25 maggio 2021

Mercoledì 26 Maggio 2021 nella liturgia



Mercoledì delle Quattro Tempora di PentecosteSemidoppio, colore liturgico rosso. Commemorazioni di San Filippo Neri Confessore e di Sant'Eleuterio Papa e Martire. Giorno di digiuno e astinenza.

Ai Vespri commemorazioni di San Filippo Neri, di San Beda il Venerabile Confessore e Dottore della Chiesa, e di San Giovanni I Papa e Martire.


Qui per le peculiarità del Tempo Pasquale:

https://loquerequaedecentsanamdoctrinam.blogspot.com/2021/04/dispensa-di-liturgia-sul-tempo-pasquale.html


Al Breviario

Tutto dal Proprio del Tempo come alla Festa di Pentecoste con i Salmi riportati a Mattutino e quelli domenicali da Lodi a Compieta (a Prima come alle Feste). Letture del Mattutino coi Responsori, Ant. al Benedictus e al Magnificat e Orazione proprie. Commemorazioni dal Proprio dei Santi (al 26 Maggio, ai Vespri al 27 Maggio).

Le Antifone non si raddoppiano.


Nota per coloro che recitano per devozione il Breviario anteriore alle disastrose riforme del 1911 (chi ha l'obbligo dell'Ufficio purtroppo non soddisfa a tale obbligo se non usa il Breviario riformato dalla Costituzione Apostolica Divino Afflatu, almeno tale è stata la volontà di San Pio X espressamente manifestata nella detta Costituzione):

Mercoledì delle Quattro Tempora di Pentecoste, Semidoppio, colore liturgico rosso. Commemorazioni di San Filippo Neri Confessore e di Sant'Eleuterio Papa e Martire. Giorno di digiuno e astinenza.

Ai Vespri commemorazioni di San Filippo Neri e di San Giovanni I Papa e Martire.

La Festa di San Beda il Venerabile, Confessore e Dottore della Chiesa, viene traslata a Martedì 1° Giugno (poiché nella riforma delle rubriche della traslazione fatta da Leone XIII nel 1883, essa è stata concessa ai Dottori della Chiesa anche se aventi rito Doppio minore).


Tutto come sopra, ovviamente con le solite differenze quanto ai Salmi di Lodi e Compieta.


Al Messale

Messa del Mercoledì delle Quattro Tempora di Pentecoste:

  • Dopo il Kyrie si dicono l'Orazione Mentes nostras, la Profezia e l'Alleluia

  • Gloria in excelsis

  • Tre Orazioni:
    • La prima della Messa
    • La seconda è la commemorazione di San Filippo Neri (al 26 Maggio)
    • La terza è la commemorazione di Sant'Eleuterio (idem)

  • All'Alleluia si dice solo il Versetto Veni Sancte Spiritus, nel quale ci si genuflette. Segue l'omonima Sequenza

  • Credo

  • Prefazio dello Spirito Santo
  • Communicantes e Hanc Igitur di Pentecoste
  • Ite Missa est
  • Prologo di San Giovanni


    Letture del Mattutino (in latino)

    AD NOCTURNUM

    Lectio 1

    Léctio sancti Evangélii secúndum Joánnem

    Joann 6:44-52

    In illo témpore: Dixit Jesus turbis Judæórum: Nemo potest veníre ad me, nisi Pater, qui misit me, tráxerit eum. Et réliqua.

    Homilía sancti Augustíni Epíscopi

    Tract. 26 in Joann., post init.

    Noli cogitáre te invítum trahi: tráhitur ánimus et amóre. Nec timére debémus, ne ab homínibus, qui verba perpéndunt, et a rebus máxime divínis intellegéndis longe remóti sunt, in hoc Scripturárum sanctárum evangélico verbo fórsitan reprehendámur, et dicátur nobis: Quómodo voluntáte credo, si trahor? Ego dico: Parum est voluntáte: étiam voluptáte tráheris. Quid est, trahi voluptáte? Delectáre in Dómino: et dabit tibi petitiónes cordis tui. Est quædam volúptas cordis, cui panis dulcis est ille cæléstis. Porro si poétæ dícere lícuit: Trahit sua quemque volúptas: non necéssitas, sed volúptas; non obligátio, sed delectátio: quanto fórtius nos dícere debémus, trahi hóminem ad Christum, qui delectátur veritáte, delectátur beatitúdine, delectátur justítia, delectátur sempitérna vita, quod totum Christus est? An vero habent córporis sensus voluptátes suas, et ánimus deséritur a voluptátibus suis? Si ánimus non habet voluptátes suas, unde dícitur: Fílii autem hóminum sub tégmine alárum tuárum sperábunt: inebriabúntur ab ubertáte domus tuæ, et torrénte voluptátis tuæ potábis eos. Quóniam apud te est fons vitæ: et in lúmine tuo vidébimus lumen.

    Lectio 2

    Da amántem, et sentit quod dico: da desiderántem, da esuriéntem, da in ista solitúdine peregrinántem, atque sitiéntem, et fontem ætérnæ pátriæ suspirántem: da talem, et scit quid dicam. Si autem frígido loquor, nescit, quid loquor. Tales erant isti, qui ínvicem murmurábant. Pater, inquit, quem tráxerit, venit ad me. Quid est autem, Pater quem tráxerit, cum ipse Christus trahat? Quare vóluit dícere, Pater quem tráxerit? Si trahéndi sumus, ab illo trahámur, cui dicit quædam, quæ díligit: Post odórem unguentórum tuórum currémus. Sed quid intéllegi vóluit, advertámus fratres, et, quantum póssumus, capiámus. Trahit Pater ad Fílium eos, qui proptérea credunt in Fílium, quia eum cógitant Patrem habére Deum. Deus enim Pater æquálem sibi génuit Fílium; et qui cógitat, atque in fide sua sentit et rúminat, æquálem esse Patri eum, in quem credit, ipsum trahit Pater ad Fílium.

    Lectio 3

    Aríus crédidit creatúram, non eum traxit Pater; quia non consíderat Patrem, qui Fílium non credit æquálem. Quid dicis, o Ari? quid dicis, hærétice? quid loquéris? Quid est Christus? Non, inquit, Deus verus, sed quem fecit Deus verus. Non te traxit Pater; non enim intellexísti Patrem, cujus Fílium negas. Aliud cógitas, non est ipse Fílius: nec a Patre tráheris, nec ad Fílium tráheris. Aliud est enim Fílius, áliud quod tu dicis. Photínus dicit: Homo solum est Christus, non est et Deus. Qui sic credit, non Pater eum traxit. Quem traxit Pater? Illum qui dicit: Tu es Christus Fílius Dei vivi. Ramum víridem osténdis ovi, et trahis illam. Nuces púero demonstrántur, et tráhitur: et quod currit, tráhitur, amándo tráhitur, sine læsióne córporis tráhitur, cordis vínculo tráhitur. Si ergo ista, quæ inter delícias et voluptátes terrénas revelántur amántibus, trahunt, quóniam verum est, Trahit sua quemque volúptas; non trahit revelátus Christus a Patre? Quid enim fórtius desíderat ánima, quam veritátem?


    Traduzione italiana delle Letture del Mattutino

    NOTTURNO UNICO

    Lettura 1

    Lettura del santo Vangelo secondo Giovanni

    Giov 6:44-52

    In quell'occasione: Gesù disse alle turbe dei Giudei: Nessuno può venire a me, se non lo attiri il Padre che mi ha mandato. Eccetera.

    Omelia di sant'Agostino Vescovo

    Trattato 26 su Giovanni, dopo il principio

    Non t'immaginare d'essere attirato nolente: l'anima è attirata anche dall'amore. E non dobbiamo temere d'essere ripresi forse, intorno a questa parola evangelica delle sacre Scritture, da uomini che pesano eccessivamente le parole e son lontani dal comprendere le cose, soprattutto quelle di Dio, e che ci si dica: Come credo volontariamente, se sono attirato? Ma io rispondo: È poco dire dalla volontà: tu sei attirato anche dal piacere. Che significa essere attirato dal piacere? «Metti le tue delizie nel Signore, ed egli ti darà quanto il tuo cuore domanda» Ps. 36, 4. C'è un certo piacere per il cuore, cui è dolce questo pane celeste. Ora se un poeta poté dire: «Ognuno è attirato dal proprio piacere» Virg. Egl. 2: non dalla necessità, ma dal piacere, non dal dovere, ma dal diletto: con quanta più ragione noi dobbiamo dire d'essere attirato a Cristo chi pone le sue delizie nella verità, nella beatitudine, nella giustizia, nella vita eterna, ché Cristo è tutto questo? O forse che i sensi del corpo hanno i loro piaceri, e l'anima ne sarà priva? Se l'anima non ha i suoi piaceri, come mai è detto: «Ma i figli degli uomini spereranno all'ombra delle tue ali: saranno inebriati dall'ubertà della tua casa, e li disseterai al torrente delle tue delizie. Perché presso di te è la sorgente della vita, e nel lume tuo vedremo la luce» Ps. 35, 8

    Lettura 2

    Dammi uno che ama, e comprenderà ciò che dico: dammi uno che brama, che ha fame, che si riguarda come esule in questo deserto, che ha sete del cielo e sospira alla sorgente dell'eterna patria: dammi uomo siffatto, e comprenderà quel che dico. Se invece parlo a uno ch'è freddo, non capisce punto ciò che dico. Tali erano i Giudei che mormoravano fra loro. «Chi attira il Padre, dice il Signore, viene a me». Ma che significa: «Chi attira il Padre» Joann. 6, 44, mentre è lo stesso Cristo che attira? Perché ha voluto dire: «Chi attira il Padre»? Se dobbiamo essere attirati, siamolo da colui al quale un'anima amante dice: «Noi corriamo dietro all'odore dei tuoi profumi» Cant. 1, 3. Consideriamo attentamente, fratelli, quel che ha voluto dirci, e comprendiamolo per quanto ne è dato. Il Padre attira al Figlio quelli che credono nel Figlio, perché sono persuasi ch'egli ha Dio per Padre. Dio Padre, infatti, ha generato un Figlio eguale a sé; e chi pensa che colui al quale crede è uguale al Padre, e sente nella sua fede e medita questa verità, il Padre l'attira al Figlio.

