III Domenica dopo Pasqua, Domenica minore, Semidoppio, colore liturgico bianco. Commemorazioni dell'Apparizione di San Michele Arcangelo e del quinto giorno tra l'Ottava del Patrocinio di San Giuseppe.
Alla Scrittura occorrente del Mattutino incomincia il libro dell'Apocalisse di San Giovanni Apostolo.
È possibile celebrare la Messa, a condizione che non sia Messa Conventuale, della solennità esterna del Patrocinio di San Giuseppe (colore liturgico bianco), essendone la Festa fissata alla III Domenica dopo Pasqua prima del 1913 (cfr. AAS del 1916 pag. 74, Dubia espressi alla Sacra Congregazione dei Riti e da essa risolti il 12 Febbraio 1916). Essendo di rito Doppio di I Classe, tutte le Messe possono essere della solennità: in questo caso la Messa della III Domenica dopo Pasqua verrà recuperata Venerdì 13 Maggio.
In tutta Italia vige la pia pratica di recitare oggi a mezzogiorno la Supplica alla Regina del SS. Rosario di Pompei. Per quanto non sia di per sé liturgica, sarebbe molto auspicabile recitarla davanti al SS. Sacramento solennemente esposto.
Ai Vespri commemorazioni di San Gregorio Nazianzeno Vescovo Confessore e Dottore della Chiesa, dell'Apparizione di San Michele, e dell'Ottava.
Qui per le peculiarità del Tempo Pasquale:
Al Breviario
Antifone e Salmi dal Salterio (3 Notturni a Mattutino, I Schema a Lodi), il resto dal Proprio del Tempo. Commemorazioni dal Proprio dei Santi all'8 Maggio a Lodi, all'8 e al 9 Maggio ai Vespri; commemorazione dell'Ottava come alla Festa.
Le Antifone si raddoppiano, la Commemorazione della Croce e le Preci si omettono.
Nota per coloro che recitano per devozione il Breviario anteriore alle disastrose riforme del 1911 (chi ha l'obbligo dell'Ufficio purtroppo non soddisfa a tale obbligo se non usa il Breviario riformato dalla Costituzione Apostolica Divino Afflatu, almeno tale è stata la volontà di San Pio X espressamente manifestata nella detta Costituzione):
Festa del Patrocinio di San Giuseppe Sposo della Beata Vergine Maria, Confessore, Doppio di II Classe, colore liturgico bianco. Commemorazione della III Domenica dopo Pasqua.
Ai Vespri commemorazioni di San Gregorio Nazianzeno Vescovo Confessore e Dottore della Chiesa, e della Domenica.
Nota: la Festa dell'Apparizione di San Michele Arcangelo, avendo rito Doppio Maggiore, non si commemora ma viene traslata al 13 Maggio.
Tutto dal Proprio dei Santi (la Festa si trova dopo i Santi di Aprile) con i Salmi indicati a Mattutino e Vespri, e quelli domenicali a Lodi (a Prima come nelle Feste). Commemorazione della Domenica dal Proprio del Tempo; ai Vespri commemorazione dal Proprio dei Santi al 9 Maggio.
Le Antifone si raddoppiano, la Commemorazione della Croce e le Preci si omettono.
Liturgia del giorno nel Rito Ambrosiano a cura di Stefano Terenghi
Domenica III dopo Pasqua, colore liturgico verde.
[Nelle Lodi e nelle Messe private commemorazione di San Vittore Martire (riposa nella basilica di San Vittore al corpo)]
Pro populo: Patrocinio di San Giuseppe.
Nelle Sante Messe conventuali (c.l. Bianco), commemorazione di San Giuseppe Sposo delle B.V.M. (tutto tratto dalla Messa del 19 marzo).
