07 maggio 2021

Sabato 8 Maggio 2021 nella liturgia



Festa dell'Apparizione di San Michele Arcangelo, Doppio Maggiore, colore liturgico bianco.

In tutta Italia vige la pia pratica di recitare oggi a mezzogiorno la Supplica alla Regina del SS. Rosario di Pompei. Per quanto non sia di per sé liturgica, sarebbe molto auspicabile recitarla davanti al SS. Sacramento solennemente esposto.

Primi Vespri della V Domenica dopo Pasqua, Domenica minore, Semidoppio, colore liturgico bianco. Commemorazioni dell'Apparizione di San Michele e di San Gregorio Nazianzeno Vescovo Confessore e Dottore della Chiesa.


Qui per le peculiarità del Tempo Pasquale:

https://loquerequaedecentsanamdoctrinam.blogspot.com/2021/04/dispensa-di-liturgia-sul-tempo-pasquale.html


Al Breviario

All'Ufficio dell'Apparizione di San Michele:

Tutto dal Proprio dei Santi (all'8 Maggio) con i Salmi indicati a Mattutino e quelli domenicali da Lodi a Nona (a Prima come nelle Feste).

Le Antifone si raddoppiano, la Commemorazione della Croce e le Preci si omettono.

All'Ufficio della Domenica:

Ai Vespri Antifone, Salmi e Inno dal Salterio, il resto dal Proprio del Tempo. Commemorazioni dal Proprio dei Santi (all'8 e al 9 Maggio). Compieta del Sabato.

Le Antifone non si raddoppiano, la Commemorazione della Croce e le Preci si omettono.


Al Messale

Messa come all'8 Maggio:

  • Gloria in excelsis
  • Orazione unica della Messa
  • Credo
  • Prefazio Pasquale (In hoc potissimum die)
  • Ite Missa est
  • Prologo di San Giovanni


Pratiche

Questa Supplica è stata composta, col nome di Atto d’amore alla Vergine, nel 1883 da Bartolo Longo, fondatore del Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, il quale sollecitava i fedeli a recitare un Ave Maria alla fine delle preghiere da lui composte e ad aggiungere una preghiera di suffragio per la sua anima benedetta.

Approvata dalla Sacra Congregazione dei Riti, la Supplica fu arricchita da Leone XIII con l’indulgenza di sette anni e sette quarantene, a chi, con il cuore almeno pentito e devoto, la recita l’8 maggio e la prima Domenica di ottobre (Rescritto dell’8 giugno 1887), indulgenza confermata in perpetuo da San Pio X e resa applicabile alle anime del Purgatorio (Rescritto del 28 novembre 1903). Pio XI, con Breve Apostolico del 20 luglio 1925, ha confermato la detta indulgenza e ha concesso in più l’indulgenza plenaria a coloro che reciteranno la Supplica, confessati e comunicati, alle solite condizioni. Infine essa è stata inserita nel Preces et Pia opera indulgentiis ditata dello stesso Pio XI, testo ufficiale del 1938 che contiene tutte le indulgenze confermate dalla Santa Sede, e riedito da Pio XII nel 1952 col nome di Enchiridion Indulgentiarum.

Ovviamente il testo è stato adulterato dai vaticansecondisti, come tutto ciò che vi è di buono, di santo e di cattolico nella Chiesa (è chiaro, non si sono fatti scrupolo né pudore di snaturare le Sacre Scritture e tutti gli atti del Culto divino in primis la Santa Messa, e si sarebbero dovuti fermare davanti a una pubblica prece?), ma qui viene fornito il testo originale di Bartolo Longo, reperibile nei già menzionati documenti.



SUPPLICA ALLA REGINA DEL SANTISSIMO ROSARIO DI POMPEI

DA RECITARSI NELL’ORA DI MEZZODÌ AGLI 8 DI MAGGIO E NELLA PRIMA DOMENICA DI OTTOBRE


I. – O Augusta Regina delle vittorie, o Vergine sovrana del Paradiso, al cui nome potente si rallegrano i cieli e tremano per terrore gli abissi, o Regina gloriosa del Santissimo Rosario, noi tutti, avventurati figli vostri, che la bontà vostra ha prescelti in questo secolo ad innalzarvi un Tempio in Pompei, qui prostrati ai vostri piedi, in questo giorno solennissimo della festa dei novelli vostri trionfi sulla terra degl’idoli e dei demoni, effondiamo con lacrime gli affetti del nostro cuore, e con la confidenza di figli vi esponiamo le nostre miserie.

Deh! da quel trono di clemenza ove sedete Regina, volgete, o Maria, lo sguardo vostro pietoso verso di noi, su tutte le nostre famiglie, sull’Italia, sull’Europa, su tutta la Chiesa; e vi prenda compassione degli affanni in cui volgiamo e dei travagli che ne amareggiano la vita. Vedete, o Madre, quanti pericoli nell’anima e nel corpo ne circondano: quante calamità e afflizioni ne costringono! O Madre, trattenete il braccio della giustizia del vostro Figliuolo sdegnato e vincete colla clemenza il cuore dei peccatori: sono pur nostri fratelli e figli vostri, che costarono sangue al dolce Gesù, e trafitture di coltello al vostro sensibilissimo Cuore. Oggi mostratevi a tutti, qual siete, Regina di pace e di perdono.

Salve Regina.

II. – È vero, è vero che noi per primi, benché vostri figliuoli, coi peccati torniamo a crocifiggere in cuor nostro Gesù, e trafiggiamo novellamente il vostro Cuore. Sì, lo confessiamo, siamo meritevoli dei più aspri flagelli. Ma Voi ricordatevi che sulla vetta del Golgota raccoglieste le ultime stille di quel sangue divino e l’ultimo testamento del Redentore moribondo. E quel testamento di un Dio, suggellato col sangue di un Uomo-Dio, vi dichiarava Madre nostra, Madre dei peccatori. Voi, dunque, come nostra Madre, siete la nostra Avvocata, la nostra Speranza. E noi gementi stendiamo a Voi le mani supplichevoli, gridando: Misericordia!

Pietà vi prenda, o Madre buona, pietà di noi, delle anime nostre, delle nostre famiglie, dei nostri parenti, dei nostri amici, dei nostri fratelli estinti, e soprattutto dei nostri nemici, e di tanti che si dicono cristiani, e pur dilacerano il Cuore amabile del vostro Figliuolo. Pietà, deh! pietà oggi imploriamo per le nazioni traviate, per tutta l’Europa, per tutto il mondo, che torni pentito al cuor vostro. Misericordia per tutti, o Madre di Misericordia.

Salve Regina.

III. – Che vi costa, o Maria, l’esaudirci? Che vi costa il salvarci? Non ha Gesù riposto nelle vostre mani tutti i tesori delle sue grazie e delle sue misericordie? Voi sedete coronata Regina alla destra del vostro Figliuolo, circondata di gloria immortale su tutti i cori degli Angeli. Voi distendete il vostro dominio per quanto son distesi i cieli, e a Voi la terra e le creature tutte che in essa abitano sono soggette. Il vostro dominio si estende fino all’inferno, e Voi sola ci strappate dalle mani di Satana, o Maria.

Voi siete l’Onnipotente per grazia. Voi dunque potete salvarci. Che se dite di non volerci aiutare, perché figli ingrati ed immeritevoli della vostra protezione, diteci almeno a chi altri mai  dobbiamo ricorrere per essere liberati da tanti flagelli.