    Lettura 3

    Ario lo credé creatura, non lo attirò già il Padre; perché non considera il Padre, chi non crede il Figlio a lui uguale. Che dici, o Ario? che dici, o eretico? che linguaggio tieni tu? Che cosa è Cristo? Egli non è già il Dio vero, dici tu, ma esso è stato fatto dal vero Dio. Non ti attirò il Padre; perché non hai compreso il Padre, di cui neghi il. Figlio. Ciò che pensi di lui, non è il Figlio: tu non sei attirato dal Padre, né sei attirato al Figlio. Perché altro è il Figlio, altro quello che tu dici. Fotino dice: Cristo non è che un uomo, egli non è anche Dio. Chi la pensa così, non lo attirò il Padre. Chi attirò il Padre? Colui che dice: «Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo» Matth. 16, 16. Tu mostri a una pecora un ramo verde, e l'attiri. Si mostrano delle noci a un fanciullo, e si attira: e siccome egli corre, è attirato perché l'ama, è attirato senza alcuna violenza esteriore, è attirato dal legame del cuore. Se dunque queste cose, che le delizie e i piaceri terreni rivelano agli amanti, esercitano su di essi una vera potenza di attrazione, essendo vero che: «Ciascuno è attirato dal proprio piacere» Virg. Egl. 2, non attirerà Cristo rivelatoci dal Padre? Invero che desidera l'anima più ardentemente, che la verità?


    Ad Primam: il Martirologio del 27 Maggio 2021.

    Sexto Kalendas Junii, luna quintadecima.



    Nel sesto giorno alle Calende di Giugno, luna quindicesima.




    Parti proprie della Messa (in latino)

    INTROITUS

    Deus, dum egrederéris coram pópulo tuo, iter fáciens eis, hábitans in illis, allelúja: terra mota est, cœli distillavérunt, allelúja, allelúja. --- Exsúrgat Deus, et dissipéntur inimíci ejus: et fúgiant, qui odérunt eum, a fácie ejus. --- Gloria Patri --- Deus, dum egrederéris coram pópulo tuo, iter fáciens eis, hábitans in illis, allelúja: terra mota est, cœli distillavérunt, allelúja, allelúja.

    ORATIO

    Orémus. Mentes nostras, quǽsumus, Dómine, Paráclitus, qui a te procédit, illúminet: et indúcat in omnem, sicut tuus promísit Fílius, veritátem: Qui tecum vivit et regnat in unitáte ejúsdem Spíritus Sancti Deus per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

    PROPHETIA

    Léctio Actuum Apostolórum.

    Act 2:14-21

    In diébus illis: Stans Petrus cum úndecim, levávit vocem suam, et locútus est eis: Viri Judǽi, et qui habitátis Jerúsalem univérsi, hoc vobis notum sit, et áuribus percípite verba mea. Non enim, sicut vos æstimátis, hi ébrii sunt, cum sit hora diéi tértia: sed hoc est, quod dictum est per Prophétam Joël: Et erit in novíssimis diébus - dicit Dóminus - effúndam de Spíritu meo super omnem carnem, et prophetábunt fílii vestri et fíliæ vestræ, et júvenes vestri visiónes vidébunt, et senióres vestri sómnia somniábunt. Et quidem super servos meos et super ancíllas meas in diébus illis effúndam de Spíritu meo, et prophetábunt: et dabo prodígia in cœlo sursum et signa in terra deórsum, sánguinem et ignem et vapórem fumi. Sol convertétur in ténebras et luna in sánguinem, antequam véniat dies Dómini magnus et maniféstus. Et erit: omnis, quicúmque invocáverit nomen Dómini, salvus erit.

    ALLELUIA

    Alleluia. Verbo Dómini cœli firmáti sunt, et Spíritu oris ejus omnis virtus eórum.

    COLLECTAE

    Orémus. Præsta, quǽsumus, omnípotens et miséricors Deus: ut Spíritus Sanctus advéniens, templum nos glóriæ suæ dignánter inhabitándo perfíciat. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte ejúsdem Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

    Orémus. Deus, qui beátum Philíppum Confessórem tuum Sanctórum tuórum glória sublimásti: concéde propítius; ut, cujus sollemnitáte lætámur, ejus virtútum proficiámus exémplo.

    Gregem tuum, Pastor ætérne, placátus inténde: et, per beátum Eleuthérium Mártyrem tuum atque Summum Pontíficem, perpétua protectióne custódi; quem totíus Ecclésiæ præstitísti esse pastórem. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum.

    EPISTOLA

    Léctio Actuum Apostolorum.

    Act 5:12-16

    In diébus illis: Per manus autem Apostolórum fiébant signa et prodígia multa in plebe. Et erant unanímiter omnes in pórticu Salomónis. Ceterórum autem nemo audébat se conjúngere illis: sed magnificábat eos pópulus. Magis autem augebátur credéntium in Dómino multitúdo virórum ac mulíerum, ita ut in pláteas ejícerent infírmos, et pónerent in léctulis ac grabátis, ut, veniénte Petro, saltem umbra illíus obumbráret quemquam illórum, et liberaréntur ab infirmitátibus suis. Concurrébat autem et multitúdo vicinárum civitátum Jerúsalem, afferéntes ægros et vexátos a spirítibus immúndis: qui curabántur omnes.

    ALLELUIA

    Allelúja, allelúja. Veni, Sancte Spíritus, reple tuórum corda fidélium: et tui amóris in eis ignem accénde.

    SEQUENTIA

    Veni, Sancte Spíritus,

    et emítte cǽlitus

    lucis tuæ rádium.

    Veni, pater páuperum;

    veni, dator múnerum;

    veni, lumen córdium.

    Consolátor óptime,

    dulcis hospes ánimæ,

    dulce refrigérium.

    In labóre réquies,

    in æstu tempéries,

    in fletu solácium.

    O lux beatíssima,

    reple cordis íntima

    tuórum fidélium.

    Sine tuo númine

    nihil est in hómine,

    nihil est innóxium.

    Lava quod est sórdidum,

    riga quod est áridum,

    sana quod est sáucium.

    Flecte quod est rígidum,

    fove quod est frígidum,

    rege quod est dévium.

    Da tuis fidélibus,

    in te confidéntibus,

    sacrum septenárium.

    Da virtútis méritum,

    da salútis éxitum,

    da perénne gáudium.

    Amen. Allelúja.

    EVANGELIUM

    Sequéntia ✠ sancti Evangélii secundum Joánnem

    Joann 6:44-52

    In illo témpore: Dixit Jesus turbis Judæórum: Nemo potest veníre ad me, nisi Pater, qui misit me, tráxerit eum: et ego resuscitábo eum in novíssimo die. Est scriptum in Prophétis: Et erunt omnes docíbiles Dei. Omnis, qui audívit a Patre et dídicit, venit ad me. Non quia Patrem vidit quisquam, nisi is, qui est a Deo, hic vidit Patrem. Amen, amen, dico vobis: qui credit in me, habet vitam ætérnam. Ego sum panis vitæ. Patres vestri manducavérunt manna in desérto, et mórtui sunt. Hic est panis de cœlo descéndens: ut, si quis ex ipso manducáverit, non moriátur. Ego sum panis vivus, qui de cœlo descéndi. Si quis manducáverit ex hoc pane, vivet in ætérnum: et panis, quem ego dabo, caro mea est pro mundi vita.

    OFFERTORIUM

    Orémus. Meditábor in mandátis tuis, quæ diléxi valde: et levábo manus meas ad mandáta tua, quæ diléxi, allelúja.

    SECRETAE

    Accipe, quǽsumus, Dómine, munus oblátum: et dignánter operáre; ut, quod mystériis ágimus, piis efféctibus celebrámus. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

    Sacrifíciis præséntibus, quǽsumus, Dómine, inténde placatus: et præsta; ut illo nos igne Spíritus Sanctus inflámmet, quo beáti Phílippi cor mirabíliter penetrávit.

    Oblátis munéribus, quǽsumus, Dómine, Ecclésiam tuam benígnus illúmina: ut, et gregis tui profíciat ubique succéssus, et grati fiant nómini tuo, te gubernánte, pastóres. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

    PRAEFATIO DE SPIRITU SANCTO

    Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: per Christum, Dóminum nostrum. Qui, ascéndens super omnes cælos sedénsque ad déxteram tuam, promíssum Spíritum Sanctum in fílios adoptiónis effúdit. Quaprópter profúsis gáudiis totus in orbe terrárum mundus exsúltat. Sed et supérnæ Virtútes atque angélicæ Potestátes hymnum glóriæ tuæ cóncinunt, sine fine dicéntes: (Sanctus).