Vespri della domenica (c.l. Verde)
Al Messale
1) Per chi celebra la Messa della Domenica:
Messa della III Domenica dopo Pasqua:
- Vidi Aquam
- Gloria in excelsis
- Si dicono tre Orazioni
- La prima della Messa
- La seconda della commemorazione dell'Apparizione di San Michele (all'8 Maggio)
- La terza della commemorazione dell'Ottava del Patrocinio di San Giuseppe (come al giorno della Festa)
- Prefazio Pasquale (In hoc potissimum die)
- Ite Missa est
- Come Ultimo Vangelo si dice quello della Messa dell'Apparizione di San Michele
2) Per chi celebra la Solennità del Patrocinio di San Giuseppe (Messa come il giorno della Festa):
- Vidi Aquam (se è la Messa principale o l'unica)
- Gloria in excelsis
- Si dicono due Orazioni:
- La prima della Messa
- La seconda della commemorazione della III Domenica dopo Pasqua
- Credo
- Prefazio di San Giuseppe (Et te in Festivitate)
- Ite Missa est
- Come Ultimo Vangelo si dice quello della Messa della Domenica
Pratiche
Questa Supplica è stata composta, col nome di Atto d’amore alla Vergine, nel 1883 da Bartolo Longo, fondatore del Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, il quale sollecitava i fedeli a recitare un Ave Maria alla fine delle preghiere da lui composte e ad aggiungere una preghiera di suffragio per la sua anima benedetta.
Approvata dalla Sacra Congregazione dei Riti, la Supplica fu arricchita da Leone XIII con l’indulgenza di sette anni e sette quarantene, a chi, con il cuore almeno pentito e devoto, la recita l’8 maggio e la prima Domenica di ottobre (Rescritto dell’8 giugno 1887), indulgenza confermata in perpetuo da San Pio X e resa applicabile alle anime del Purgatorio (Rescritto del 28 novembre 1903). Pio XI, con Breve Apostolico del 20 luglio 1925, ha confermato la detta indulgenza e ha concesso in più l’indulgenza plenaria a coloro che reciteranno la Supplica, confessati e comunicati, alle solite condizioni. Infine essa è stata inserita nel Preces et Pia opera indulgentiis ditata dello stesso Pio XI, testo ufficiale del 1938 che contiene tutte le indulgenze confermate dalla Santa Sede, e riedito da Pio XII nel 1952 col nome di Enchiridion Indulgentiarum.
Ovviamente il testo è stato adulterato dai vaticansecondisti, come tutto ciò che vi è di buono, di santo e di cattolico nella Chiesa (è chiaro, non si sono fatti scrupolo né pudore di snaturare le Sacre Scritture e tutti gli atti del Culto divino in primis la Santa Messa, e si sarebbero dovuti fermare davanti a una pubblica prece?), ma qui viene fornito il testo tradizionale, reperibile nei già menzionati documenti.
SUPPLICA ALLA REGINA DEL SANTISSIMO ROSARIO DI POMPEI
DA RECITARSI NELL’ORA DI MEZZODÌ AGLI 8 DI MAGGIO E NELLA PRIMA DOMENICA DI OTTOBRE
I. – O Augusta Regina delle vittorie, o Vergine sovrana del Paradiso, al cui nome potente si rallegrano i cieli e tremano per terrore gli abissi, o Regina gloriosa del Santissimo Rosario, noi tutti, avventurati figli vostri, che la bontà vostra ha prescelti in questo secolo ad innalzarvi un Tempio in Pompei, qui prostrati ai vostri piedi, in questo giorno solennissimo della festa dei novelli vostri trionfi sulla terra degl’idoli e dei demoni, effondiamo con lacrime gli affetti del nostro cuore, e con la confidenza di figli vi esponiamo le nostre miserie.
Deh! da quel trono di clemenza ove sedete Regina, volgete, o Maria, lo sguardo vostro pietoso verso di noi, su tutte le nostre famiglie, sull’Italia, sull’Europa, su tutta la Chiesa; e vi prenda compassione degli affanni in cui volgiamo e dei travagli che ne amareggiano la vita. Vedete, o Madre, quanti pericoli nell’anima e nel corpo ne circondano: quante calamità e afflizioni ne costringono! O Madre, trattenete il braccio della giustizia del vostro Figliuolo sdegnato e vincete colla clemenza il cuore dei peccatori: sono pur nostri fratelli e figli vostri, che costarono sangue al dolce Gesù, e trafitture di coltello al vostro sensibilissimo Cuore. Oggi mostratevi a tutti, qual siete, Regina di pace e di perdono.
Salve Regina.
