16 settembre 2021

Sabato 18 Settembre 2021 nella liturgia



Festa di San Giuseppe da Copertino Confessore, Doppio minore, colore liturgico bianco. Commemorazione del Sabato delle Quattro Tempora di Settembre. Giorno di digiuno e astinenza.

Primi Vespri della XVII Domenica dopo Pentecoste e IV di Settembre, Domenica minore, Semidoppio, colore liturgico verde. Commemorazioni di San Giuseppe da Copertino e dei Santi Gennaro Vescovo e Compagni, Martiri.


Qui per le peculiarità del Tempo dopo Pentecoste:

https://loquerequaedecentsanamdoctrinam.blogspot.com/2021/05/dispensa-di-liturgia-sul-tempo-dopo.html


Al Breviario

All'Ufficio di San Giuseppe da Copertino:

Antifone e Salmi dal Salterio (3 Notturni a Mattutino, I Schema a Lodi), il resto dal Comune di un Confessore non Pontefice. Prime otto Letture del Mattutino, Antifona al Benedictus e Orazione dal Proprio dei Santi (al 18 Settembre)Commemorazione delle Quattro Tempora dal Proprio del Tempo: a Mattutino la I Lezione delle Quattro Tempora sostituisce la IX della Festa (o nella sola recita privata, la IX Lezione della Festa si congiunge con l'VIII e al suo posto si dice la I Lezione oppure tutte e tre le Lezioni congiunte delle Quattro Tempora); a Lodi Antifona al Benedictus e Orazione delle Tempora col Versetto dallo Schema II del Salterio del Sabato.

La conclusione della prima strofa dell'Inno Iste Confessor a Mattutino è <<meruit beatas scandere sedes>>. Le Antifone si raddoppiano, il Suffragio e le Preci si omettono.

All'Ufficio della Domenica:

Ai Vespri tutto dal Salterio, Antifona al Magnificat del Sabato nella III Settimana di Settembre, Orazione della XVII Domenica dopo Pentecoste, commemorazioni dal Proprio dei Santi (al 19 Settembre).

Le Antifone non si raddoppiano, il Suffragio e le Preci si omettono.


Nota per coloro che recitano per devozione il Breviario anteriore alle disastrose riforme del 1911 (chi ha l'obbligo dell'Ufficio purtroppo non soddisfa a tale obbligo se non usa il Breviario riformato dalla Costituzione Apostolica Divino Afflatu, almeno tale è stata la volontà di San Pio X espressamente manifestata nella detta Costituzione):

Festa di San Giuseppe da Copertino Confessore, Doppio minore, colore liturgico bianco. Commemorazione del Sabato delle Quattro Tempora di Settembre. Giorno di digiuno e astinenza.

Primi Vespri della Festa dei Sette Dolori della Beata Vergine Maria*, Doppio Maggiore, colore liturgico bianco. Commemorazioni di San Giuseppe da Copertino, dei Santi Gennaro Vescovo e Compagni, Martiri, e della XVII Domenica dopo Pentecoste e IV di Settembre.


Prima del 1913 la Festa dei Sette Dolori della Beata Vergine Maria si celebrava la III Domenica di Settembre, secondo il computo del Proprio dei Santi (cioè la terza Domenica che effettivamente cade nel mese, e non la più vicina alle Calende, a prescindere che il giorno si trovi nel mese uscente o in quello entrante, come fa il Proprio del Tempo).


All'Ufficio di San Giuseppe da Copertino:

Tutto dal Comune di un Confessore non Pontefice con i Salmi riportati a Mattutino, quelli domenicali a Lodi (a Prima come alle Feste) e quelli indicati ai Vespri (che si prendono dai Primi Vespri del Comune degli Apostoli). Prime otto Letture del Mattutino, Antifona al Benedictus e Orazione dal Proprio dei Santi (al 18 Settembre). Commemorazione delle Quattro Tempora dal Proprio del Tempo: a Mattutino la I Lezione delle Quattro Tempora sostituisce la IX della Festa oppure, indifferentemente, la IX Lezione della Festa si congiunge con l'VIII e al suo posto si dice la I Lezione oppure tutte e tre le Lezioni congiunte delle Quattro Tempora; a Lodi Antifona al Benedictus e Orazione delle Tempora col Versetto dal Salterio del Sabato.

La conclusione della prima strofa dell'Inno Iste Confessor a Mattutino è <<meruit beatas scandere sedes>>; se si usa la versione tradizionale dell'Inno, anteriore alle alterazioni apportate da Urbano VIII, è <<hodie laetus meruit secreta scandere coeli>>. Le Antifone si raddoppiano, le Commemorazioni Comuni e le Preci si omettono.

All'Ufficio dell'Addolorata:

Tutto dal Proprio dei Santi alla III Domenica di Settembre (nel Breviario si trova tra il 15 e il 16 Settembre) con i Salmi dal Comune delle Feste della Beata Vergine Maria. Commemorazioni al 19 Settembre. Per la commemorazione della Domenica Antifona al Magnificat e Versetto del Sabato nella III Settimana di Settembre, Orazione della XVII Domenica dopo Pentecoste.

Le Antifone si raddoppiano, le Commemorazioni Comuni e le Preci si omettono.  La conclusione dell'Inno Te lucis di Compieta è propria a questa Festa: <<Jesu tibi sit gloria, qui passus es pro servulis, cum Patre et almo Spiritu, in sempiterna saecula>>; se si usa la versione tradizionale dell'Inno, anteriore alle alterazioni apportate da Urbano VIII, è <<Gloria tibi Domine, qui passus es pro servulis, cum Patre et Sancto Spiritu, in sempiterna saecula>>.


Al Messale

    Messa al 18 Settembre.

    • Gloria in excelsis
    • Si dicono due Orazioni:
      • La prima della Messa
      • La seconda della commemorazione del Sabato delle Quattro Tempora di Settembre (come Colletta si dice la prima Orazione dopo il Kyrie, Omnipotens sempiterne Deus)
    • Prefazio Comune
    • Ite Missa est
    • Come Ultimo Vangelo si dice quello quello della Messa delle Tempora

    Tuttavia le Messe private possono essere delle Quattro Tempora (colore liturgico violaceo): senza Gloria né Alleluia, dopo il Kyrie e la Colletta si dicono le cinque Profezie con Graduali, Orazioni e l'Inno, la commemorazione di San Giuseppe da Copertino, Prefazio Comune, Benedicamus Domino, Prologo di San Giovanni.