Ah, no! Il vostro Cuore di Madre non patirà di veder noi, vostri figli, perduti. Il Bambino che noi vediamo sulle vostre ginocchia, e la mistica corona che miriamo nella vostra mano, c’ispirano fiducia che noi saremo esauditi. E noi confidiamo pienamente in Voi, ci gettiamo ai vostri piedi, ci abbandoniamo come deboli figli tra le braccia della più tenera fra le madri, ed oggi stesso, sì, oggi da Voi aspettiamo le sospirate grazie.

Salve Regina.

Chiediamo la benedizione a Maria.

Un’ultima grazia noi ora vi chiediamo, o Regina, che non potete negarci in questo giorno solennissimo. Concedete a tutti noi l’amore vostro costante, e in modo speciale la vostra materna benedizione. No, non ci leveremo dai vostri piedi, non ci staccheremo dalle vostre ginocchia, finché non ci avrete benedetti.

Benedite, o Maria, in questo momento, il Sommo Pontefice. Ai prischi allori della vostra Corona, agli antichi trionfi del vostro Rosario, onde siete chiamata Regina delle vittorie, deh! aggiungete ancor questo, o Madre: concedete il trionfo alla Religione e la pace alla umana società. Benedite il nostro Vescovo, i Sacerdoti e particolarmente tutti coloro che zelano l’onore del vostro Santuario.

Benedite infine tutti gli Associati al vostro novello Tempio di Pompei, e quanti coltivano e promuovono la divozione al vostro Santo Rosario.

O Rosario benedetto di Maria; Catena dolce che ci rannodi a Dio; Vincolo di amore che ci unisci agli Angeli; Torre di salvezza negli assalti d’inferno; Porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell’ora di agonia; a te l’ultimo bacio della vita che si spegne. E l’ultimo accento delle smorte labbra sarà il nome vostro soave, Regina del Rosario della Valle di Pompei, o Madre nostra cara, o unico Rifugio dei peccatori, o sovrana Consolatrice dei mesti. Siate ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo. Così sia.

Salve Regina.


Letture del Mattutino (in latino)

AD I NOCTURNUM

Lectio 1

De Daniéle Prophéta

Dan 7:9-11

Aspiciébam donec throni pósiti sunt, et antíquus diérum sedit. Vestiméntum ejus cándidum quasi nix, et capílli cápitis ejus quasi lana munda, thronus ejus flammæ ignis, rotæ ejus ignis accénsus. Flúvius ígneus rapidúsque egrediebátur a fácie ejus; míllia míllium ministrábant ei, et décies míllies centéna míllia assistébant ei. Judícium sedit, et libri apérti sunt. Aspiciébam propter vocem sermónum grándium, quos cornu illud loquebátur; et vidi quóniam interfécta esset béstia, et perísset corpus ejus, et tráditum esset ad comburéndum igni.

Lectio 2, Dan 10:4-8

Die autem vigésima et quarta mensis primi, eram juxta flúvium magnum, qui est Tigris. Et levávi óculos meos, et vidi: et ecce vir unus vestítus líneis, et renes ejus accíncti auro obrýzo; et corpus ejus quasi chrysólithus, et fácies ejus velut spécies fúlguris, et óculi ejus ut lampas ardens, et brácchia ejus, et quæ deórsum sunt usque ad pedes, quasi spécies æris candéntis; et vox sermónum ejus ut vox multitúdinis. Vidi autem ego Dániel solus visiónem; porro viri qui erant mecum non vidérunt; sed terror nímius írruit super eos, et fugérunt in abscónditum. Ego autem, relíctus solus, vidi visiónem grandem hanc, et non remánsit in me fortitúdo, sed et spécies mea immutáta est in me, et emárcui nec hábui quidquam vírium.

Lectio 3, Dan 10:9-14

Et audívi vocem sermónum ejus: et áudiens jacébam consternátus super fáciem meam, et vultus meus hærébat terræ. Et ecce manus tétigit me, et eréxit me super génua mea et super artículos mánuum meárum. Et dixit ad me: Dániel, vir desideriórum, intéllege verba quæ ego loquor ad te, et sta in gradu tuo; nunc enim sum missus ad te. Cumque dixísset mihi sermónem istum, steti tremens. Et ait ad me: Noli metúere, Dániel; quia, ex die primo quo posuísti cor tuum ad intellegéndum, ut te afflígeres in conspéctu Dei tui, exaudíta sunt verba tua, et ego veni propter sermónes tuos. Princeps autem regni Persárum réstitit mihi vigínti et uno diébus; et ecce Míchaël, unus de princípibus primis, venit in adjutórium meum, et ego remánsi ibi juxta regem Persárum. Veni autem ut docérem te quæ ventúra sunt pópulo tuo in novíssimis diébus, quóniam adhuc vísio in dies.

AD II NOCTURNUM

Lectio 4

Beátum Michaélem Archángelum sǽpius homínibus apparuísse, et sacrórum Librórum auctoritáte et véteri Sanctórum traditióne comprobátur. Quam ob rem multis in locis facti memória celebrátur. Eum, ut olim synagóga Judæórum, sic nunc custódem et patrónum Dei venerátur Ecclésia. Gelásio autem primo, Pontífice máximo, in Apúlia in vértice Gargáni montis, ad cujus radíces íncolunt Sipontíni, Archángeli Michaélis fuit illústris apparítio.

Lectio 5

Factum est enim, ut ex grégibus armentórum Gargáni cujúsdam taurus longe discéderet; quem diu conquisítum, in áditu spelúncæ hæréntem invenérunt. Cum vero quidam ex illis, ut taurum confígeret, sagíttam emisísset retórta sagítta in ipsum récidit sagittárium. Quæ res cum præséntes ac deínceps céteros tanto timóre affecísset, ut ad eam spelúncam própius accédere nemo audéret, Sipontíni epíscopum cónsulunt; qui, indícto trium diérum jejúnio et oratióne, rem a Deo respóndit quæri oportére.

Lectio 6

Post tríduum Míchaël Archángelus epíscopum monet in sua tutéla esse eum locum, eóque indício demonstrásse, velle ibi cultum Deo in sui et Angelórum memóriam adhibéri. Quare epíscopus una cum cívibus ad eam spelúncam ire pergit. Quam cum in templi cujúsdam similitúdinem conformátam vidíssent, locum illum divínis offíciis celebráre cœpérunt:: qui multis póstea miráculis illustrátus est. Nec ita multo post Bonifátius Papa, Romæ in summo circo, sancti Michaélis ecclésiam dedicávit tértio Kaléndas Octóbris; quo die étiam ómnium Angelórum memóriam Ecclésia célebrat. Hodiérnus autem dies Archángeli Michaélis apparitióne consecrátus est.

AD III NOCTURNUM

Lectio 7

Léctio sancti Evangélii secúndum Matthǽum

Matt 18:1-10

In illo témpore: Accessérunt discípuli ad Jesum, dicéntes: Quis, putas, major est in regno cælórum? Et réliqua.

Homilía sancti Hilárii Epíscopi

Comment in Matth. can. 18

Nónnisi revérsos in natúram puerórum introíre regnum cælórum Dóminus docet: id est, per simplicitátem puerílem vítia córporum nostrórum animǽque revocánda. Púeros autem, credéntes omnes per audiéntiæ fidem nuncupávit. Hi enim patrem sequúntur, matrem amant, próximo velle malum nésciunt, curam opum négligunt; non insoléscunt, non odérunt, non mentiúntur, dictis credunt, et quod áudiunt, verum habent. Reverténdum ígitur est ad simplicitátem infántium; quia, in ea collocáti, spéciem humilitátis Domínicæ circumferémus.