II. – È vero, è vero che noi per primi, benché vostri figliuoli, coi peccati torniamo a crocifiggere in cuor nostro Gesù, e trafiggiamo novellamente il vostro Cuore. Sì, lo confessiamo, siamo meritevoli dei più aspri flagelli. Ma Voi ricordatevi che sulla vetta del Golgota raccoglieste le ultime stille di quel sangue divino e l’ultimo testamento del Redentore moribondo. E quel testamento di un Dio, suggellato col sangue di un Uomo-Dio, vi dichiarava Madre nostra, Madre dei peccatori. Voi, dunque, come nostra Madre, siete la nostra Avvocata, la nostra Speranza. E noi gementi stendiamo a Voi le mani supplichevoli, gridando: Misericordia!
Pietà vi prenda, o Madre buona, pietà di noi, delle anime nostre, delle nostre famiglie, dei nostri parenti, dei nostri amici, dei nostri fratelli estinti, e soprattutto dei nostri nemici, e di tanti che si dicono cristiani, e pur dilacerano il Cuore amabile del vostro Figliuolo. Pietà, deh! pietà oggi imploriamo per le nazioni traviate, per tutta l’Europa, per tutto il mondo, che torni pentito al cuor vostro. Misericordia per tutti, o Madre di Misericordia.
Salve Regina.
III. – Che vi costa, o Maria, l’esaudirci? Che vi costa il salvarci? Non ha Gesù riposto nelle vostre mani tutti i tesori delle sue grazie e delle sue misericordie? Voi sedete coronata Regina alla destra del vostro Figliuolo, circondata di gloria immortale su tutti i cori degli Angeli. Voi distendete il vostro dominio per quanto son distesi i cieli, e a Voi la terra e le creature tutte che in essa abitano sono soggette. Il vostro dominio si estende fino all’inferno, e Voi sola ci strappate dalle mani di Satana, o Maria.
Voi siete l’Onnipotente per grazia. Voi dunque potete salvarci. Che se dite di non volerci aiutare, perché figli ingrati ed immeritevoli della vostra protezione, diteci almeno a chi altri mai dobbiamo ricorrere per essere liberati da tanti flagelli.
Ah, no! Il vostro Cuore di Madre non patirà di veder noi, vostri figli, perduti. Il Bambino che noi vediamo sulle vostre ginocchia, e la mistica corona che miriamo nella vostra mano, c’ispirano fiducia che noi saremo esauditi. E noi confidiamo pienamente in Voi, ci gettiamo ai vostri piedi, ci abbandoniamo come deboli figli tra le braccia della più tenera fra le madri, ed oggi stesso, sì, oggi da Voi aspettiamo le sospirate grazie.
Salve Regina.
Chiediamo la benedizione a Maria.
Un’ultima grazia noi ora vi chiediamo, o Regina, che non potete negarci in questo giorno solennissimo. Concedete a tutti noi l’amore vostro costante, e in modo speciale la vostra materna benedizione. No, non ci leveremo dai vostri piedi, non ci staccheremo dalle vostre ginocchia, finché non ci avrete benedetti.
Benedite, o Maria, in questo momento, il Sommo Pontefice. Ai prischi allori della vostra Corona, agli antichi trionfi del vostro Rosario, onde siete chiamata Regina delle vittorie, deh! aggiungete ancor questo, o Madre: concedete il trionfo alla Religione e la pace alla umana società. Benedite il nostro Vescovo, i Sacerdoti e particolarmente tutti coloro che zelano l’onore del vostro Santuario.
Benedite infine tutti gli Associati al vostro novello Tempio di Pompei, e quanti coltivano e promuovono la divozione al vostro Santo Rosario.
O Rosario benedetto di Maria; Catena dolce che ci rannodi a Dio; Vincolo di amore che ci unisci agli Angeli; Torre di salvezza negli assalti d’inferno; Porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell’ora di agonia; a te l’ultimo bacio della vita che si spegne. E l’ultimo accento delle smorte labbra sarà il nome vostro soave, Regina del Rosario della Valle di Pompei, o Madre nostra cara, o unico Rifugio dei peccatori, o sovrana Consolatrice dei mesti. Siate ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo. Così sia.
Salve Regina.