    Oggi si celebrano due Messe Conventuali, dopo Terza quella di San Giuseppe da Copertino e dopo Nona quella delle Quattro Tempora, ognuna delle due senza commemorazione dell'altra.


    Letture del Mattutino (in latino)

    AD I NOCTURNUM

    Lectio 1

    De Epistola secunda beáti Pauli Apóstoli ad Corinthios

    2 Cor 4:6-11

    Deus, qui dixit de ténebris lucem splendéscere, ipse illuxit in córdibus nostris ad illuminatiónem sciéntiæ claritátis Dei in fácie Christi Jesu. Habémus autem thesáurum istum in vasis fictílibus, ut sublimitas sit virtútis Dei et non ex nobis. In ómnibus tribulatiónem patimur, sed non angustiámur; aporiamur, sed non destitúimur; persecutiónem patimur, sed non derelínquimur; dejícimur, sed non perímus; semper mortificatiónem Jesu in corpore nostro circumferéntes, ut et vita Jesu manisfestétur in corpóribus nostris. Semper enim nos, qui vívimus, in mortem trádimur propter Jesum, ut et vita Jesu manifestétur in carne nostra mortali.

    Lectio 2, 2 Cor 5:1-8

    Scimus enim quóniam si terrestris domus nostra hujus habitatiónis dissolvátur, quod ædificatiónem ex Deo habemus, domum non manufactam, ætérnam in cælis. Nam et in hoc ingemíscimus, habitatiónem nostram, quæ de cælo est, superíndui cupiéntes: si tamen vestiti, non nudi inveniámur. Nam et qui sumus in hoc tabernáculo, ingemíscimus graváti: eo quod nólumus exspóliari, sed supervestiri, ut absorbeátur quod mortale est, a vita. Qui autem efficit nos in hoc ipsum, Deus, qui dedit nobis pignus spíritus. Audéntes ígitur semper, sciéntes quóniam dum sumus in corpore, peregrinámur a Dómino: (per fidem enim ambulámus et non per spéciem) audémus autem, et bonam voluntátem habémus magis peregrinari a corpore, et præséntes esse ad Dóminum.

    Lectio 3, 2 Cor 12:1-9

    Si gloriari oportet (non éxpedit quidem) véniam autem ad visiónes, et revelatiónes Dómini. Scio hóminem in Christo ante annos quatuordecim (sive in corpore nescio, sive extra corpus nescio, Deus scit:) raptum hujusmodi usque ad tertium cælum. Et scio hujusmodi hóminem, (sive in corpore, sive extra corpus, nescio, Deus scit:) quóniam raptus est in paradisum: et audívit arcana verba, quæ non licet hómini loqui. Pro hujusmodi gloriábor: pro me autem nihil gloriábor nisi in infirmitátibus meis. Nam, et si volúero gloriari, non ero insípiens: veritátem enim dicam: parco autem, ne quis me exsistimet supra id, quod videt in me, aut aliquid audit ex me. Et ne magnitúdo revelatiónum extollat me, datus est mihi stímulus carnis meæ angelus sátanæ, qui me colaphízet. Propter quod ter Dóminum rogávi, ut discederet a me: et dixit mihi: Sufficit tibi grátia mea: nam virtus in infirmitáte perfícitur. Libenter ígitur gloriábor in infirmitátibus meis, ut inhábitet in me virtus Christi.

    AD II NOCTURNUM

    Lectio 4

    Josephus a Cupertino, oppido in Salentinis diœcesis Neritonénsis, anno reparátæ salútis millesimo sexcentésimo tertio, piis ibidem paréntibus ortus, Deique amore præventus, puerítiam atque adolescéntiam summa cum simplicitate morúmque innocéntia molestoque morbo, patientíssime tolerato, Deiparæ Vírginis ope liberatus, se totum pietátis opéribus ac excoléndis virtútibus dedit; utque Deo ad majora vocanti se intimius conjungeret, ordini seraphico nomen dare constítuit. Post varios eventus voti tandem compos factus, apud Minores Conventuales in cœnobio Cryptulæ, inter laicos primum ob litterárum imperítiam, deínde inter clericos divina dispositióne connumerátus est. Sacerdotio post solemnia vota initiatus, perfectius sibi vitæ institutum propósuit. Quam ob rem, mundanis quibuscúmque afféctibus terrenisque rebus pene ad vitam necessariis illico a se abdicatis, ciliciis, flagellis, catenis, omni demum asperitátum ac pœnárum genere corpus afflixit; spíritum vero sanctæ oratiónis altíssimæque contemplatiónis assiduitate dulciter enutrívit. Hinc factum est, ut caritas Dei, quæ jam erat in ejus corde a prima ætate diffúsa, miro planeque singulari modo in dies coruscáverit.

    Lectio 5

    Eluxit præcipue ardentíssima ejus caritas in extasibus ad Deum suavíssimis stupendisque raptibus, quibus frequenter afficiebátur. Mirum autem, quod, alienato a sensibus animo, statim ab éxtasi eum revocábat sola obediéntia. Hanc quippe virtútem exímio studio prosequebátur, dicere sólitus, se ab ea véluti cæcum circumduci, et mori potius velle, quam non obedire. Paupertátem vero seraphici Patriárchæ ita æmulátus est, ut, morti próximus, prælato suo assérere vere potúerit se nihil habere, quod more religiosórum resignaret. Itaque, mundo sibique mórtuus, vitam Jesu manifestábat in carne sua, quæ dum in aliquibus ex turpitúdine obscœnum flagitium sentiebat, prodigiósum de se efflábat odórem, indícium nitidíssimæ illíus puritátis, quam, immundo spíritu vehementíssimis tentatiónibus frustra obnubilare diu conante, servávit illæsam, tum arcta sensuum custódia, tum jugi corporis maceratióne, tum denique speciali protectióne puríssimæ Vírginis Maríæ, quam matrem suam appellare consuevit, ac véluti matrem dulcíssimam íntimo cordis afféctu venerabátur, eamque ab aliis venerari exoptabat, ut cum ejusdem patrocinio, sicut ipse ajebat, ómnia bona consequerentur.