Lectio 8

Væ huic mundo ab scándalis. Humílitas passiónis scándalum mundo est. In hoc enim máxime ignorántia detinétur humána, quod sub deformitáte crucis, ætérnæ glóriæ Dóminum nóluit accípere. Et quid mundo tam periculósum, quam non recepísse Christum? Ideo vero necésse esse ait veníre scándala; quia, ad sacraméntum reddéndæ nobis æternitátis, omnis in eo passiónis humílitas esset explénda.

Lectio 9

Vidéte ne contemnátis unum de pusíllis istis, qui credunt in me. Aptíssimum vínculum mútui amóris impósuit, ad eos præcípue qui vere in Dómino credidíssent. Pusillórum enim Angeli quotídie Deum vident: quia Fílius hóminis venit salváre quæ pérdita sunt. Ergo et Fílius hóminis salvat, et Deum Angeli vident, et Angeli pusillórum præsunt fidélium oratiónibus. Præésse Angelos absolúta auctóritas est. Salvatórum ígitur per Christum oratiónes Angeli quotídie Deo ófferunt. Ergo periculóse ille contémnitur, cujus desidéria ac postulatiónes ad ætérnum et invisíbilem Deum, ambitióso Angelórum famulátu ac ministério, pervehúntur.


Traduzione italiana delle Letture del Mattutino

I NOTTURNO

Lettura 1

Dal Profeta Daniele

Dan 7:9-11

Lo stavo osservando finché furono alzati dei troni, e l'antico dei giorni si mise a sedere. Le sue vesti erano candide come la neve, e i capelli della sua testa come la lana lavata, il suo trono come di fiamma di fuoco, e le ruote di questo erano vivo fuoco. Un fiume di fuoco usciva rapido dalla sua faccia; migliaia di migliaia lo servivano e mille milioni lo assistevano. Si tenne il giudizio, e furono aperti i libri. Io stavo osservando a motivo della voce delle grandi parole che spacciava quel corno; e vidi che la bestia era stata uccisa, il suo corpo distrutto e gettato ad ardere nel fuoco.

Lettura 2, Dan 10:4-8

Ma il giorno ventiquattro del primo mese, io stavo presso al gran fiume, il Tigri. E alzai i miei occhi, e guardai: ed ecco un uomo vestito di lino, con una cintura ai suoi fianchi d'oro finissimo; e il suo corpo era come il crisolito, e la sua faccia brillava come il baleno, e i suoi occhi eran come lampada ardente, e le sue braccia e giù giù fino ai piedi, erano simili a metallo incandescente; e il suono delle sue parole come la voce d'una moltitudine. E io solo, Daniele, vidi la visione; e quelli ch'eran con me non la videro; ma furono sorpresi da un grande spavento e fuggirono a nascondersi. Ed io, rimasto solo, vidi questa grande visione, e non rimase in me vigore, e si alterò la mia faccia, e svenni, e non mi rimase alcuna forza.

Lettura 3, Dan 10:9-14

E udii la voce delle sue parole: e, mentre le udivo, mi trovai giacere boccone tutto sbigottito, col volto aderente alla terra. Quand'ecco mi toccò una mano, e mi fece alzare sulle mie ginocchia e sulle dita delle mie mani. E mi disse; Daniele, uomo di desideri, sta attento alle parole ch'io ti dico, e sta sui tuoi piedi; perché sono stato ora mandato a te. E dettemi queste parole, io mi alzai tremante. Allora mi disse: Non temere, Daniele; perché fin dal primo giorno che per intendere ti mettesti in cuore d'affliggerti davanti al tuo Dio, sono state esaudite le tue parole, e io son venuto a motivo delle tue preghiere. Ora il principe del regno dei Persiani mi ha fatto resistenza per ventun giorni; ma ecco Michele, uno de' primari principi, venne in mio aiuto, ed io rimasi colà presso il re dei Persiani. Ora son venuto per svelarti le cose che avverranno al tuo popolo negli ultimi giorni, perché questa visione riguarda giorni lontani.

II NOTTURNO

Lettura 4

Che il beato Michele Arcangelo sia apparso sovente agli uomini, lo provano e l'autorità dei sacri libri e l'antica tradizione dei Santi. Per cui la memoria di questo fatto si celebra in molti luoghi. Come altra volta la sinagoga dei Giudei, così adesso la Chiesa di Dio lo venera suo custode e patrono. Una celebre apparizione di Michele Arcangelo avvenne sotto il sommo Pontefice Gelasio I, nella Puglia, sulla vetta del monte Gargano, ai piedi del quale è situata la città di Siponto.

Lettura 5

Difatti accadde che il toro d'un certo Gargano allontanatosi dalla mandria del bestiame, dopo molte ricerche si ritrovò impigliato all'ingresso d'una spelonca. Uno dei ricercatori avendo scoccata una freccia per trafiggerlo, la freccia, rivoltatasi, tornò a chi l'aveva lanciata. La qual cosa riempì di tanto terrore i presenti e poi gli altri, che, non osando più alcuno accostarsi a quella spelonca, i Sipontini consultano il vescovo; il quale rispose che occorreva interrogare il Signore, ed indisse tre giorni di digiuno e di preghiere.

Lettura 6

Dopo i tre giorni, l'Arcangelo Michele avvertì il vescovo che quel luogo era sotto la sua protezione, e con quel fatto aveva voluto manifestare che si rendesse ivi un culto a Dio in memoria di lui e degli Angeli. Quindi il vescovo si portò col popolo a detta spelonca. E al vederla disposta in forma di chiesa, cominciarono a celebrarvi i divini uffici: e questo luogo fu poi illustrato da molti miracoli. Non molto dopo, il Papa Bonifacio dedicò in Roma la chiesa di san Michele sulla sommità prospiciente il circo, il 29 Settembre: giorno nel quale la Chiesa celebra ancora la memoria di tutti gli Angeli. Ma quest'oggi è consacrato all'apparizione di Michele Arcangelo.

III NOTTURNO

Lettura 7

Lettura del santo Vangelo secondo Matteo

Matt 18:1-10

In quell'occasione: S'accostarono a Gesù i discepoli, e gli dissero: Chi, secondo te, è il più grande nel regno dei cieli? Eccetera.

Omelia di sant'Ilario Vescovo

Commento su Matteo, can. 18

Il Signore ci insegna, che solo riprendendo la natura di bambini entreremo nel regno dei cieli: cioè distruggendo in noi colla semplicità del bambino i vizi dei corpi e delle anime nostre. Egli poi chiama bambini tutti quelli che credono per la fede alla sua parola. I bambini infatti obbediscono al padre, amano la madre, non sanno voler male al prossimo, non si curano affatto delle ricchezze; non insolentiscono, non odiano, non mentiscono, credono a ciò che si dice, e quanto odono lo ritengono per vero. Si deve dunque tornare alla semplicità dei bambini; perché, ritornati così, portiamo in noi l'immagine dell'umiltà del Signore.

Lettura 8

«Guai al mondo per gli scandali» Matth. 18,7. La umiliazione della passione è scandalo per il mondo. Ecco quel che soprattutto trattiene gli uomini nell'ignoranza, il non voler riconoscere sotto l'ignominia della croce il Signore dell'eterna gloria. E che di più pericoloso per il mondo, che il non aver ricevuto Cristo? E perciò ha detto essere necessario che vi siano degli scandali; perché, per realizzare il mistero che ci deve rendere la vita eterna, la umiliazione della passione dev'essere completa in lui.