Letture del Mattutino
AD I NOCTURNUM
Lectio 1
Incipit liber Apocalýpsis beáti Joánnis Apóstoli
Apo 1:1-6
Apocalýpsis Jesu Christi, quam dedit illi Deus palam fácere servis suis, quæ opórtet fíeri cito: et significávit, mittens per ángelum suum servo suo Joánni, qui testimónium perhíbuit verbo Dei, et testimónium Jesu Christi, quæcúmque vidit. Beátus qui legit, et audit verba prophetíæ hujus, et servat ea, quæ in ea scripta sunt: tempus enim prope est. Joánnes septem ecclésiis, quæ sunt in Asia. Grátia vobis, et pax ab eo, qui est, et qui erat, et qui ventúrus est: et a septem spirítibus qui in conspéctu throni ejus sunt: et a Jesu Christo, qui est testis fidélis, primogénitus mortuórum, et princeps regum terræ, qui diléxit nos, et lavit nos a peccátis nostris in sánguine suo, et fecit nos regnum, et sacerdótes Deo et Patri suo: ipsi glória et impérium in sǽcula sæculórum. Amen.
Lectio 2, Apo 1:7-11
Ecce venit cum núbibus, et vidébit eum omnis óculus, et qui eum pupugérunt. Et plangent se super eum omnes tribus terræ. Etiam: amen. Ego sum alpha et ómega, princípium et finis, dicit Dóminus Deus: qui est, et qui erat, et qui ventúrus est, omnípotens. Ego Joánnes frater vester, et párticeps in tribulatióne, et regno, et patiéntia in Christo Jesu: fui in ínsula, quæ appellátur Patmos, propter verbum Dei, et testimónium Jesu: fui in spíritu in domínica die, et audívi post me vocem magnam tamquam tubæ, dicéntis: Quod vides, scribe in libro: et mitte septem ecclésiis, quæ sunt in Asia, Epheso, et Smyrnæ, et Pérgamo, et Thyatíræ, et Sardis, et Philadelphíæ, et Laodicíæ.
Lectio 3, Apo 1:12-19
Et convérsus sum ut vidérem vocem, quæ loquebátur mecum: et convérsus vidi septem candelábra áurea: et in médio septem candelabrórum aureórum, símilem Fílio hóminis vestítum podére, et præcínctum ad mamíllas zona áurea: caput autem ejus, et capílli erant cándidi tamquam lana alba, et tamquam nix, et óculi ejus tamquam flamma ignis: et pedes ejus símiles aurichálco, sicut in camíno ardénti, et vox illíus tamquam vox aquárum multárum: et habébat in déxtera sua stellas septem: et de ore ejus gládius utráque parte acútus exíbat: et fácies ejus sicut sol lucet in virtúte sua. Et cum vidíssem eum, cécidi ad pedes ejus tamquam mórtuus. Et pósuit déxteram suam super me, dicens: Noli timére: ego sum primus, et novíssimus, et vivus, et fui mórtuus, et ecce sum vivens in sǽcula sæculórum: et hábeo claves mortis, et inférni. Scribe ergo quæ vidísti, et quæ sunt, et quæ opórtet fíeri post hæc.
AD II NOCTURNUM
Lectio 4
Sermo sancti Augustíni Epíscopi
Sermo 147 de Tempore
Diébus his sanctis resurrectióni Dómini dedicátis, quantum donánte ipso póssumus, de carnis resurrectióne tractémus. Hæc enim est fides nostra: hoc donum in Dómini nostri Jesu Christi nobis carne promíssum est, et in ipso præcéssit exémplum. Vóluit enim nobis, quod promísit in fine, non solum prænuntiáre, sed étiam demonstráre. Illi quidem qui tunc fuérunt, cum illum vidérent, et cum expavéscerent, et spíritum se vidére créderent, soliditátem córporis tenuérunt. Locútus est enim non solum verbis ad aures eórum, sed étiam spécie ad óculos eórum: parúmque erat se præbére cernéndum, nisi étiam offérret pertractándum atque palpándum.
