua Chiesa un altro Leone per difenderla nei giorni in cui la fede correva grandi rischi. Tu avevi incaricato Pietro di confermare i suoi fratelli; e noi vedemmo Leone, nel quale Pietro era vivente, compiere questa missione con autorità sovrana. Abbiamo inteso risuonare le acclamazioni del Concilio, che inchinandosi di fronte alla sua dottrina, proclamava il beneficio insigne che, in questi giorni, hai conferito al tuo gregge, quando donasti a Pietro la cura di pascere, tanto le pecore come gli agnelli.

    Preghiera a san Leone.

    O Leone, tu hai degnamente rappresentato Pietro sulla sua cattedra! La tua parola apostolica non cessò di discenderne sempre veritiera, eloquente e maestosa. La Chiesa del tuo tempo ti onorò come maestro di dottrina; e la Chiesa di tutti i secoli ti riconosce per uno dei dottori più sapienti che abbiano insegnato la divina Parola. Dall’alto del cielo, ove ora siedi, riversa su di noi la grazia dell’intelligenza del mistero che fosti incaricato di esporre. Sotto la tua penna ispirata, esso diventa evidente; la sua armonia si rivela; e la fede si rallegra di percepire, così distintamente, l’oggetto al quale aderisce. Fortifica in noi questa fede, o Leone! Anche nei nostri giorni si bestemmia il Verbo incarnato; rivendica la sua gloria, mandandoci nuovi dottori. Tu hai trionfato della barbarie, o nobile Pontefice! Attila depose le armi di fronte a te. Ai nostri giorni, altri barbari si sono levati: barbari civilizzati, che vantano, quale ideale della società, quella che non è più cristiana, quella che nelle sue leggi e nelle sue istituzioni non confessa più re dell’umanità Gesù Cristo, al quale è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Vieni in nostro soccorso, poiché il male è arrivato al suo culmine. Molti sono i sedotti che vanno verso l’apostasia, senza rendersene conto. Ottieni che la luce da noi non si spenga totalmente, che lo scandalo finalmente si arresti. Attila non era che un pagano; gli utopisti moderni sono cristiani, o almeno, qualcuno vorrebbe esserlo; abbi pietà di loro, e non permettere che restino più a lungo vittime delle loro illusioni.

    In questi giorni di Pasqua, che ti ricordano l’opera del tuo ministero pastorale, quando, circondato dai neofiti, ne alimentavi la fede con discorsi immortali, prega per i fedeli che, in questa medesima solennità, sono risuscitati con Gesù Cristo. Essi hanno bisogno di conoscere sempre più il Salvatore delle anime, affinchè possano seguirlo, per non più separarsene. Rivela loro tutto ciò che egli è, nella sua natura divina e nell’umana: come Dio, loro ultimo fine e giudice dopo questa vita; come uomo, loro fratello. Redentore e modello. O Leone! benedici, sostieni il tuo successore sulla cattedra di Pietro, e, in questi giorni, mostrati protettore della nostra Roma, di cui hai sostenuto, con tanta eloquenza, i santi eterni destini.

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