Lettura 9

«Guardatevi dal disprezzare alcuno di questi piccini che credono in me». A quelli principalmente che veramente hanno creduto nel Signore, egli ha imposto il vincolo strettissimo del mutuo amore. Gli Angeli dei piccini infatti vedono Dio ogni giorno: perché il Figlio dell'uomo è venuto a salvare ciò ch'era perduto. Così il Figlio dell'uomo salva, gli Angeli vedono Dio, e gli Angeli dei piccini presiedono alle preghiere dei fedeli. Che gli Angeli presiedano è dottrina certissima. Gli Angeli dunque offrono ogni giorno a Dio le preghiere dei piccini salvati da Cristo. Quindi è pericoloso disprezzare colui, i cui desideri e domande sono rapportate a Dio eterno ed invisibile mediante l'ambito ministero degli Angeli, che formano la sua corte.


Ad Primam: il Martirologio del 9 Maggio 2021.

Septimo Idus Maji, luna vigesima septima.



Nel settimo giorno alle Idi di Maggio, luna ventisettesima.





Parti proprie della Messa (in latino)

INTROITUS

Benedícite Dóminum, omnes Angeli ejus: poténtes virtúte, qui tácitis verbum ejus, ad audiéndam vocem sermónum ejus, allelúja, allelúja. --- Bénedic, ánima mea, Dómino: et ómnia, quæ intra me sunt, nómini sancto ejus. --- Glória Patri --- Benedícite Dóminum, omnes Angeli ejus: poténtes virtúte, qui tácitis verbum ejus, ad audiéndam vocem sermónum ejus, allelúja, allelúja.

COLLECTA

Orémus. Deus, qui, miro ordine, Angelórum ministéria hominúmque dispénsas: concéde propítius; ut, a quibus tibi ministrántibus in cœlo semper assístitur, ab his in terra vita nostra muniátur. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

EPISTOLA

Léctio libri Apocalýpsis beáti Joánnis Apóstoli.

Apoc 1:15

In diébus illis: Significávit Deus, quæ opórtet fíeri cito, mittens per Angelum suum servo suo Joánni, qui testimónium perhíbuit verbo Dei, et testimónium Jesu Christi, quæcúmque vidit. Beátus, qui legit et audit verba prophetíæ hujus: et servat ea, quæ in ea scripta sunt: tempus enim prope est. Joánnes septem ecclésiis, quæ sunt in Asia. Grátia vobis et pax ab eo, qui est et qui erat et qui ventúrus est: et a septem spirítibus, qui in conspéctu throni ejus sunt: et a Jesu Christo, qui est testis fidélis, primogénitus mortuórum et princeps regum terræ, qui diléxit nos et lavit nos a peccátis nostris in sánguine suo.

ALLELUIA

Allelúja, allelúja. Sancte Míchæl Archángele, defénde nos in prœ́lio: ut non pereámus in treméndo judício. Allelúja. Concússum est mare et contrémuit terra, ubi Archángelus Míchaël descéndit de cœlo. Allelúja.

EVANGELIUM

Sequéntia ✠ sancti Evangélii secundum Matthǽum.

Matt 18:1-10

In illo témpore: Accessérunt discípuli ad Jesum, dicéntes: Quis, putas, major est in regno cœlórum? Et ádvocans Jesus párvulum, státuit eum in médio eórum et dixit: Amen, dico vobis, nisi convérsi fuéritis et efficiámini sicut párvuli, non intrábitis in regnum cœlórum. Quicúmque ergo humiliáverit se sicut párvulus iste, hic est major in regno cœlórum. Et qui suscéperit unum párvulum talem in nómine meo, me súscipit. Qui autem scandalizáverit unum de pusíllis istis, qui in me credunt, expédit ei, ut suspendátur mola asinária in collo ejus, et demergátur in profúndum maris. Væ mundo a scándalis! Necésse est enim, ut véniant scándala: verúmtamen væ hómini illi, per quem scándalum venit! Si autem manus tua vel pes tuus scandalízat te, abscíde eum et projíce abs te: bonum tibi est ad vitam ingrédi débilem vel claudum, quam duas manus vel duos pedes habéntem niitti in ignem ætérnum. Et si óculus tuus scandalízat te, érue eum et projice abs te: bonum tibi est cum uno óculo in vitam intráre, quam duos óculos habéntem mitti in gehénnam ignis. Vidéte, ne contemnátis unum ex his pusíllis: dico enim vobis, quia Angeli eórum in cœlis semper vident fáciem Patris mei, qui in cœlis est.

OFFERTORIUM

Orémus. Stetit Angelus juxta aram templi, habens thuríbulum áureum in manu sua, et data sunt ei incénsa multa: et ascendit fumus arómatum in conspéctu Dei, allelúja.

SECRETA

Hóstias tibi. Dómine, laudis offérimus, supplíciter deprecántes: ut eásdem, angélico pro nobis interveniénte suffrágio, et placátus accípias, et ad salútem nostram proveníre concédas. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.

PRAEFATIO PASCHALIS

Vere dignum et justum est, æquum et salutáre: Te quidem, Dómine, omni témpore, sed in hoc potíssimum die gloriósius prædicáre, cum Pascha nostrum immolátus est Christus. Ipse enim verus est Agnus, qui ábstulit peccáta mundi. Qui mortem nostram moriéndo destrúxit et vitam resurgéndo reparávit. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia cœléstis exércitus hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes: (Sanctus).

COMMUNIO

Benedícite, omnes Angeli Dómini, Dóminum: hymnum dícite et superexaltáte eum in sǽcula, allelúja.

POSTCOMMUNIO

Orémus. Beáti Archángeli tui Michaélis intercessióne suffúlti: súpplices te, Dómine, deprecámur; ut, quod ore proséquimur, contingámus ei mente. Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. Amen.


Traduzione italiana

INTROITO

Benedite il Signore, voi tutti Angeli suoi: gagliardi esecutori dei suoi ordini, pronti ad una sua parola. --- Benedici, ànima mia, il Signore, e tutto il mio intimo benedica il suo santo nome. --- Gloria --- Benedite il Signore, voi tutti Angeli suoi: gagliardi esecutori dei suoi ordini, pronti ad una sua parola.

COLLETTA

Preghiamo. O Dio, che con ordine meraviglioso distribuisci gli uffici degli Angeli e degli uomini, concédici, propizio, che da coloro che in cielo continuamente servono alla tua presenza, sia difesa in terra la nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

EPISTOLA

Lettura del libro dell’Apocalisse di San Giovanni Apostolo.

Apoc 1:1-5

In quel tempo: Dio rivelò le cose che presto debbono accadere, inviando per mezzo del suo Angelo il messaggio al suo servo Giovanni, il quale attesta che tutto quello che vide è parola di Dio e testimonianza di Gesú Cristo. Beato chi legge e ascolta le parole di questa profezia: e serba le cose che in essa sono scritte, poiché il tempo è vicino. Giovanni alle sette Chiese che sono nell’Asia. Grazia a voi e pace da parte di Colui che è, era e sta per venire; e dei sette spiriti che sono dinanzi al suo trono, e di Gesú Cristo che è il testimonio fedele, il primogenito tra i morti e il principe dei re della terra, il quale ci amò e ci lavò dai nostri peccati col proprio sangue.

ALLELUIA

Allelúia, allelúia. San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia, affinché non periamo nel tremendo giudizio. Allelúia. Il mare fu sconvolto, e la terra tremò, allorché Michele Arcangelo discese dal cielo. Alleluia.

VANGELO

Lettura del Santo Vangelo secondo San Matteo.