Lectio 5
Ait enim: Quid turbáti estis, et cogitatiónes ascéndunt in cor vestrum? Putavérunt enim se spíritum vidére. Quid turbáti estis, inquit, et cogitatiónes ascéndunt in cor vestrum? Vidéte manus meas, et pedes meos: palpáte, et vidéte: quia spíritus ossa et carnem non habet, sicut me vidétis habére. Contra istam evidéntiam disputábant hómines. Quid enim áliud fácerent hómines, qui ea, quæ sunt hóminum, sápiunt, quam sic disputáre de Deo contra Deum? Ille enim Deus est, isti hómines sunt. Sed Deus novit cogitatiónes hóminum, quóniam vanæ sunt.
Lectio 6
In hómine carnáli tota régula intelligéndi est consuetúdo cernéndi. Quod solent vidére, credunt: quod non solent, non credunt. Præter consuetúdinem facit Deus mirácula, quia Deus est. Majóra quidem mirácula sunt, tot quotídie hómines nasci, qui non erant, quam paucos resurrexísse, qui erant: et tamen ista mirácula non consideratióne comprehénsa sunt, sed assiduitáte viluérunt. Resurréxit Christus: absolúta est res. Corpus erat, caro erat: pepéndit in cruce, emísit ánimam, pósita est caro in sepúlcro. Exhíbuit illam vivam, qui vivébat in illa. Quare mirámur? quare non crédimus? Deus est, qui fecit.
AD III NOCTURNUM
Lectio 7
Léctio sancti Evangélii secúndum Joánnem
Joann 16:16-22
In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Módicum, et jam non vidébitis me; et íterum módicum, et vidébitis me: quia vado ad Patrem. Et réliqua.
Homilía sancti Augustíni Epíscopi
Tractatus 101 in Joannem, sub finem
Módicum est hoc totum spátium, quo præsens pérvolat sǽculum. Unde dicit idem ipse Evangelísta in Epístola sua: Novíssima hora est. Ideo namque áddidit: Quia vado ad Patrem: quod ad priórem senténtiam referéndum est, ubi ait: Módicum et jam non vidébitis me: non ad posteriórem, ubi ait: Et íterum módicum, et vidébitis me. Eúndo quippe ad Patrem, factúrus erat ut eum non vidérent. Ac per hoc non ídeo dictum est, quia fúerat moritúrus, et donec resúrgeret, ab eórum aspéctibus recessúrus: sed quod esset itúrus ad Patrem, quod fecit posteáquam resurréxit, et cum eis per quadragínta dies conversátus, ascéndit in cælum.
Lectio 8
Illis ergo ait: Módicum, et jam non vidébitis me; qui eum corporáliter tunc vidébant: quia itúrus erat ad Patrem, et eum deínceps mortálem visúri non erant, qualem, cum ista loquerétur, vidébant. Quod vero áddidit: Et íterum módicum, et vidébitis me: univérsæ promísit Ecclésiæ, sicut univérsæ promísit: Ecce ego vobíscum sum usque ad consummatiónem sǽculi. Non tardat Dóminus promíssum. Módicum et vidébimus eum: ubi jam nihil rogémus, nihil interrogémus, quia nihil desiderándum remanébit, nihil quæréndum latébit.
Lectio 9
Hoc módicum longum nobis vidétur, quóniam adhuc ágitur; cum finítum fúerit, tunc sentiémus quam módicum fúerit. Non ergo sit gáudium nostrum quale habet mundus, de quo dictum est: Mundus autem gaudébit. Nec tamen in hujus desidérii parturitióne sine gáudio tristes simus: sed, sicut ait Apóstolus: Spe gaudéntes: In tribulatióne patiéntes: quia et ipsa partúriens, cui comparáti sumus, plus gaudet de mox futúra prole, quam tristis est de præsénti dolóre. Sed hujus sermónis iste sit finis: habent enim quæstiónem molestíssimam, quæ sequúntur: nec brevitáte coarctánda sunt, ut possint commódius, si Dóminus volúerit, explicári.
