29 maggio 2022

Martedì 31 Maggio 2022 nella liturgia



Festa della Beata Vergine Maria Regina, Doppio di II Classe, colore liturgico bianco. Commemorazioni del Martedì tra l'Ottava dell'Ascensione e di Santa Petronilla Vergine.

Ai Vespri commemorazione di Sant'Angela Merici Vergine e dell'Ottava.


Nota: La Festa di Maria Regina è stata creata nel 1954 ma ha ottenuto Ufficio e Messa propri solo nel 1955: vedesi in AAS XLVI (1954) pag. 625-640 l'Enciclica di Pio XII Ad Caeli Reginam dell'11 Ottobre di quell'anno per l'istituzione della Festa; e in AAS XLVII (1955) pag. 470-480 il Decreto della Sacra Congregazione dei Riti del 31 Maggio con la concessione di Ufficio e Messa. Non può sfuggire che lo stesso 1955 fu l'anno in cui la Congregazione dei Riti, ormai in balia di massoni e modernisti come Annibale Bugnini, ha iniziato la perversa opera di smantellamento della sacra liturgia che avrebbe visto il suo momento culminante con l'imposizione del non più cattolico rito di Paolo VI. La soluzione che credo essere più equilibrata è l'accettazione dell'Ufficio e della Messa di Maria Regina (e di San Pio X, sempre del 1955), che comunque erano in programma dall'anno precedente, e ovviamente il rifiuto di tutte quelle altre riforme che hanno cestinato la gran parte della tradizione liturgica della Chiesa e creato ex novo una liturgia ibrida. Questa stessa soluzione è condivisa dai sedevacantisti statunitensi di Mons. Dolan, che la adottano nell'Ordo edito dalla loro Church of St. Gertrude the Great (Ohio, USA).


Qui per le peculiarità del Tempo Pasquale:

https://loquerequaedecentsanamdoctrinam.blogspot.com/2021/04/dispensa-di-liturgia-sul-tempo-pasquale.html


Al Breviario

Premetto che l'Ufficio di Maria Regina non si trova nei Breviari anteriori al 1956 a meno che il proprietario originale non abbia incollato il supplemento edito dalla Congregazione dei Riti. Chi ne fosse sprovvisto può stamparsi le parti proprie dell'Ufficio e della Messa dalle pagine degli Acta Apostolicae Sedis sopra citate,  e reperibili sul sito del Vaticano (comunque le allego qui sotto), oppure può leggerlo interamente sul sito divinumofficium.com sperando che per una volta non commetta errori.

Tutto dal Proprio dei Santi al supplemento per il 31 Maggio, con Antifone, Salmi  e Inni dal Comune delle Feste della Beata Vergine Maria (Mattutino ha però un Inno proprio), ed i Salmi domenicali da Lodi a Nona (a Prima come alle Feste) e a Compieta. Commemorazione dell'Ottava dell'Ascensione dal Proprio del Tempo tanto a Lodi che a Vespri; inoltre a Lodi si comemmora Santa Petronilla al 31 Maggio, ai Vespri Sant'Angela Merici, che nei Breviari anteriori al 1955 si trova anch'essa al 31 Maggio (con l'introduzione della Festa di Maria Regina è stata infatti perpetuamente riposta al 1° Giugno).

Le Antifone si raddoppiano. La conclusione degli Inni è quella della Feste della Beasta Vergine: <<Jesu tibi sit gloria qui natus es de Virgine>>, così come il Versetto del Responsorio di Prima <<Qui natus es de Maria Virgine>>.


Copio qui lo screenshot dell'Ufficio di Maria Regina dagli Acta Apostolicae Sedis (gli errori di ortografia sono stati fatti da chi lo ha scannerizzato, chiunque abbia una conoscenza basilare del latino potrà correggerli durante la lettura).