Matt 18:1-10

In quel tempo: Si presentarono a Gesú i discepoli e gli dissero: Chi ritieni tu il piú grande nel regno dei cieli? E Gesú, chiamato a sé un fanciullo, lo pose in mezzo ad essi e rispose: In verità vi dico che, se non vi convertirete e non diverrete come fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli. Quindi, chiunque si farà piccolo come questo fanciullo, questi sarà il più grande nel regno dei cieli. E chiunque accoglierà nel nome mio un fanciullo come questo, accoglie me stesso. Chi poi scandalizzerà uno di questi piccoli, che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una màcina d’àsino e fosse immerso nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali. Poiché è inevitabile che vi siano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale viene lo scandalo. Che se la tua mano e il tuo piede ti è di scandalo, troncali e gettali via da te: è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che essere gettato nel fuoco eterno con tutte e due le mani o i piedi. E se il tuo occhio ti è di scandalo, lévatelo e géttalo via da te: è meglio per te entrare nella vita con un solo occhio, che essere gettato nel fuoco della geenna con due occhi. Guardatevi dal disprezzare qualcuno di questi piccoli: vi dico che i loro Ángeli nei cieli vedono sempre il volto del Padre mio che è nei cieli.

OFFERTORIO

Preghiamo. L’Angelo si fermò presso l’altare del tempio, tenendo un turibulo d’oro in mano, e gli fu dato molto incenso: e il fumo degli aromi salì al cospetto di Dio, allelúia.

SECRETA

Ostie di lode Ti offriamo, o Signore, pregandoTi supplichevoli: affinché, per intercessione degli Angeli, le accetti propizio e le renda proficue alla nostra salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

PREFAZIO PASQUALE

È veramente degno e giusto, conveniente e salutare: Che Te, o Signore, esaltiamo in ogni tempo, ma ancor piú gloriosamente in questo tempo in cui, nostro Agnello pasquale, si è immolato il Cristo. Egli infatti è il vero Agnello, che tolse i peccati del mondo. Che morendo distrusse la nostra morte, e risorgendo ristabilí la vita. E perciò con gli Angeli e gli Arcangeli, con i Troni e le Dominazioni, e con tutta la milizia dell’esercito celeste, cantiamo l’inno della tua gloria, dicendo senza fine: (Sanctus).

COMUNIONE

Benedite il Signore, Angeli tutti del Signore: cantate inni e superesaltatelo nei secoli.

POST-COMUNIONE

Preghiamo. Sostenuti dall’intercessione del tuo beato Michele Arcangelo: súpplici Ti preghiamo, o Signore, affinché di quanto abbiamo ricevuto con la bocca, conseguiamo l’effetto nell’ànima. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.


Dall'Anno Liturgico di Dom Guéranger

8 MAGGIO APPARIZIONE DI SAN MICHELE ARCANGELO

Gli Angeli nel Vangelo.

Il Salmista aveva predetto che l’arrivo dell’Emmanuele in questo mondo sarebbe stato salutato dai santi Angeli, che l’avrebbero umilmente adorato nel momento in cui avrebbe manifestato la sua presenza in mezzo agli uomini (Sal 96,8; Ebr 1,6).

Noi vedemmo compiersi quest’oracolo nella notte di Natale. Il concento angelico attirò i pastori alla grotta, ove li accompagnammo per offrire i nostri omaggi al Dio Bambino. Nel trionfo della risurrezione, l’Emmanuele non poteva mancare di essere circondato da questi spiriti beati che l’avevano seguito con rispetto nelle umiliazioni ed i dolori della sua passione. Appena superata la barriera che lo tiene prigioniero nel sepolcro, un Angelo, il cui volto sfavilla e le cui vesti sono risplendenti come la neve, viene a rovesciare la pietra che chiude l’ingresso della tomba e ad annunciare alle pie donne che, colui che cercano, è risuscitato. Quando esse penetrano nell’antro del sepolcro, due Angeli, vestiti di bianco, si presentano ai loro sguardi e confermano la buona novella. Rendiamo omaggio a questi augusti messaggeri della nostra liberazione, e contempliamoli con rispetto mentre circondano Gesù durante il suo soggiorno sulla terra. Essi adorano questa umanità glorificata, che vedranno presto ascendere al più alto dei cieli e prendere posto alla destra del Padre. Si rallegrano con noi in questa festa di Pasqua, per mezzo della quale, nel nostro Salvatore risorto, ci è resa l’immortalità; come san Gregorio c’insegna [1]: “Questa Pasqua diviene anche la festa degli Angeli; poiché, allo stesso tempo che ci riapre il cielo, annuncia loro che le perdite che hanno subito nelle loro schiere, saranno colmate”. È dunque giusto che il Tempo pasquale consacri una solennità al culto degli Spiriti Angelici. Poco prima dell’Annunciazione di Maria, festeggiammo Gabriele; oggi riceve i nostri omaggi l’Arcangelo Michele, il principe della milizia celeste. Egli stesso ne fissò questo giorno, apparendo agli uomini, e lasciando un pegno della sua presenza e della sua protezione.

Il nome e la missione dell’Arcangelo.

Anche il solo nome di Michele lo designa alla nostra ammirazione: è un grido di entusiasmo e di fedeltà. “Chi è simile a Dio?” così si chiama l’Arcangelo. Satana, dal fondo dell’inferno, freme ancora a tale nome, che gli ricorda la protesta con la quale questo Spirito accolse il tentativo di rivolta degli Angeli infedeli. Michele ebbe le sue prove nell’armata del Signore, e per questa ragione gli fu affidata la guardia e la difesa del popolo di Dio, fino al giorno in cui l’eredità della sinagoga ripudiata passò alla Chiesa cristiana. Adesso è il custode e il protettore della Sposa del suo Maestro, la nostra madre comune. Il suo braccio veglia su di essa; la sostiene, la risolleva nelle sue prove, ne condivide tutti i trionfi.

Ma non crediamo che il santo Arcangelo, incaricato dei più vasti e più elevati interessi per la conservazione dell’opera di Cristo, ne sia talmente sovraccaricato da non poter mantenere un orecchio aperto alla preghiera di ognuno dei membri della santa Chiesa. Dio gli ha dato verso di noi un cuore che compatisce e non una delle anime nostre sfugge alla sua azione. Egli possiede la spada per la difesa della Sposa di Cristo; si oppone al dragone sempre pronto a lanciarsi contro la Donna ed il suo frutto (Ap 12,13); ma, nello stesso tempo, si degna di prestarci attenzione quando ognuno di noi, dopo di avere confessati i propri peccati al Dio onnipotente, alla Beata Vergine Maria, li accusa anche davanti a lui, Michele Arcangelo, e gli domanda il favore della sua intercessione presso il Signore.

Il suo occhio vigila, su tutta la terra, presso il letto dei moribondi; poiché è suo incarico particolare di raccogliere le anime elette quando escono dal loro corpo.

Con tenera sollecitudine ed incomparabile maestà, egli le presenta alla luce eterna e le introduce nel soggiorno di gloria. È la santa Chiesa stessa che, nei testi della Liturgia, ci istruisce su queste prerogative del grande Arcangelo. Ci insegna che è stato preposto al Paradiso, e che Dio gli ha affidato le anime sante per condurle nella regione della felicità senza fine. Nell’ultimo giorno del mondo, quando Cristo comparirà sulle nubi del cielo per giudicare il genere umano, Michele dovrà compiere un ministero formidabile, eseguendo con gli altri Angeli, la separazione degli eletti e dei reprobi, che avranno ripreso i loro corpi nella Risurrezione generale. Nel medio evo i nostri padri amavano raffigurare l’opera del santo Arcangelo in quel momento terribile, presentandolo ai piedi del trono del giudice supremo, nell’atto di tenere una bilancia sulla quale pesa le anime con le loro opere.