    COMMUNICANTES A VIGILIA PENTECOSTES USQUE AD SEQUENS SABBATUM

    Communicántes, et diem sacratíssimum Pentecóstes celebrántes, quo Spíritus Sanctus Apóstolis innúmeris linguis appáruit: sed et memóriam venerántes, in primis gloriósæ semper Vírginis Maríæ, Genetrícis Dei et Dómini nostri Jesu Christi: sed et beatórum Apostolórum ac Mártyrum tuórum, Petri et Pauli, Andréæ, Jacóbi, Joánnis, Thomæ, Jacóbi, Philíppi, Bartholomǽi, Matthǽi, Simónis et Thaddǽi: Lini, Cleti, Cleméntis, Xysti, Cornélii, Cypriáni, Lauréntii, Chrysógoni, Joánnis et Pauli, Cosmæ et Damiáni: et ómnium Sanctórum tuórum; quorum méritis precibúsque concédas, ut in ómnibus protectiónis tuæ muniámur auxílio. Per eúndem Christum, Dóminum nostrum. Amen.

    HANC IGITUR A VIGILIA PENTECOSTES USQUE AD SEQUENS SABBATUM

    Hanc ígitur oblatiónem servitútis nostræ, sed et cunctæ famíliæ tuæ, quam tibi offérimus pro his quoque, quos regeneráre dignatus es ex aqua et Spíritu Sancto, tríbuens eis remissiónem omnium peccatórum, quǽsumus, Dómine, ut placátus accípias: diésque nostros in tua pace dispónas, atque ab ætérna damnatióne nos éripi, et in electórum tuórum júbeas grege numerári. Per Christum, Dóminum nostrum. Amen.

    COMMUNIO

    Pacem relínquo vobis, allelúja: pacem meam do vobis, allelúja, allelúja.

    POSTCOMMUNIO

    Orémus. Suméntes, Dómine, cœléstia sacraménta, quǽsumus cleméntiam tuam: ut quod temporáliter gérimus ætérnis gáudiis consequámur. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

    Orémus. Cœléstibus, Dómine, pasti delíciis: quǽsumus; ut beáti Philippi Confessóris tui méritis et imitatióne, semper eadem, per quæ veráciter vívimus, appetámus.

    Refectióne sancta enutrítam gubérna, quǽsumus, Dómine, tuam placátus Ecclésiam: ut, poténti moderatióne dirécta, et increménta libertátis accípiat et in religiónis integritáte persístat. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.


    Traduzione italiana

    INTROITO

    O Dio, quando andavi alla testa del tuo popolo, aprendogli la strada e dimorando con esso, alleluia; la terra tremò ed i cieli stessi si sciolsero, alleluia, alleluia. --- Sorge Dio, i suoi nemici si disperdono; e quelli che lo odiano, fuggono dal suo Volto. --- Gloria. --- O Dio, quando andavi alla testa del tuo popolo, aprendogli la strada e dimorando con esso, alleluia; la terra tremò ed i cieli stessi si sciolsero, alleluia, alleluia.

    ORAZIONE

    Preghiamo. O Signore, te ne preghiamo: illumini le menti nostre il Paràclito, che da te procede; e le addentri in ogni verità. Lui che è Dio, e vive e regna con te, in unità con il medesimo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

    PROFEZIA

    Lettura degli Atti degli Apostoli.

    Atti 2:14-21

    In quei giorni, Pietro, levatosi su con gli altri undici, alzò la voce e disse loro: «Uomini di Giudea, e voi tutti abitanti di Gerusalemme, questo vi sia chiaro, e date ascolto alle mie parole. Costoro certo non sono ubriachi, come voi pensate, non essendo che la terza ora del giorno. Si avvera invece quanto disse il profeta Gioele: "E avverrà negli ultimi giorni dice il Signore che io diffonderò il mio Spirito sopra tutti gli uomini, e i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno delle visioni ed i vostri vecchi dei sogni. Sopra i miei servi e sopra le mie serve diffonderò il mio Spirito, in quei giorni e profeteranno. E farò prodigi su in cielo e segni in terra, sangue e fuoco e vortici di fumo. Il sole sarà mutato in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il giorno grande e glorioso del Signore. Allora chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvo"».

    ALLELUIA

    Alleluia. Una parola del Signore creò i cieli, e un soffio della sua bocca li ornò tutti.

    COLLETTE

    Preghiamo. O Onnipotente e misericordioso Iddio, concedi, te ne preghiamo, che, venendo lo Spirito Santo a dimorare in noi, ci renda tempio della sua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con il medesimo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

    Preghiamo. O Dio, che innalzasti alla gloria dei tuoi santi il beato Filippo, confessore tuo, concedici propizio di profittare degli esempi virtuosi di colui, del quale celebriamo lieti la festa.

    O eterno Pastore, volgi lo sguardo benigno sul tuo gregge e custodiscilo con una continua protezione, per intercessione del tuo martire e sommo Pontefice san Eleuterio, che hai costituito pastore di tutta la Chiesa. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

    EPISTOLA

    Lettura degli Atti degli Apostoli.

    Atti 5:12-16

    In quei giorni: Avvenivano per mezzo degli Apostoli molti segni e prodigi nel popolo. E tutti se ne stavano riuniti nel portico di Salomone. Degli altri poi nessuno ardiva unirsi con essi; ma il popolo li elogiava. E sempre più cresceva la moltitudine di quelli, uomini e donne, che credevano nel Signore: tanto che portavan fuori nelle piazze gli infermi e li mettevan su barelle e strapunti, affinché quando Pietro passava, almeno l'ombra sua ne coprisse qualcuno, e fossero liberati dalle loro infermità. Accorreva pure a Gerusalemme molta gente dalle città vicine, portando malati e tormentati da spiriti immondi, e tutti eran guariti.

    ALLELUIA

    Allelúia, allelúia. Vieni, o Spirito Santo, riempi il cuore dei tuoi fedeli ed in essi il fuoco del tuo amore.

    SEQUENZA

    Vieni, o Santo Spírito,

    E manda dal cielo,

    Un raggio della tua luce.

    Vieni, o Padre dei poveri,

    Vieni, datore di ogni grazia,

    Vieni, o luce dei cuori.

    O consolatore ottimo,

    O dolce ospite dell’ànima

    O dolce refrigerio.

    Tu, riposo nella fatica,

    Refrigerio nell’ardore,

    Consolazione nel pianto.

    O luce beatissima,

    Riempi l’intimo dei cuori,

    Dei tuoi fedeli.

    Senza la tua potenza,

    Nulla è nell’uomo,

    Nulla vi è di innocuo.

    Lava ciò che è sòrdito,

    Irriga ciò che è àrido,

    Sana ciò che è ferito.

    Piega ciò che è rigido,

    Riscalda ciò che è freddo,

    Riconduci ciò che devia.

    Dà ai tuoi fedeli,

    Che in te confidano,

    Il sacro settenario.

    Dà i meriti della virtú,

    Dà la salutare fine,

    Dà il gaudio eterno.

    Amen. Allelúia.

    VANGELO

    Lettura del Santo Vangelo secondo San Giovanni.

    Giov 6:44-52

    In quel tempo disse Gesù alle turbe dei Giudei: «Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre, che mi ha mandato; ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “Saran tutti ammaestrati da Dio”. Chiunque pertanto ha ascoltato il Padre e ricevuto il suo insegnamento viene a me. Non già che alcuno abbia veduto il Padre, eccetto colui che è presso Dio: questi ha veduto il Padre. In verità, in verità vi dico: chi crede in me ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I padri vostri mangiarono nel deserto la manna e morirono. Questo è il pane disceso dal cielo, e chi ne mangia non muore. Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vive in eterno e il pane, che io darò, è la mia carne per la vita del mondo».

    OFFERTORIO

    Preghiamo. Io medito sui tuoi precetti che amo, e tendo le mani ai tuoi precetti che amo, alleluia.

    SECRETE

    Accogli, o Signore, questo dono a te offerto; e benevolmente concedici di conseguire il frutto del mistero, che compiamo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

    Signore, guarda placato al presente sacrificio: e fa' che lo Spirito Santo c'infiammi di quel fuoco onde accese mirabilmente il cuore del beato Filippo.

    Per i doni che ti offriamo, o Signore, illumina benigno la tua Chiesa, affinché ovunque il tuo gregge progredisca e, docili alla tua guida, i pastori siano graditi al tuo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

    PREFAZIO DELLO SPIRITO SANTO

    È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: per Cristo nostro Signore. Che, salito sopra tutti cieli e assiso alla tua destra effonde sui figli di adozione lo Spirito Santo promesso. Per la qual cosa, aperto il varco della gioia, tutto il mondo esulta. Cosí come le superne Virtú e le angeliche Potestà cantano l’inno della tua gloria, dicendo senza fine: (Sanctus).

    COMMUNICANTES DALLA VIGILIA DI PENTECOSTE AL SABATO SEGUENTE

    Uniti in una stessa comunione celebriamo il giorno santissimo della Pentecoste, nel quale lo Spirito Santo apparve agli apostoli in molte lingue di fuoco; e veneriamo anzitutto la memoria della gloriosa sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo: e di quella dei tuoi beati Apostoli e Martiri: Pietro e Paolo, Andrea, Giacomo, Giovanni, Tommaso, Giacomo, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Simone e Taddeo, Lino, Cleto, Clemente, Sisto, Cornelio, Cipriano, Lorenzo, Crisógono, Giovanni e Paolo, Cosma e Damiano, e di tutti i tuoi Santi; per i meriti e per le preghiere dei quali concedi che in ogni cosa siamo assistiti dall'aiuto della tua protezione. Per il medesimo Cristo nostro Signore. Amen.