  

Nota per coloro che recitano per devozione il Breviario anteriore alle disastrose riforme del 1911 (chi ha l'obbligo dell'Ufficio purtroppo non soddisfa a tale obbligo se non usa il Breviario riformato dalla Costituzione Apostolica Divino Afflatu, almeno tale è stata la volontà di San Pio X espressamente manifestata nella detta Costituzione):

Festa di Sant'Angela Merici Vergine, Doppio minore, colore liturgico bianco. Commemorazioni di Santa Petronilla Vergine e del Martedì tra l'Ottava dell'Ascensione.

Ai Vespri commemorazione dell'Ottava.


Tutto dal Comune delle Vergini con i Salmi riportati a Mattutino, quelli domenicali a Lodi (a Prima come alle Feste) e quelli indicati ai Vespri. Letture del I Notturno dal Proprio del Tempo al Martedì tra l'Ottava dell'Ascensione, Letture del II Notturno, Orazione e commemorazione dal Proprio dei Santi al 31 Maggio, Letture del III Notturno dal Comune. Commemorazione dell'Ottava dal Proprio del Tempo.

Le Antifone si raddoppiano.


Liturgia del giorno nel Rito Ambrosiano a cura di Stefano Terenghi

Secondo giorno delle Litanie Triduane (tutto della Feria), colore liturgico nero. Giorno di digiuno e astinenza.

Tutto come segnato nel Breviario per questo giorno, senza rito pasquale.

Preci alle Ore minori.

Dopo Nona (ore 15.00) benedizione ed imposizione delle Sacre Ceneri; processione stazionale con canto delle Litanie e Santa Messa propria (c.l. Nero) con commemorazione dei Santi Canzio, Canziano e Canzianilla martiri e di Santa Petronilla Vergine.

Vespri della Feria (c.l. Nero) prima di pranzo.

A Compieta si dicono le preci; si omette l’antifona Regina Cœli.

Stazione alla Basilica di San Nazaro presso San Celso.

Nota: in questo Triduo anche se non vengono fatte le processioni, si debbono recitare le Litanie e le orazioni segnate nel breviario. Inoltre, se vengono fatte le processioni e le relative Sante Messe sono proibite le Sante Messe in canto da Requiem anche presente cadavere.


Al Messale

Messa della Festa di Maria Regina (come sopra, dovrebbe trovarsi in un supplemento annesso al Messale dal primo proprietario, altrimenti la si stampa da divinumofficium o dagli AAS):

  • Gloria in excelsis

  • Si dicono tre Orazioni:
    • La prima della Messa

    • La seconda è la commemorazione dell'Ottava dell'Ascensione (come alla Festa)

    • La terza è la commemorazione di Santa Petronilla, che si fa solo alle Messe private

  • Credo

  • Prefazio della Beata Vergine Maria (agli *** si dice Et te in Festivitate)
  • Ite Missa est
  • Prologo di San Giovanni


Allego la Messa di Maria Regina dagli Acta Apostolicae Sedis


È superfluo trascrivere come al solito le Letture del Mattutino e le parti proprie della Messa perché presenti negli screenshot sopra allegati.


Ad Primam: il Martirologio del 1° Giugno 2022

Kalendis Junii, luna prima.




Nel giorno delle Calende di Giugno, luna prima.

Al primo posto si mette l'elogio di Sant'Angela Merici (al 31 Maggio):




Dall'Anno Liturgico di Dom Guéranger

31 MAGGIO FESTA DELLA BEATA VERGINE MARIA REGINA

Che cosa è la regalità.

Analizzando le note fondamentali della regalità, per dimostrare poi la loro presenza in Cristo, fin dall’inizio della sua vita terrena, Bossuet definì, con una magnifica frase, la sua essenziale grandezza: « La regalità – disse – consiste nella forza di fare il bene del popolo che si domina; il nome di re è come il nome di un padre comune, di un universale benefattore ».

Questa è la regalità che Cristo rivendicò davanti a Pilato. Per farne meglio capire e onorare il carattere. Pio XI, al termine dell’Anno Giubilare del 1925, istituì la Festa della Regalità universale e sociale di Cristo ed esortò i fedeli a sottomettere a Cristo Re le loro intelligenze e le loro volontà, a consacrargli le famiglie, la patria, e tutta la società per poter ricevere da Lui, con più abbondanza, quelle grazie di cui sempre più abbiamo bisogno.