Il culto dell’Arcangelo.

Il culto di un così potente ministro di Dio, di un così vigile protettore degli uomini doveva propagarsi nella cristianità, soprattutto dopo la disfatta dei falsi dèi, quando non si ebbe più a temere che gli uomini fossero tentati di rendergli onori divini. Costantino elevò in suo nome un celebre santuario che si chiamò Michaélion e che sorse nei pressi della sua nuova capitale. All’epoca in cui Costantinopoli cadde nel potere dei Turchi, non vi si contavano meno di quindici Chiese consacrate al nome di san Michele, sia entro le mura della città, sia nei sobborghi. Nel resto della cristianità questa devozione si accrebbe grado a grado; e fu per mezzo delle stesse manifestazioni del Beato Arcangelo, che i fedeli vennero invitati a ricorrete a Lui. Queste manifestazioni erano locali; ma Dio, che fa scaturire grandi effetti da cose piccole, se ne servì per svegliare nei Cristiani, a poco a poco, il sentimento della fiducia verso il loro celeste protettore.

Le Apparizioni.

I Greci celebrano l’apparizione che ebbe luogo nella Frigia, a Chone, nome che ha rimpiazzato quello di Colossi. Esisteva in questa Città una Chiesa eretta in onore di san Michele, ed essa era frequentata da una pia persona che si chiamava Arcipe, e che i Pagani perseguitavano furiosamente. Nell’intento di disfarsi di lui, allentarono la chiusa di un corso d’acqua che venne ad unirsi al Lico, minacciando di far crollare la Chiesa di san Michele, dove Arcipe stava in preghiera. Ma, improvvisamente, il Beato Arcangelo apparve, tenendo in mano una verga; di fronte alla sua presenza l’inondazione arretrò, e le acque, ingrossate dall’affluente che la malizia dei pagani aveva scatenato, andarono a perdersi nell’abisso in cui il Lico sprofonda e sparisce presso Colossi. La data di questo prodigio non è sicura; si sa solamente che ebbe luogo in un’epoca in cui i pagani erano ancora abbastanza numerosi a Colossi, per dare preoccupazione ai Cristiani. Un’altra apparizione fu destinata ad accrescere la devozione a san Michele tra il popolo italiano, ed ebbe luogo sul monte Gargano, nelle Puglie: è quella che noi festeggiamo oggi. Una terza ebbe luogo in Francia, sulle coste della Normandia, sul monte Tomba. Si celebra il sedici Ottobre. La festa odierna non è quella più solenne delle due che ogni anno la Chiesa consacra a san Michele; quella del ventinove settembre è di grado superiore, ma meno personale per il Beato Arcangelo, poiché vi si onorano nel medesimo tempo tutti i cori della gerarchia angelica.

L’apparizione sul monte Gargano.

Questa apparizione si crede abbia avuto luogo sotto il pontificato di Gelasio I, in Puglia, sulla cima del Gargano, ai piedi del quale è situata la città di Siponte.

Secondo la tradizione, un toro si era impigliato nella boscaglia, all’ingresso di una caverna. Un uomo che lo inseguiva, scoccò una freccia su di esso; ma questa si girò, tornò sopra di lui e lo ferì. Un religioso terrore s’impossessò allora delle persone che erano andate all’inseguimento dell’animale, di modo che nessuno osava più avvicinarlo. Consultato il Vescovo di Siponte, rispose che si doveva interrogare Iddio per mezzo della preghiera e di un digiuno di tre giorni, alla fine del quale l’Arcangelo san Michele lo avvertì che il luogo dove si trovava quell’animale era sotto la sua protezione, e che voleva che esso si consacrasse al culto divino, in suo onore e degli Angeli. Una processione si recò alla caverna. Videro allora che essa era disposta in forma di Chiesa, vi si celebrò il santo Sacrificio, ed il luogo divenne celebre per i miracoli che vi si produssero.

Lode.

Come sei bello, Arcangelo san Michele, mentre rendi gloria al Signore, di cui hai umiliato il nemico! Il tuo sguardo si volge verso il trono di Dio, del quale hai sostenuto i diritti e che ti ha dato la vittoria. Il tuo grido: “Chi è simile a Dio?”, ha elettrizzato le legioni fedeli, ed è divenuto il nome tuo e la tua corona. Esso ci ricorderà per sempre, nell’eternità, la tua fedeltà ed il tuo trionfo sul drago. Ma nell’attesa noi riposiamo sotto la tua custodia, siamo i tuoi fortunati protetti.

Protettore della Chiesa.

Angelo custode della santa Chiesa, è venuto il momento di spiegare tutto il vigore del tuo braccio. Satana, nel suo furore, minaccia la Sposa del Maestro: fa brillare il lampo della tua spada, e piomba addosso a questo implacabile nemico ed alla sua orribile corte. Il regno di Cristo è scosso fino alle sue fondamenta. Ma se la terra deve vivere ancora, se i destini della Chiesa non sono ancora compiuti, non è il momento, o potente Arcangelo, che tu faccia sentire al demonio che non si oltraggia impunemente su questa stessa terra colui che l’ha creata, che l’ha riscattata, e che ha il nome di Re dei re, di Signore dei signori? Il torrente degli errori e del male non cessa di trascinare verso l’abisso questa generazione sedotta: salvala, dissipando gli oscuri complotti di cui essa è vittima.


…e della buona morte.

Tu, o Michele, sei il protettore delle anime nostre al momento del passaggio dal tempo all’eternità. Durante la nostra vita, il tuo occhio ci segue, il tuo orecchio ci ascolta. Noi ti amiamo, Principe immortale, e viviamo felici e fiduciosi all’ombra delle tue ali. Ben presto verrà il giorno in cui, in presenza dei nostri resti inanimati, la santa Chiesa, madre nostra, domanderà per noi, al Signore, che veniamo strappati dalle fauci del leone infernale e che le tue mani potenti ci ricevano e ci presentino alla luce eterna. Aspettando quel momento solenne, veglia sui tuoi protetti, o Arcangelo! Il dragone ci minaccia, vorrebbe divorarci. Insegnaci a ripetere con te: “Chi è simile a Dio?”. L’onore suo, il sentimento dei suoi diritti, l’obbligo di restargli fedeli e di servirlo, di confessarlo in ogni tempo e in ogni luogo formano lo scudo della nostra debolezza, l’armatura sotto la quale noi pure vinceremo, come tu vincesti.

Ma ci occorre qualcosa di questo coraggio che tu attingesti all’amore di cui eri ricolmo. Fa’, dunque, che amiamo il tuo e nostro Signore, poiché solamente allora saremo invincibili come te.

Satana non sa resistere alla creatura che è affascinata dall’amor di Dio e fugge vergognosamente. Il Signore ti aveva creato, o Michele, e tu hai amato in lui il tuo Creatore; noi, non ci ha solamente creati, ma ci ha riscattati nel suo sangue; quale deve essere dunque il nostro amore per lui? Fortificalo nel nostro cuore e poiché combattiamo nella tua milizia, dirigici, infiammaci, sostienici col tuo sguardo, e para i colpi del nemico. Tu sarai presente, lo speriamo, alla nostra ultima ora, vessillifero della salvezza! In cambio della nostra devozione per te, degnati di montar la guardia presso il nostro giaciglio e ricoprirlo del tuo scudo. Non abbandonare l’anima nostra, beato Arcangelo, quando essa si serrerà presso di te; conducila ai piedi del tribunale di Dio, ricoprila con le tue ali, rassicurala nei suoi terrori. Si degni il Signore, tuo padrone, di ordinarti di trasportarla prontamente nella regione delle gioie eterne!