    HANC IGITUR DALLA VIGILIA DI PENTECOSTE AL SABATO SEGUENTE

    Ti preghiamo, dunque, o Signore, di accettare placato questa offerta di noi tuoi servi e di tutta la tua famiglia; che a Te rivolgiamo per coloro che Ti sei degnato di rigenerare con l’acqua e con lo Spirito Santo, concedendo loro la remissione di tutti i peccati; fa che i nostri giorni scorrano nella tua pace e che noi veniamo liberati dall’eterna dannazione e annoverati nel gregge dei tuoi eletti. Per Cristo nostro Signore. Amen.

    COMUNIONE

    Vi lascio la pace, alleluia; vi dò la mia pace, alleluia, alleluia.

    POST-COMUNIONE

    Preghiamo. Dopo aver ricevuti questi celesti sacramenti, supplichiamo, o Signore, la tua misericordia, affinché raggiungiamo nei gaudi eterni ciò che abbiamo celebrato nel tempo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

    Preghiamo. Nutriti delle tue celesti delizie, ti preghiamo, o Signore, perché, per i meriti e ad imitazione del beato Filippo confessore bramiamo sempre quelle cose per cui veramente si vive.

    Guida benevolmente, o Signore, la tua Chiesa, nutrita con questo santo ristoro: diretta dal tuo potente governo, essa goda di una crescente libertà e mantenga integra la sua fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.


    Dall'Anno Liturgico di Dom Guéranger

    MERCOLEDI’ DELLE QUATTRO TEMPORA DI PENTECOSTE

    LO SPIRITO SANTO NELLA CHIESA

    Abbiamo visto ieri con quale fedeltà lo Spirito Santo ha saputo compiere, durante il corso dei secoli, la missione che l’Emmanuele gli aveva dato, e cioè di formare, proteggere e mantenere la Chiesa sua sposa. Questa raccomandazione di un Dio è stata compiuta con tutta la potenza di un Dio, ed è il più bello ed il più stupefacente spettacolo che abbiano presentato, da diciannove secoli, gli annali dell’umanità. Questa conservazione di una società morale, sempre la stessa in tutti i tempi ed in tutti i luoghi, che promulga un simbolo preciso ed obbligatorio per ognuno dei suoi membri, e che mantiene, con le sue leggi, la più compatta unità di fede tra i suoi fedeli, è, insieme alla meravigliosa propagazione del Cristianesimo, l’avvenimento principale della storia. Questi due fatti non sono perciò effetto di una provvidenza ordinaria, come lo pretendono alcuni filosofi del nostro tempo, ma son miracoli di prim’ordine operati direttamente dallo Spirito Santo e destinati a servire di base alla nostra fede nella verità del Cristianesimo. Lo Spirito Santo che non doveva, nell’esercizio della sua missione, rivestire una forma sensibile, ha reso la sua presenza visibile alla nostra intelligenza, e questo mezzo è stato sufficiente per dimostrare la sua azione personale nell’opera della salvezza degli uomini.

    Egli rende la Chiesa ovunque visibile.

    Seguiamo ora questa azione divina nei rapporti della Chiesa con l’umanità. L’Emmanuele ha voluto ch’essa fosse la Madre degli uomini, e che tutti coloro che egli invita all’onore di divenire suoi membri, riconoscessero che è lei a generarli a questo glorioso destino. Lo Spirito Santo doveva dunque dare alla sposa di Gesù uno splendore tanto grande da far sì che fosse distinta e conosciuta sulla terra, pur lasciando alla libertà umana il potere di misconoscerla e di ripudiarla.

    Bisognava che questa Chiesa abbracciasse tutti i secoli in quanto a durata, che percorresse la terra in una maniera abbastanza manifesta, perchè il suo nome e la sua missione potessero essere conosciuti da tutti i popoli; in una parola doveva essere cattolica, ossia universale, possedendo la cattolicità dei tempi e la cattolicità dei luoghi. Tale è, infatti, l’esistenza che il divino Spirito le ha creato sulla terra. Per prima cosa l’ha promulgata da Gerusalemme, nel giorno della Pentecoste, sotto gli occhi degli Ebrei, venuti da tante regioni diverse, e che, ben presto, ripartirono per andare a portare la buona novella nei paesi che abitavano. Ha lanciato in seguito gli Apostoli e i Discepoli per il mondo; sappiamo dagli autori contemporanei, che non era passato neppure un secolo quando già in tutta la terra si trovavano dei cristiani. Da allora, ogni anno si è vista aumentare l’espansione di questa Chiesa santa. Se il divino Spirito, nei disegni della sua giustizia, ha giudicato opportuno di lasciarla indebolire nel seno di una nazione che non era degna di essa, l’ha trasferita in un’altra, ove doveva incontrare figli più sottomessi; se intiere regioni, qualche volta, sembrarono chiuse per lei, è perchè in un’epoca anteriore, ella vi si recò e fu ripudiata, oppure perchè il momento non era ancora venuto in cui doveva apparire ad esse e stabilirvisi. La storia della propagazione della Chiesa ci fa costatare questo insieme meraviglioso della sua vita di perpetua migrazione. I tempi ed i luoghi le appartengono; anche là dove non regna, è presente nelle sue membra, e questa prerogativa della cattolicità, che le ha valso tale nome, è uno dei capolavori dello Spirito Santo.

    Egli la dirige interiormente.

    Ma la sua azione per il compimento dell’opera che gli ha affidato l’Emmanuele nei riguardi della sua sposa non si limita qui, e dobbiamo ora penetrare la profondità del mistero dello Spirito Santo nella Chiesa. Dopo aver costatato la sua influenza esteriore per conservarla e diffonderla, dobbiamo valutare la direzione interiore che riceve da lui, e che produce in essa l’unità, l’infallibilità e la santità: qualità, che, insieme con la cattolicità, formano il contrassegno della sposa di Cristo.

    Egli è l’anima della Chiesa.

    L’unione dello Spirito Santo con l’umanità di Gesù è una delle basi del mistero dell’incarnazione. Il nostro divin Mediatore viene chiamato Cristo perchè ha ricevuto l’unzione (Sai. 44, 8), e questa unzione è l’effetto dell’unione della sua umanità con lo Spirito Santo (Atti, 10, 38). Tale unione è indissolubile: il Verbo resterà eternamente unito alla sua umanità, come pure eternamente lo Spirito Santo imprimerà su questa umanità il sigillo dell’unzione che forma Cristo. Ne segue che la Chiesa, essendo il corpo di Gesù Cristo, deve aver parte all’unione che esiste tra il suo divino Capo e lo Spirito Santo. Il cristiano, nel battesimo, riceve l’unzione divina dallo Spirito Santo che d’ora in avanti abita in lui quale arra dell’eterna eredità (Ef. 1, 13); ma vi è questa differenza: egli, col peccato, può perdere quest’unione che è in lui il principio della vita soprannaturale, mentre essa non può far mai difetto nel corpo stesso della Chiesa. Lo Spirito Santo è incorporato alla Chiesa per sempre; è il principio che l’anima, che la fa agire e muovere, e le fa sormontare tutte le crisi, alle quali, col permesso divino, rimane esposta durante il corso di questa vita militante.

    S. Agostino esprime mirabilmente questa dottrina nel suo 257 sermone per la festa della Pentecoste: « Il soffio per il quale vive l’uomo, ci dice, si chiama anima; e voi potete osservare la missione che questa ha relativamente al corpo. È lei che dà la vita alle membra; è lei che vede per mezzo dell’occhio, ode per mezzo dell’orecchio, sente per mezzo dell’odorato, parla con la lingua, opera con le mani, cammina con i piedi. Presente in ogni membro, essa dona la vita a tutti e dà a ciascuno la sua funzione. Non è l’occhio che ode , non è nè l’orecchio nè la lingua che vede, come non è nè l’orecchio nè l’occhio che parlano; nondimeno, l’orecchio è vivo e la lingua è viva; le funzioni dei sensi sono dunque varie, ma una medesima vita è comune a tutti. Così è nella Chiesa di Dio. In tale santo essa opera miracoli, in un tale altro insegna la verità; in questo pratica la verginità, in quell’altro custodisce la castità coniugale; in una parola, i diversi membri della Chiesa hanno funzioni varie, ma tutti attingono la vita ad una medesima fonte. Ora, ciò che è l’anima verso il corpo umano, lo Spirito Santo lo è verso il corpo di Cristo che è la Chiesa. Lo Spirito Santo opera in tutta la Chiesa ciò che l’anima opera in tutte le membra di un medesimo corpo ».

    Ecco, dunque, sviluppata questa nozione, con l’aiuto della quale noi ci renderemo conto dell’esistenza della Chiesa e delle sue operazioni. La Chiesa è il corpo di Cristo, e in essa lo Spirito Santo è il principio della vita. È Lui che la anima, la conserva, agisce in lei e per lei. Egli è la sua anima, non più solamente nel senso ristretto secondo il quale abbiamo parlato prima dell’anima della Chiesa, ossia del suo essere interiore che è, del resto, in essa il prodotto dell’azione dello Spirito Santo; ma ne è l’anima, in quanto che, tutta la sua vita interiore e esteriore, come tutte le sue opere, procedono da lui. La Chiesa è imperitura perchè l’amore che ha condotto lo Spirito Santo ad abitare in lei durerà per sempre; tale è la ragione di questa perpetuità che è il fenomeno più meraviglioso del mondo.

    Egli conserva la sua Unità.