Quando, a sua volta. Pio XII, a conclusione dell’Anno mariano 1954, istituì la Festa della Beata Vergine Maria Regina, non aveva intenzione di proporre al popolo cristiano una nuova verità, nè di giustificare, con un nuovo titolo, la nostra pietà verso la Madre di Dio e degli uomini. « La nostra intenzione – disse nel suo discorso del 1 novembre – è di presentare agli occhi del mondo una verità capace di porre rimedio ai suoi mali, di liberarlo dalle sue angoscie, di portarlo su quel cammino della salvezza che egli cerca con ansia… Regina più di ogni altro per la grandezza della sua anima e per l’eccellenza dei suoi doni divini. Maria non cessa mai di prodigare i tesori del suo affetto e delle sue materne attenzioni alla desolata umanità. Lungi dall’essere basato sulle esigenze dei suoi diritti e sulla volontà d’un altezzoso dominio , il regno di Maria ha una sola aspirazione: il dono completo di sè, nella più alta e totale generosità ».

Regalità di Maria nella tradizione.

Coronata d’un diadema di gloria nella beatitudine celeste, Maria regna sul mondo con cuore materno. Già dai primi tempi i fedeli hanno detto che la Madre del « Re dei Re e del Principe dei Principi » ha una gloria speciale, perchè ha ricevuto grazie e favori particolari. I primi scrittori della Chiesa l’hanno chiamata, come già Elisabetta, « Madre del mio Signore » e quindi Sovrana, dominatrice, Regina del genere umano.

Rifacendosi alle numerose testimonianze e partendo dai primi tempi del cristianesimo, i teologi della Chiesa hanno elaborato la dottrina, in virtù della quale essi chiamano la SS. Vergine, Regina di ogni creatura, Regina del mondo. Sovrana dell’universo.

La liturgia, specchio fedele della dottrina trasmessa dai dottori e professata dai fedeli, ha sempre cantato, sia in Oriente quanto in Occidente, le lodi della Regina del Cielo, e l’arte stessa, appoggiandosi alla dottrina della Chiesa e ispirandovisi, ha interpretato esattamente, dopo il Concilio di Efeso del 431, la pietà autentica e spontanea dei cristiani, rappresentando la Vergine con gli attributi di Regina e di Imperatrice, ornata di insegne reali, cinta del diadema di cui l’ha incoronata il Redentore , attorniata da una coorte di Angeli e di santi che cantano la sua dignità e la sua gloria di Sovrana.

L’insegnamento della teologia.

L’Arcangelo Gabriele è stato il primo ambasciatore della dignità regale di Maria. « Chi nascerà da te – egli le disse – sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; Iddio gli darà il trono di Davide suo padre, egli regnerà per sempre e il suo regno non avrà fine ». Logicamente, se ne deduce che anche Maria è Regina, perchè dà la vita ad un figlio che, dall’istante stesso della concezione , anche come uomo, era re e signore di ogni creatura, in effetto della unione ipostatica della sua natura umana col Verbo. II principale argomento su cui si basa la dignità regale di Maria, è senza dubbio la sua divina maternità. S. Giovanni Damasceno scriveva: « Nel momento in cui divenne Madre del creatore. Ella divenne pure sovrana di tutta la creazione ».

In più. Maria è stata chiamata da Dio stesso a sostenere una parte importante nella economia della salvezza: Ella doveva collaborare col suo Figlio divino, fonte della nostra salvezza, così come Eva aveva collaborato con Adamo , causa della nostra morte; e come Cristo, nuovo Adamo, è nostro re, non soltanto perchè figlio di Dio, ma anche per diritto di conquista, perchè è nostro Redentore, si può dire che, per una certa analogia, anche la Santa Vergine è Regina, non soltanto perchè Madre di Dio, ma anche perchè, novella Eva, fu associata al nuovo Adamo nell’opera della nostra redenzione.