[1] Mattutino di Pasqua, 2ª lezione dell’omelia.


SABATO DELLA QUINTA SETTIMANA DOPO PASQUA

Il Matrimonio.

In questo giorno consacrato a Maria, apriremo il santo Vangelo e vi leggeremo queste parole: « Si facevano nozze in Cana di Galilea, e c’era la madre di Gesù » (Gv. 2, 1). Il racconto aggiunge che anche Gesù e i suoi discepoli furono invitati alle nozze; ma non é senza una ragione profonda che lo Spirito Santo, che conduceva la mano dell’evangelista, ha fatto sì che Maria fosse menzionata per prima. Voleva insegnarci che questa Madre degli uomini estende la sua protezione sull’unione coniugale quando questa è stata contratta sotto gli occhi e con la benedizione del suo Figliolo.

Il Matrimonio é grande agli occhi di Dio stesso. Egli l’istituì nel Paradiso terrestre in favore dei nostri progenitori ancora innocenti, e ne determinò le condizioni fin da quel giorno, dichiarando che l’unità ne sarebbe la base, che la donna non sarebbe appartenuta che ad un solo uomo, e l’uomo ad una sola donna; ma non manifestò , fin d’allora, l’oggetto glorioso che doveva rappresentare questa nobile unione. Avendo deciso di fare scaturire dalla medesima sorgente, per generazione successiva, tutti i membri della famiglia umana, a differenza degli Angeli, che non sono generati gli uni dagli altri, ma sono stati creati simultaneamente, – il Creatore ha contato sul Matrimonio per compiere i suoi disegni. Ed è per mezzo di esso che otterrà che gli eletti formino, come egli vuole, la sua corte nel cielo, rinforzando così le schiere degli Spiriti beati, decimati dalla defezione degli Angeli caduti. Perciò lo benedisse fin dai primi giorni del mondo, di una benedizione permanente che, come c’insegna la Chiesa nella liturgia, « non fu tolta nè per la pena del peccato originale, nè per la sentenza del diluvio » (Messale rom.).

Decadimento del Matrimonio.

Ma prima ancora che questo secondo castigo cadesse sulla nostra razza colpevole, durante il corso di quel primo periodo in cui « ogni carne aveva corrotta la sua via » (Gen. 6, 12), il Matrimonio decadde da quella elevatezza che gli aveva dato il Creatore. Distolto dal suo nobile fine, abbassato al livello di una volgare soddisfazione dei sensi, esso perdette quella sacra unità che ne faceva la gloria. La poligamia, da una parte, il divorzio dall’altra, vennero a togliergli il suo carattere primitivo: da qui l’annientamento della famiglia, vergognosamente sacrificata al piacere; da qui pure, la degradazione della missione della donna , ridotta ad essere un mero oggetto di concupiscenza. La lezione del diluvio non arrestò questo decadimento presso i nipoti di Noè. Non tardò a riprendere il suo corso, e la legge di Mosè non ebbe l’energia necessaria per far tornare il Matrimonio alla dignità della sua istituzione primitiva.

Riabilitazione del Matrimonio.

Bisognava per questo che il divino autore dell’alleanza coniugale scendesse sulla terra. Quando le miserie dell’umanità furono arrivate al colmo, egli apparve in mezzo agli uomini, prendendo la loro stessa natura. Dichiarò di essere lo Sposo (Mt. 9, 15), colui che i Profeti e la cantica avevano annunciato dovere , un giorno, prendere una Sposa tra i mortali. Questa Sposa da lui scelta è la Chiesa, ossia l’umanità purificata per mezzo del Battesimo e ornata di doni sopran naturali. Egli l’ha dotata del suo sangue e dei suoi meriti, e l’ha unita a sè per l’eternità. Questa Sposa è unica e nel suo amore le dà questo nome: la « mia unica » (Cant. 6, 8). E così essa pure non potrebbe avere altro Sposo. Così viene rivelato il modello divino dell’alleanza coniugale, che, come ci insegna l’Apostolo, attinge il suo mistero e la sua dignità nell’unione di Cristo con la Chiesa (Ef. 5, 32).

Il fine di queste due alleanze è comune; esse si fondono. Gesù ama la sua Chiesa dell’amore dello Sposo; ma la Chiesa procede dal matrimonio umano che le dona i suoi figli e la rinnova continuamente sulla terra. Gesù doveva dunque risollevare il Matrimonio, ricondurlo alle sue condizioni primitive, onorarlo come potente ausilio dei suoi disegni. Innanzi tutto, come abbiamo potuto vedere nella seconda Domenica dopo l’Epifania, egli scelse la sala nuziale di Cana, quando volle iniziare il suo ministero col primo miracolo. Accettando l’invito di essere presente a quelle nozze, alle quali era già stata invitata sua Madre, sentiamo che, con la sua presenza, viene ad elevare la dignità del sacro contratto che deve unire i due sposi, e che la benedizione del Paradiso terrestre si rinnovella in loro favore. Adesso, che ha cominciato a manifestarsi come Figlio di Dio, al quale la natura obbedisce, darà inizio alla sua predicazione. I suoi insegnamenti, che hanno lo scopo di ricondurre l’uomo ai fini della creazione, si applicheranno spesso e in modo particolare alla riabilitazione del Matrimonio. Egli proclamerà il principio dell’unità, richiamandosi alla divina istituzione: « che essi siano due in una sola carne »: due e non tre, e non dieci.

Proclamando l’indissolubilità del sacro legame, dichiarerà che l’infedeltà di uno degli sposi oltraggia questo medesimo legame, ma non lo rompe; poiché egli dice: « l’uomo non separi ciò che Dio congiunse » (Mt. 19, 6). Viene così ristabilita la famiglia nelle sue vere condizioni; viene abrogata la libertà degradante della poligamia e del divorzio, monumenti della durezza di cuore dell’uomo che non aveva visto ancora il suo Redentore. In questo modo rifiorirà l’alleanza tra l’uomo e la donna, alleanza feconda, tanto per la Chiesa della terra, quanto per quella del cielo.

Il Sacramento del Matrimonio.

La munificenza del Signore risorto in rapporto al Matrimonio non si limita a rinnovarne l’essenza, alterata dalla debolezza dell’uomo. Vuol fare qualche cosa di più. Questo contratto, solenne e irrevocabile, per mezzo del quale l’uomo prende la donna come sposa, e la donna prende l’uomo come sposo, egli lo eleva per sempre alla dignità del sacramento. Nel momento in cui due cristiani contraggono questa alleanza, che li lega per sempre, una grazia sacramentale discende sopra di loro, e viene a stringere il nodo di quell’unione che nell’istante medesimo passa nel rango delle cose sacre. Vedendo questa meraviglia l’Apostolo esclama che è grande questo mistero nel quale appare l’unione stessa di Cristo e della sua Chiesa! (Ef. 5, 37). Le due alleanze effettivamente si riuniscono: Cristo e la sua Chiesa, l’uomo e la donna, e non avranno che un medesimo fine: la riproduzione degli eletti. È per questo che lo Spirito divino li suggella, l’uno e l’altro.

Effètti del Sacramento.