    Ma adesso dobbiamo considerare quest’altra meraviglia che consiste nella conservazione dell’unità nel seno di questa società. Lo Sposo nella Cantica chiama la Chiesa « la mia unica ». Non ha desiderato diverse spose; lo Spirito Santo dovrà dunque vegliare con sollecitudine per il compimento di questo disegno dell’Emmanuele. Seguiamo le tracce del suo zelo per ottenere un tale risultato. È mai possibile, umanamente, che una società attraversi diciannove secoli senza aver cambiato, senza aver rimaneggiato la sua esistenza in mille modi, anche supponendo che, sotto un nome o sotto un altro, abbia potuto avere una simile durata? Pensate che questa società, durante uno spazio di tempo così lungo, non ha potuto evitare di vedere agitarsi nel suo seno, sotto mille forme, le passioni umane che spesso trascinano tutto appresso a loro; che essa è stata sempre composta di razze diverse come linguaggio, come genio, come costumi, a volte lontane le une dall’altre, sino al punto di conoscersi appena; a volte vicine, ma divise da interessi e anche da antipatie nazionali; che rivoluzioni politiche e numerose hanno modificato continuamente, rovesciato pure l’esistenza dei popoli; e nondimeno, ovunque sono esistiti o esisteranno cattolici, l’unità resterà il carattere di questo corpo immenso e dei membri che lo compongono.

    Una stessa fede, un medesimo simbolo; una medesima sottomissione ad un medesimo capo visibile, un medesimo culto nei punti essenziali, una medesima maniera di stroncare ogni controversia per mezzo della tradizione e dell’autorità. In tutti i secoli si sono viste sorgere delle sltte; tutte hanno detto: « Io sono la vera Chiesa »; ma neppure una sola ha potuto sopravvivere alle circostanze che l’avevano fatta nascere. Dove sono adesso gli Ariani con la loro potenza politica, i Nestoriani, gli Eutichiani, i Monoteliti, con le loro inesauribili sottigliezze? Cosa di più impotente e di più sterile che lo scisma greco, asservito sia al Sultano, sia ai Moscoviti? Che resta del Giansenismo, consumatosi nei suoi vani sforzi per mantenersi nella Chiesa , contro la Chiesa? E in quanto al Protestantesimo, partito dal principio di negazione, non si è visto, sin dall’indomani, diviso in pezzi, senza mai poter formare un’unica società religiosa? Ed oggi non lo vediamo ridotto agli estremi, incapace di mantenere i dogmi che aveva giudicato prima come fondamentali: l’ispirazione della sacra scrittura e la divinità di Gesù Cristo? Di fronte all’accumularsi di tante rovine , come è bella e radiosa, nella sua unità, la Santa Chiesa Cattolica nostra madre , l’Unica Sposa dell’Emmanuele! I milioni di uomini che l’hanno composta, e che la compongono ancora oggi, sarebbero forse di un’altra natura da quelli che si sono divisi tra le diverse sètte che ha visto nascere e morire? Ortodossi o Eterodossi, non siamo noi tutti membri della medesima famiglia umana, soggetti alle medesime passioni ed ai medesimi errori? Da dove viene ai figli della Chiesa Cattolica questa consistenza che trionfa nel tempo, sulla quale non influisce la differenza delle razze, che sopravvive a quelle crisi ed a quei cambiamenti che non hanno potuto prevenire nè la forte costituzione degli Stati nè la resistenza secolare delle nazionalità? Bisogna convenirne: vi è un elemento divino che resiste e che la mantiene. L’anima della Chiesa, lo Spirito Santo, influisce su tutte le sue membra, e, come egli è unico, così produce l’unità in tutto il complesso che anima. Non potendo essere contrario a se stesso, nulla sussiste in lui che non sia di una intera conformità in ciò che egli è. Noi abbiamo così la chiave del grande problema.

    L’unità nell’obbedienza.

    Domani parleremo di ciò che fa lo Spirito Santo per il mantenimento della fede, una ed invariabile per tutto il corpo della Chiesa; fermiamoci oggi a considerarlo come principio in unione esteriore, con la subordinazione volontaria ad un medesimo centro d’unità. Gesù aveva detto: « Tu sei Pietro, e sopra questa pietra fonderò la mia Chiesa ». Ma Pietro doveva morire. La promessa non aveva dunque per oggetto solamente la sua persona, ma tutta la serie dei suoi successori sino alla fine dei secoli. Quale meravigliosa ed energica azione del divino Spirito produce così, di anello in anello, questa dinastia di Principi Spirituali, di cui S. S. Giovanni XXIII è il duecentosessantaquattresimo Pontefice, e che dovrà continuare fino all’ultimo giorno del mondo! Non si farà nessuna violenza alla libertà umana; lo Spirito Santo la lascerà libera di tentare di tutto; ma bisogna tuttavia che egli prosegua la sua missione. Che un Decio procuri pure, con la sua violenza, che la cattedra di Roma resti vacante per quattro anni; che si sollevino pure degli Anti-Papa, sostenuti, gli uni dal favore popolare, gli altri dalla politica dei principi; che un lungo scisma renda dubbia la legittimità di qualche Pontefice: lo Spirito Santo lascerà passare la prova; fortificherà, durante la sua durata, la fede dei suoi fedeli; e finalmente, al momento opportuno, farà sorgere il suo eletto, e tutta la Chiesa lo riceverà acclamandolo. Per comprendere tutto ciò che questa azione soprannaturale racchiude di meraviglioso, non basta apprezzare i risultati esteriori che essa produce nella storia; bisogna seguirla in ciò che ha di più intimo e di più misterioso. L’unità della Chiesa non è di quel genere che i conquistatori impongono nei paesi che hanno sottomesso, dove si paga il tributo perchè bisogna pur sottoporsi alla forza. I membri della Chiesa conservano l’unità nella fede e nella sottomissione perchè si curvano amorosamente sotto un giogo imposto alla loro libertà e alla loro ragione. Ma chi dunque imprigiona così l’orgoglio umano sotto una tale obbedienza? Chi dunque fa trovare la gioia e la soddisfazione nella rinunzia di ogni pretesa personale? Chi dunque dispone l’uomo a mettere la sua sicurezza e la sua felicità nello sparire, come individuo, in questa unità assoluta, e ciò in questioni in cui il capriccio umano si è sbizzarrito di più in tutti i tempi? Non è forse il divino Spirito che opera questo miracolo multiplo permanente, che anima ed armonizza questo vasto insieme, e che, senza violenza, fonde nell’unità di un medesimo concetto quei milioni di cuori e di spiriti che formano la Sposa « unica » del Figlio di Dio?

    Nei giorni della sua vita mortale, Gesù domandava per noi l’unità al Padre Celeste: « Siano una cosa sola come noi » (Gv. 17, 11). La prepara, chiamandoci a divenire sue membra; ma per operare questa unione, invia agli uomini il suo Spirito, quello Spirito che è il vincolo eterno tra il Padre e il Figlio, e che si degna, durante il tempo, di scendere fino a noi, per realizzarvi l’unità ineffabile che ha il suo modello in Dio stesso.

    Ti siano dunque resi i nostri ringraziamenti, o Divino Spirito, che abitando così nella Chiesa di Gesù ci guidi misericordiosamente verso l’unità, che ce la fai amare, e ci disponi a soffrire qualunque cosa piuttosto che spezzarla. Fortificala in noi, e non permettere mai che una mancanza di sottomissione l’alteri neppure leggermente. Tu sei l’anima della Santa Chiesa; governaci come membri sempre docili al tuo impulso; poiché sappiamo che non potremmo essere di Gesù che ti ha inviato, se non fossimo della Chiesa sua sposa e madre nostra; di quella Chiesa che egli ha riscattato col suo sangue e che ti ha dato da formare e condurre.

    Sabato prossimo avrà luogo in tutta la Chiesa l’Ordinazione dei sacerdoti e dei sacri ministri; lo Spirito Santo, di cui il Sacramento dell’Ordine è una delle principali operazioni, discenderà nelle anime che gli verranno presentate, e imprimerà in esse, per mezzo delle mani del Pontefice, il sigillo del Sacerdozio o del Diaconato. Di fronte ad un interesse così grave, la Santa Chiesa prescrive fin da oggi ai suoi fedeli il digiuno e l’astinenza, per ottenere dalla misericordia divina che l’eifusione di una tale grazia sia benefica per coloro che la riceveranno e vantaggiosa per la società cristiana.

    A Roma, la Stazione si tiene nella basilica di Santa Maria Maggiore. Era giusto che uno di questi giorni dell’Ottava vedesse i fedeli riuniti sotto gli auspici della Madre di Dio, la cui partecipazione al mistero della Pentecoste è stata così gloriosa e così favorevole alla Chiesa nascente.


    IL DONO DELLA FORTEZZA

    Il dono della scienza ci ha insegnato ciò che dobbiamo fare e ciò che dobbiamo evitare per essere conformi al disegno di Gesù Cristo, nostro divin Capo. Bisogna adesso che lo Spirito Santo stabilisca in noi il principio dal quale poter attingere l’energia che dovrà sostenerci nella via che ci ha indicato poco fa. Infatti noi sappiamo che incontreremo certamente degli ostacoli, ed il gran numero di quelli che soccombono basta a convincerci della necessità che abbiamo di essere aiutati. Questo soccorso ci viene dallo Spirito divino che ci comunica il dono della fortezza, per mezzo del quale, se noi saremo fedeli a servircene, ci sarà possibile, ed anche facile, trionfare di tutto ciò che potrebbe arrestare il nostro cammino.