Nel regno messianico, soltanto Gesù Cristo è re nel significato esatto del termine; però l’autorità del re non è affatto sminuita quando, al suo fianco, vi è una autentica regina. Anzi, tale presenza nobilita la grandezza della sovranità, la rende più amabile, la arricchisce di una confidente intima. È in questo senso che Maria è regina: non per comandare in vece del Cristo, nè per consigliarlo, ma per esercitare sul suo cuore, in favore dei suoi fedeli, soprattutto dei più deboli, l’influenza decisiva di una potente preghiera. È a questa regina che il Cristo affiderà l’elargizione dei suoi favori; in questo regno, il Cristo dona ogni grazia con amore e delicatezza: ecco perchè l’affida a Maria. « È con cuore materno – diceva Pio IX – che ella si preoccupa del genere umano in relazione alla nostra salvezza; voluta dal Signore come Regina del Cielo e della Terra, Maria ottiene udienza per la potenza della sua preghiera materna, si vede concesso tutto quanto chiede, non ha mai ricevuto nessun rifiuto » (Bulla Ineffabilis).

A sua volta. Pio XII, nell’Enciclica coeli reginam., diceva così: « Essendoci poi fatta la convinzione, dopo mature, ponderate riflessioni, che ne verranno grandi vantaggi alla Chiesa, se questa verità solidamente dimostrata risplenda davanti a tutti… con la Nostra Autorità Apostolica decretiamo e istituiamo la festa di Maria Regina, da celebrarsi ogni anno in tutto il mondo il giorno 31 maggio. Ordiniamo ugualmente, che in detto giorno sia rinnovata la consacrazione del genere umano al Cuore Immacolato della Beatissima Vergine Maria. In questo gesto, infatti, è riposta grande speranza che possa sorgere una nùova era, allietata dalla pace cristiana e dal trionfo della religione».

Uniamo noi pure i nostri sentimenti a quelli del Papa, Angelico, e recitiamo la preghiera che Egli compose e recitò il 1 Novembre 1954, dopo aver coronata la Vergine « Salus populi romani ».

« Dal profondo di questa terra di lacrime, ove la umanità dolorante penosamente si trascina; tra i flutti di questo nostro mare perennemente agitato dai venti delle passioni; eleviamo gli occhi a voi, o Maria, Madre amatissima, per riconfortarci contemplando la vostra gloria e per salutarvi Regina e Signora dei cieli e della terra, Regina e Signora nostra.

» Questa vostra regalità vogliamo esaltare con legittimo orgoglio di figli e riconoscerla come dovuta alla somma eccellenza di tutto il vostro essere, o dolcissima e vera Madre di Colui, che è Re per diritto proprio, per eredità, per conquista.

» Regnate, o Madre e Signora, mostrandoci il cammino della santità, dirigendoci ed assistendoci, affinchè non ce ne allontaniamo giammai.

» Come nell’alto del cielo Voi esercitate il vostro primato sopra le schiere degli Angeli che vi acclamano loro sovrana; sopra le legioni dei Santi che si dilettano nella contemplazione della vostra fulgida bellezza; così regnate sopra l’intero genere umano, soprattutto aprendo i sentieri della fede a quanti ancora non conoscono il vostro Figlio.

» Regnate sulla Chiesa che professa e festeggia il vostro soave dominio e a voi ricorre come a sicuro rifugio in mezzo alle calamità dei nostri tempi. Ma specialmente regnate su quella porzione della Chiesa, che è perseguitata ed oppressa, dandole la fortezza per sopportare le avversità, la costanza per non piegarsi sotto le ingiuste pressioni, la luce per non cadere nelle insidie nemiche, la fermezza per resistere agli attacchi palesi, e in ogni momento la incrollabile fedeltà al vostro Regno.