    Lectio 6

    Hæc beáti Josephi sollicitúdo a sua erga próximos caritate prodíbat; tanto enim animárum zelo exardebat, ut ómnium salútem modis ómnibus instantíssime procuraret. Exténdens páriter caritátem suam in próximum, sive páuperem, sive infirmum, sive quacúmque alia tribulatióne vexátum, quantum in ipso erat, illum recreábat. Nec aliéni erant ab ejus caritate, qui objurgatiónibus, probris omnisque generis injuriis ipsum appéterent; nam eadem patiéntia, mansuetúdine, vultusque hilaritate talia excipiebat, qua tot inter ac tantas vicissitúdines replenduit, dum vel moderatórum ordinis vel sacræ Inquisitiónis jussu hac illac errare versaríque coactus est. Quamquam vero pópuli non solum, sed viri príncipes exímiam ejus sanctitátem et superna charísmata admiraréntur, ea nihilóminus erat humilitate, ut, magnum se peccatórem réputans, Deum enixe deprecarétur; ut sua ab eo illustria dona removéret, hómines vero exoraret ut in eum locum mortuum ejus corpus injícerent, ubi memória sui esset prorsus oblitterata. At Deus, qui ponit húmiles in sublíme quique servum suum, dum viveret, cælésti sapiéntia, prophetía, cordium perscrutatióne, curatiónum grátia ceterisque donis cumulatíssime exornaverat, ejus quoque mortem iis, quibus ipse antea prædixerat, loco ac témpore, anno ætátis suæ sexagesimo primo, Auxími in Piceno pretiósam réddidit sepulcrúmque gloriosum. Illum denique, étiam post óbitum miraculis coruscántem, Benedíctus quartus décimus Beatórum, Clemens tertius décimus Sanctórum fastis adscripsit. Ejus autem Offícium et Missam Clemens quartus décimus, ejusdem ordinis, ad universam Ecclésiam extendit.

    AD III NOCTURNUM

    Lectio 7

    Léctio sancti Evangélii secúndum Matthǽum

    Matt 22:1-14

    In illo témpore: Loquebátur Jesus princípibus sacerdotum et pharisæis in parábolis dicens: Simile factum est regnum cælórum hómini regi, qui fecit nuptias fílio suo. Et réliqua.

    Homilía sancti Gregórii Papæ

    Liber 2 Homiliar. Hom. 38, circa medium

    Quia jam, largiénte Dómino, nuptiárum domum, id est, sanctam Ecclésiam intrastis, solerter, fratres, aspicite, ne aliquid de mentis vestræ habitu rex ingrédiens reprehéndat. Cum magno enim cordis timóre pensándum est quod prótinus subditur: Intrávit autem rex, ut vidéret discumbéntes, et vidit ibi hóminem non vestítum veste nuptiali. Quid, fratres caríssimi, éxprimi per nuptialem vestem putamus? Si enim vestem nuptialem baptisma vel fidem dicimus, quis sine baptismate et fide has nuptias intrávit? Eo enim ipso foris est, qui necdum credidit. Quid ergo debémus intellígere per nuptialem vestem, nisi caritátem? Intrat enim ad nuptias, sed cum nuptiali veste non intrat, qui, in sancta Ecclésia assistens, fidem habet, sed caritátem non habet. Recte enim caritas, nuptialis vestis vocátur, quia hanc in se conditor noster hábuit, dum ad sociandæ sibi Ecclésiæ nuptias venit.

    Lectio 8

    Sola quippe dilectióne Dei actum est, ut ejus Unigénitus mentes sibi electórum hóminum uníret. Unde et Joánnes dicit: Sic enim diléxit Deus mundum, ut Fílium suum unigénitum daret pro nobis. Qui ergo per caritátem venit ad hómines, eamdem caritátem innotuit vestem esse nuptialem. Omnis ergo vestrum, qui in Ecclésia positus Deo credidit, jam ad nuptias intrávit; sed cum nuptiali veste non venit, si caritátis grátiam non custódit. Et certe, fratres, si quis ad carnales nuptias esset invitatus, vestem mutaret, congaudere se sponso et sponsæ ex ipso sui habitus decore osténderet, inter gaudéntes et festa celebrántes despectis vestibus apparére erubésceret. Nos ad Dei nuptias venímus, et cordis vestem mutare dissimulamus. Congaudent Angeli, cum ad cælum assumúntur electi. Qua ergo mente hæc spiritualia festa conspícimus, qui nuptialem vestem, id est, caritátem, quæ sola nos speciósos éxhibet, non habemus?

    Lectio 9

    Commemoratio Sabbati Quatuor Temporum Septembris

    Léctio sancti Evangélii secúndum Lucam

    Luc 13:6-17

    In illo témpore: Dicébat Jesus turbis hanc similitúdinem: Arborem fici habébat quidam plantátam in vínea sua et venit quærens fructum in illa et non invénit. Et réliqua.

    Homilía sancti Gregórii Papæ

    Homilia 31 in Evangelia

    Dóminus ac Redémptor noster per Evangélium suum aliquándo verbis, aliquándo rebus lóquitur: aliquándo áliud verbis, atque áliud rebus; aliquándo autem hoc verbis, quod rebus. Duas étenim res ex Evangélio, fratres, audístis: ficúlneam infructuósam, et mulíerem curvam; et utríque rei est píetas impénsa. Illud autem dixit per similitúdinem: istud egit per exhibitiónem. Sed hoc signíficat ficúlnea infructuósa, quod múlier inclináta; et hoc ficúlnea reserváta, quod múlier erécta.


    Traduzione italiana delle Letture del Mattutino

    I NOTTURNO

    Lettura 1

    Dalla Lettera dell'Apostolo san Paolo ai Corinti

    2 Cor 4:6-11

    Dio, che ordinò alla luce di scaturir dalle tenebre, è quello stesso che rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sulla faccia di Gesù Cristo. Ma questo tesoro lo abbiamo in vasi di creta, perché si veda che l'eccellenza della virtù è da Dio, e non da noi. Noi soffriamo ogni sorta di tribolazioni, ma non ci scoraggiamo; siamo angustiati, ma non disperati; siam perseguitati, ma non abbandonati; siamo abbattuti, ma non perduti; giriamo portando sempre nel nostro corpo la mortificazione di Gesù, affinché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Poiché noi che viviamo, siam continuamente esposti alla morte per amor di Gesù, affinché la vita di Gesù sia anch'essa manifestata nella carne nostra mortale.