    Nelle difficoltà e nelle prove della vita, l’uomo ora è portato alla debolezza e all’abbattimento, ora è spinto da un ardore naturale che ha la sua sorgente nel temperamento o nella vanità. Questa doppia disposizione porterebbe raramente la vittoria nella lotta che l’anima deve combattere per la sua salvezza. Lo Spirito Santo ci porta dunque un elemento nuovo: questa forza soprannaturale, talmente propria in lui, che il Salvatore, istituendo i sacramenti, ne ha stabilito uno che ha per oggetto speciale di darci questo divino Spirito come principio di energia. È fuori dubbio che, dovendo lottare durante questa vita contro il demonio, il mondo e noi stessi, ci occorre ben altro per resistere che la pusillanimità o l’audacia. Abbiamo bisogno di un dono che moderi in noi la paura, e, nello stesso tempo, che temperi la fiducia che noi saremmo portati a mettere in noi stessi. L’uomo, modificato così dallo Spirito Santo, vincerà sicuramente; poiché la grazia supplirà in lui alla debolezza della natura e, nel medesimo tempo, correggerà la sua foga.

    Due necessità si incontrano nella vita del cristiano: egli deve saper resistere e deve saper sopportare. Che potrebbe opporre alle tentazioni di Satana, se la forza del divino Spirito non venisse a ricoprirlo di un’armatura celeste e ad agguerrire il suo braccio? Il mondo non è forse anche il suo avversario terribile, se si considera il numero delle vittime che fa ogni giorno con la tirannia delle sue massime e delle sue pretese? Quale deve essere, dunque, l’assistenza del divino Spirito, quando si tratta di rendere il cristiano invulnerabile ai dardi che uccidono e che fanno tante rovine intorno a lui?

    Le passioni del cuore dell’uomo non sono un ostacolo minore alla sua salvezza ed alla sua santificazione: ostacolo tanto più temibile in quanto è più intimo. Bisogna che lo Spirito Santo trasformi il cuore, che lo trascini anche a rinunziare a se stesso, quando la luce celeste c’indicherà una via diversa da quella verso la quale ci spinge l’amore della ricerca di noi stessi. Quale forza divina ci vuole, per « odiare la propria vita », quando Gesù Cristo lo esige (Gv. 12, 25), quando si tratta di fare la scelta tra due padroni il cui ser vizio è incompatibile? (Mt. 6, 24). Lo Spirito Santo fa ogni giorno questi prodigi per mezzo del dono che ha diffuso in noi, se noi non lo disprezziamo, se non lo soffochiamo nella nostra viltà e nella nostra imprudenza. Insegna al cristiano a dominate le passioni, a non lasciarsi condurre da queste cieche guide, a non cedere ai suoi istinti che quando essi sono conformi all’ordine che Dio ha stabilito. Qualche volta questo divino Spirito non domanda solamente al cristiano di resistere interiormente ai nemici dell’anima , ma esige che protesti apertamente contro l’errore ed il male, se il dovere di stato o la sua posizione lo reclamano. È allora che bisogna affrontare quella specie d’impopolarità che spesso si riversa sul cristiano, e che non dovrà sorprenderlo, ricordandosi le parole dell’Apostolo: « Se io cercassi di piacere agli uomini non sarei servo di Cristo » (Gal. 1, 10). Ma lo Spirito Santo non manca mai, e quando egli trova un’anima risoluta ad usare della forza divina di cui egli è la sorgente, non solamente le assicura il trionfo , ma ordinariamente la stabilisce in quella pace, piena di dolcezza e di coraggio, che ci porta la vittoria sulle passioni.

    Tale è la maniera con la quale lo Spirito Santo applica il dono della fortezza nel cristiano, quando questi è obbligato alla resistenza. Abbiamo detto che questo prezioso dono ci dà nello stesso tempo l’energia necessaria per sopportare le prove che formano il prezzo della nostra salvezza. Vi sono degli spaventi che agghiacciano il coraggio e possono trascinare l’uomo alla perdizione. Il dono della fortezza li dissipa; li rimpiazza con una calma ed un senso di sicurezza sconcertanti per la natura. Guardate i martiri, e non solamente S. Maurizio, capo della legione Tebea, abituato alle lotte del campo di battaglia; ma una Felicita, madre di sette figli, una Perpetua, nobile dama di Cartagine, per la quale il mondo non aveva che favori; una Agnese, fanciulla di tredici anni, e tante altre migliaia, e dite se il dono della fortezza è sterile nei sacrifici. Dov’è andata la paura della morte, il cui solo pensiero qualche volta ci opprime? E quelle generose offerte di tutta una vita immolata nella rinuncia e nelle privazioni, per trovare unicamente Gesù e seguirne le tracce più da vicino! E tante esistenze nascoste agli sguardi distratti e superficiali degli uomini, esistenze in cui l’elemento principale è il sacrificio, in cui la serenità non si lascia mai vincere dalla prova, in cui la croce, che si moltiplica sempre, sempre viene accettata! Quali trofei per lo Spirito di fortezza! Quali atti di dedizione al dovere egli sa generare! E se l’uomo, per se stesso è poca cosa, come cresce in dignità sotto l’azione dello Spirito Santo!

    È ancora Lui che aiuta il cristiano a superare la brutta tentazione del rispetto umano, elevandolo al di sopra delle considerazioni mondane che gli detterebbero un’altra condotta. È Lui che spinge l’uomo a preferire la gioia di non aver violato i comandamenti del suo Dio, a quella frivola di seguire gli onori del mondo. È questo Spirito di fortezza che fa accettare gli infortuni quali altrettanti disegni misericordiosi del Cielo; che sostiene il coraggio del cristiano nella perdita così dolorosa di esseri cari, nelle sofferenze fisiche che gli renderebbero la vita pesante, se non sapesse che esse sono le visite del Signore. È Lui, finalmente, come lo leggiamo nella vita dei Santi, che si serve delle stesse ripugnanze della natura, per provocare quegli atti eroici in cui la creatura umana sembra aver sorpassato il limite del suo essere per elevarsi al rango degli spiriti impassibili e glorificati.

    Spirito di fortezza, resta sempre più in noi, e salvaci dalla mollezza di questo secolo. In nessun’altra epoca l’energia delle anime è stata più debole, lo spirito mondano ha maggiormente trionfato, il sensualismo si è fatto più insolente, l’orgoglio e l’indipendenza più pronunciati. Saper essere forti contro se stessi, è una rarità che eccita lo stupore in coloro che ne sono testimoni: tanto le massime del Vangelo hanno perduto terreno. Trattienici su questo pendio che, come tanti altri, ci trascinerebbe al male, o divino Spirito! Permetti che noi ti indirizziamo, in forma di domanda, quei voti che Paolo formulava per i cristiani di Efeso, e che noi osiamo reclamare dalla tua generosità, l’armatura di Dio che ci permetterà di tener duro nel giorno cattivo e di rimanere perfetti in tutte le cose. Cingi i nostri fianchi con la verità, rivestici della corrazza della giustizia, e calzaci i piedi con l’alacrità che dà il Vangelo di pace. Armaci dello scudo della fede, col quale potremo estinguere i dardi infuocati del maligno; metti sul nostro capo l’elmo della speranza per la salvezza e nelle mani la spada dello Spirito, che è la parola di Dio (Cfr, Ef. 6, 11-17), con l’aiuto del quale, come il Signore nel deserto, noi possiamo riportare la vittoria su tutti i nostri avversari. Spirito di fortezza, fa’ che così sia.



    26 MAGGIO SAN FILIPPO NERI, CONFESSORE

    La gioia.

    La gioia è il carattere principale del Tempo pasquale: gioia soprannaturale, motivata dal trionfo dell’Emmanuele e dal sentimento della nostra liberazione dai vincoli della morte. Ora, questo sentimento di allegrezza interiore ha regnato in modo caratteristico nel servo di Dio che oggi onoriamo. Ed è proprio di un tale uomo, il cui cuore fu sempre nel giubilo e nell’entusiasmo delle cose divine , che si può dire con la Sacra Scrittura «che il cuore del giusto è come un festino continuo » (Prov. 15, 15). Uno dei suoi ultimi discepoli, il Padre Faber, fedele alla dottrina del maestro, c’insegna nell’opera Il progresso spirituale che il buon umore è uno dei mezzi principali di avanzamento nella perfezione cristiana. Noi accogliamo, dunque, con altrettanta allegrezza che rispetto, la figura radiosa e bonaria di Filippo Neri, l’Apostolo di Roma nel xvi secolo.

    La carità.

    L’amore di Dio, un amore ardente che si comunicava invincibilmente a tutti quelli che lo avvicinavano, fu la caratteristica principale della sua vita. Tutti i santi hanno amato Iddio, poiché l’amore suo è il primo e il più grande dei comandamenti; ma la vita di san Filippo realizza questo precetto con una pienezza, si direbbe quasi, incomparabile. La sua esistenza non fu che un trasporto d’amore verso il supremo Signore di tutte le cose; e, senza un miracolo della potenza e della bontà di Dio, questo amore così ardente nel cuore di Filippo avrebbe consumato la sua vita prima del tempo. Era arrivato al ventinovesimo anno di età, quando un giorno, durante l’Ottava della Pentecoste, il fuoco della divina carità infiammò il suo cuore, con un tale impeto, che gli si spezzarono due costole nel petto, lasciando così al cuore lo spazio necessario per cedere, ormai senza pericolo , ai trasporti che lo invadevano tutto. Questa frattura non si rinsaldò mai più. Ognuno lo avrebbe potuto costatare, essendogli rimasto esteriormente una visibile prominenza. Grazie a tale miracoloso sollievo, Filippo potè vivere ancora cinquant’anni in preda a tutti gli ardori di un amore che apparteneva più al cielo che alla terra.

    La santità e la dedizione nella Chiesa.

    Questo serafino in un corpo umano fu come una risposta vivente agli insulti con i quali la pretesa Riforma perseguitava la Chiesa cattolica.