» Regnate sulle intelligenze, affinchè cerchino soltanto il vero; sulle volontà, affinchè seguano solamente il bene; sui cuori, affinchè amino unicamente ciò che voi stessa amate.

» Regnate sugli individui e sulle famiglie, come sulle società e sulle nazioni; sulle assemblee dei potenti, sui consigli dei savi, come sulle semplici aspirazioni degli umili.

» Regnate nelle vie e nelle piazze, nelle città e nei villaggi, nelle valli e nei monti, nell’aria, nella terra e nel mare.

» Accogliete la pia preghiera di quanti sanno che il Vostro è regno di misericordia, ove ogni supplica trova ascolto, ogni dolore conforto, ogni sventura sollievo, ogni infermità salute e dove, quasi al cenno delle vostre soavissime mani , dalla stessa morte risorge sorridente la vita.

» Otteneteci che coloro, i quali ora in tutte le parti del mondo vi acclamano e vi riconoscono Regina e Signora, possano un giorno nel cielo fruire della pienezza del vostro Regno, nella visione del vostro Figlio, il quale col Padre e con lo Spirito Santo vive e regna nei secoli dei secoli. Così sia! ».


MARTEDÌ TRA L’OTTAVA DELL’ASCENSIONE

IL SACERDOZIO ETERNO DI CRISTO

Il Re-Pontefice.

Il Signore glorioso è salito al Cielo e secondo la parola dell’Apostolo vi è entrato come « Precursore » (Ebr. 6, 20); ma, come potrà seguirlo l’uomo fino al soggiorno di ogni Santità, lui che ha la via continuamente ostacolata dal peccato, lui che ha più bisogno di perdono che di gloria? Ecco un’altra conseguenza di questo Mistero dell’Ascensione di cui noi non sapremo mai approfondire tutte le ricchezze. Gesù non sale al Cielo solamente per regnarvi; Egli deve anche risiedervi per essere il nostro intercessore, il nostro Pontefice, incaricato di ottenerci per questa virtù il perdono dei peccati, con le grazie che ci apriranno il cammino per arrivare fino a Lui. Sulla croce egli si offrì vittima per i nostri peccati; il suo sangue divino, sgorgato da tutte le sue membra, forma da allora il nostro abbondante riscatto; ma il Cielo rimaneva chiuso ai redenti finche Egli non ne avesse aperto le porte, fino a che non foss2 penetrato in quell’intimo Santuario da dove dovrà per sempre esercitare la missione di Pontefice secondo l’Ordine di Melchisedec (Sah 109, 1). Oggi il sacerdozio del Calvario si trasforma in sacerdozio di gloria. Gesù è entrato « al di là del velo, di quel velo che era la sua carne ancora passibile e mortale » (Ebr. 6, 19; io, 20); è penetrato nel più intimo della presenza del Padre, e là, è per sempre il nostro Pontefice. Egli è il Cristo, consacrato con una doppia Unzione, nel momento in cui la sua persona Divina si univa alla natura umana: è Re e Pontefice. Durante i giorni passati noi abbiamo acclamato la sua Regalità; oggi è il suo Sacerdozio che dobbiamo riconoscere. Durante il suo passaggio in questo mondo, è apparso qualche tratto dell’una e dell’altro; ma questa Regalità e questo Pontificato non dovevano brillare di tutto il loro splendore che nel giorno dell’Ascensione. Seguiamo dunque ancora l’Emmanuele con sguardo rispettoso, e consideriamo ciò che viene operato nel Cielo.

L’Apostolo ci darà anzitutto la nozione del Pontefice nella sua Epistola agli Ebrei. Il Pontefice, ci dice, è stato scelto da Dio stesso, a fine di offrire i doni e i sacrifici per i peccati; è stato stabilito presso Dio in favore degli uomini, di cui è l’ambasciatore e l’intermediario (Ebr. 5, 1). Tale è la qualità, tale è il ministero di Gesù nei Cieli, cominciando dall’ora in cui siamo. Ma se vogliamo penetrare maggiormente un così vasto e profondo mistero, bisogna che ci aiutiamo con i simboli di cui lo stesso S. Paolo ha cercato l’appoggio nei Libri Santi, per farci comprendere la missione del Pontefice.