Traduzione italiana delle Letture del Mattutino
I NOTTURNO
Lettura 1
Incomincia il libro dell'Apocalisse dell'Apostolo san Giovanni
Apo 1:1-6
Rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli manifestò per far conoscere ai suoi servi le cose che devono accadere tra breve: e le fece conoscere mandando il suo Angelo al suo servo Giovanni, che ha attestato la parola di Dio e ha reso testimonianza di Gesù Cristo in tutto ciò che ha visto. Beato chi legge e ascolta le parole di questa profezia, e mette in pratica le cose che in essa sono scritte: perché il tempo è vicino. Giovanni alle sette chiese che sono nell'Asia. Grazia a voi, e pace da colui che è, e che era, e ch'è per venire: e dai sette spiriti, che stanno davanti al suo trono: e da Gesù Cristo ch'è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra: il quale ci ha amati e ci ha lavati dai nostri peccati col proprio sangue, e ci ha fatti regno e sacerdoti di Dio suo Padre: a lui gloria e impero per i secoli dei secoli. Così sia.
Lettura 2, Apo 1:7-11
Ecco ch'egli viene sulle nubi, e lo vedrà ogni occhio, ed anche coloro che lo trafissero. E si batteranno il petto per lui tutte le tribù della terra. Sì: Così è. Io sono l'alfa e l'omega: il principio e la fine, dice il Signore Iddio: che è, e che era, e ch'è per venire, l'Onnipotente. Io Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella pazienza in Gesù Cristo, mi trovavo nell'isola di Patmos per aver predicato la parola di Dio e testimoniato di Gesù. Fui (rapito) in ispirito in giorno di Domenica, e udii dietro a me una gran voce come di tromba, che diceva: Quello che vedi scrivilo in un libro; e mandalo alle sette chiese che sono nell'Asia, a Efeso, a Smirne, a Pergamo, a Tiatira, a Sardi, a Filadelfia e a Laodicea.
Lettura 3, Apo 1:12-19
Allora mi voltai per vedere la voce che mi parlava: e, voltatomi, vidi sette candelieri d'oro: e in mezzo ai sette candelieri d'oro (qualcuno) simile al figlio dell'uomo, vestito di lunga tunica e cinto il petto con fascia d'oro: e il suo capo e i capelli eran bianchi come candida lana e come la neve, e i suoi occhi come fiamma di fuoco, e i suoi piedi simili al rame arroventato nella fornace, e la sua voce come la voce di molte acque: e aveva nella sua destra sette stelle: e dalla sua bocca usciva una spada a due tagli: e la sua faccia era luminosa come il sole nel suo maggior splendore. Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ed egli pose la sua destra su di me, dicendo: Non temere: io sono il primo e l'ultimo, e vivo, ma fui morto, ed ecco sono vivente per i secoli dei secoli, ed ho le chiavi della morte e dell'inferno. Scrivi dunque le cose che hai veduto, e quelle che (già) sono, e quelle che devono accadere dopo di queste.
II NOTTURNO
Lettura 4
Sermone di sant'Agostino Vescovo
Sermone 147 del Tempo
In questi santi giorni consacrati alla risurrezione del Signore, trattiamo, per quanto lo possiamo coll'aiuto della sua grazia, della risurrezione della carne. Ecco infatti la nostra credenza: la risurrezione è un benefizio di cui vediamo la promessa e l'esempio nella carne del Signor nostro Gesù Cristo. Poiché egli volle non solo preannunziare, ma anche dimostrare, nella sua persona, il compimento di ciò che ci ha promesso per la fine dei secoli. Quelli che allora erano con lui, l'hanno contemplato, e siccome erano presi da stupore e credevano di vedere uno spirito, si assicurarono, toccandolo, ch'era vero corpo materiale. Egli parlò non soltanto alle loro orecchie, intrattenendosi con loro, ma mostrandosi ancora ai loro occhi: e sarebbe stato poco per lui farsi vedere, se non avesse anche permesso che lo si toccasse e palpasse.
Lettura 5
Egli disse loro: «Perché vi turbate, e perché sorgono nel vostro cuore dei dubbi?» Luc. 24,38. Essi si pensavano di vedere uno spirito. «Perché vi turbate, disse, e perché sorgono nel vostro cuore dei dubbi? Guardate le mie mani ed i miei piedi: palpate ed osservate: perché uno spirito non ha la carne ed ossa, come vedete che ho io» Luc. 24,39. Essendo uomini, essi ragionavano contro una tale evidenza. Che farebbero d'altra parte uomini che hanno pensieri e gusti umani, se non disputassero in tal modo di Dio contro Dio? Perché Gesù è Dio, ed essi sono uomini. «Ma Dio conosce i pensieri degli uomini, e quanto sono vani» Ps. 93,12.