    Lettura 22 Cor 5:1-8

    Sappiamo infatti che, ove questa nostra casa terrestre, che ora abitiamo, venga a dissolversi, abbiamo un'altra casa costruita da Dio, non dalle mani degli uomini, eterna nei cieli. E perciò noi sospiriamo, bramando d'essere ricoperti della nostra abitazione, ch'è celeste: se però siam trovati vestiti, non nudi. E finché siamo in questo tabernacolo, sospiriamo aggravati: perché non vogliamo essere spogliati, ma sopravestiti, affinché ciò ch'è mortale, sia assorbito dalla vita. Or colui che per questo stesso ci ha formati è Dio, il quale ci ha dato anche la caparra dello spirito. Perciò pieni sempre di fiducia, e conoscendo che mentre siamo nel corpo, siamo lontani dal Signore (poiché camminiamo per mezzo della fede e non colla visione), pieni di fiducia, amiamo meglio dipartirci da questo corpo, per godere della presenza del Signore.

    Lettura 3, 2 Cor 12:1-9

    Se è necessario gloriarsi (non è certo una bella cosa) verrò alle visioni e rivelazioni del Signore. Io conosco un uomo in Cristo, che, quattordici anni fa (se fu col corpo non lo so, o senza corpo io non lo so, lo sa Iddio), un uomo siffatto fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest'uomo (se nel corpo o fuori del corpo io non lo so, lo sa Iddio) fu rapito in paradiso: e udì parole arcane, che non è possibile a uomo di ridire. Di tal uomo mi glorierò: ma di quanto riguarda me, di nulla mi glorierò, se non delle mie infermità. Certo, se volessi gloriarmi, non sarei stolto: perché direi la verità: ma me ne astengo, affinché nessuno mi stimi più di quello che vede in me, o che ode da me. Del resto, perché la grandezza delle rivelazioni non mi facesse inorgoglire, m'è stato messo uno stimolo nella mia carne, un messo di satana, che mi schiaffeggiasse. A riguardo di lui pregai tre volte il Signore, perché lo allontanasse da me: ed egli mi disse: Ti basta la mia grazia; perché è nella debolezza che la virtù si manifesta interamente. Ecco perché io mi glorio volentieri delle mie debolezze, affinché risieda in me la forza di Cristo.

    II NOTTURNO

    Lettura 4

    Giuseppe da Copertino, città nel territorio di Salento nella diocesi di Nardo, nacque nell'anno della salute 1603 da pii genitori, e prevenuto dall'amore di Dio, passò la sua infanzia e adolescenza nella più perfetta semplicità e purità di costumi. Liberato coll'aiuto della Vergine Madre di Dio da una lunga e molesta malattia sopportata pazientissimamente, si diede tutto alle pratiche di pietà e a coltivare le virtù; e affine di unirsi più strettamente a Dio che lo chiamava a più grandi cose, risolvé d'abbracciare l'ordine serafico. Dopo varie peripezie, appagato finalmente nei suoi desideri, fu ricevuto tra i Minori Conventuali del convento della Grottella, dapprima come laico a causa della sua ignoranza nelle lettere, e poi, per divina disposizione, come chierico. Dopo i voti solenni ordinato sacerdote, si propose di menare una vita ancor più perfetta. Quindi rinunziato all'istante a tutti gli affetti mondani e financo alle stesse cose necessarie alla vita, martoriò il corpo con cilizi, discipline, catenelle, insomma con ogni sorta d'austerità e sofferenze; mentre nutriva continuamente lo spirito col soave alimento dell'orazione e della contemplazione più sublime. Onde avvenne, che l'amor di Dio, già diffuso nel suo cuore fin dalla prima età, apparve sempre più in modo meraviglioso e affatto singolare.

    Lettura 5

    La sua ardentissima carità rifulse soprattutto nelle deliziosissime estasi in Dio e nei straordinari rapimenti che provava sovente. E stupisce come, avendo l'animo fuori dei sensi, la sola obbedienza bastava a richiamarlo subito dall'estasi. Infatti s'era attaccato a questa virtù col più gran zelo, solito dire, che si lasciava condurre ciecamente da essa, e preferiva morire piuttosto che non obbedire. Imitò siffattamente la povertà del Patriarca serafico, che, sul punto di morire, poté affermare con tutta verità al suo superiore di non aver a consegnare niente, secondo che praticano i religiosi. Pertanto, morto a sé e al mondo, manifestava la vita di Gesù nella sua carne, la quale, allorché egli scorgeva in qualcuno macchia di peccato, esalava un profumo meraviglioso, indice della sua meravigliosa purezza, che conservò illibata, - nonostante le violentissime tentazioni onde lo spirito immondo tentò per lungo tempo, ma invano, di offuscarla, - sia colla rigorosa custodia dei sensi, sia colle continue macerazioni del corpo, sia infine per una speciale protezione della purissima Vergine Maria, che soleva chiamare sua madre, e che venerava difatti come madre dolcissima coll'affetto più intimo del cuore, desiderando che anche gli altri la venerassero, affinché col suo patrocinio, com'egli diceva, potessero ottenere tutti i beni.

    Lettura 6

    Questa sollecitudine del beato Giuseppe proveniva dalla sua carità verso il prossimo; infatti era tale lo zelo onde bruciava per le anime, da lavorare colla massima attività e in tutti i modi per la salvezza di tutti. Stendendo egualmente la sua carità a qualsiasi, o povero, o infermo, o afflitto da qualsiasi altra tribolazione, lo soccorreva per quanto poteva. E non escludeva dalla sua carità neppure quelli che lo assalivano con rimproveri, oltraggi, e ogni altra specie d'ingiurie; poiché egli accettava tutto questo colla stessa pazienza, dolcezza e serenità di volto, che mostrò nel sopportare le tante e sì penose vicissitudini che attraversò, allorché, per obbedire ai superiori dell'ordine o alle decisioni della sacra Inquisizione fu costretto di cambiare più volte residenza. Ammirato poi non solo dal popolo, ma ancora dai prìncipi per la sua eminente santità e i doni celesti, egli si mantenne talmente umile, che, stimandosi gran peccatore, pregava Dio con insistenza perché togliesse da lui i suoi doni straordinari, e chiedeva agli uomini che dopo morte gettassero il suo corpo in tal luogo, ove la sua memoria fosse del tutto obliata. Ma Dio, che esalta gli umili e che aveva arricchito, in vita, assai doviziosamente il suo servo di celeste sapienza, del dono di profezia, della penetrazione dei cuori, delle guarigioni e d'altri privilegi, rese preziosa anche la sua morte e glorioso il sepolcro davanti a quelli a cui ne aveva predetto il luogo e il tempo, cioè a Osimo nel Piceno, a 61 anni di età. Infine, illustrato da miracoli anche dopo morte, Benedetto XIV lo inscrisse nell'albo dei Beati, e Clemente XIII in quello dei Santi. Clemente XIV poi, dello stesso ordine, ne estese l'Ufficio e la Messa a tutta la Chiesa.