Il Tempio di Gerusalemme.

Trasportiamoci col pensiero nel tempio di Gerusalemme. Traversiamo, prima di tutto, un vasto recinto sotto la libera volta del Cielo, circondato da portici, e nel centro del quale s’innalza l’altare dove le vittime sgozzate il cui sangue scola attraverso numerosi canali vengono consumate secondo il rito dei diversi sacrifici. Dirigiamoci, poi, verso un luogo più augusto: edificio coperto, che si eleva al di là dell’altare degli Olocausti e che risplende di tutte le ricchezze dell’oriente. Entriamo con rispetto, poiché questo luogo è Santo, e Dio stesso ha dato a Mosè il piano delle opere meravigliose che lo decorano e che sono tutte a gloria sua: l’Altare dei profumi, da dove, sera e mattina, si eleva il fumo dell’incenso; il Candeliere a sette bracci, che, con compiacenza, fa bella mostra dei suoi gigli e dei suoi melograni; la tavola sulla quale vengono disposti i pani della proposizione, omaggio della nostra razza a Colui che fa maturare le messi sulla terra. Ma non è ancora sotto queste pareti scintillanti dell’oro di Ophir che troviamo l’ineffabile maestà del Signore.

Contemplate in fondo all’edificio quel velo d’un tessuto prezioso, riccamente ricamato d’immagini di Cherubini e che scende fino a terra. Là, dietro quel velo, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, fa sentire la sua presenza; là, riposa l’Arca dell’alleanza, sulla quale due Cherubini d’oro stendono misteriosamente le loro ali. Questo Sacro e inaccessibile ridotto si chiama il Santo dei Santi; nessun uomo potrebbe, senza morire, sollevare quel velo, dare uno sguardo temerario in questo asilo terribile, ed entrare là, dove il Dio degli eserciti si degna di abitare.

L’uomo è dunque bandito dal soggiorno dove Dio dimora. La Santità divina lo esclude, come indegno della sua presenza. Creato per la visione di Dio, per essere eternamente felice per la sua presenza, l’uomo, a causa del peccato, è condannato a non più vederlo. Un velo gli toglie la vista di Colui che è il suo fine, e quell’ostacolo è per lui insormontabile. Tale è la severa lezione che ci dà il simbolo dell’antico tempio.

È però intervenuta una promessa misericordiosa. Un giorno quel velo sarà sollevato e lascerà passare l’uomo; ma ad una condizione: che noi continuiamo a conoscere e seguire i simboli del vecchio tempio. Tra tutti i mortali esclusi dal Santo dei Santi, ve ne è pertanto uno, al quale, una volta all’anno, è concesso di penetrare oltre il velo. È il Pontefice. Se quel giorno entrasse nel temibile recinto, senza tener tra le mani un vaso ricolmo del sangue delle due vittime immolate in antecedenza per i suoi peccati e per quelli del suo popolo, egli sarebbe annientato; se egli invece compie fedelmente l’ordine del Signore, verrà protetto dal sangue che porta, e in quel giorno unico sarà ammesso ad intercedere per se stesso e per tutto Israele. Come sono belle, come sono forti queste figure dell’Antica Alleanza! Ma quanto più bella e più forte ne è la realizzazione nel mistero dell’Ascensione del nostro Liberatore! Egli era ancora nel periodo della sua volontaria umiliazione, quando già la sua potenza si era fatta sentire fino in quel ridotto del Sacro Tempio. Il suo ultimo sospiro sulla Croce aveva lacerato, dall’alto in basso, il velo del Santo dei Santi , per annunciare che ben presto l’accesso presso Dio sarebbe stato aperto agli uomini, come prima del peccato. Ma restava da conquistare la vittoria sulla morte per mezzo della Risurrezione; restava ancora il periodo dei quaranta. giorni che il nostro Pontefice doveva impiegare per organizzare il vero sacerdozio che si eserciterà sulla terra fino alla consumazione dei secoli, in unione a quello che va a compiere egli stesso nel Cielo.