    Lutero e Calvino l’avevano chiamata l’infedele e la prostituta di Babilonia; ed ecco che questa medesima Chiesa poteva mostrare, agli amici ed ai nemici, figli come una Teresa nella Spagna, un Filippo Neri, a Roma. Ma il protestantesimo si preoccupava molto di scuotere il giogo, e ben poco dell’amore. In nome della libertà della fede, oppresse i deboli ovunque dominò, e s’impiantò con la forza anche là dove veniva respinto, senza però rivendicare il diritto di Dio che deve essere amato. Fu così che si vide scomparire, dai paesi che invase, quel sentimento di dedizione, fonte del sacrificio verso Dio e verso il prossimo.

    Passò un lungo periodo di tempo prima che la pretesa Riforma si accorgesse che esistono ancora degli infedeli sulla superficie del globo. E, se più tardi, essa si è fastosamente imposta l’opera delle missioni, sappiamo abbastanza quali apostoli sceglie, come organi delle sue strane società bibliche. È dunque dopo tre secoli che si accorge che la Chiesa cattolica non ha cessato di produrre delle corporazioni votate alle opere di carità. Preoccupata da una tale scoperta, essa esperimenta, in alcuni luoghi, le sue diaconesse e le sue infermiere. Qualunque cosa avvenga da uno sforzo così tardivo, si può ragionevolmente credere che non assumerà mai vaste proporzioni; e ci è permesso di pensare che quello spirito di dedizione che sonnecchiò durante tre secoli nel cuore del protestantesimo, non sia precisamente l’essenza del suo carattere, quando lo si è visto, nelle contrade che ha invaso, disseccare perfino la sorgente dello spirito di sacrificio, arrestando violentemente la pratica dei consigli evangelici, i quali non trovano la loro ragione di essere che nell’amor di Dio.

    Gloria dunque a Filippo Neri, uno dei più degni rappresentanti della divina carità nel xvi secolo! Sotto il suo impulso, prima Roma, e ben presto poi tutta la cristianità, ripresero nuova vita con la frequenza dei Sacramenti, e nell’aspirazione ad una pietà più fervorosa. La sua parola, la sua stessa presenza, elettrizzavano il popolo cristiano nella città santa. E fino ad oggi l’orma dei suoi passi non si è cancellata. Ogni anno il ventisei maggio, Roma celebra la memoria del suo pacifico riformatore. Filippo divide con i santi apostoli l’onore di essere Patrono della città di san Pietro.

    Il taumaturgo.

    Filippo ebbe il dono dei miracoli, e mentre non chiedeva per se stesso che l’oblio ed il disprezzo, vide invece stringersi intorno a sè tutto un popolo che domandava ed otteneva, con l’intercessione della sua preghiera, la guarigione dei mali della vita presente, e nello stesso tempo, la riconciliazione delle anime con Dio. Anche la morte stessa obbedì al suo comando, come ne dette testimonianza quel giovane principe Paolo Massimo, che Filippo richiamò in vita, quando già si preparavano i suoi funerali. Mentre questo adolescente rendeva l’ultimo respiro, il servo di Dio, al quale si era rivolto perchè lo assistesse nel transito, celebrava il santo Sacrificio. Poi, al suo ingresso nel palazzo, Filippo vede ovunque i segni del lutto: il padre desolato, le sorelle in lacrime , la famiglia costernata; tristi costatazioni che colpiscono il suo sguardo. Il giovinetto era deceduto dopo una malattia di sessantacinque giorni, che aveva sopportato con rara pazienza. Filippo si getta in ginocchio e, dopo un’ardente preghiera, impone la mano sulla testa del defunto, chiamandolo a nome e a voce alta. Paolo, risvegliato dal sonno della morte per mezzo di quella potente parola, apre gli occhi, rispondendo teneramente: « Padre mio ». E poi aggiunge: « Vorrei solamente confessarmi ». I presenti si allontanano un momento e Filippo resta solo, con colui che ha riconquistato dalla morte. Ben presto i parenti vengono chiamati, e Paolo, in loro presenza, parla con Filippo della madre e di una sorella che egli amava teneramente e che la morte gli rapì. Durante questo conversazione il volto del giovane, fino a poco fa sfigurato dalla febbre, riprende i suoi colori e la sua grazia di un tempo. Mai Paolo era sembrato così pieno di vita! Il santo gli domanda allora se sarebbe morto volentieri di nuovo. « Oh! sì , molto volentieri , risponde il ragazzo; perchè così potrò vedere in Paradiso mia madre e mia sorella » « Vai allora , risponde Filippo, parti verso la felicità, e prega il Signore per me ». A queste parole, il giovanetto torna a spirare ed entra nelle gioie dell’eternità, lasciando i presenti commossi di dolore e di ammirazione. Tale era quest’uomo favorito quasi continuamente dalle visite del Signore, nei rapimenti e nelle estasi; dotato di spirito profetico; che penetrava le coscienze con uno sguardo, che spandeva il profumo delle sue virtù, attirando così le anime con irresistibile incanto. La gioventù romana di ogni condizione si stringeva intorno a lui. Ad alcuni abbatteva gli scogli, ad altri , tendeva la mano per salvarli nel naufragio. I poveri, i malati erano costantemente oggetto della sua sollecitudine. A Roma, egli si moltiplicava, esplicando ogni forma di zelo, lasciando così anche dopo di lui un impulso per le buone opere che non si è mai affievolito.

    Il fondatore.

    Filippo aveva compreso che la conservazione del costume cristiano dipendeva specialmente dalla efficace diffusione della parola di Dio, e nessuno si mostrò più sollecito di lui nel procurare ai fedeli apostoli capaci di invitarveli con una predicazione solida ed attraente. Egli fondò, sotto il nome di Oratorio, una istituzione che ancora dura, ed il cui scopò era di rianimare e di mantenere la pietà nelle popolazioni. Questa istituzione, che non bisogna confondere con l’Oratorio della Francia, si propone di utilizzare lo zelo ed il talento di quei sacerdoti che la divina vocazione non chiama alla vita del chiostro, ma che, associandosi nei loro sforzi, giungono ugualmente a produrre abbondanti frutti di santificazione.


    Fondando l’Oratorio, senza legare i membri di questa associazione coi voti religiosi, Filippo si adattava al genere di vocazione che essi avevano ricevuto dal cielo, e assicurava loro, per lo meno, i vantaggi di una regola comune, con l’aiuto dell’esempio: aiuto così efficace per sostenere l’anima nel servizio di Dio e nella pratica delle opere di zelo. Ma il santo apostolo era troppo attaccato alla fede della Chiesa, per non stimare la vita religiosa come lo stato di perfezione. Durante tutta la sua lunga carriera, non cessò d’indirizzare verso il chiostro quelle anime che a lui sembravano chiamate alla professione dei voti. Per mezzo suo i diversi ordini religiosi si accrebbero di un numero immenso di persone, da lui messe alla prova con discernimento: in modo tale che sant’Ignazio di Loyola, amico intimo di Filippo e suo ammiratore, lo paragonava scherzosamente alla campagna che convoca i fedeli in Chiesa, anche se essa non vi entra!

    La lotta contro il protestantesimo.

    La terribile crisi che agitò il cristianesimo nel xvi secolo e tolse alla Chiesa cattolica un numero così grande delle sue province, colpì dolorosamente Filippo. Soffriva crudelmente nel vedere tanti lasciarsi inghiottire, gli uni dopo gli altri, nel baratro dell’eresia. Gli sforzi che lo zelo tentava di fare per riconquistare quelle anime sedotte dalla pretesa Riforma, facevano battere il suo cuore, mentre con occhio vigile, osservava le manovre con le quali il protestantesimo lavorava per mantenere la sua influenza. Le Centurie di Magdeburgo, vasta compilazione storica, era destinata a sovvertire i lettori, persuadendoli, con l’aiuto di brani falsificati, di fatti denaturati e spesso anche inventati, che la Chiesa Romana aveva abbandonato l’antica fede e sostituito la superstizione alle pratiche primitive. Questo lavoro sembrò a Filippo di una portata così pericolosa, che solo un’opera superiore per erudizione, attinta dalle reali fonti della verità, avrebbe potuto assicurare il trionfo della Chiesa cattolica.

    Egli aveva intuito il genio di Cesare Baronie, uno dei suoi compagni all’Oratorio. Prendendo in mano la causa della fede, ordinò a quest’uomo sapiente di entrare subito nella lizza, e di opporsi al nemico della vera fede, basandosi sul terreno della storia. Gli Annali ecclesiastici furono il frutto di questa grande idea di Filippo; ed il Baronie stesso ne rende testimonianza al principio del suo ottavo libro. Quattro secoli sono passati su quest’opera insigne. Con i mezzi scientifici di cui disponiamo adesso, è facile segnalarne le imperfezioni; ma la storia della Chiesa, mai è stata raccontata con una dignità, una eloquenza ed una imparzialità superiore a quelle che regnano in questa sapiente esposizione di fatti, che abbraccia il corso di dodici secoli.

    L’eresia accusò il colpo; l’erudizione malsana e infedele dei Centuriatori si eclissò in presenza di questa leale narrazione, e si può affermare che il flusso che saliva dal protestantesimo si arrestò di fronte agli Annali del Baronio, nei quali la Chiesa appariva finalmente quale è sempre stata « colonna e fondamento della verità » (I Tim. 3, 15). La santità di Filippo ed il genio del Baronio avevano deciso della vittoria. Numerosi ritorni alla fede romana vennero a consolare i cattolici così dolorosamente decimati; e se ai nostri giorni innumerevoli abiure annunciano la prossima rovina del protestantesimo, è giusto attribuirlo in gran parte al successo del metodo storico inaugurato negli Annali.