Ma la grazia del settimo sacramento, oltre a suggellare il vincolo che unisce gli sposi, dona nello stesso tempo tutti gli aiuti di cui avranno bisogno per adempiere la loro missione. Prima di tutto essa riversa nei loro cuori un amore scambievole, forte come la morte e che il torrente delle acque gelide dell’egoismo non spegnerà mai (Cant. 8, 6-7), se essi perseverano nei sentimenti cristiani; un amore impregnato di rispetto e di purezza, capace, se ve ne sarà bisogno, di comandare all’attrattiva dei sensi; un amore che gli anni non affievoliscano, ma purifichino e sviluppino; un amore calmo, come quello del cielo, e che, nella sua vigorosa tranquillità, si alimenti spesso, e quasi senza sforzo, ai più generosi sacrifici. La grazia sacramentale, nel medesimo tempo, rende atti gli sposi a compiere la missione dell’educazione dei figli che il cielo manderà.

Essa conferirà loro una dedizione senza limiti verso questi frutti benedetti della loro unione, una pazienza fatta tutta di tenerezza, per accudire e facilitare la loro crescita nel bene, un discernimento, che solo la fede può ispirare, per giudicare ciò che conviene alla loro età ed alle tendenze che rivelano; il sentimento costante del destino immortale di questi esseri, di cui Dio vuol fare i suoi eletti; finalmente l’intima convinzione che essi gli appartengono assai più che agli stessi genitori, dei quali si è servito per dar loro la vita.

Tale è la trasformazione operata dalla grazia del Sacramento del Matrimonio nello stato coniugale; tale è la rivoluzione che la legge cristiana produsse in seno al mondo pagano, nel quale un brutale egoismo aveva soffocato il sentimento della dignità umana. Il Cristianesimo veniva a rivelare, dopo tanti secoli di degradazione, la vera nozione del matrimonio: l’amore nel sacrificio e il sacrificio nell’amore. Per condurre e mantenere l’uomo a questa elevatezza, non ci voleva niente meno che un Sacramento! Non erano ancora passati due secoli dalla promulgazione del Vangelo, il diritto pagano era ancora in atto, più imperioso che mai, e già un cristiano tracciava così il quadro di rigenerazione del Matrimonio in seno a questa nuova società che gli editti imperiali proscrivevano, come se fosse stata il flagello dell’umanità. « Dove trovare, diceva egli, parole adatte a descrivere la felicità di un matrimonio di cui la Chiesa stringe il nodo, che l’oblazione divina viene a confermare, al quale la benedizione mette il suggello, che gli angeli proclamano, e che il Padre celeste ratifica? quale giogo è quello, sotto il quale si curvano due cristiani, uniti in una medesima speranza, sotto una medesima legge, sotto una medesima dipendenza! Tutti e due sono fratelli, tutti e due servono un unico padrone; tutti e due non formano che uno, in una stessa carne, che uno, in uno stesso spirito. Essi pregano insieme; insieme si prosternano e digiunano; s’istruiscono scambievolmente, si esortano, si sostengono. Uniti, si vedono in Chiesa ed al banchetto divino; dividono le prove, le persecuzioni e le gioie, non vi è nessun segreto da nascondere tra loro; mai sentono l’isolamento, mai il disgusto. Se visitano i malati o assistono gl’indigenti, non vi è bisogno di tacerselo; le elemosine si fanno senza discussioni, i sacrifici senza urti, le pratiche religiose senza difficoltà. Nessuna croce occulta tra di essi, nessuna timidezza nei loro slanci di pietà cristiana, nè mutismo nei loro atti di riconoscenza al Signore. Cantano in modo perfetto salmi e cantici e, se sono rivali in qualche cosa, è nel cantar meglio dell’altro le lodi del loro Dio. Ecco quali sono le alleanze che confortano gli occhi e le orecchie di Cristo, quelle alle quali dà la sua pace. Egli ha detto che starebbe dove due sono riuniti; egli è dunque là, e il nemico dell’uomo è assente ».

Attacchi contro questo Sacramento.

Quali parole e quale quadro! come si sente che questo divin Sacramento ha influito sulle relazioni tra l’uomo e la donna, avendoli già armonizzati su di un piano tanto elevato! Ecco il segreto della rigenerazione del mondo: la famiglia cristiana che era discesa dal cielo, s’impiantò sulla terra. Passarono lunghi secoli durante i quali, nonostante la debolezza umana, ne fu il modello che formò l’ideale universalmente ammesso, e nella coscienza e nelle istituzioni legali. Ma poi, l’elemento pagano, che si può reprimere, ma che non muore mai, si è sforzato a riprendere il terreno che aveva perduto, ed è giunto, nella maggior parte delle nazioni cristiane, a falsare nuovamente la teoria del Matrimonio. La fede c’insegna che questo contratto, divenuto Sacramento, è di dominio della Chiesa, in quanto al vincolo che lo costituisce; la Chiesa se l’è visto strappare in nome dello Stato, agli occhi del quale la legge della Chiesa stessa non è più che un antico giogo da cui l’umanità si è affrancata nella libertà moderna. È vero, però, che appena la legittimità del divorzio ha fatto irruzione nei vari codici, la famiglia è ridiscesa al livello pagano. Ma la lezione non è stata capita. Il senso morale, preservato ancora nella maggior parte degli uomini dall’influenza secolare del matrimonio cristiano, ha potuto farci indietreggiare di qualche passo su questo terreno pericoloso; ma l’inflessibile logica non saprebbe abdicare da quelle conseguenze di cui erano state poste le premesse; oggi, tra noi, tal matrimonio è vincolo eterno e sacramentale agli occhi della Chiesa, ma per quelli dello Stato non esiste neppure; tal altro ha valore davanti alla legge civile, mentre la Chiesa lo dichiara nullo per la coscienza del cristiano. La scissione è dunque avvenuta. Ma ciò che Cristo ha stabilito nella sua potenza non può perire: le sue istituzioni sono immortali. Che i cristiani, dunque, non s’impressionino; che perseverino a ricevere dalla Chiesa loro Madre la dottrina dei sacramenti, e che il Matrimonio continui a mantenere tra loro, insieme con le tradizioni della famiglia stabilita da Dio, il sentimento della dignità dell’uomo, membro di Cristo e cittadino del cielo. In questo modo forse salveranno la società; ma, ad ogni modo, e sicuramente, essi salveranno almeno le anime loro e prepareranno la felicità eterna ai loro figlioli.

La Madonna e il Matrimonio.

Terminando questa settimana, e meditando la grande dignità del sacramento del Matrimonio, ci troviamo di fronte al tuo ricordo, o Maria! Il banchetto nuziale di Cana, ove la tua presenza santificò l’unione di due sposi, è uno dei grandi fatti narrati dal santo Vangelo. Perchè dunque, tu che sei il modello inalterabile della verginità, che avresti rinunciato all’onore di divenire Madre di Dio piuttosto di sacrificare questa nobile aureola, sei presente a quella festa, se non affinchè gli sposi cristiani tengano sempre in conto la superiorità della continenza perfetta sul matrimonio, e che l’ossequio che ad essa ameranno rendere, assicuri per sempre ai loro pensieri ed ai loro desideri quella riserva che ne forma la dignità e mantiene la vera felicità del matrimonio? È dunque a te. Vergine senza macchia, che appartiene di benedire e di onorare questa alleanza così pura e così elevata nel suo fine. Degnati di proteggerla più che mai in questi tempi, in cui le leggi umane l’alterano e la deformano sempre più, mentre il traboccare del sensualismo minaccia di estinguere, in un gran numero di cristiani, anche il sentimento del bene e del male. Sii propizia, o Maria, a coloro che non vogliono unirsi che sotto il tuo sguardo materno. Essi sono eredi del tuo Figliolo, sono il sale della terra che ne impedirà l’intera corruzione; sono la speranza di un avvenire migliore. O Vergine! essi sono tuoi; difendili ed aumentane il numero, affinchè il mondo non perisca per sempre.

Nessun commento:

Posta un commento