Il Santuàrio celeste.

Oggi tutti gli indugi sono superati; i testimoni della Risurrezione l’hanno costatato, i dogmi della fede sono rivelati nel loro insieme, la Chiesa è costituita , i sacramenti sono dichiarati; è dunque ora che il nostro Pontefice penetri nel Santo dei Santi e che, al suo seguito, vi conduca i suoi eletti. Seguiamolo con gli occhi della nostra fede. Al suo avvicinarsi , il velo abbassato da tanti secoli si solleva e gli lascia libero il passaggio. Gesù, come il Pontefice dell’antica legge, non ha forse offerto, antecedentemente, il sacrificio: il sacrificio non più figurativo, ma reale, per mezzo dell’effusione del suo proprio sangue? Arrivato in presenza della Maestà divina per esercitarvi la sua potente intercessione, cosa altro ha da fare che presentare al Padre suo, in nostro favore, le ferite ricevute pochi giorni prima, e dalle quali è sgorgato il sangue che soddisfaceva in maniera completa tutte le esigenze della Suprema Giustizia? E perchè ha egli tenuto a conservare le auguste stigmate del suo sacrificio, se non per servirsene, quale nostro Pontefice, a disarmare la collera celeste provocata senza tregua dai peccati della terra? Ascoltiamo l’Apostolo S. Giovanni: « Figliolini miei, vi scrivo queste cose affinchè non abbiate a peccare. Ma se qualcuno avrà peccato, noi abbiamo presso il Padre un avvocato. Gesù Cristo, il Giusto » (I Gv. 2, i). Così dunque, al di là del velo, attraverso cui oggi è penetrato, Gesù tratta i nostri interessi col Padre suo, e dà l’ultima mano ai meriti del suo sacrificio: egli è il Pontefice eterno, e alla sua intercessione nulla resiste.

S. Giovanni, che vide aperto il Cielo, ci descrive in modo espressivo questa doppia qualità del nostro Divin Capo: Vittima e Re, allo stesso tempo; sacrificato, e tuttavia immortale. Ci mostra il trono della eterna Maestà, circondato da ventiquattro seniori sui loro seggi e da quattro animali simbolici, che ha di fronte i sette Spiriti raggianti di forza e di bellezza; ma il profeta non arresta lì la sua descrizione. Egli trascina il nostro sguardo fino al trono stesso di Dio; e noi possiamo vedere eretto in mezzo a quel trono un Agnello, ma un agnello « immolato » e nondimeno rivestito degli attributi della forza e della potenza (Apoc. 4, 5). Chi oserebbe tentare di spiegare tali immagini, se il mistero di oggi non ce ne desse la chiave? Ma con quale facilità tutto diventa chiaro alla sua luce! Nei tratti che l’Apostolo ci rivela, riconosciamo Gesù, Verbo eterno, e, come tale, assiso sullo stesso trono del Padre suo, al quale è consustanziale. Ma nel medesimo tempo egli è l’Agnello, poiché ha preso la nostra carne per essere immolato per noi come una vittima e questo carattere resterà in Lui per tutta l’eternità. Eccolo dunque nella sua Maestà di Figlio di Dio e al tempo stesso apparire come immolato. Le cicatrici delle sue ferite resteranno visibili per sempre; è identicamente l’Agnello del Calvario che consuma eternamente, nella gloria, l’immolazione che compì con tanto dolore sulla Croce.