    Vita. – Filippo nacque a Firenze nel 1515. Dopo un’infanzia molto pia, si recò a Roma per studiare filosofia e teologia. Divenuto sacerdote nel 1551, si consacrò interamente al servizio delle anime e, per essere loro di maggior aiuto, fondò la Congregazione dell’Oratorio, che fu approvata da Gregorio XIII nel 1575. La sua orazione era così elevata che spesso egli era rapito in estasi; era dotato del dono della profezia e da quello di leggere nelle anime. Nel 1593 dette le dimissioni da Superiore dell’Oratorio e morì il 24 maggio 1602. Venti anni dopo, veniva canonizzato insieme a Ignazio di Loyola, a Teresa d’Avila e a Francesco Saverio.

    Amor di Dio.

    Tu hai amato il Signore Gesù, o Filippo, e tutta la tua vita non è stata che un continuo atto d’amore; ma non hai voluto godere da solo del sommo bene. I tuoi sforzi erano tesi a farlo conoscere da tutti gli uomini, affinchè tutti lo amassero insieme a te e pervenissero al loro ultimo fine. Durante quarantanni fosti l’Apostolo infaticabile della città santa, e nessuno potè sottrarsi all’azione del fuoco divino che ardeva in te. Noi osiamo pregarti di volgere gli sguardi anche sopra di noi. Insegnaci ad amare Gesù risorto. Non ci basta di adorarlo e di rallegrarci del suo trionfo; ci è necessario di amarlo: poiché il susseguirsi dei suoi misteri, dall’Incarnazione fino alla Risurrezione, non ha altro fine che quello di rivelarci, in una luce sempre più intensa, la sua divina amabilità. È amandolo sempre di più, che arriveremo ad innalzarci sino al mistero della sua risurrezione, che finisce di svelarci tutte le ricchezze del suo cuore. Più egli si eleva nella nuova vita che ha abbracciata uscendo dalla tomba, e più ci sembra pieno di amore per noi, sollecitando il nostro cuore a stringersi a lui. Prega, Filippo, e domanda che « il nostro cuore e la nostra carne trasaliscano nel Dio vivente » (Sai. 83, 2). Degnati di introdurci, dopo il mistero della Pasqua, in quello dell’Ascensione; disponi le nostre anime a ricevere il divino Spirito nella Pentecoste; e, quando il mistero dell’Eucarestia brillerà ai nostri sguardi nella solennità che si avvicina, tu che, avendola festeggiata un’ultima volta quaggiù alla fine della giornata sei salito verso l’eterno soggiorno ove Gesù si mostra senza velo, prepara le anime nostre a ricevere ed a gustare « questo pane vivente che dà la vita al mondo » (Gv. 6, 33).

    La tua santità fu caratterizzata dallo slancio dell’anima verso Dio, e tutti quelli che ti avvicinavano, partecipavano ben presto a questa disposizione che, sola, può rispondere all’appello del Redentore. Tu sapevi impossessarti delle anime e condurle a perfezione, seguendo la via della fiducia e della generosità di cuore. In questa grande opera il tuo metodo fu di non averne uno, imitando gli Apostoli e gli antichi Padri, ed affidandoti a quella virtù propria della parola di Dio. Per mezzo tuo la fervente assiduità ai sacramenti riapparve quale indice più sicuro della vita cristiana. Prega per il popolo fedele e vieni in aiuto a tante anime che si agitano e si esauriscono nelle vie tracciate dalla mano dell’uomo, e che, troppo spesso, ritardano od impediscono l’intima unione del Creatore con la creatura.

    Amore alla Chiesa.

    O Filippo! tu hai amato ardentemente la Chiesa di quell’amore che è il segno indispensabile della santità. La tua elevata contemplazione, non ti distraeva dalla sorte dolorosa di questa santa Sposa di Cristo, così provata nel secolo che ti vide nascere e morire. Gli sforzi dell’eresia trionfante in tanti paesi, stimolavano lo zelo nel tuo cuore: ottieni anche a noi dallo Spirito Santo quella viva attrazione per la verità cattolica, che ci renderà sensibili alle sue disfatte ed alle sue vittorie. Non ci basta di salvare le anime nostre; dobbiamo desiderare ardentemente il progresso del regno di Dio sulla terra, l’estirpazione delle eresie e l’esaltazione della santa Chiesa nostra madre, offrendo, per tutto ciò, il nostro aiuto con ogni mezzo a noi possibile. È a questa condizione che saremo figli di Dio. Ispiraci col tuo esempio, o Filippo, quest’ardore con il quale noi dobbiamo associarci in tutto ai sacri interessi della Madre comune. Prega pure per la Chiesa militante che ti ha contato tra le sue file, come uno dei suoi migliori soldati. Servi valorosamente la causa di questa Roma che si fa un onore di esserti riconoscente di tanti favori a lei prestati. Tu l’hai santificata, durante la tua vita mortale; santificala ancora e difendila dall’alto del cielo.



    LO STESSO GIORNO SANT’ELEUTERIO, PAPA E MARTIRE

    La giornata viene resa anche più bella dalla memoria di uno di quei primi pontefici che hanno servito da fondamento alla santa Chiesa nell’epoca delle tempeste. Eleuterio salì sulla Cattedra Apostolica in mezzo alla tormenta, alimentata dalla persecuzione di Marco Aurelio e di Commodo. Egli vide giungere a Roma, nel 177 o 178, la legazione della Chiesa di Lione, che aveva alla testa il grande sant ‘Ireneo. Questa illustre Chiesa veniva ad unirsi alla nuova Roma, nella quale riconosceva il « potente principato », celebrato dallo stesso sant’Ireneo, nei suoi libri contro le Eresie.

    La pace non tardò ad essere resa alla Chiesa, ed il resto del pontificato di Eleuterio trascorse nella calma e nella tranquillità. In mezzo a questa pace, col suo nome, che significa Libertà, il pontefice fu un’immagine del divin risorto, di cui il Salmista dice che è « libero tra i morti » (Sai. 87, 6). La Chiesa onora sant’Eleuterio come martire, insieme agli altri Papi che hanno regnato prima della pace di Costantino, e che, quasi tutti, hanno versato il sangue durante le persecuzioni dei tre primi secoli. Associata a tutte le sofferenze della Chiesa, governando la cristianità attraverso mille pericoli nè godendo pace che durante rari e brevi intervalli, questa lista di trentatrè pontefici ha diritto di essere considerata come una serie di martiri, anche se non tutti sono morti fra i tormenti.

    Vita. – Eleuterio fu diacono del Papa Aniceto. Nell’anno 174 succedette a Sotero, ed il suo pontificato durò fino al 189. È il primo Papa di cui conosciamo le date con sicurezza. Sotto il suo regno la persecuzione, che infieriva dal principio del secolo, si andò poco a poco calmando. Sembra che anch’egli non abbia sparso il sangue per la fede. Dopo la sua morte fu seppellito a san Pietro.

    La vera libertà.

    Il tuo nome, o Eleuterio, è quello del cristiano risorto con Gesù Cristo. La Pasqua ci ha tutti riscattati, tutti affrancati e fatti liberi. Prega dunque affinchè conserviamo sempre quella « gloriosa libertà dei figli di Dio », che raccomanda l’Apostolo (Rom. 8, 21). Per mezzo suo siamo stati strappati dai vincoli del peccato, che ci dava nelle mani della morte; dalla schiavitù di Satana che ci trascinava lungi dal nostro fine; dalla tirannia del mondo che ci perdeva con le sue massime carnali. La vita nuova che ci ha dato la Pasqua è tutta rivolta al cielo, dove Cristo ci aspetta nella gloria; noi non potremmo perderla senza essere nuovamente schiavi. Pontefice santo, ottienici che l’anno prossimo, quando tornerà la Pasqua, ci ritrovi in questa beata libertà, che è il frutto del nostro riscatto, per mezzo del Cristo (Gal. 4, 31).

    La falsa libertà.

    C’è un’altra libertà che vanta il mondo, e per la conquista della quale esso arma gli uomini gli uni contro gli altri. Consiste nell’evitare, come si sfuggirebbe un delitto, qualunque assoggettamento e qualunque dipendenza; nel rifiutare d’inchinarsi di fronte a nessuna autorità, che non sia fabbricata da noi stessi e che durerà secondo il nostro beneplacito. Liberaci, Pontefice santo, da ogni attrattiva verso questa libertà, così contraria alla sottomissione cristiana, e che non è che il trionfo dell’orgoglio umano. Nella sua frenesia, essa versa torrenti di sangue; ubbriacata da ciò che chiama fastosamente i diritti dell’uomo, sostituisce l’egoismo al dovere. Per essa la verità non esiste più, poiché arriva a riconoscere diritti allo stesso errore; per essa il bene non c’è più, perchè ha abdicato ad incatenare il male: tanto schiava è divenuta del principio barbaro dell’indipendenza! Essa detronizza Dio per quanto le è possibile, rifiutando di riconoscerlo nei depositari dell’autorità sociale, e getta l’uomo senza difesa sotto il giogo della forza brutale, schiacciandolo con il peso di ciò che chiama le maggioranze, e sotto la pressione mostruosa dei fatti compiuti.

    No, tale non è, o Eleuterio, la libertà alla quale c’invita Cristo, nostro liberatore. « Siate come uomini liberi senza farvi della libertà un manto per coprire la malizia » ci dice Pietro, tuo predecessore «ma quali servi di Dio» (I Piet. 2, 16).

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