    III NOTTURNO

    Lettura 7

    Dal Vangelo secondo Matteo

    Matt 22:1-14

    In quell'occasione: Gesù parlava ai capi sacerdoti e ai farisei in parabole, dicendo: Il regno dei cieli è simile a un re, che celebrava le nozze del suo figlio. Eccetera.

    Omelia di san Gregorio Papa

    Libro 2 delle Omelie, Omelia 38, verso la metà

    Poiché, per grazia del Signore, siete già entrati nella casa delle nozze, cioè nella santa Chiesa, abbiate gran cura, fratelli, d'evitare che al suo entrare il re trovi qualche cosa da riprendere nello stato dell'anima vostra. Infatti è necessario riflettere con gran timore nel cuore a ciò che subito soggiunge: «Or il re entrò per vedere quelli che erano a tavola, e ci trovò un uomo che non era in abito da nozze» Matth. 22,11. Cosa pensiamo che rappresenti, fratelli carissimi, l'abito da nozze? Se intendiamo per l'abito da nozze il battesimo e la fede, chi entrò a queste nozze senza il battesimo e senza la fede? Poiché uno è fuori per ciò stesso che non crede. Che dobbiamo dunque intendere per l'abito da nozze, se non la carità? Entra, sì, alle nozze, ma non ci entra con abito da nozze chi, avendo un posto nella santa Chiesa, possiede bensì la fede, ma non la carità. E giustamente la carità è detta abito da nozze, poiché il nostro Creatore l'aveva in sé allorché venne alle nozze colle quali doveva unirsi alla Chiesa.

    Lettura 8

    Infatti fu solo la carità che mosse Dio a mandare il suo Unigenito a unirsi agli uomini suoi eletti. Perciò Giovanni dice: «Dio ha così amato il mondo, da aver dato per noi il suo Figlio unigenito» Joann. 3,16. Colui dunque che dalla carità fu attratto verso gli uomini, ci ha fatto vedere in questa carità l'abito da nozze. Quindi chiunque di voi ha un posto nella Chiesa e crede a Dio, è già entrato alle nozze; ma non c'è venuto con abito da nozze, se non conserva in sé la grazia della carità. E certo, fratelli, se uno fosse invitato a delle nozze terrene, muterebbe abito, mostrerebbe coll'indossare un abito conveniente di rallegrarsi collo sposo e colla sposa, e arrossirebbe di comparire in abito negletto fra coloro che sono in allegrezza e festa. E noi siamo venuti alle nozze divine, e non ci curiamo di cambiar l'abito dell'anima nostra. Gli Angeli sono in allegrezza, allorché gli eletti vengono introdotti nel cielo. Con quali sentimenti dunque apprezziamo queste feste spirituali, noi che non abbiamo l'abito da nozze, cioè la carità che sola ci fa belli?

    Lettura 9

    Commemorazione del Sabato delle Quattro Tempora di Settembre

    Lettura del santo Vangelo secondo Luca

    Luc 13:6-17

    In quell'occasione: Gesù disse alle turbe questa parabola: Uno aveva un albero di fico piantato nella sua vigna, e andò per cercarvi dei frutti e non ne trovò. Eccetera.

    Omelia di san Gregorio Papa

    Omelia 31 sul Vangelo

    Il Signore e Redentore nostro a volte ci parla nel suo Vangelo con delle parole, a volte con dei fatti: qualche volta ci dice una cosa colle parole e un'altra colle azioni: e talvolta una stessa cosa esprime colle parole e colle azioni. Di due cose infatti, fratelli, avete inteso parlare dal Vangelo: d'un fico infruttifero e d'una donna rattrappita; e la nostra pietà deve esercitarsi a riguardo dell'uno e dell'altra. Egli cita il fico a mo' di comparazione: guarisce la donna con un miracolo visibile. Ma il fico infruttifero significa la medesima cosa che la donna rattrappita; e similmente la stessa cosa il fico risparmiato e la donna raddrizzata.


    Ad Primam: il Martirologio del 19 Settembre 2021

    Tertiodecimo Kalendas Octobris, luna duodecima.



    Nel tredicesimo giorno alle Calende di Ottobre, luna dodicesima.




    Parti proprie della Messa (in latino)

    INTROITUS

    Diléctio Dei honorábilis sapiéntia: quibus autem apparúerit in visu, díligunt eam in visióne et in agnitióne magnálium suórum. --- Quam dilécta tabernácula tua, Dómine virtútum! concupíscit, et déficit ánima mea in átria Dómini. --- Glória Patri --- Diléctio Dei honorábilis sapiéntia: quibus autem apparúerit in visu, díligunt eam in visióne et in agnitióne magnálium suórum.

    COLLECTAE

    Orémus. Deus, qui ad unigénitum Fílium tuum exaltátum a terra ómnia tráhere disposuísti: pérfice propítius; ut, méritis et exémplo seráphici Confessóris tui Joséphi, supra terrénas omnes cupiditátes eleváti, ad eum perveníre mereámur: Qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

    Orémus. Omnípotens sempitérne Deus, qui per continéntiam salutárem corpóribus medéris et méntibus: majestátem tuam súpplices exorámus; ut, pia jejunántium deprecatióne placátus, et præséntia nobis subsídia tríbuas et futúra. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

    EPISTOLA

    Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli  ad Corínthios

    1 Cor 13:1-8

    Fratres: Si linguis hóminum loquar et Angelorum, caritátem autem non hábeam, factus sum velut æs sonans aut cýmbalum tínniens. Et si habúero prophetiam, et nóverim mystéria ómnia et omnem sciéntiam: et si habúero omnem fidem, ita ut montes tránsferam, caritátem autem non habúero, nihil sum. Et si distribúere in cibos páuperum omnes facultátes meas, et si tradídere corpus meum, ita ut árdeam, caritátem autem non habúero, nihil mihi prodest. Cáritas pátiens est, benígna est: cáritas non æmulátur, non agit pérperam, non inflátur, non est ambitiósa, non quærit quæ sua sunt, non irritátur, non cógitat malum, non gaudet super iniquitáte, congáudet autem veritáti: ómnia suffert, ómnia credit, ómnia sperat, ómnia sústinet. Cáritas numquam éxcidit: sive prophétiæ evacuabúntur, sive linguæ cessábunt, sive sciéntia destruétur.