Tali sono le meraviglie che gli occhi degli Angeli contemplano « di là dal velo » (Ebr. 6, 19) e che anche i nostri occhi vedranno, quando lo avremo oltrepassato anche noi. Non siamo destinati a restarne fuori, come il popolo Ebreo che una volta all’anno vedeva il suo Pontefice sparire per qualche istante dietro la cortina che chiudeva l’accesso al Santo dei Santi. Ecco che l’Apostolo c’insegna che « Gesù Cristo nostro precursore. Gesù sacerdote in eterno, è entrato per noi nel Santuario » (Ibid. 20). Entrato per noi! Cosa vuol dire, se non che ci precede, e che noi lo seguiremo? È giusto che entri per il primo; ma egli entra quale precursore. Da oggi non è più solo, al di là del velo; la folla degli eletti che era salita insieme a Lui vi è penetrata al suo seguito, e, a partire da questo momento, il numero di coloro che vi saranno ammessi si accrescerà di ora in ora. Noi non siamo che poveri peccatori, ma l’Apostolo ci dice che << nella speranza siamo già salvati » (Rom. 8, 24); e la nostra speranza è quella di penetrare un giorno nel Santo dei Santi. Allora ripeteremo con gli Angeli, con i ventiquattro seniori, con i milioni di esseri glorificati, questa eterna acclamazione: « All’Agnello che fu immolato, potenza e divinità, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione nei secoli dei secoli! Amen» (Apoc. 5, 12).



LO STESSO GIORNO SANTA PETRONILLA, VERGINE

La Chiesa ricorda oggi santa Petronilla. Il suo nome è un diminutivo di Pietro, e infatti ella discendeva da Titus Flavius Petro, il nonno di Vespasiano. È la ragione per cui fu seppellita nelle Catacombe di Domitilla, che erano quelle della sua famiglia. È anche venerata nella basilica sotterranea di Nereo e Achilleo. Le antiche guide per pellegrini associano sempre il suo nome a quello dei due martiri. Disgraziatamente non esiste nessuna testimonianza, dei primi secoli, su santa Petronilla e la sua vera storia non è conosciuta. Nel vi secolo venne creata una leggenda su di lei e da allora si ritenne fosse figlia di S. Pietro.

La Santa e la Francia.

Nell’VIII secolo, il sarcofago della Santa fu trasportato a san Pietro in Vaticano. Cosa straordinaria, la traslazione delle reliquie è associata ad uno dei grandi avvenimenti storici del Papato e della Francia. Il Pontefice Stefano II, nel 753, minacciato dai Longobardi, aveva domandato l’aiuto di Pipino il Breve. Questi gli promise appoggio e fece in Italia due spedizioni vittoriose; poi, per assicurare l’indipendenza del papato creò lo Stato Pontificio. Stefano II dette per patrona a Pipino il Breve santa Petronilla e promise che le sue reliquie sarebbero state trasferite in una delle Cappelle di san Pietro, che sarebbe divenuta quella del Re dei Franchi.

Questa scelta si spiega facilmente. Infatti, difendendo il Papa, Pipino diventa figlio della Chiesa, figlio di san Pietro, ed i principi Carlo e Carlomanno, suoi figlioli adottivi. Sembrava dunque naturale che santa Petronilla, ritenuta figlia di san Pietro, divenisse Patrona dei re dei Franchi, che allora sembrava facessero parte della famiglia. Da allora la Francia ha professato sempre una grande venerazione per la santa. Leone XIII nel 1889 fece appendere sopra l’altare una lampada, la cui fiamma non deve mai spegnersi, perchè sembri « pregare senza tregua per la Francia ». Ogni anno, il 31 maggio, si dice una Messa in detta Cappella, ed i Francesi che stanno a Roma non mancano di accorrervi numerosi.

Preghiera.

Noi associamo il tuo trionfo alle nostre gioie pasquali, o santa Petronilla! veneriamo la tua benedetta memoria attraverso i secoli. Tu hai disprezzato il mondo con le sue delizie ed i suoi onori, e il tuo nome virginale si legge tra i fasti della santa Romana Chiesa, che si onora di essere stata madre tua. Aiutala adesso con le tue preghiere, e ricordati anche della Francia, che da tanto tempo nutre per te una fervente divozione. Proteggi tutti quelli che ti implorano e accordaci di celebrare, con un santo entusiasmo, le solennità che si moltiplicano in questi giorni.

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