Lettura 6
Per l'uomo carnale unica regola d'intendere è la testimonianza dei suoi occhi. Egli crede ciò ch'è solito vedere: e non crede a ciò che non vede. Dio fa dei miracoli al di fuori del corso ordinario delle cose, perché è Dio. E maggior miracolo però far nascere ogni giorno sì gran numero di uomini che non esistevano, che il risuscitarne alcuni che già esistevano: e tuttavia questi fatti meravigliosi non sono oggetto della nostra attenzione, e l'abitudine di vederli li ha deprezzati. Cristo è risuscitato: è un fatto incontestabile. Egli aveva un corpo, era carne: fu appeso alla croce, rese lo spirito, il suo corpo fu posto nel sepolcro. Colui che viveva in questa carne l'ha mostrata piena di vita. Perché ne siamo stupiti? perché non crediamo? Colui che ha fatto questo (prodigio) è un Dio.
III NOTTURNO
Lettura 7
Lettura del santo Vangelo secondo Giovanni
Giov 16:16-22
In quell' occasione: Gesù disse ai suoi discepoli: Fra un poco non mi vedrete più: e fra un altro poco mi vedrete: perché me ne vo al Padre. Eccetera.
Omelia di sant'Agostino Vescovo
Trattato 101 su Giovanni, verso la fine
Questo «fra un poco» è tutto lo spazio che rapido percorre il secolo presente. Onde lo stesso Evangelista dice nella sua Lettera: «È l'ultima ora». Il Signore) aggiunge: «Perché me ne vo al Padre» (Joann. 2,18: il che è da riferire alla prima proposizione che dice: «Fra un poco non mi vedrete più»: e non alla seconda dove dice: «E fra un altro poco, mi vedrete». Andando al Padre egli doveva infatti sottrarsi ai loro sguardi. E perciò queste parole non significano che egli dovesse morire, e che fino alla sua risurrezione sarebbe rimasto nascosto ai loro occhi: ma che doveva andare al Padre, ciò che fece allorquando, dopo essere risuscitato e aver conversato con loro per quaranta giorni, ascese al cielo.
Lettura 8
Dicendo: «Fra un poco, e non mi vedrete più» Joann. 10,16; s'indirizza a coloro che lo vedevano allora corporalmente: (e parla così) perché doveva andare al Padre, e dopo la sua ascensione non l'avrebbero visto più come uomo mortale quale lo vedevano allorquando diceva queste cose. Ma quello che aggiunse: «E fra un altro poco mi vedrete» (Ibi), lo promise a tutta la Chiesa, come a tutta la Chiesa) ha pure promesso: «Ecco che io sono con voi sino alla consumazione dei secoli» (Matth. 28,20. Il Signore non ritarda il compimento della sua promessa. Fra un poco, lo vedremo, ma in uno stato che non avremo più nulla a domandargli, non avremo più a interrogarlo su nulla, perché nulla ci resterà a desiderare, nulla di occulto da apprendere.
Lettura 9
Questo poco tempo ci sembra lungo, perché dura ancora; quando sarà finito, comprenderemo quanto era corto. La nostra gioia dunque non sia come quella del mondo, di cui è detto: «Il mondo invece godrà» Joann. 16,20. Tuttavia durante il parto del desiderio dell'eternità la nostra tristezza non sia senza gioia: ma mostriamoci, come dice l'Apostolo: «Allegri per la speranza: Pazienti nella tribolazione» Rom. 12,12: dacché la donna stessa che diventa madre, e alla quale siamo stati paragonati, prova più gioia nel mettere al mondo un fanciullo, che non soffra tristezza del dolore presente. E sia questo il fine del presente discorso: perché le parole che seguono contengono una questione assai spinosa: né dobbiamo circoscriverla nel piccolo spazio di tempo (che ci resta), affin di poterla spiegare più comodamente, se piacerà al Signore.
Ad Primam: il Martirologio del 9 Maggio 2022
Septimo Idus Maji, luna octava.
1) Parti proprie della Messa della III Domenica dopo Pasqua