    GRADUALE

    Dómine, prævenísti eum in benedictiónibus dulcédinis: posuísti in cápite ejus corónam de lápide pretióso. Vitam pétiit a te, et tribuísti ei longitudinem dierum in sǽculum, et in sǽculum sǽculi.

    ALLELUJA

    Allelúja, allelúja. Oculus Dei respéxit illum in bono, et eréxit eum ab humilitáte ipsíus, et exaltávit caput ejus. Allelúja.

    EVANGELIUM

    Sequéntia ✠ sancti Evangélii secundum Matthǽum

    Matt 22:1-14

    In illo témpore: Loquebátur Jesus princípibus sacerdótum et pharisæis in parábolis, dicens: Símile factum est regnum cœlórum hómini regi, qui fecit núptias fílio suo. Et misit servos suos vocáre invitátos ad núptias, et nolébant veníre. Iterum misit álios servos, dicens: Dícite invitátis: Ecce, prándium meum paravi, tauri mei et altília occísa sunt, et ómnia paráta: veníte ad núptias. Illi autem neglexérunt: et abiérunt, álius in villam suam, álius vero ad negotiatiónem suam: réliqui vero tenuérunt servos ejus, et contuméliis afféctos occidérunt. Rex autem cum audísset, irátus est: et, missis exercítibus suis, pérdidit homicídas illos et civitátem illórum succéndit. Tunc ait servis suis: Núptiæ quidem parátæ sunt, sed, qui invitáti erant, non fuérunt digni. Ite ergo ad éxitus viárum et, quoscúmque invenéritis, vocáte ad núptias. Et egréssi servi ejus in vias, congregavérunt omnes, quos invenérunt, malos et bonos: et implétæ sunt núptiæ discumbéntium. Intrávit autem rex, ut vidéret discumbéntes, et vidit ibi hóminem non vestítum veste nuptiáli. Et ait illi: Amice, quómodo huc intrásti non habens vestem nuptiálem? At ille obmútuit. Tunc dixit rex minístris: Ligátis mánibus et pédibus ejus, míttite eum in ténebras exterióres: ibi erit fletus et stridor déntium. Multi enim sunt vocati, pauci vero elécti.

    OFFERTORIUM

    Orémus. Ego autem, cum mihi molésti essent, induébar cilício. Humiliábam in jejúnio ánimam meam: et orátio mea in sinu meo convertétur.

    SECRETAE

    Laudis tibi, Dómine, hóstias immolámus in tuórum commemoratióne Sanctórum: quibus nos et præséntibus éxui malis confídimus et futúris. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

    Concéde, quǽsumus, omnípotens Deus: ut oculis tuæ majestátis munus oblátum et grátiam nobis devotiónis obtíneat, et efféctum beátæ perennitátis acquírat. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

    PRAEFATIO COMMUNIS

    Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias agere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: per Christum, Dóminum nostrum. Per quem majestátem tuam laudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Coeli coelorúmque Virtútes ac beáta Séraphim sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces ut admitti jubeas, deprecámur, súpplici confessione dicéntes: (Sanctus).

    COMMUNIO

    Ego sum pauper et dolens: salus tua, Deus, suscépit me. Laudábo nomen Dei cum cantico: et magnificábo eum in laude.

    POSTCOMMUNIO

    Orémus. Refécti cibo potúque cœlésti, Deus noster, te súpplices exorámus: ut, in cujus hæc commemoratióne percépimus, ejus muniámur et précibus. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

    Orémus. Perfíciant in nobis, Dómine, quǽsumus, tua sacraménta quod cóntinent: ut, quæ nunc spécie gérimus, rerum veritáte capiámus. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

    ULTIMUM EVANGELIUM

    Sequéntia ✠ sancti Evangélii secundum Lucam

    Luc 13:6-17

    In illo témpore: Dicébat Jesus turbis hanc similitúdinem: Arbórem fici habébat quidam plantátam in vínea sua, et venit quærens fructum in illa, et non invénit. Dixit autem ad cultórem víneæ: Ecce, anni tres sunt, ex quo vénio quærens fructum in ficúlnea hac, et non invénio: succíde ergo illam: ut quid étiam terram óccupat? At ille respóndens, dicit illi: Dómine, dimítte illam et hoc anno, usque dum fódiam circa illam et mittam stércora: et si quidem fécerit fructum: sin autem, in futúrum succídes eam. Erat autem docens in synagóga eórum sábbatis. Et ecce múlier, quæ habébat spíritum infirmitátis annis decem et octo: et erat inclináta, nec omníno póterat sursum respícere. Quam cum vidéret Jesus, vocávit eam ad se, et ait illi: Múlier, dimíssa es ab infirmitáte tua. Et impósuit illi manus, et conféstim erécta est, et glorificábat Deum. Respóndens autem archisynagógus, indígnans quia sábbato curásset Jesus, dicébat turbæ: Sex dies sunt, in quibus opórtet operári: in his ergo veníte, et curámini, et non in die sábbati. Respóndens autem ad illum Dóminus, dixit: Hypócritæ, unusquísque vestrum sábbato non solvit bovem suum aut ásinum a præsépio, et ducit adaquáre? Hanc autem fíliam Abrahæ, quam alligávit sátanas, ecce decem et octo annis, non opórtuit solvi a vínculo isto die sábbati? Et cum hæc díceret, erubescébant omnes adversárii ejus: et omnis pópulus gaudébat in univérsis, quæ glorióse fiébant ab eo.


    Traduzione italiana

    INTROITO

    L'amore di Dio è gloriosa sapienza. Coloro, ai quali si manifesta, subito l'amano appena la conoscono e ne considerano le meraviglie. --- Quanto amabili sono le tue dimore, o Signore degli eserciti! L'anima mia spasima ed anela verso il tempio del Signore. --- Gloria --- L'amore di Dio è gloriosa sapienza. Coloro, ai quali si manifesta, subito l'amano appena la conoscono e ne considerano le meraviglie.

    COLLETTE

    Preghiamo. O Dio, che volesti ogni cosa attratta all’Unigenito tuo Figlio; concedici propizio che, per i meriti e l'esempio del tuo serafico Confessore Giuseppe, siamo elevati al di sopra delle terrene cupidigie e possiamo pervenire a Lui: Lui che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

    Preghiamo. Dio onnipotente ed eterno, che hai fatto dell'astinenza un rimedio salutare al corpo e all'anima, supplichiamo umilmente la tua maestà, che placato dalla devota preghiera di quelli che digiunano, ci conceda aiuti e per la vita presente e per la futura. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

    EPISTOLA

    Lettura della Lettera di san Paolo apostolo ai Corinti

    1 Cor 13:1-8

    Fratelli, se pure io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei un bronzo risonante o un cembalo squillante. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, ed avessi tutta la fede così da trasportare le montagne, se non ho la carità, io sono niente. E se distribuissi come cibo ai poveri tutte le mie sostanze, e donassi il mio corpo fino a farmi bruciare, se non ho la carità, nulla mi giova. La carità è paziente, la carità è benigna, la carità non è invidiosa; non agisce con ostentazione, non si gonfia di orgoglio, non agisce indecorosamente, non cerca il proprio tornaconto, non si muove ad ira, non pensa al torto ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità; tollera tutto, crede tutto, spera tutto, sopporta tutto. La carità non viene mai meno; mentre le profezie svaniranno, il dono delle lingue cesserà, la scienza diverrà inutile.

    GRADUALE

    O Signore, lo hai preceduto con larghe benedizioni, hai posto sul suo capo una corona d'oro puro. Ti ha chiesto vita e l'hai data a lui, lunghezza di giorni per sempre nei secoli.

    ALLELUIA

    Alleluia, alleluia. Dio guarda con benevolenza il misero, lo fa sorgere dalla sua umiliazione, gli solleva la testa. Alleluia.

    VANGELO

    Lettura del Santo Vangelo secondo San Matteo

    Matt 22:1-14

    In quel tempo, Gesù parlava in parabole ai capi dei sacerdoti e ai farisei, dicendo: «Il regno dei cieli è simile ad un re, che celebrò le nozze del figlio suo. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma essi non volevano venire. E di nuovo mandò altri servi, dicendo: "Annunciate agli invitati: Ecco, ho preparato il mio banchetto: i buoi e gli animali ingrassati sono stati uccisi, e tutto è pronto: venite alle nozze". Ma essi non ne tennero conto e se ne andarono chi al suo podere, chi ai propri affari; gli altri poi presero i suoi servi, li oltraggiarono e li uccisero. Udendo questo, il re si sdegnò; e mandò i suoi eserciti a sterminare quegli omicidi e ad incendiare la loro città. Quindi disse ai servi: "Le nozze sono pronte, ma gli invitati non ne erano degni. Andate, dunque, nei crocicchi delle strade, e quanti incontrerete, invitateli alle nozze". E i servi, usciti per le vie, raccolsero tutti quelli che vi trovarono: cattivi e buoni; e la sala del convito fu piena di commensali. Il re entrò allora per vedere quelli che erano a mensa; e vide un uomo che non indossava l'abito di nozze e gli disse: "Amico, come mai sei entrato qui senza la veste nuziale?" Quello non aprì bocca. Allora il re disse ai servi: “Legatelo mani e piedi, e gettatelo nelle tenebre esteriori: dove sarà pianto e stridore di denti”. Poiché molti sono chiamati, ma pochi gli eletti».

    OFFERTORIO

    Preghiamo. Quando eran molesti mi vestivo di sacco, mi maceravo nel digiuno e la mia preghiera si ripercuoteva nel mio seno.

    SECRETE

    Ti offriamo, o Signore, un sacrificio di lode in memoria dei tuoi santi, e per esso speriamo di essere liberati dai mali presenti e futuri. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

    Il dono offerto alla tua maestà, o Dio onnipotente, ci ottenga la grazia di un culto perfetto e il frutto di un'eternità beata. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

    PREFAZIO COMUNE

    E’ veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e dovunque a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore. Per mezzo di lui gli Angeli lodano la tua gloria, le Dominazioni ti adorano, le Potenze ti venerano con tremore. A te inneggiano i Cieli, gli Spiriti celesti e i Serafini, uniti in eterna esultanza. Al loro canto concedi, o Signore, che si uniscano le nostre umili voci nell'inno di lode: (Sanctus).

    COMUNIONE

    Son povero e sofferente; o Dio, mi sostenga il tuo aiuto. Loderò il nome di Dio con un cantico, gli darò gloria con inni di lode.

    POST-COMUNIONE

    Preghiamo. Ristorati dal cibo e dalla bevanda celeste, ti supplichiamo, o Signore Dio nostro sia nostra difesa la preghiera del santo, nella cui festa abbiamo partecipato a questi doni. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

    Preghiamo. I tuoi sacramenti, o Signore, producano in noi quel che contengono; affinché conseguiamo realmente ciò che ora simbolicamente facciamo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

    ULTIMO VANGELO

    Lettura del Santo Vangelo secondo San Luca

    Luc 13:6-17

    In quel tempo Gesù disse questa parabola: «Un uomo aveva un albero di fico piantato nella sua vigna, e andò per cercarvi frutto e non ne trovò. Allora disse al vignaiuolo: “Ecco, da tre anni vengo a cercar frutto da questo fico e non ne trovo: taglialo: a che occupa inutilmente terreno?". Ma quegli gli rispose: "Signore, lascialo ancora quest'anno, finché abbia scalzata la terra e vi abbia messo del concime: e se darà frutto, bene: se no, allora lo farai tagliare”». Era di sabato mentre stava ammaestrando in una sinagoga, ed ecco una donna, che da diciotto anni era inferma e così rattrappita da non poter punto guardar in su. Gesù, vistala, la chiamò a sé, e le disse: «Donna, tu sei liberata dalla tua infermità». E pose le mani su lei e in quell'atto si raddrizzò e glorificava Dio. Ma il capo della sinagoga, sdegnato che Gesù l'avesse guarita di sabato prese a dire al popolo: «Ci sono sei giorni per lavorare, in quelli dunque e non di sabato venite a farvi guarire». Ma il Signore riprese dicendo: «Ipocriti, ognuno di voi non scioglie di sabato il suo bue o asino dalla mangiatoia, e lo conduce a bere? E questa figliuola d'Abramo, tenuta già legata da satana per diciotto anni, non doveva esser sciolta da questo legame in giorno di sabato?». E mentre diceva queste cose arrossivano tutti i suoi avversari: e tutto il popolo godeva di tutte le opere gloriose che si facevano da lui.


    Dall'Anno Liturgico di Dom Guéranger

    18 SETTEMBRE SAN GIUSEPPE DA COPERTINO, CONFESSORE

    La santità non è nei fenomeni mistici.

    « Vi è un’opinione troppo diffusa e accettata, forse a causa dei trattati di mistica moderni e del modo di scrivere la vita dei santi. Ci si è abituati a vedere la santità in manifestazioni straordinarie, che talvolta la caratterizzano o nei modi dei quali Dio si vale per prepararla, accrescerla, manifestarla, quando gli piace, modi che non sono la santità, nè la sua essenziale manifestazione.

    » Anche quando la causa di tali manifestazioni è divina, non bisogna darci soverchia importanza, dato che non potrebbero rivelare la profondità e il valore reale dell’azione divina, che, generalmente, tanto più c intensa quanto meno si tradisce all’esterno.

    » Quando si leggono le vite dei Padri e dei grandi contemplativi dell’antichità, si resta colpiti dal silenzio quasi completo, che essi mantengono circa gli effetti esteriori della contemplazione soprannaturale… Per essi l’unione con Dio, la vera santità consiste nella pratica eroica delle virtù teologali e cardinali…

    » I Santi sono uomini come gli altri, che hanno però preso sul serio le condizioni della loro creazione e il fine che Dio si è proposto nel crearli » (M.me Cecile Bruyère: La vie spirituelle et l’oraison, p. 42, 338, Mame, 1950).

    Scopo dei privilegi.

    Tuttavia accade che Dio conceda, a qualcuno dei suoi servi, privilegi che non sono per necessità segno della santità, ma piuttosto ricompensa e che soprattutto sono utili nella Chiesa per la salvezza, la conversione, la santificazione delle anime, che con stupore li notano. Dio li concede quando crede e, quando crede, anche li toglie e il segno della sua azione divina sta piuttosto nell’umiltà, che sempre sa conservare colui che è oggetto della divina liberalità.

    Privilegi di san Giuseppe.

    Due privilegi sono stati concessi a san Giuseppe da Copertino e lo hanno reso celebre, ma gli hanno procurato ancor più sofferenze e umiliazioni: il dono di essere alzato da terra come per un’esplosione di amore di Dio, e quello di leggere nelle anime, come se fossero libri aperti davarui ai suoi occhi. Il povero e ignorante religioso aveva penato per farsi ammettere nell’Ordine dei Frati Minori, perchè sembrava buono a nulla ed era stato ordinato sacerdote solo perchè il vescovo, che aveva fiducia in lui , non lo aveva sottoposto ad esame. Ma Dio voleva manifestare in questo ignorante, il quale aveva tanto mortificato la sua carne e subito tante umiliazioni ed obbrobri, i privilegi che le nostre anime e i nostri corpi avranno dopo la risurrezione. I corpi risuscitati potranno spostarsi da un luogo all’altro con grande rapidità, elevarsi verso Dio, senza peso o ostacoli e le anime potranno leggere nelle altre anime tutto ciò che la grazia del Signore vi avrà deposto, dal giorno del battesimo fino alla glorificazione.

    Vita. – Giuseppe nacque il 17 giugno 1603 a Copertino, nel regno di Napoli. Era di famiglia tanto povera che la madre lo mise al mondo in una stalla, ma gli diede una educazione piissima e severa. Già nell’infanzia la sua preghiera era così fervorosa e costante che parve non capire altro e non occuparsi d’altro che di Dio. Entrò a 17 anni nell’Ordine dei Minori Conventuali, ma fu necessario dimetterlo , perchè, se erano notati i suoi rapimenti come le sue virtù, non erano meno notate le sue incapacità a qualsiasi lavoro e inoltre era sempre fuori della regola. Però i Conventuali ci ripensarono ed egli entrò nel noviziato e fu anche ordinato sacerdote, nonostante l’ignoranza della scolastica. I superiori lo designarono alla predicazione e tosto il suo linguaggio, semplice e infiammato, converti molti peccatori. Le sue estasi, la sua vita tra cielo e terra , il dono di leggere nelle anime, gli valsero grande celebrità e molte persecuzioni e fu denunciato alla Inquisizione. L’Inquisizione riconobbe la sua virtù, ma ordinò che, per prudenza, fosse tenuto fisso in un convento dell’Ordine. Felice di tale decisione, passò gli ultimi anni della sua vita nella preghiera e nel silenzio. Mori a Osimo, presso Loreto, nel 1663 ; fu beatificato ne! 1753 da Benedetto XIV e canonizzato da Clemente XIII nel 1767.

    Preghiera.

    Lodiamo Dio per i doni prodigiosi che ti ha fatto, o Giuseppe, ma le tue virtù sono doni più grandi. Senza di queste, quelli sarebbero stati sospetti per la Chiesa tanto più circospetta perchè da tanto tempo il mondo applaudiva e ammirava. Obbedienza, pazienza, carità, crescendo in mezzo alle prove, posero in te il segno dell’autenticità divina incontestabile ai fatti straordinari , che il nemico può scimmiescamente contraffare. Satana può portare Simone in alto, ma non sa fare umile un uomo. Degno figlio del serafico d’Assisi, fa’ che noi possiamo, sulle tue orme volare non nell’aria, ma nelle regioni della luce vera, lontani dalla terra e dalle passioni, la nostra vita possa essere, come la tua, nascosta in Dio (Colletta e Antifona propria della festa; Col. 3, 3).

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